Daniel Cormier, lo sfidante campione
di G. Faelutti
Se la rivalità tra Jon Jones e Daniel Cormier a livello narrativo ha preso i tratti dell’eterna lotta tra “bene” contro “male”, tra una persona “cattiva” (con un atteggiamento cattivo, con cattive abitudini e precedenti penali) e una “buona” (un padre di famiglia, sportivo), su un piano più strettamente sportivo rappresenta invece l’archetipo della sfida tra un “campione naturale” e uno “sfidante”. Anche se in questo caso sarà lo sfidante, Cormier, a salire nell’ottagono con la cintura in vita.
Daniel Cormier è un underdog a cominciare dall'aspetto esteriore: il viso paffuto, l'espressione bonaria, il fisico rilassato sul quale ama scherzare, che lo costringe a combattere nei pesi massimi leggeri nonostante il metro e ottanta scarso di altezza non sia d’aiuto nella categoria. Jon Jones, invece, è la star, l'uomo nato con un fisico studiato per combattere e un talento ingiusto per quanto abbondante.
Nonostante ciò, Daniel Cormier non può essere considerato soltanto “il numero due”. Ha qualcosa dentro, una forza che lo distingue comunque dagli altri. Ha dovuto edificare la sua grandezza con materiali comuni, la forza è nella sua mente.
Il percorso di Daniel Cormier
Daniel Cormier è nato 38 anni fa a Lafayette, in Louisiana, dove ha coltivato un background importantissimo nella lotta libera, vincendo per tre volte il campionato scolastico dello Stato della Louisiana per poi trasferirsi alla Oklahoma State University, dove ha perso la finale NCAA per poi essere selezionato per partecipare ai Giochi olimpici di Atene nel 2004 (dove arriverà quarto) e di Pechino nel 2008.
È arrivato tardi, a 30 anni, nelle MMA, firmando per Strikeforce (una federazione di rilievo all'epoca), e il suo impatto nei pesi massimi è eclatante: ha vinto i primi 8 incontri disputati (ai quali ne vanno aggiunti altri tre disputati in federazioni minori) e conquistato il titolo dominando Josh Barnett.
Barnett era un wrestler applicato alle MMA straordinario, ma guardate come lo solleva Cormier:
Questa diventerà la mossa signature di Cormier: il bodyslam.
Cormier ha fatto il suo debutto in UFC quattro anni fa sempre nei pesi massimi. Ha vinto due incontri - Frank Mir, Roy Nelson - prima di scendere di categoria nei massimi leggeri e mandare KO in una manciata di secondi Patrick Cummins. Poi ha maltrattato con una facilità irrisoria un campione come Dan Henderson:
A quel punto della carriera di Cormier è arrivato il match contro Jones, campione in carica dei pesi massimi leggeri. Il loro è stato uno dei match più attesi di sempre, non soltanto perché è raro trovare un tasso tecnico così alto fra due contendenti, ma anche perché i due si odiavano apertamente da tempo. Insulti - Cormier ha dato del bullo a Jones, dicendo di volergli “sputare in faccia” - e minacce - Jones ha promesso di “ucciderlo”, non solo di picchiarlo, se davvero avesse osato sputargli - che andavano ben oltre il semplice trash-talking, al punto che hanno iniziato a combattere in anticipo, durante la cerimonia di presentazione.
Quella notte fu Jones ad avere la meglio, in modo chiaro e inequivocabile. Eppure non fu un dominio, ma un match molto più equilibrato di quanto non abbiano detto i cartellini dei tre giudici (unanimi nel assegnare un legittimo 49-46 al campione).
I primi tre round in particolare furono molto equilibrati, al punto che alla fine della terza ripresa i colpi totali erano 86-81 in favore di Cormier, che si era aggiudicato però soltanto la seconda ripresa, perdendo la prima e la terza di misura.
Dal quarto round, però, il match era cambiato decisamente in favore del campione in carica: il ritmo di Jones era rimasto costante e inesauribile, mentre era calato vistosamente quello di Cormier. Jones aveva messo a segno due takedown nel giro di un minuto, seppure senza riuscire ad approfittarne veramente; mentre Cormier in affanno dal punto di vista atletico aveva messo a segno appena 3 colpi su 16 tentati (nei primi round ne aveva provati 48, 46 e 47).
Nella quinta ripresa Jones controllò e Cormier non aveva più le forze per ribaltare l'incontro. Jones si fece preferire, nonostante un takedown subito, ancora una volta per la frequenza di colpi.
Il primo confronto tra i due è stato combattuto dalla distanza e dal clinch (anche se in entrambe le fasi Jones è andato a segno con maggiore regolarità e precisione), ma la resistenza, il cardio si sono rivelati i fattori decisivi. Era il gennaio del 2015, e nel frattempo sono cambiate molte cose.
Aspettando la rivincita
Dopo l’incontro con Cormier, Jon Jones è entrato in una fase della sua vita, e della sua carriera di fighter, parecchio incasinata. Prima la positività alla cocaina, poi l’incidente automobilistico, con omissione di soccorso, in cui era coinvolta una donna incinta, in seguito al quale nell’auto di Jones è stata ritrovata della marijuana.
Jones ha perso un anno e Cormier ha proseguito il proprio percorso con in testa il fantasma di quell’incontro perso e di un avversario con cui forse non avrebbe avuto una seconda possibilità. Per capire l’impatto psicologico di quel primo incontro, basti pensare che al termine del match, quando Cormier ha abbracciato il suo amico e compagno di team Cain Velasquez, non è riuscito a trattenere le lacrime.
Questa foto viene usata dai tifosi di Jones per sbeffeggiare Cormier.
Dopo la sconfitta con Jones, Cormier è tornato in gabbia contro Anthony Johnson, uno degli striker più terrificanti che abbiano mai messo piede in un ottagono, con un background nel wrestling. Un incontro valido per il titolo, proprio per via della squalifica di Jon Jones.
Non esiste un fighter con la potenza da ko di "Rumble" Johnson e il match comincia in salita per Cormier. Johnson lo impatta con un gancio destro spaventoso e davvero non si spiega come Cormier, dopo essere stato schiantato al suolo, riesca a rialzarsi immediatamente senza accusare eccessivamente il colpo, gestendo anzi con lucidità la sfuriata del suo sfidante.
Cormier fa di tutto per chiudere la distanza, cercando disperatamente di portare a terra Johnson, che però difende benissimo l'atterramento e risponde anche con colpi pesanti. Sembra una brutta nottata per Cormier: Johnson mette anche un high kick potente e sembra davvero troppo superiore nelle fasi di striking. Ma Cormier, grazie anche al tanto controllo a parete (3 minuti e 19 secondi in totale) riesce a contenere le offensive del suo sfidante e a sopravvivere fino al termine della prima ripresa.
Anche all'inizio del secondo round la musica sembra la stessa ed è soltanto Johnson a suonarla a ritmo di middle kick e di ganci al volto. Cormier non smette per un istante di credere di poter ribaltare l'incontro, e questa è la sua virtù più grande. L’incontro cambia quando Cormier intercetta un middle kick prevedibile di Johnson e lo atterra con una delle sue celebri slam.
Anche se magari confrontato a dei pugni può sembrare meno doloroso, si possono anche perdere degli incontri per lo schock provocato da un body-slam.
Cormier diventa asfissiante, Johnson non riesce a trovare le giuste contromisure e quando finisce il round è stordito dai colpi pesantissimi subiti. Nella terza ripresa Cormier riesce a prendergli la schiena e chiude con un Rear Naked Choke. È una prova epica per Daniel Cormier, che era sembrato più volte sul punto di soccombere ed è invece riuscito, grazie a una forza mentale spaventosa, ad aggiudicarsi un incontro durissimo. Johnson alla fine gli allaccia la cintura alla vita (messa in palio proprio per via della squalifica di Jones).
Subito dopo, Cormier affronta lo svedese Alexander Gustafsson, uno striker particolarmente estroso, quello che più di ogni altro è andato vicino a sconfiggere Jon Jones. È molto alto (1.95 m), è dotato di un allungo importante, ma ha anche un grappling difensivo eccezionale che gli permette di difendere l’85% degli atterramenti tentati ai suoi danni.
L’incontro inizia bene per Cormier, che però nel terzo round riceve una ginocchiata violentissima dal clinch che lo manda knockdown: Gustafsson sembra a un passo dalla finalizzazione, ma DC ancora una volta, eroicamente, resiste. Anche in quell’incontro, Cormier è riuscito a riemergere dal punto più basso toccato, combattendo un quinto round durissimo, imponendo il suo ritmo e convincendo i giudici con un volume di colpi superiore a quello del suo avversario.
In questo match, Cormier ha dimostrato di poter tenere alto il ritmo per tutte e cinque le riprese, anzi ha saputo alzarlo nel quinto round, quando è stato necessario per aggiudicarsi l’incontro. Un’evoluzione da tenere a mente prima del match con Jones, visto che, come detto, nel loro primo incontro Cormier era calato proprio dopo la terza ripresa.
Nel frattempo Jon Jones ha scontato la squalifica e l’UFC gli organizza subito un nuovo incontro con Cormier, che però una decina di giorni prima del match si infortuna. Lo sostituisce Ovince Saint Preux, contro cui Jones - pur vincendo - dà una prova ben al di sotto dei suoi standard abituali (è più potente grazie al potenziamento fisico eseguito in quel periodo, ma anche meno mobile) e in molti pensano che se quella notte ci fosse stato Cormier al posto di Saint Preux ne sarebbe uscito vincitore.
Di nuovo l’UFC organizza la rivincita, in occasione di UFC 200 (lo scorso luglio), ma all’ultimo momento, tre giorni prima dell’incontro, Jones viene trovato nuovamente positivo al doping.
Senza Jones, Cormier affronta il leggendario Anderson Silva, che ha accettato di combattere con pochissimo preavviso, in un match che non è stato spettacolare: Cormier ha controllato a terra per tutte e tre le riprese Silva, che grazie al suo eccezionale BJJ è riuscito ad arginarlo uscendone con l’onore delle armi.
Poi, Cormier offre la rivincita ad Anthony Johnson, che contrariamente alle aspettative (i bookmaker davano favorito Johnson a 1.70) viene sconfitto una seconda volta con una facilità impressionante.
Dalla parte di Cormier
È arrivato il momento di riflettere sulle ragioni dell’odio tra Cormier e Jones. Molti non sopportano Jon Jones - al di là delle squalifiche e della condotta nella sua vita privata - per le innumerevoli scorrettezze commesse nell’ottagono. Non solo per le dita infilate negli occhi a quasi tutti i suoi avversari, ma anche per il modo in cui ha lasciato andare un avversario nobile come Lyoto Machida, facendolo cadere a terra svenuto dopo una ghigliottina dallo stand up. O per l’esultanza in faccia senza motivo a Glover Teixeira prima della fine dell’incontro. O per un pugno tirato dopo la sirena proprio contro Cormier.
Un comportamento tanto più discutibile se si considera il talento di Jones. Perché se si parla solo del valore atletico e tecnico, sono davvero in pochi a non ammettere che Jon “Bones” Jones è un alieno. Una sorta di miracolo della genetica, un metro e novantatré centimetri per un corpo asciutto e al contempo straordinariamente forte e agile, dotato di un allungo di duecentoquindici centimetri: superiore a quello di qualsiasi altro fighter UFC (compreso Stefan Struve che pure è alto venti centimetri più di lui).
Devastante nelle corte distanze e nel ground and pound, in particolare con le sue taglienti gomitate, quasi impossibile da portare a terra e con una perfetta gestione delle distanze in piedi, buoni riflessi e una grande lucidità anche nei momenti più concitati.
Insomma, non c’è alcun dubbio su chi sia, in senso assoluto, il migliore fra Cormier e Jones. Ma in questi due anni Cormier è cresciuto tantissimo. A livello di fiducia, ma anche dal punto di vista tecnico e fisico: se contro Anthony Johnson è stata infatti la sua mentalità a emergere, contro Gustafsson si sono visti i miglioramenti sia a livello pugilistico (i suoi colpi sono sembrati più precisi), che nel ritmo.
Il cardio di Cormier non è più quello del primo match. Questo per me può essere l’elemento più importante, senza resistenza nel corso dei round Cormier non avrà speranze, ma se riuscirà a mantenere alta la frequenza di colpi anche dopo la quarta ripresa - come ha fatto appunto contro Gustaffson, quando ha tentato 75 e 69 colpi nelle ultime due riprese, rispetto ai 22 e 13 colpi tentati nel primo match contro JJ - allora potrà perpetuare l’equilibrio già visto nelle prime tre riprese della loro prima sfida. E aspettare che si aprano spiragli importanti per la vittoria.
Difficilmente vedremo un match dove il grappling sarà determinante, atterramenti come quelli visti nel loro primo match avranno una valenza relativa (premia i takedown solo nel caso portino a qualche danno consistente o a passaggi di guardia piuttosto che a tentativi di sottomissione) e saranno quasi ininfluenti ai fini del risultato. Nelle fasi di striking e di clinch, finché “DC” ha avuto sufficienti energie, l’equilibrio era stato quasi perfetto, come dimostrano gli 86 a 81 colpi in favore di Cormier a fine del terzo round.
Come accennato, l’ultima versione di Jones (quella vista contro Ovince St. Preux) è sembrata appesantita: potrebbe essere un fattore negativo sia nella fase offensiva, dove agilità e volume di colpi sono elementi essenziali per la sua efficacia, non avendo mai avuto colpi da KO; che nella fase difensiva, dove potrebbe pagare a livello di footwork e arretrare con meno rapidità sui ganci in avanzamento di Cormier.
A questo va aggiunto la mentalità da competitore assoluto, alimentata ulteriormente da due anni di vittorie e che costringerà con ogni probabilità Jones a una lunga e sofferta notte. Jon Jones dovrà essere disposto a soffrire quanto Cormier, dovrà avere altrettanta fame, altrettanta voglia di vincere.
Non sempre il più forte ha la meglio e Daniel Cormier sembra nato per ricordarcelo.
Jon Jones, il dio della guerra
di G. Bongiorno
Anche se in nessuno sport esiste davvero l’atleta più forte di ogni tempo, dato che ognuno va contestualizzato nel periodo in cui vive, non sono il solo a pensare che il miglior artista marziale misto di sempre possa essere Jon Jones. Uno degli argomenti a favore di questa tesi è che se Anderson Silva e George Saint Pierre hanno instaurato domini dalla durata decennale, Jon “Bones” Jones ha dominato da quando compete nelle MMA. Con delle pause, però, che ne hanno minato la legacy.
Jon Jones è nato a Rochester, New York, trent’anni fa, da una famiglia di sportivi: i fratelli Arthur e Chandler sono entrambi giocatori professionisti di football americano. Durante gli anni delle superiori, Jon si è distinto nel wrestling, diventando campione nazionale nel proprio liceo di New York, ha anche giocato in difesa nel football americano, dove il suo coach gli ha affibbiato il soprannome "Bones", per via del fisico magro con la struttura ossea in evidenza (ma che struttura ossea!). Si è trasferito in Iowa per il college (vincendo uno JUCO Championship) e poi è tornato nello Stato di New York per studiare Diritto Penale. Prima di ritirarsi dagli studi e iniziare la sua carriera nel mondo delle MMA.
Bruciare le tappe
Ha esordito nell’ottagono da professionista nell'aprile del 2008, a 21 anni, e in poco più di tre mesi ha raggiunto il record di 6-0. La vita di Jones cambia quando nell’agosto di quell’anno esordisce in UFC, contro Andre Gusmao. “Bones” accettò il match con appena due settimane di preavviso, mostrando un arsenale diverso da quello di un fighter qualsiasi: mettendo in mostra colpi girati e fulminei, takedown secchi e precisi e una capacità incredibile di dominare gli avversari che gli permetterà già all'esordio di portare a casa una schiacciante vittoria per decisione unanime.
La creatività e la fluidità del “giovane” Jones.
I vertici UFC vedono qualcosa di unico in lui e lo mettono davanti a un test importante nel 2009, contro il secondo classificato al primo torneo The Ultimate Fighter: Stephan Bonnar, soprannome: “The American Psycho”. Il match è a senso unico e anche se Jones non finalizza impone a Bonnar la sconfitta più schiacciante della sua carriera.
Le battaglie di Jones sono numerose e ricche di momenti interessanti, ma a riassumere i suoi esordi basta il TKO con ginocchiate inflitto a "Shogun" Rua nel 2011, con cui Jones diventa a soli 23 anni il più giovane campione nella storia UFC, record valido ancora oggi.
Ma il vero e proprio spartiacque nella carriera di Jones, il momento in cui da "face" (che nel gergo del pro-wrestling definisce un fighter “buono”) diventa "heel" (ossia “cattivo”) è l’incontro con Lyoto Machida, fighter e marzialista rispettoso e degno di ogni riguardo, sottomesso con una “standing guillotine” al termine della quale stramazza al suolo come una marionetta, e ha bisogno dell'aiuto dei medici per riprendersi. Questa è la prima sottomissione subita in carriera da Machida e a Jones non viene perdonata la durezza con cui lo lascia dopo che l’arbitro dichiara l’incontro finito.
Maleducato.
Subito dopo Jones affronta Rashad Evans, che lo conosce e tenta di provocarlo, accusandolo di essere scorretto e provando a intimidirlo. Tecnicamente Evans è dotato di un ottimo pugilato applicato alle MMA e ha un eccellente footwork, oltre a un validissimo wrestling, ma Jones lo colpisce più e più volte con front kick, non consentendogli di avvicinarsi. Appena Evans riesce ad accorciare, Jones lo colpisce con colpi pericolosi, specie gomitate violentissime che lo raggiungono e lo stordiscono. Alla fine Jones vince per decisione unanime.
L’incontro successivo è quello con Vitor Belfort, che insieme a Alexander Gustafsson è il fighter che è arrivato più vicino a sconfiggere Jones, grazie a una fulminea armbar praticamente chiusa durante la prima ripresa a cui Jones è sfuggito per miracolo. Dirà, poi, che aveva semplicemente "rifiutato di arrendersi" nonostante un braccio infortunato, ed è tornato a combattere dominando in maniera evidente Belfort e finalizzandolo con una splendida kimura.
Il secondo incontro difficile per Jones arriva, come detto, contro Gustafsson, ed è ricordato come uno dei migliori nella storia delle MMA. Dopo un inizio sfavillante da parte dello svedese, che domina per due round grazie al suo allungo e allo stile non ortodosso, Jones riesce in uno spettacolare comeback, ottenendo la vittoria ai punti per decisione unanime dei giudici.
Un’altra tappa fondamentale nel percorso di Jones è l’incontro con Glover Teixeira, che si presentava con ben 20 vittorie consecutive, 5 delle quali in UFC. Jones però lo ha dominato in ogni aspetto del combattimento: stand-up, ground game, clinch. Teixeira perse più volte il suo paradenti e alla fine dei cinque round i suoi connotati erano praticamente irriconoscibili.
Contro Cormier
Dopo quest’incontro in molti chiedevano un rematch con Gustafsson, ma lo svedese si infortunò e Jones accettò il match contro Daniel Cormier. La faida tra due è iniziata durante il tour promozionale, ma nell’incontro Jones ha dimostrato di essere più preparato del suo avversario anche nel reparto in cui era considerato migliore: il wrestling.
Jones è stato il primo atleta a concretizzare dei takedown su Daniel Cormier, e accorciando le distanze ha imposto la sua dirty boxing e le ginocchiate in maniera molto pesante e precisa, sfiancando presto Cormier.
Poi sono iniziati i problemi che con l’arte del combattimento non c’entrano niente. La prima squalifica, l’infortunio di Cormier prima della rivincita e Jones che combatte con Ovince St. Preux, spezzandogli il braccio.
Poi la seconda squalifica, prima del match con Cormier che, si vociferava, avrebbe fruttato a Jones una cifra intorno ai 10 milioni di dollari.
E si arriva così al prossimo incontro, quello del rientro.
L'amore-odio di Dana White, presidente di UFC, nei confronti di Jon Jones è noto, ha minacciato di non farlo più partecipare in un main event in seguito alle squalifiche, ma anche White si è arreso al fatto che dal punto di vista atletico, oltre che mediatico, probabilmente Jon Jones è la cosa migliore che sia accaduta alle MMA negli ultimi 20 anni.
Ma Dana White non è l’unico a dover “ingoiare” i successi di Jones. In generale in molti gli rimproverano scorrettezze che in ogni caso non intaccano il generale senso di superiorità che ha espresso nei suoi combattimenti.
Jones, ad esempio, gestisce la distanza con le mani aperte e le braccia distese, che terminano spesso con degli eye poke sugli avversari: uno degli avversari che lo ha subito di più è stato Glover Teixeira, che comunque ha dichiarato di non aver perso per quello. Secondo Teixeira, Jon Jones vince "perché è l'uomo migliore".
Dalla parte di “Bones”
Jones non è solo uno striker. Non è solo un grappler. È l'essenza del mixed martial artist. Jones ha uno striking particolare e unico: pregno di colpi non ortodossi spesso girati e che partono da angolazioni imprevedibili (basti pensare al suo low kick obliquo). Headkick spietati e velocissimi, un pugilato accurato e una buona difesa, middle kick in spinning che fanno invidia a chiunque. Il suo wrestling è davvero elitario, basti pensare a come ha schiacciato Cormier, il re del wrestling nelle MMA.
Quando ha le braccia in doppio underhook è praticamente impossibile uscire dalla sua presa, quando invece sono in double collar tie si è sempre in pericolo, date le continue gomitate e ginocchiate. Da terra sa essere spietato e controllare fino allo sfinimento un avversario. Spesso colpisce in ground and pound con pesantissime gomitate che generano danni importanti.
C’è chi dice che Jones abbia passato troppo tempo lontano dalla gabbia. Troppo tempo per uno che è abituato a dominare. Ma se rimanere troppo lontani dalla gabbia è senz’altro uno svantaggio, anche combattere troppo frequentemente può diventarlo. Jones ha perfezionato il suo modo di combattere in questi ultimi tempi, stando a quanto racconta il suo allenatore, Winkeljohn, e ha studiato “nuovi modi di colpire, nuove angolazioni, colpi di gomito”. Il suo ritmo, da quando ha aumentato massa muscolare con il power-lift, è in calo, ma molto dipenderà anche dal tipo di preparazione che ha affrontato per l’incontro. La sua forza è aumentata e Jones sa che Cormier è un osso duro e non lo sottovaluterà: se dovesse trovare un’apertura, specie nella fase di striking, cercherà di sfruttarla, altrimenti con tutta probabilità tenterà di mettere colpi a segno per fare punti e poi controllare, sia in fase di striking che di grappling. Come ha fatto nel primo match.
Difficilmente Jones soffrirà la pressione di Cormier, vista la sua capacità nel gestire e controllare gli avversari e il fattore età inoltre non va a favore dell’attuale campione. Dal punto di vista dello striking puro, Cormier ha poche possibilità contro Jones. Non solo per via dell’allungo, ma soprattutto per le angolazioni dei colpi che "Bones" porta a segno. È sempre imprevedibile, veloce e preciso. Inoltre Cormier ha una tecnica che invita al counterstriker, Jones si troverà a proprio agio a colpire di rimessa, fiaccando il footwork del suo avversario con i calci obliqui, come ha fatto con tutti i suoi avversari.
Ma forse la ragione principale per credere in una vittoria di Jones è che ha già battuto una volta Daniel Cormier, e sa che con la giusta preparazione può batterlo ancora. L'odio fra i due è tangibile e non si risparmieranno, ma alla vigilia, nonostante la lunga assenza, è Jon Jones quello da considerare come il migliore.
E non per demerito di Cormier: Jon Jones probabilmente è l’atleta più vicino alla perfezione all'interno della gabbia ottagonale. “Bones” si abbatte con una furia lucida su ogni miscredente che abbia il coraggio e la noncuranza di provare ad abbatterlo. È la pulizia tecnica, la completezza in tutte le discipline, e la brutalità incarnata.
Non sarà il migliore di sempre, perché è impossibile definire chi lo sia davvero, ma Jones rappresenta meglio di chiunque altro l'essenza unica del mixed martial artist.