Pochi giocatori sono tanto insopportabili per alcuni spettatori quanto sublimi e sofisticati per altri come Jorginho - pur mantenendo, Jorginho, un’opacità pressoché assoluta, con la sua faccia un po’ anonima, da agente immobiliare con la cartellina in mano, con le guance scavate e una barba che non cresce, gli occhi dolci leggermente infossati. Più che con la sua faccia è una questione che ha a che fare con lo stile poco appariscente di Jorginho, entrato nel discorso per il prossimo Pallone d’Oro eppure considerato da molti un giocatore “normalissimo”. E forse la cosa che più spinge all’estremo i giudizi riguardo Jorginho è la sua tecnica nel battere i rigori. Il famoso saltello. Nonostante lo abbia abbandonato dopo aver fallito il primo tentativo contro la Svizzera - nella partita di andata delle qualificazioni per il prossimo Mondiale giocata a Basilea - il suo saltello è rimasto così impresso nell’immaginario che un testimone presente all’Olimpico mi ha raccontato che, dopo il secondo errore contro la Svizzera, lo scorso venerdì, dei ragazzi nella fila davanti a lui hanno commentato con: «ha stufato con quelcazzo di saltello». Anche se, appunto, non lo aveva fatto.
Il saltello di Jorginho sembra un modo cervellotico per complicare qualcosa di semplice. Qualcosa di superfluo, un vezzo ideato per far imbestialire chi pensa che questo calcio sia già andato oltre il limite di complicatezza, riempendosi di orpelli sostanzialmente inutili. Insomma, il saltello come sineddoche stessa di Jorginho, un giocatore che migliora la propria squadra, facendo avanzare il pallone lungo il campo, liberando spazi attirando pressione, accorciando le distanze per recuperare palla nella metà campo avversaria, ma che fuori da una squadra che assecondi le sue caratteristiche fatica a mettersi in mostra. Mandato in prestito in Lega Pro, che faticava a giocare in Serie B a inizio carriera. Che, appena due anni fa, Rio Ferdinand ha definito come «non corre, non difende, ha fatto due mila passaggi ma quanti assist?». Ma anche un giocatore di cui è difficile descrivere l’utilità senza scendere in dettagli noiosi, mettere pausa al video, tirare in ballo concetti astratti e statistiche (per dire, non è vero che non difende: nelle classifiche di Statsbomb è nel 94esimo percentile per intercetti, tra i centrocampisti, e nel 75esimo per tackle e pressioni; ed è stato il giocatore ad aver corso più chilometri durante lo scorso Europeo).
Foto di Giuseppe Maffia / Getty Images
Jorginho ha sbagliato 6 rigori negli ultimi quattordici mesi, 8 in totale. Prima del rigore con l’Inghilterra aveva una riuscita del’87% circa (34 su 39), adesso scesa all’82.6% (38 su 46, contando anche i rigori segnati nelle serie finali, come quelli dell’Europeo, ma non quelli in amichevole). Anche se sono pochi rigori per paragonarlo ai grandi specialisti - Cuathémoc Blanco, con una rincorsa lunghissima e veloce come se stesse lanciando una motocicletta contro un muro, ne ha segnati 71 su 73; Romario ne ha calciati 123, Baggio 133, Totti 104, Del Piero 91, Lewandoski 72 (segnandone 53 consecutivamente), tutti con percentuali di riuscita simili se non superiori alla sua, e Le Tissier che ne ha tirati 49 ne ha sbagliato uno solo - è comunque difficile considerare Jorginho un «non rigorista», come ha fatto De Laurentiis dopo l’ultimo errore.
Breve storia del saltello
A Verona, nella prima metà della stagione 2013/14, in Serie A (in B non ne ha calciati), ne ha segnati 5, nessuno dei quali con quel cazzo disaltello. Anche a Napoli il primo rigore l’ha calciato normalmente, diciamo, prima di eseguire il saltello, per la prima volta, contro il Nizza nei playoff di Champions League del 2017. In squadra c’erano Higuain e Mertens (oltre ad Hamsik, Insigne e persino Gabbiadini, Milik, Pandev hanno calciato rigori in quel periodo) e Jorginho ha tirato dal dischetto appena cinque volte in totale in cinque stagioni, di cui quattro tra agosto e settembre di quella 2017-18, la sua ultima a Napoli. Con il saltello ha segnato contro il Nizza, poi contro il Manchester City, con Ederson in porta, contro la Lazio. Poi, però, ha sbagliato contro l’Udinese, segnando solo dopo la ribattuta di Scuffet, a novembre 2017, il suo ultimo rigore in maglia azzurra.
Jorginho ha detto a France Football di aver sviluppato questa tecnica in allenamento, calciando i rigori contro il compagno brasiliano Henrique «per scherzo» - un difensore, ma vedendo che funzionava con lui ha provato anche contro portieri veri e propri. Il saltello è una specie di finta, serve a mischiare le carte al portiere, che deve stare attento a non muoversi prima che Jorginho sia atterrato per non finire spiazzato. Questo perché Jorginho ha una sensibilità eccezionale nel leggere movimenti anche impercettibili, unita alla capacità tecnica di ruotare all’ultimo momento il bacino e aprire o chiudere il piatto per dare la giusta direzione alla palla. Per questo, quasi tutti i rigori segnati da Jorginho sono entrati dalla parte opposta rispetto a quella dove si era tuffato, o voleva tuffarsi, il portiere, a volte pietrificato sul posto dopo aver abbassato un ginocchio.
Prima del saltello, per i portieri che hanno affrontato Jorginho era più semplice intuire l’angolo. Padelli, a cui ha segnato il primo gol in Serie A in un Torino-Verona del 2013, aveva intuito l’angolo; così come Bajza in uno dei due rigori segnati in una partita contro il Parma quello stesso anno; come Consigli nella partita con l’Atalanta, sempre nell’autunno del 2013; e come Scuffet contro l’Udinese, nel primo rigore calciato con la maglia del Napoli, a gennaio 2015. Le eccezioni, cioè i portieri che sono riusciti a intuire l’angolo scelto da Jorginho ma che hanno comunque subito gol, se si considerano solo i rigori calciati e segnati con il saltello, sono appena quattro.
L’8 settembre del 2019, contro la Finlandia, Jorginho fa uno strano saltello lungo che accorcia il tempo che solitamente ha a disposizione, in cui alza la testa per guardare i movimenti del portiere, Hradecky, che intuisce l’angolo alla sua sinistra ma non ci arriva. Il 21 gennaio 2020, contro l’Arsenal, Leno aspetta al centro della porta immobile fino all’ultimo, Jorginho calcia di nuovo verso l’angolo in basso a destra - come sembra fare di solito quando il portiere non si muove, tanto che tutti i rigori parati tranne quello con l’Inghilterra sono da quel lato - Leno si tuffa appena capisce ma il tiro è abbastanza angolato e non ci arriva. 29 settembre 2020, contro il Tottenham, Hugo Lloris finta di tuffarsi nell’angolo a sinistra di Jorginho per poi tuffarsi a destra, ma si è spostato dal centro di qualche centimetro e anche se il tiro di Jorginho non è angolatissimo non ci arriva. Poi, il 4 febbraio del 2021, sempre Lloris, è rimasto fermo fino al momento del tiro ma, quando Jorginho ha incrociato verso sinistra, angolando bene, non ci è arrivato per pochi centimetri.
In difesa del saltello
Guardare i rigori di Jorginho - e ovviamente li ho guardati tutti - dà uno strano senso di pace. Se metti pausa all’atterraggio del saltello capisci già dove tirerà guardando il portiere. Nel tempo la sua tecnica si è affinata, il saltello si è fatto più lento e morbido e i tiri sono diventati quasi dei passaggi. Fabio Caressa, durante la semifinale di Europa League tra Chelsea e Eintracht di Francoforte, dopo che Jorginho ha spiazzato Trapp nella serie di rigori con cui le due squadre si sono giocate l’accesso alla finale, ha commentato: «Gol facile facile».
Jorginho, quindi, più che complicare qualcosa di semplice, fa sembrare fin troppo scontato un momento unico all’interno di una partita di calcio, svuotandolo quasi di ogni tensione. Muoversi al momento giusto, o addirittura aspettare di capire da che parte sta calciando, è così complicato che Ian Wright ha chiesto addirittura se non andrebbe vietato il saltello (che fa anche Bruno Fernandes, dopo averlo anche lui imparato in Italia, da un allenatore non specificato della Sampdoria). Per i portieri, che non si possono muovere dalla riga di porta provando almeno a ridurre lo specchio, coordinare i propri riflessi al ritmo di quel saltello è una specie di ingiustizia.
Devo ricordarvi il rigore in semifinale contro la Spagna, quando Unai Simon ha appoggiato un ginocchio a terra prima ancora che Jorginho appoggiasse la palla in porta, con una lentezza affettata, anche piuttosto al centro, come se in porta, in una porta da calcio regolamentare, larga undici metri, ci fosse stato un bambino di un anno che ha appena cominciato a camminare? Devo ricordarvi il sollievo, quella calma interiore quasi zen che abbiamo provato, noi sempre agitati, irrequieti, nervosi, fuori posto, in lotta contro tutti e tutto, mentre Jorginho spiccava quel cazzo di saltello?
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È come se Jorginho avesse dilatato il lasso di tempo sempre troppo breve di un calcio di rigore, rallentandolo come succede ai momenti più significativi della nostra vita, rifiutandosi di vederlo come una semplice pratica da sbrigare.
Imperdonabile?
Poi, come sappiamo, è arrivato il contrappasso e Jorginho ha sbagliato i successivi tre rigori calciati con la maglia dell’Italia. Contro l’Inghilterra ha fallito il match-point che ci avrebbe regalato la coppa, e che avrebbe garantito a lui un secondo momento significativo, forse il più significativo in assoluto. Sbagliando quelli contro la Svizzera, invece, ha contribuito a mandare l’Italia ai playoff per il prossimo Mondiale, rievocando lo spettro degli spareggi con la Svezia del 2017 (lui era in panchina all’andata, quando l’Italia ha perso 1-0, e in campo nel frustrante 0-0 del ritorno).
Certo ci sono state altre occasioni, altri errori, ma niente è difficilmente perdonabile come un calcio di rigore sbagliato. Figuriamoci due. Figuriamoci se il secondo è stato fischiato a dieci minuti dalla fine di una partita difficile, arrivato un deus-ex-machina, uno di quei trucchi con cui forzare una sceneggiatura mediocre verso il finale desiderato.
Trattandosi di una tecnica che come unico scopo ha quello di far muovere prima il portiere, non è sorprendente che quelli che sono riusciti a parare un rigore a Jorginho siano rimasti fermi fino all’ultimo. Non è un caso che molti dei portieri che ci sono riusciti avevano già subito un gol su rigore da Jorginho, e avevano avuto quindi modo di pensarci e di ideare una strategia per il futuro: Scuffet, Ederson, Leno (che già ci era andato vicino a gennaio e che ce l’ha fatta a dicembre 2020) e anche Pickford, che giusto lo scorso marzo aveva preso a pugni l’erba dalla frustrazione, dopo un rigore di Jorginho in Premier League, e che a luglio, in finale dell’Europeo ha mantenuto un atteggiamento più freddo e rilassato, aspettando che fosse Jorginho a fare l’ultima mossa (scegliendo di incrociare il tiro alla sua sinistra, ma senza angolare molto).
Contro il Krasnodar, a ottobre 2020, Jorginho ha sbagliato provando a spiazzare il portiere che si è mosso tardissimo, perdendo un po’ di coordinazione e incrociando il tiro sul palo all’angolo a sinistra (e poi sulla schiena del portiere).
Per via del saltello Jorginho non può dare molta forza alla palla e se il suo tiro non è abbastanza angolato e il portiere ha dei buoni riflessi allora può anche permettersi di aspettare che atteri e calci prima di tuffarsi. Alisson e Sommer, gli unici due portieri che hanno parato un rigore di Jorginho al loro primo tentativo, non hanno dato nessun segnale prima di scendere rapidamente a terra, parando un tiro che Jorginho non era riuscito ad angolare. Non è escluso, inoltre, sulla base dei pochi portieri che erano riusciti a non farsi spiazzare, si aspettassero che Jorginho potesse scegliere l’angolo a destra (il preferito, anche, di Matt Le Tissier).
Per quanto qualcuno ami pensare che il calcio è fatto di corsi e ricorsi, che nulla si inventa e nulla passa mai veramente di moda, sembra piuttosto che non sia possibile fare le stesse cose troppo a lungo e persino un’innovazione genuina ed efficiente come il saltello non può durare troppo a lungo.
Senza saltello
Bruno Fernandes, per rendere più imprevedibili i suoi rigori e non dare riferimenti fissi ai portieri, non esegue sempre il saltello prima di calciare. Mano a mano che Jorginho calciava rigori col saltello, invece, aumentavano le possibilità di studiarlo e, quindi, le chance di pararglieli. Così, dopo il primo rigore parato da Sommer, lo scorso settembre, ha deciso anche lui di cambiare strategia. Ne ha segnati altri tre con la maglia del Chelsea senza saltello, cercando di mettere la palla nella zona superiore della porta, ma non troppo in alto da rischiare di calciare sopra la traversa. L’obiettivo, credo, è quello di calciare sopra le mani del portiere, più forte rispetto a quando usava il saltello, in modo da evitare la parata anche nel caso in cui avessero intuito il lato in cui tuffarsi.
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La rincorsa è simile a prima, Jorginho parte sempre con i piedi sulla riga dell’area, facendo un passetto laterale verso sinistra, mettendosi a ore sette (considerando il portiere come il centro del quadrante) nel momento in cui inizia la rincorsa. Senza saltello, Jorginho arriva sul pallone con un ultimo passo appena più lungo dei precedenti e con la testa alta guarda il portiere. L’impressione è che provi comunque a calciare dalla parte opposta rispetto al movimento che percepisce, colpendolo con l’interno del piede o tagliandola appena con il collo.
All’Olimpico, contro la Svizzera, ha sbagliato per la prima volta in questo modo, e subito dopo aver calciato ha guardato a terra, come se ci fosse stato qualcosa di strano nel terreno (magari il piede d’appoggio è affondato troppo nel terreno morbido) per cui avesse colpito la palla troppo sotto. A fine partita si è parlato di “psicodramma”, come se si trattasse di un problema puramente interiore di Jorginho, non tecnico. Il calcio di rigore resta la migliore occasione che si possa avere in una partita di calcio (si segna nel 75% dei casi) ma è anche un momento carico di tensione, a cui probabilmente si somma lo stress di eventuali errori precedenti. Su Jorginho, in un certo senso, pesano anche gli errori ridicoli di Euro 2016 contro la Germania, per cui una parte del pubblico associa il suo saltello ai passettini in punta di piedi di Zaza e alla mano a becco di Pellé.
Il fatto è che non c’è un modo migliore di un altro per calciare i rigori (salvo dire banalità tipo: bisogna tirare forte il più vicino possibile al palo: fosse facile lo farebbero tutti, no?) e non deve essere semplice, per un calciatore che ha trovato un sistema efficace, lo ha messo a punto in tre anni, calciando a fine allenamento e testando il proprio metodo in partite importanti contro i migliori portieri al mondo, dover ricominciare da capo. Una volta aver trovato una scappatoia alla casualità dello «speriamo che il portiere si tuffi dall’altra parte», deve essere dura accettare di perdere parte del controllo, di rimettersi ancora una volta alla casualità di una situazione così peculiare e infantile, così elementare e, al tempo stesso, meno elementare di quel che sembra. In questo senso Jorginho è come un uomo primitivo che, dopo aver inventato il fuoco una volta, deve trovare un altro modo per scaldarsi e non morire di freddo. Non possiamo che augurargli buona fortuna, anche perché le temperature si stanno abbassando e sarà meglio per tutti se Jorginho arriva in forma ai playoff del prossimo marzo.