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Cincinnati ci ha restituito un nuovo Sinner
20 ago 2024
Non ancora al massimo delle sue possibilità, il tennista italiano ha vinto di nuovo.
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7 min
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IMAGO / ZUMA Press Wire
(copertina) IMAGO / ZUMA Press Wire
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Jannik Sinner a Cincinnati non ha giocato il suo miglior tennis. È stato falloso, impreciso, in ritardo negli spostamenti laterali. È stato poco brillante negli scambi lunghi e incline a preoccupanti passaggi a vuoto. In tutte le partite, almeno per qualche momento, ha portato la faccia dolente di chi gioca sul dolore. Eppure Jannik Sinner ha vinto il torneo 1000 di Cincinnati, uno dei più importanti al mondo e in cui era andato sempre male - nonostante si giochi sempre nella settimana del suo compleanno.

È stato il quinto titolo del 2024 (nessuno come lui), il quindicesimo della sua carriera, il terzo Masters 1000. L’unico tennista, quindi escluso il circuito femminile, ad averne vinti due quest’anno. E non siamo sorpresi, ci stiamo abituando. Vediamo Jannik Sinner alzare l’elegante coppa del torneo, i capelli rossi bagnati, un sorriso lieve, l’aria burocratica. Si sta rispettando solo l’ordine naturale delle cose: il numero uno del mondo che vince un altro torneo sulla sua superficie preferita. Frances Tiafoe, il suo avversario in finale, quando è andato a stringergli la mano ha detto: «Non sono abituato a giocare così tante partite consecutive», come se i suoi rivali fossero di una pasta diversa, più debole, e perdessero per disintegrazione.

Eppure non c’è niente di scontato in questa vittoria di Sinner. Si capisce dall’urlo lanciato dopo il match point della semifinale contro Alexander Zverev. Una partita vinta in rimonta, dove per lunghi tratti ha sofferto il gioco avversario, il martellamento preciso sul lato del rovescio, la solidità nella manovra del tedesco. Dopo aver vinto il tiebreak del terzo set Sinner ha guardato a terra e urlato come non lo avevamo mai sentito.

Un grido che sembrava contenere la sofferenza e le incertezze di queste settimane. La deludente sconfitta a Wimbledon contro Medvedev; la rinuncia ai Giochi Olimpici, che aveva indicato come il suo principale obiettivo stagionale, per una tonsillite; la sconfitta contro Rublev in Canada, dove difendeva il titolo. Il fantasma dei problemi fisici non del tutto dissipati - o forse psicofisici. In generale la sensazione che la corona di numero uno pesasse troppo sopra la sua testa, rendendolo insicuro e spaventato. Tutto attorno le persone che continuavano a ripetere che era un numero uno solo per il computer, mentre il più forte ha dimostrato di esserlo Alcaraz.

La settimana di Cincinnati si presentava come una grande trappola per Sinner. Il momento in cui Alcaraz avrebbe potuto sorpassarlo nella race, la classifica che calcola i punti accumulati durante la stagione. È un torneo che non ha mai amato molto, dove al secondo turno lo scorso anno perse da Dusan Lajovic. Il tabellone era duro, con davanti due dei tennisti più in forma del circuito: Rublev e Zverev. Il primo lo aveva battuto in Canada, col secondo era indietro negli scontri diretti.

Abbiamo visto un nuovo Sinner, una versione simile ma leggermente diversa del tennista che ha dominato i tornei su cemento tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024. Un giocatore meno brillante e dominante nei confronti degli avversari, ma che ha una consapevolezza ancora più matura della gestione dei momenti. Un giocatore che sa vincere anche giocando peggio degli avversari, che sa orientarsi meglio nei labirinti del punteggio. Per tutta la settimana lo abbiamo guardato con pessimismo clinico, cercando di indovinare se l’anca stesse a posto o no. In alcuni momenti, specie nelle fasi iniziali dei match, si muoveva con grande fatica sul lato destro. Arrivava in ritardo, cigolante, e finiva per steccare la pallina. Poi faceva una smorfia di dolore che ormai abbiamo imparato a riconoscere. In un momento particolare ci si è fermato il cuore, quando lo abbiamo visto toccarsi l’anca, stringere gli occhi, storcere la bocca.

Lui è stato ambiguo. Prima aveva rassicurato che andava tutto bene, ma poi era stato costretto a riconoscere: «Di sicuro a volte sento questa cosa all’anca. Devo capire esattamente di cosa si tratta ora, perché mi sembra un piccolo problema diverso da prima». Nel frattempo uscivano bollettini apocalittici sulla stampa: «Sinner: l’anca è allarme totale»; «L’anca dà problemi anche in America, cosa fare?!». Ha detto che non vuole rischiare nulla, ha ammesso di star attraversando un periodo difficile.

Ma dentro questa cappa umida di malessere e preoccupazione, continuava a vincere. Senza il gioco fiammeggiante di sempre, ma mostrando una delle più preziose qualità di un campione di tennis: la consapevolezza matematica delle proprie possibilità. Capire quando spingere e quando risparmiare. Ha sofferto il primo set contro Rublev. Ha iniziato la partita subendo un 3-0 inquietante. Poi si è svegliato dal torpore con un dritto lungolinea improvviso, che possiamo indicare come il colpo del torneo. Laddove ha sofferto di più, nei recuperi sul lato destro, è anche dove è riuscito, in certi momenti, a scrollarsi di dosso la polvere e a liberare l’energia sopita in vincenti gloriosi.

Ha sofferto il primo set con Zverev, ma lo ha vinto uguale, non si sa come, vincendo punti irreali dopo i quali a malapena esultava. Su tutte, la palla del controbreak nel game in cui Zverev serviva per il set, quando ha tirato fuori una risposta miracolosa. C’è della fortuna, in una risposta del genere, ma riescono spesso a Sinner questo tipo di colpi fuori equilibrio, di puro istinto - e certo sono il prodotto delle sue superiori capacità di coordinazione.

Poi ha perso il secondo set e sembrava finita. Zverev però non ha la sua lucidità quando la partita diventa combattuta, e si gioca punto a punto, e si arriva al tiebreak, dove Sinner può sempre tirarti una risposta fulminante. Per quasi tutta la partita Zverev ha raccolto i frutti dei suoi servizi in slice da destra e poi, nel punto più importante, Sinner si è mosso in anticipo e ha schiaffeggiato la palla lungolinea. Zverev è rimasto fermo vedendo scorrere la sconfitta. In finale contro Tiafoe ha giocato con meno energia del suo avversario per tutto il primo set. Arrivati alle fasi decisive, però, dove pochi punti fanno la differenza, vince sempre Sinner. Quando il punto diventava molto importante si spargeva nell’aria una sensazione di ineluttabilità, che Sinner avrebbe trovato il modo per vincere. Conosciamo questa sensazione, perché l’abbiamo provata spesso nelle partite dei campioni che hanno dominato questo gioco negli ultimi anni. Quando nel secondo set ha messo Tiafoe alle corde voleva assolutamente ottenere il doppio break. L’americano ha lottato per non concederlo, e forse Sinner avrebbe potuto lasciare andare. Avrebbe vinto lo stesso. Invece è rimasto attaccato a quel game come il cane all’osso, e poi ha sfondato Tiafoe con un ritmo sempre più incessante e un altro dritto vincente.

Vi ricordate com’era guardare Sinner qualche anno fa, ricordate la finale di Miami contro Hurkacz?

Era un giocatore diverso. Faticava a gestire i momenti del match, la velocità dei suoi colpi, le variabili tecniche ed emotive di una partita di tennis di alto livello. Non sembrava poi così vicino il momento in cui Sinner avrebbe aggiustato questi problemi. Era un tennista esuberante e dissipatore, mentre oggi è un miracolo di economia dell’energia. Un computer nella gestione delle proprie forze, dei saliscendi del punteggio. In questo torneo abbiamo visto i miglioramenti avuti nell’ultimo anno arrivare su un altro livello d’eccellenza. Senza supporto di una grande condizione, è stata ancora più visibile la capacità gestionale, l’intensità nei punti di inizio scambio. Delle risposte abbiamo già parlato ma Sinner non ha mai ottenuto così tanti punti diretti dal servizio. Nel primo set contro Tiafoe è arrivato addirittura in doppia cifra di ace. Ne ha sfornati 12 contro Zverev, 10 contro Rublev e 13 nella finale.

Non abbiamo visto il miglior Sinner possibile, ma è stato sufficiente per battere alcuni dei migliori giocatori al mondo. Un segno inequivocabile che è ormai su un’altra dimensione rispetto a tutti, tranne che a due - e sapete a chi mi riferisco. Nella race è ampiamente primo, dietro di sé il vuoto. Se volete considerarlo il migliore al mondo o no sono fatti vostri, lui nel frattempo è, chiaramente e inequivocabilmente, il numero uno della classifica mondiale.

Agli US Open ritroverà i suoi avversari più duri, e la lunghezza dei cinque set. Una misura che a Parigi e Londra è parsa eccessiva per il suo corpo. Lo ha ammesso lui stesso, con l’aria severa di chi ha bisogno di migliorare, dopo la vittoria: «Se voglio vincere lo Slam devo migliorare la mia condizione fisica».

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