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10 gol per salutare Jeremy Menez
07 ott 2024
Il talento francese si è ritirato dopo una carriera enigmatica.
(articolo)
18 min
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IMAGO / Buzzi
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Per annunciare il suo ritiro, Jérémy Ménez ha scelto un podcast francese qualunque. Il presentatore gli ha chiesto se dopo l’esperienza al Bari stava cercando una nuova squadra e lui ha risposto che aveva smesso di farlo, che non voleva più essere un calciatore professionista. Sembrava non ci fosse nostalgia nelle sue parole e nemmeno rimorso per ciò che sarebbe potuto essere.

Menez ha attraversato uno dei momenti più bui della Serie A col suo passo felpato, lasciando una collezione di gol che di per sé già rappresenta una grande eredità. Il tipo di giocatore che, come si dice, le strade non dimenticano, uscito dalla celebre generazione dell‘87 del calcio francese (la stessa da cui sono usciti Karim Benzema, Nasri e Ben Arfa, per intenderci). Frustrante, dall’atteggiamento letargico, sempre vagamente polemico col mondo ma poi anche abbagliante nei suoi momenti migliori. Abbiamo imparato a apprezzare Menez in tutte le sue forme, e questi sono i gol con cui voglio ricordare la sua carriera da calciatore appena finita.

Al Sochaux, contro il Bordeaux

Ménez si è trasferito ragazzino dalla periferia di Parigi alla piccola città di Montbéliard al confine con la Svizzera, per giocare nel Sochaux. Nel 2004 ha 16 anni ed è il più giovane francese a firmare un contratto professionistico. Mentre gioca studia ragioneria, il suo piano B nel caso non dovesse riuscire a diventare un calciatore professionista.

In questa partita, contro il Bordeaux, fa una tripletta nell’arco di 7 minuti, diventando il più giovane a segnarne una nella storia della Ligue 1. È un compendio di cos’era il giovane Ménez e del perché aveva tanta considerazione a livello giovanile.

Nel primo gol nota un varco nella linea difensiva avversaria non appena la sua squadra recupera palla a metà campo, buttandosi subito nello spazio. Il compagno lo vede e lo serve perfettamente per fargli arrivare il pallone sulla corsa. Menez riceve al limite dell’area con il difensore che si sta avvicinando per coprire le distanze, e allora decide di toccare il pallone per accomodarselo e calciare un attimo prima della chiusura. Sul secondo palo rasoterra, di sinistro (che non è il suo piede), per rendere vana l’uscita del portiere Rame a coprirgli il primo.

L'azione successiva riceve sul centrodestra, nel traffico, controllando il pallone d'interno sul primo tocco, muovendosi tra gli avversari e riuscendo a mantenere costante la traiettoria centrale verso l’area. Dopo aver superato il primo e il secondo difensore con l’esterno del piede, è in area e calcia in anticipo sull'uscita di Rame. Sempre rasoterra e sempre sul secondo palo, solo che questa volta è quello opposto e calcia di destro.

A chiudere la tripletta c’è un’ulteriore corsa oltre la linea difensiva, vista dal compagno che gli dà il pallone rasoterra. Lui ha tutto il tempo di controllare dove sono gli avversari e il portiere prima di arrivare nei pressi dell’area. Stavolta Rame è uscito a bomba per coprirgli lo specchio centralmente e quindi non c’è un secondo palo su cui piazzarla. C’è però lo spazio sopra la sua testa, basta fare un pallonetto da fuori area poco prima di sbatterci addosso.

La piazza di sinistro, di destro e poi va di pallonetto. Siamo prima dell’esplosione dei social, prima di YouTube, e i suoi 3 gol arrivano addirittura sui giornali italiani, come aneddotica su questo giovane calciatore francese che sembra promettere tanto. Anche i suoi compagni di generazione, e di Nazionali giovanili, cioè Nasri, Ben Arfa e Benzema, si stanno affacciando al professionismo, ma lui si presenta in un modo che sveglia tutta la Francia. È il momento in cui Kakà sta spaccando il mondo e alcuni pensano che lui possa essere "la risposta francese". Una seconda punta elegante dalla progressione devastante e dalla tecnica sopraffina sotto porta. Sembra così sicuro il suo arrivo nel calcio di alto livello che rifiuta gli approcci dell’Arsenal di Wenger e del Manchester United di Ferguson.

Alla Roma, contro il Chievo

Ha 21 anni quando arriva alla Roma per far dimenticare Giuly e Amantino Mancini in quella che sarà l’ultima stagione di Luciano Spalletti. Sulla carta è perfetto come compagno d’attacco di Francesco Totti, perché è veloce, tecnico e gli piace allargarsi prima di attaccare l’area. Può dialogare con il Capitano senza pestargli i piedi e senza intaccare il solito meccanismo con Perrotta incursore. «[Totti] Ha visto che toccavo bene il pallone, gli piaceva giocare con me», ha detto Menez. Sulle spalle prende il numero 24, lo stesso di Marco Del Vecchio.

La Roma però ha una partenza da incubo, ci mette 15 giornate per risalire dalla zona retrocessione a metà classifica e solo nel girone di ritorno arriverà in zona europea. Lui si accorge presto che Roma non è esattamente Montecarlo e che le aspettative della piazza pesano. Di fatto non riesce mai a convincere Spalletti e il suo primo gol arriva solo a dicembre, ma mostra proprio quello che sarebbe potuto essere se fosse arrivato in una versione della Roma meno disastrata.

Inverno pieno a Verona, è sera e fa freddo, il campo del Bentegodi è oltre l’impraticabile come di consueto in questo periodo dell’anno. Quasi tutti i giocatori della Roma hanno le maniche lunghe, alcuni guanti e scaldacollo come nel caso di Ménez. Nel primo tempo il giocatore francese ha fatto un’azione delle sue, partendo largo palla al piede ha saltato tre avversari, poi però il tiro è stato deviato fuori dal portiere. Più tardi ancora da sinistra la mette al centro per Brighi, anche lui fermato dal portiere avversario.

Siamo al 69’, ancora sullo 0-0, e la Roma batte una rimessa laterale all’altezza dell’area del Chievo. In area di rigore c’è ovviamente già Totti ed è arrivato anche Perrotta. La rimessa viene battuta su De Rossi che vede il taglio in area di Ménez da destra e lo serve subito di testa. Se la palla rimbalza sul terreno infido è impensabile controllarla poi nel traffico, ma visto che ha ricevuto molto esterno può metterla al centro per Perrotta. Oppure può fare quello che ha fatto effettivamente: calciare di prima in anticipo sul rimbalzo. La palla è lunga e quindi deve stirare molto la gamba, non può mettere forza, ma la prende così bene di collo col corpo dritto da indirizzarla sul secondo palo, dove non può arrivare Sorrentino. La qualità non è eccezionale, ma il video con la telecronaca di Zampa rende bene l’idea del momento per tutti. Non riesce neanche a terminare di dire “il tentativo” che deve subito urlare al gol.

Alla Roma, contro l’Udinese

Alla sua seconda stagione a Roma decide di cambiare numero per il 94, la Roma ha un nuovo inizio tragico e Spalletti viene sostituito da Claudio Ranieri che ispirerà un’insperata corsa allo Scudetto. Col tecnico romano, Ménez non ha un rapporto idilliaco, ma tra alti e bassi c’è nel momento decisivo della stagione. Nella Roma di Ranieri parte largo ma non è un’ala pura, anche quando punta l’uomo da fermo non lo fa per arrivare sul fondo. Nell’anima rimane una seconda punta che quando può gravita attorno all’area di rigore. Il suo apporto a quella stagione arriverà in termini di passaggi chiave e assist. Anche perché il vero calcio di Ménez si vede quando può partire in conduzione, lì poi ha un modo tutto suo di controllare il pallone che esce fuori e lo rende unico nella Serie A dell’epoca.

Menez si fida ciecamente della sua sensibilità tecnica, tiene vicino il pallone quasi a trascinarlo, e ogni tanto lo spinge avanti controtempo. Sembra sempre poterlo toccarlo, ma non sempre lo fa, a volte sfugge via all’ultimo. C'è un gol nella stagione successiva, in cui segnerà pochissimo, che è da ricordare proprio per questo motivo.

Il primo gol di quella stagione è all'Udinese di Guidolin in casa a fine novembre. Siamo a metà primo tempo sullo 0-0. Durante una transizione, Menez riceve con accanto Totti e decide di cambiare marcia dopo il controllo per portarsi avanti il pallone. Ha Benatia alle spalle e Coda davanti, conducendo il pallone consapevole che prima o poi dovrà affrontare entrambi. Si muove con apparente noncuranza fino a quando non sente che l’avversario alle spalle sta per intervenire e allora cambia ritmo muovendo il corpo e poi il pallone. Finito al limite dell’area col movimento si trova Coda davanti e ancora muove il pallone controtempo toccandolo verso destra. Il difensore dell'Udinese va lungo e lui può seguire il pallone che rotola verso il centro dell’area e arrivare alla conclusione. Il tiro è sul secondo palo ben piazzato, imparabile per Handanovic, che mentre Ménez è scappato via per andare a festeggiare verso la panchina, si rialza subito per prendersela con i centrali che si sono fatti fregare così facilmente. Ma potevano davvero farci qualcosa?

Alla Roma, contro Shakhtar

Fumoso, pigro, arrogante, menefreghista. Il rapporto con la Roma è rotto da tempo. In una città ancora scottata dallo Scudetto sfumato, la sua ultima stagione è un travaglio per tutti. Nel ritorno degli ottavi di Champions League contro lo Shakhtar non è neanche convocato da Claudio Ranieri nonostante il gol dell’andata. Il francese ha già litigato con Vincenzo Montella e viene accusato di non impegnarsi abbastanza. Le ultime tre partite di Serie A le passa in panchina.

Anche in una situazione come questa, però, Menez continua a regalare gol che aprono squarci sul suo talento, come questo contro lo Shakhtar, che ci parla della qualità del suo tiro in porta. Ménez può permettersi di piazzare il pallone, ma in carriera ha dalla sua anche qualche tiro in cui va di pura potenza. Forse ha a che fare con la sua emotività, questa scelta di scaricare il pallone così forte verso la porta, e questo gol sembra proprio parlare del fatto che avesse qualcosa da dimostrare o per cui sfogarsi.

La Roma viene da due brutte sconfitte contro l’Inter e il Napoli, la panchina di Ranieri è in bilico e la squadra ucraina ha segnato 3 gol nel primo tempo per ribaltare il vantaggio di Perrotta. Siamo all’ora di gioco e Ménez si è accentrato da destra per giocare, ingaggia un duello con l’avversario e se ne va palla al piede verso l’area centralmente. Jadson non demorde e lo tiene per la maglia mentre lui avanza in conduzione. Ménez potrebbe accontentarsi del fallo, ma preferisce continuare appena si è allentata la stretta e sull’impeto calcia dritto in porta incurante del raddoppio avversario, pur essendo ancora ben fuori area. La palla esce forte e si infila al sette, lui non ferma la corsa né festeggia. Si gira verso il centrocampo e torna guardando a terra senza neanche mostrarsi soddisfatto.

Al PSG, contro il Rennes

Ménez è uno dei primi acquisti della nuova proprietà qatariota del PSG nell’estate 2011. Arriva la stessa estate di Javier Pastore come stella casalinga di un nuovo ambizioso progetto. Va a giocare nella squadra che tifa da sempre. La sua prima stagione è da 7 gol e 17 assist in Ligue 1, è nel picco della carriera e Blanc ci punta tanto anche per l’Europeo del 2012. A vincere il titolo in Francia è però il Montpellier di Giroud e lo shock è tale a Parigi da portare la nuova dirigenza a iniziare a fare sul serio col successivo mercato, ponendo le basi per quello che sarà il dominio successivo.

La prima stagione del titolo del PSG vede Ancelotti in panchina e Ménez ancora tra i protagonisti, questa volta gioca da seconda punta a condividere l’attacco con Ibrahimovic, oppure da esterno, se accanto a Ibra gioca Gameiro. Proprio in una partita in cui gioca da ala arriva il gol più bello segnato in Francia, in trasferta a Rennes ad aprile.

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Siamo all’ora di gioco sullo 0-0 e il PSG recupera palla al limite della propria area, Ménez viene servito nella sua metà campo, con lo spazio per poter partire in conduzione. Avanzando palla al piede acquista sempre maggiore velocità. Supera il recupero del marcatore che si deve accontentare di avergli chiuso la traiettoria verso il centro del campo. Ménez al quinto tocco del pallone in corsa si trova davanti il secondo avversario e prima di ingaggiare il duello lo scansa, spostandosi il pallone a destra e continuando a correre alla massima velocità. A questo punto si trova con un avversario alle spalle, uno che lo prova a chiudere davanti da sinistra e uno che sta recuperando da destra, solo che sembrano tutti andare al rallentatore rispetto alla sua corsa.

Con la classica palla trascinata controtempo li supera tutti e tre prima dell’intervento e anche se il pallone adesso non è più sotto controllo, e sembra andare verso il quarto avversario al limite dell’area, all’ultimo lui lo raggiunge. Il tocco in anticipo è deciso e gli permette di cambiare completamente traiettoria, con l'avversario che stupito rimane a guardarlo. Ora Ménez è libero al centro dell’area e può calciare con calma prima dell’uscita del portiere. Ben consapevole del tipo di gol che ha fatto, mentre corre verso lo spicchio dei tifosi parigini si batte il petto, poi indica di voler sentirli e infine si gira mostrando il nome dietro la maglia. Alla telecamera mostra il sette con le mani e solo allora i compagni lo raggiungono per abbracciarlo. Si era lasciato alle spalle pure loro.

Al PSG, contro l’Olympique Marsiglia

Sempre nella stagione con Ancelotti c’è un gol meno noto (siamo in un ottavo di finale di Coppa di Lega francese, una competizione che neanche esiste più), che però mostra quanto poteva essere devastante il Ménez seconda punta in giornata di grazia.

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Ancora una volta è una situazione in cui il PSG recupera palla nella sua metà campo e può attaccare con spazio davanti. Il pallone arriva a Ménez che intanto si è allargato a sinistra. Dopo lo stop lo passa al centro all’amico Pastore e parte a tutta velocità per una diagonale verso il centro. Pastore dopo il controllo ha già capito cosa vuole fare Ménez e quindi lo serve con una verticalizzazione morbida morbida dietro la linea difensiva. Il taglio di Ménez non viene seguito dal centrocampista e quindi può incrociare e superare la linea prima che il terzino si accorga di dover fare la diagonale. Quando la fa è già troppo tardi: sta già rincorrendo il numero 7. Il pallone arriva a Ménez al limite dell’area ma è leggermente corto rispetto al suo scatto in profondità, e per questa ragione è costretto a portarselo avanti con il tacco destro. Dopo un rimbalzo e prima dell’intervento in copertura del terzino, scarica in porta di sinistro un collo esterno. Un tiro imparabile per Mandanda.

Al Milan, contro il Parma

La terza stagione col PSG arriva Blanc in panchina e il rapporto tra i due non è ricucibile dopo la delusione dell’Europeo 2012. Ménez passa una stagione da riserva e poi torna in Serie A. La prima stagione al Milan è la migliore in carriera, la prima e unica chiusa in doppia cifra (16 gol in Serie A). Menez arriva accompagnato dalle parole di Galliani, che lo definisce «una mia idea assoluta». "Il condor" sarà anche rimasto scottato da Taarabt, ma non demorde. È il Milan di Pippo Inzaghi, il primo di quella che verrà poi denominata banter era e per questo forse Ménez ne è ricordato come uno dei migliori giocatori nonostante tutto. Il suo primo gol arriva alla seconda giornata e rimane come uno dei primi gol che vengono alla mente quando si pensa a Menez.

Una partita infinita, come ricorda il telecronista dopo il gol del 3-4 segnato da Lucarelli, e con Ménez già arrivato vicino al gol prendendo una traversa. Il Parma sta attaccando pur essendo in 10 per provare comunque a pareggiarla e un pallone finito nella sua area viene gestito rapidamente per poi lanciarlo lungo. Ménez, schierato attaccante centrale, ha l’istinto di andare in pressione, forse sente che qualcosa nella comunicazione tra i difensori non va. In effetti il pallone viene pasticciato dietro al portiere con un passaggio lentissimo e lui ci si può fiondare anticipandolo. Mirante ormai fuori dai pali copre però bene lo specchio impedendogli il tiro, ma per Ménez sembra non essere problema perché con un tocco d’esterno semplicemente lo supera girandogli attorno. La porta è sguarnita ma il pallone è lontano, quando Menez ci arriva è spalle alla porta e con lo specchio ora coperto da portiere e difensore.

Il tacco spesso è celebrato come scelta controintuitiva, il punto meno sensibile del piede con cui fare qualcosa fuori dagli schemi. Ma in questo caso è l'unico modo per tirare in porta sorprendendo gli avversari, una scelta logica per un giocatore come Ménez. Eppure anche lui è consapevole del gol che ha fatto e la sua esultanza, mentre corre verso la panchina per farsi abbracciare, è genuina.

Al Milan, contro l’Udinese

Dopo la partita di Parma ci mette 9 giornate per tornare al gol e nel mentre il Milan vince solo due partite. Arriva contro la Samp ed apre un periodo di 5 mesi in cui è nella migliore forma della sua carriera. È una piccola sineddoche di cosa ha significato la carriera di Menez: un giocatore che brillava in contesti decadenti.

Tra i vari gol che potrebbero entrare in questo pezzo c’è quello al derby con un piatto di prima da centravanti tecnico, o quello al Napoli con un cambio di passo che lascia pietrificato il marcatore. Per me però il più significativo è quello all’Udinese, segnato una settimana dopo quello al derby.

Ménez è sempre al centro dell’attacco del 4-3-3 di Inzaghi ed è affiancato da El Shaarawy a sinistra e da Honda a destra, ma è libero di muoversi lungo tutto il fronte offensivo. Gli piace allargarsi per puntare la porta, soprattutto da sinistra, come in questo caso in cui punta rientrando Danilo. Il centrale ha la postura per mandarlo verso l’esterno, ma Ménez ha un’altra idea di come andrà l’azione e con un cambio di direzione se ne va verso il centro. A quel punto gli basta toccarlo ancora verso il centro e contare i passi per arrivare alla conclusione prima che il raddoppio possa arrivare in copertura. Ancora una volta un tiro forte verso la figura del portiere, questa volta però rasoterra, sotto Karnezis.

Il Milan veste quello strano completo col giallo sbiadito che dicevano era un omaggio al Brasile. Qualsiasi paragone con Kakà non ha più alcun senso in questo momento della sua carriera, ma se c’è un gol che assomiglia a uno dei suoi è questo.

Al Milan, contro il Palermo

Il periodo d’oro si chiude col gol al Palermo di inizio aprile, l’ultimo della sua stagione. Siamo all'83’ sull’1-1, gol di Cerci e Dybala. Poco prima Ménez ha messo un cross rasoterra che Antonelli ha pensato di mettere in porta con un tacco.

Su una palla respinta dalla difesa del Milan, il Palermo prova a riciclare il possesso nella metà campo avversaria per continuare ad attaccare. La situazione però sfugge di mano e di lì a poco si viene a creare una situazione di 2 contro 2 da cui Menez esce fuori con un tocco in anticipo a buttarsi il pallone in avanti.

In copertura è arrivato anche il terzo giocatore del Palermo, che deve girarsi di corsa e provare a rincorrere il francese, che in un attimo ha raggiunto la velocità massima. Quando Ménez tocca nuovamente il pallone è ormai lanciato al centro della trequarti. Gli avversari sono talmente appiccicati tra loro che sembrano un corpo unico lanciato verso il pallone. Dopo il terzo tocco siamo al limite dell’area, il portiere sta uscendo ed è all’altezza del dischetto. È il momento in cui gli avversari sentono di poter intervenire in chiusura.

È proprio in quel momento però che Ménez mette il corpo in avanti e calcia di collo sopra il portiere, in anticipo su tutti. Non è proprio un pallonetto, ma è comunque imparabile. Mancano ancora 10 giornate alla fine, ma la luce si spegne con quest'ultimo raggio, poi sarà buio pesto. La sua seconda stagione a Milano è un disastro. Nella squadra di Mihajlovic e Brocchi gioca una dozzina di partite, saltando tutto il girone d’andata per un’infezione all’anca, parte titolare solo due volte in Serie A e in totale non arriva ai 400 minuti. In questo contesto segna una doppietta all’Alessandria in Coppa Italia e 2 gol in Serie A, uno col tap in su tiro di Honda e uno su rigore alla sua ultima presenza la settimana dopo.

Alla Reggina, contro il Cosenza

L’estate 2016 andrà al Bordeaux per rilanciarsi in patria, ma sarà l’ultima stagione nel grande calcio e comunque sarà un disastro. Menez segna tre gol in tutto con un girone di ritorno già da separato in casa, in cui entra scocciato solo nei finali di partita. È ormai arrivato ai trent'anni e le sue esperienze si fanno sempre più decadenti: prima la Turchia, poi il Messico.

Continua comunque a piovere qualche sporadica meraviglia. In Messico segna alla seconda presenza calciando di prima di controbalzo sotto la traversa dal limite dell'area. Per festeggiare porta l’indice alla bocca per zittire chissà chi e indica il campo come a dire che è importante solo quello che succede lì, dove lui può fare cose come pochi. Per riavvolgere i fili della sua avventura, anche fuori dal campo a Città del Messico, bisogna sconfinare nel realismo magico. Due anni dopo scenderà in Ligue 2 pur di tornare a Parigi e poi dal nulla in piena pandemia sceglie di andare a giocare a Reggio Calabria.

Mentre Karim Benzema vince Champions League e Pallone d’Oro, lui gioca in Serie B con la Reggina e la migliore stagione è ancora una volta con Pippo Inzaghi in panchina. Ormai ha perso gran parte dell’accelerazione nel primo passo, più che infilarsi in dribbling nello stretto preferisce giocare venendo tanto incontro sulla trequarti a far valere la tecnica superiore. Nel derby calabrese contro il Cosenza però riceve il pallone fronte alla porta con tanto spazio davanti, ha tutto il tempo di decidere cosa fare e allora decide di puntare la porta palla al piede.

Nessuno fa in tempo a chiuderlo mentre si avvicina all’area e lui può vedere bene la porta, prepararsi il tiro rientrando sul sinistro e poi calciare sul palo alla sua destra, cioè quello teoricamente coperto dal portiere, invece che su quello sguarnito alla sua sinistra. Un tiro che stupisce tutti. La palla più che calciata è accompagnata con l’interno del piede e scivola sull'erba come sul parquet del bowling. Alla fine accarezza internamente il palo e Matosevic reagisce in ritardo. Lo stadio erutta, Ménez va trotterellando verso la gradinata e si gira quasi serio indicando il nome dietro la maglia. Poco dopo viene raggiunto da Rivas. Sorride e si lascia abbracciare. Sembra felice.

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