Prima di tutto, bisogna guardare alla velocità; quella dei piedi, quella della pallina, quella del braccio. Il tennis è uno sport di tempi e spazi, e certi giocatori, i migliori di oggi, sembrano strangolarli. Sul campo da tennis non sembra circolare più ossigeno, e per gli avversari scendere a compromessi con questa realtà accelerata non è facile. La differenza di livello si nota su questo: avere a che fare con la velocità.
È la prima cosa che ci colpisce, a un livello subconscio, epidermico, anche solo guardando una partita. Ci accorgiamo che qualcosa non va. Certi colpi attraversano l’aria troppo rapidamente; così rapidamente che sussultiamo un po’, dal televisore, come di fronte a immagini troppo violente.
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Questa sensazione, una specie di disallineamento del ritmo delle cose, un qualche mutamento nella fisica, ce la offrono tre giocatori oggi sul campo da tennis: Jannik Sinner, Carlos Alcaraz e Joao Fonseca; ovvero il numero uno, il numero due e il giocatore che ieri, a 18 anni, ha vinto le Next Gen ATP Finals, il torneo che annuncia al mondo i campioni di tennis del futuro. Di Fonseca si dice sia un predestinato da quando era ancora un bambino. Quando ha iniziato a battere i record di precocità abbiamo semplicemente preso atto. L’apparizione, ancora distante, di un meteorite che prima o poi si sarebbe abbattuto sul pianeta terra. La vittoria delle Next Gen ATP Finals sono un altro punto di avvicinamento di questo meteorite.
Joao Fonseca ha i ricci e le guanciotte da putto, per certi versi dimostra ancora meno dei suoi 18 anni. Sembra un bebè ingrandito col raggio laser, e trasformato in un tennista che colpisce il rovescio forte e il dritto ancora più forte. Nel suo stile di gioco, a una prima occhiata, non sembra esserci niente di particolare. Dopo un po’, però, comincerete a far caso - appunto - alla sua velocità.
Fonseca era il più giovane dei partecipanti al torneo, unico 2006 tra 2005 e i due 2004, Arthur Fils e Alex Michelsen - considerati favoriti anche solo per la maggiore esperienza. Era anche il giocatore peggio classificato, appena numero 145. Ha chiuso il torneo da imbattuto, guadagnando un montepremi finale di 500mila dollari. Per prima cosa si è sbarazzato del candidato numero uno alla vittoria, Arthur Fils, sconfitto nella prima partita per mettere in chiaro le gerarchie. Fils è numero 20 al mondo e quest’anno ha vinto due tornei 500. Ad Amburgo ha battuto Zverev in finale, confermando l’idea che sia destinato a un grande futuro.
Fils è il più giovane tennista in Top 20, eppure, nonostante i due anni più di Fonseca - ere geologiche a quell’età - gli è sembrato inferiore. Sul piano tangibile il brasiliano sembrava poter toccare picchi di velocità ingestibili per Fils; sul piano intangibile ha gestito meglio i bivi decisivi del punteggio. «Penso che nei momenti importanti ho giocato meglio. Sono entrato sulla palla e ho giocato in modo aggressivo, come faccio sempre». Col formato del “killer point” (cioè senza vantaggi sul 40 pari) è una qualità ancora più importante. Magari ha inciso anche la diversa pressione, con Fils che aveva tutto da perdere, ma la potenza di certi scambi rimane.
I due si erano già scontrati a Rio, e Fonseca aveva vinto il primo set 6-0; peraltro vincendo diversi game ai vantaggi. Dopo il set point, convertito da un’imponente palla corta, Fils era rimasto fermo per un po’, cercando di capire cosa stesse succedendo. Dopo la vittoria, rapida e in due set, Fonseca si è inginocchiato con le mani sulla testa, mentre il telecronista annunciava: «New stuff for the tour». Dopo Fils, in quel torneo, Fonseca ha battuto anche uno specialista come Cristian Garin, per poi perdere da Navone. In quel momento era numero 655 al mondo.
Quella però era la terra rossa, la superficie preferita del brasiliano, mentre stavolta si giocava sul cemento indoor velocissimo di Jeddah. Per questo il suo successo ha ancora più valore. Nonostante Fils sia insomma uno dei giocatori più talentuosi del circuito, con Fonseca si è vista una chiara differenza di cilindrata. Questo per sottolineare che il giocatore che sta arrivando non ha un futuro qualsiasi ma è un potenziale numero uno, vincitore Slam, campione di tennis.
In Brasile è soprannominato “il piccolo Sinner” - «Per le gambe sottili e i colpi potenti». Oggi i colpi sono diventati ancora più potenti ma le gambe non sono più così sottili; a 18 anni Fonseca è già piuttosto strutturato fisicamente e in questo torneo ha dimostrato di coprire il campo con un atletismo superiore più o meno a chiunque altro. Si è visto soprattutto nella partita contro Jakub Mensik, uno dei giocatori con la potenza più brutale del circuito; Fonseca riusciva ad arrivare sempre un po’ prima di lui sulla pallina - assecondando un istinto nelle letture delle traiettorie, anche quello, da fenomeno.
Ci può fare impressione che Sinner, a 23 anni, abbia già prodotto un discepolo, ma i punti di contatto tra i due hanno tratti persino cabalistici. Nel 2024, a 18 anni, Fonseca ha ottenuto la sua prima vittoria ATP, il suo primo Challenger e le Next Gen ATP Finals: gli stessi traguardi esattamente alla stessa età. Fonseca è diventato anche il più giovane ad aver vinto il torneo, dopo appunto Sinner; oltre che quello classificato peggio a esserci riuscito.
«Molti buoni giocatori hanno vinto le Next Gen Finals, ma quello in cui mi rivedo davvero è Sinner. Mi piace il suo gioco aggressivo e tecnicamente è proprio il mio punto di riferimento. Mentalmente, è più calmo di me, è timido e adoro il modo in cui lotta. Non fa notare le emozioni e anche in questo mi somiglia molto». Sinner si comporta con lui già da mentore. I due si sono allenati insieme alle ATP Finals del 2023 e dopo hanno scambiato qualche battuta. Fonseca gli dice che vuole andare all’università, si era impegnato con la Virginia University. Sinner però gli dice di non andare: «Mi ha consigliato di evitare, dicendomi che ero troppo forte e che dovevo passare subito professionista. Sul momento ho pensato che mi prendesse in giro, che mi avesse fatto una battuta».
Tecnicamente hanno colpi impostati in modo piuttosto diverso ma si può dire che, a grandi linee, si somiglino; almeno nel senso che sono giocatori che sanno accelerare con facilità da entrambi i lati del campo. Hanno un’attitudine aggressiva, di comando, ma chi è che non ce l’ha, al giorno d’oggi? Ovviamente la differenza tra questi giocatori e gli altri è la rapidità con cui sanno prendere il comando, grazie alla velocità di piedi, ma anche alla completezza tecnica. Ha un gioco molto equilibrato, che si nota nella gestione dello scambio, ma il suo colpo migliore è il dritto. La sua tecnica è impeccabile, dalla posizione del corpo all’inizio, l’uso della mano sinistra, all’armonia con cui riesce a ruotare e a scaricare il peso della palla in avanti. È sempre composto, non dà mai l’impressione di strappare. Dal centro preferisce giocare inside-out, da destra, in recupero, accelera incrociato con una facilità ridicola, quasi offensiva. È il colpo che ha più brillato in queste Next Gen, ed è una delle soluzioni migliori anche di Sinner.
Ecco di cosa parliamo quando parliamo di velocità.
Se un gran dritto è un’arma piuttosto comune nel circuito, almeno a certi livelli, Fonseca fa la differenza anche dal lato del rovescio. È questo, forse, il colpo su cui può costruire una carriera da vincitore Slam - perché è quello che ha fatto per tanti anni la differenza per Djokovic e oggi la sta facendo per Sinner. Anche da quel lato Fonseca è estremamente composto nel movimento, e capace di generare velocità e girare il controllo dello scambio. Sa lavorare l’avversario con rovesci profondi e centrali, che gli aprano poi il campo sul dritto, ma anche accelerare in modo definitivo in lungo linea. Non ha la fluidità di Sinner o Djokovic, da quel lato, ma i margini sono promettenti.
Essendo nato sulla terra rossa, gli piacciono le variazioni. Ha un discreto back di rovescio (niente di clamoroso per ora) e usa la palla corta con naturalezza e con ottima scelta della situazione. A rete mostra un braccio piuttosto morbido e insomma: l’infrastruttura tecnica di Fonseca è di qualità strepitosa. Escluso il servizio, che a parte qualche eccezione è sempre il colpo con più margini per giocatori così giovani. Anche dal punto di vista mentale, però, Fonseca sembra già un giocatore di livello; o comunque sembra mostrare una naturale predisposizione all'agonismo. In queste Next Gen ha risolto matchup tecnici molto differenti, rimanendo sempre lucido. Per esempio Learner Tien in finale gli ha fatto giocare scambi lunghi e lo ha mosso anche nelle altezze, con soluzioni di tocco furbe. Lui lo ha sofferto per due set ma poi ha dilagato, non andando fuori giri e dimostrando poi di poter reggere, in modo costante, velocità che agli altri costano grandi sforzi.
In campo ha un’energia differente da quella del suo idolo Sinner. È molto espressivo, gli piace coinvolgere il pubblico e farsi sentire. Non è uno showman come Alcaraz, ma ha un carisma simile. È molto sicuro di sé. Dopo la vittoria con Fils a Rio aveva detto: «Voglio giocare in questi palcoscenici. Questo è il posto a cui appartengo». Prima della rivincita lo aveva quasi minacciato: «Arthur sa cosa sono capace di fare».
Insomma, stiamo parlando di un predestinato, è inutile girarci attorno. Ora in questo tipo di pezzi serve una parte in cui si mettono le mani avanti e si devono mettere per iscritto una serie di circostanze che potrebbero rallentare un futuro che vi ho presentato come luminosissimo. Dunque sono costretto a dirvi che Fonseca è ancora molto giovane e soggetto ai fisiologici alti e bassi che si vivono a quell’età. Perde ancora da giocatori come Hemery e Choinski. A Madrid, dopo aver battuto Michelsen, ha preso una brutta stesa da Cameron Norrie. In queste Next Gen ATP Finals ha affrontato giocatori acerbi oppure con cui si trova molto bene nel match up, come appunto Fils. La strada è lunga, lunghissima. Il 2025 sarà un anno di ambientamento, per lui, nel circuito pro, e le cose che deve imparare sono tante. Soprattutto, dovrà perdere e imparare a perdere. Bisogna ovviamente menzionare i possibili imprevisti catastrofici: problemi fisici cronici, gravi infortuni, collassi mentali, equilibri privati. Tutte cose oggi imprevedibili - del resto Eschilo non è morto colpito da una tartaruga che gli è piovuta sulla testa?
Questo momento, quello in cui Joao Fonseca alza il trofeo del torneo che è il ballo dei debuttanti del circuito, doveva però arrivare. Era annunciato e si è materializzato esattamente come lo avevamo immaginato.
La vittoria di Fonseca confermano le Next Gen Atp Finals come un esperimento riuscito della ATP. Questo vale al di là di scelte discutibili. L’assegnazione a Jeddah, Hasbullah che lancia la monetine, per esempio. Poi ci sarebbe il formato discutibile, con i set brevi, il killer point e dei set che finiscono con dei violenti strappi tipo quelli di una ceretta. La loro utilità di sistema però è indiscutibile. Da quando sono state introdotte (2017), in un momento in cui il tennis non sembrava più capace di produrre campioni, hanno già annunciato due futuri vincitori Slam come Alcaraz e Sinner, tratteggiando le prime linee dei personaggi che sarebbero stati. Come altri sport, il tennis si nutre di narrazioni, e queste si alimentano attraverso le rivalità. In un 2024 che ha visto Alcaraz e Sinner dividersi gli Slam, e spegnere forse in modo definitivo l’epoca dei Big-3, Fonseca alza l’ultimo trofeo dell’anno, quello che annuncia il futuro prossimo, che nel tennis sarà forse ancora dominato da tre esseri umani.