Quando il Venezia lo ha comprato quest’estate, sembrava una scommessa finita male. O peggio: uno dei colpi stravaganti partoriti dall’algoritmo che, secondo i tifosi più esasperati del Venezia, guida le scelte di mercato del club. Pohjanpalo aveva ormai 28 anni e un curriculum stravagante, che può essere definito da “talento sprecato” solo se si sono passate tante ore a giocare a Football Manager. Lo avevamo inserito nella nostra lista di acquisti assurdi della settimana con un incipit a dire il vero pessimistico: «Con un nome esotico, la palma di beniamino degli analisti statistici e una menzione nella lista di Don Balòn del 2012, dove poteva finire, Joel Pohjanpalo, se non al Venezia?».
Da due o tre stagioni il Venezia si è costruito la fama di club gestito da nerd calcistici, che danno vita a squadre belle in astratto e disastrose nel concreto. I tifosi sono esasperati. Hanno la sensazione che qualcuno stia giocando alla Play Station col loro club. Organizzano sfilate di moda al Penzo, contano i like su Instagram, in una strana distopia in cui il valore del brand è più importante di quello calcistico. Pohjanpalo pareva l’acquisto manifesto di questo modo d’operare leggermente distaccato dalla realtà. Un acquisto da Football Manager, da Instagram. Pohjanpalo biondissimo, la barba curata e l’aria vagamente triste da personaggio di Kaurismaki. L’aria di uno che ha vissuto giorni più felici, o almeno più ricchi di speranza. Cosa avrebbe combinato, questo attaccante finlandese caduto in disgrazia, nella Serie B italiana?
È una domanda che suona scema, a pochi giorni dal poker che Pohjanpalo ha inflitto al Modena. Gol che lo hanno issato in cima alla classifica marcatori, che guida insieme al vecchio lupo di categoria Gianluca Lapadula. Gol che descrivono uno di quegli stati di grazia assoluta dei centravanti, che segnano a ogni pallone toccato, senza nemmeno troppi sforzi apparenti, senza compiere chissà quali gesti tecnici. Quando un centravanti è in salute, i gol sembrano arrivare da soli. È un poker di gol che chiude paradossalmente il cerchio con la partita d’esordio di Pohjanpalo, a 18 anni, quando riuscì a segnare tre gol nei primi tre minuti da professionista, in una di quelle partite che sembrano uno scherzo.
Pohjanpalo ogni volta ha esultato con un singolo braccio alzato, il dito al cielo. Un’esultanza modesta e demodé. A fine partita si è ordinato una birra al bar e se ne è andato via così, a torso nudo, soddisfatto, con una media in una mano e il pallone della partita sotto il braccio. I tifosi lo acclamano, gridano il suo nome, gli hanno dedicato uno striscione in cui beve la sua birra, diventata un rito irrinunciabile ormai da qualche settimana. Da quanto, cioè, Pohjanpalo ha cominciato a segnare con regolarità.
La sua storia, insomma, ha preso la piega più inaspettata di tutte. E non perché ha iniziato a segnare, ma perché nel frattempo è diventato un idolo della tifoseria, trovando una simbiosi con la città che è il contrario di quanto ci si aspettava, il contrario di quanto i tifosi contestano alla società, ovvero di essere un club freddo, modaiolo. A differenza della maggior parte dei calciatori, non vive tra Mestre e Treviso ma a Venezia, sull’isola, a San Polo. Non c’è persona che non l’abbia incrociato a bere un bicchiere intorno a Rialto, o a Canareggio. Vive da persona normale e ci ricorda quanto poco basti per far felici i tifosi, cercare di mettere meno distanza possibile fra sé e l’ambiente in cui si vive. Apparire persone decenti, semplici. Non fare completamente schifo in campo.
Alla Gazzetta dello Sport Pohjanpalo ha detto che se la sta godendo: «Nessuno può reggere il confronto con Venezia, me la godo. Sto a San Polo. Cammino volentieri, ho il mio bar preferito dove prendo il caffè, poi ho la macchina a Piazzale Roma e in dieci minuti sono al campo, in Germania ci mettevo di più. Il mio luogo del cuore è un palazzo antico sul canal grande, c’è un hotel con terrazza magnifica e soleggiata, si vedono tramonti fantastici. Appena saremo salvi berrò una birra con i tifosi, come dopo la partita contro la SPAL. In Serie B è molto più difficile fare gol rispetto che in Turchia, dove ne feci 16. Lapadula è davvero forte, peccato non esserci incontrati a causa del suo infortunio. Non ho in testa di andare via, vivere qui è un monito per rimanere».
Quella tripletta in due minuti e 47 secondi ha definito la sua carriera. Dove sarebbe potuto arrivare un giocatore con una media inferiore al gol al minuto? È stato come vincere un biglietto alla lotteria perché a quel punto c’era in ballo un trasferimento grosso, uno di quelli che ti rendono un calciatore (e cioè uno che vive col calcio). Il Liverpool gli offriva un contratto solo per le giovanili, ma lui voleva aiutare il suo club a guadagnarci qualcosa, allora ha accettato l’offerta del Bayer Leverkusen. «Senza quei tre gol forse oggi non sarei qui. Tante squadre da tutta Europa mi volevano: Lione, Liverpool, Bayer Leverkusen…». Non si può dire che Pohjanpalo abbia poi avuto una carriera all’altezza di quanto aveva promesso nei primi tre minuti della sua carriera. Come gli attori che diventano famosi per una piccola particella da bambini, ha faticato a star dietro all’hype che si portava dietro. Ha girato un po’ di squadre in prestito senza trovare il suo posto, segnando un po’ di triplette qua e là, sempre con dietro questo lunghissimo contratto che aveva firmato col Leverkusen. Si è fatto male alla caviglia piuttosto seriamente, è stato fuori praticamente due anni e questo ne ha pregiudicato le possibilità ad alti livelli. Ha segnato 16 gol in Turchia due stagioni fa, poi è tornato al Bayer Leverkusen, prima di partire verso la laguna.
C’è qualcosa di retrò anche nel suo gioco. L’andatura pesante e impacciata con cui si muove, il modo in cui carica le difese a testa bassa, sempre con la gamba un po’ inarcata a minacciare un tiro. Gioca centravanti e vuole tirare ogni volta che ne ha l’occasione. Ha segnato di destro e di sinistro, trovando angoli acutissimi o piegando le mani di portieri un po’ leggeri. Sembra sempre un po’ troppo lento per battere sul tempo i difensori, per ricavarsi lo spazio per un tiro. All’improvviso però Pohjanpalo accelera, compare su un cross sul primo palo. Ha una precisione e un tempismo nell’usare la testa che è da centravanti degli anni ’90.
Oggi il Venezia è in una di quelle zone di classifica ambigue, dove una sconfitta o una vittoria può cambiare tutto. «Siamo vicini sia ai play-out sia ai play-off, dobbiamo lottare» ha detto Pohjanpalo. Le cose in Serie B cambiano in fretta: poche settimane fa il Venezia doveva pensare a restare in Serie B, e l’impresa sembrava complicata. Poi è arrivato in panchina Paolo Vanoli e le cose sono cambiate. Il Venezia ha cambiato colore. Non sembra più una squadra cupa, disperata, in difficoltà, ma una che può stupire ogni partita. Il Venezia ha iniziato a vincere, e quindi a tirarsi fuori dalle zone più angoscianti della classifica. E più vinceva più ci prendeva gusto. Rilassandosi, ha iniziato a giocare sempre meglio: «Io vedo ogni giorno questi ragazzi allenarsi, ed ero convinto che i giovani avessero bisogno di tempo per farli crescere. A volte la situazione in cui ci trovavamo prima, non ci consentiva questo». Ad aprile ha segnato in tutte le vittorie del Venezia, e il premio di Calciatore del mese è una conseguenza di questa regolarità. Contro la Ternana ha raccolto l’invito di mettere la palla a porta vuota; ha trasformato il rigore del 2-1 contro il Palermo. Sembra aver sviluppato un’intesa speciale con Denis Johnsen, che è il giocatore più influente offensivamente del Venezia. Parte in teoria accanto a lui, seconda punta, ma si muove praticamente per tutto il campo, libero di portare palla dove e quanto vuole. Contro il Como hanno impacchettato loro il terzo gol della partita, un lancio lungo del difensore e le due punte che duettano un tocco per uno, con Pohjanpalo che appoggia infine nella porta vota.
Magari Pohjanpalo rimarrà a Venezia per un altro anno, o due, o cinque, o dieci. Una volta ritirato, non prima di aver superato i cento gol con la maglia arancio-nero-verde, non tornerà sulle isole di Helsinki ma rimarrà su quella di Venezia. Continuerà a stare nella sua casa di San Polo; oppure sceglierà un’isola più appartata, una di quelle isole che sembrano creata dalla penna di Italo Calvino - Pellestrina? In mezzo ai frutteti di Mazzorbo? Sant’Angelo della polvere, l’isola del peccato? O nell’isolamento assoluto di Poveglia? Condurrà una vita monastica tra i cani e la vite. Farà il suo vino, ci rifornirà la sua enoteca di Helsinki, sarà felice.