Rio de Janeiro, dove si è tenuta la card numero 301 di UFC, è stata teatro di uno dei ritorni più importanti della storia delle MMA. Sto parlando ovviamente di José Aldo, già Hall Of Famer (parte, cioè, della galleria di leggende scelte dalla UFC), che di Rio è considerato il re. Si era ritirato ufficiosamente dalle MMA dopo la sconfitta subita a UFC 278, contro il contendente numero uno di categoria Merab Dvalishvili, una sconfitta di misura che aveva scritto un finale non all’altezza del suo percorso. Era stato perciò quasi naturale rivederlo per chiudere in bellezza, con un co-main event di una serata in cui i riflettori principali erano puntati sul suo connazionale, il campione dei pesi mosca, Alexandre Pantoja (che ha difeso con successo il titolo dall'assalto di Steve Erceg).
Qualunque card avrebbe potuto ospitare Aldo anche in main event, dato il suo status, ma forse è stata anche la contrattualizzazione del match contro Jonathan Martinez sui tre round, anziché sui cinque (come ogni main event) ha convinto Aldo ad accettare l’offerta.
Sin dalle prime battute, la guardia in puro stile thai di Aldo, con la gamba avanzata pronta a intercettare i leg kick di Martinez (un’arma che gli aveva visto ottenere in passato due TKO, contro Adrian Yanez e Cub Swanson, cosa più unica che rara visto che di vittorie per calci alle gambe se ne vedono davvero poche), dava indicazioni precise: Aldo avrebbe voluto parare con la gamba avanzata per poi rientrare in counterstriking col suo pugilato, cresciuto di qualità nell’ultima parte della sua carriera.
Un primo round di studio ha visto José Aldo avanzare lentamente, ma tagliare bene le distanze nell’ottagono, concedendo a Martinez la possibilità di colpire ma prendendo le misure coi colpi di braccia. Martinez ha iniziato a saggiare immediatamente la prontezza del brasiliano e non è parso intimidito dal caratteristico canto della folla brasiliana “Uh vai morrer”. Martinez è partito in guardia mancina, la sua guardia naturale, appena però ha provato a cambiare per far scoprire Aldo, il brasiliano ha preso le prime misure coi leg kick, scoraggiandolo e costringendolo a tornare alla sua stance ideale per riprendere ritmo e inerzia.
Al termine del primo round, l’angolo di Martinez gli ha chiesto di aumentare il ritmo del match. In passato, José Aldo era stato esposto dalla velocità di Max Holloway, l’intensità e il volume in fase di striking sembra un suo punto debole, oggi, ma rimane un maestro quando il match si svolge a ritmo basso. Specie quando l’incontro è fatto di colpi singoli, e Aldo può fare affidamento sul proprio timing, ancora eccelso.
Martinez prima ha provato a prendere il tempo a Aldo, che però ha risposto con combo prolungate, colpendo al corpo dopo delle finte che per il suo avversario sono parse indecifrabili; Martinez allora ha tentato di iniziare una fase di grappling a parete, suscitando la perplessità di Daniel Cormier al commento che ha sottolineato come Aldo abbia fermato il 92% dei takedown avversari in carriera. A metà del secondo round, i due hanno iniziato a scambiare colpi pesanti: Aldo con montanti e una ginocchiata al corpo, che hanno preceduto un destro secco al volto; Martinez ha risposto con un diretto sinistro e, in generale, con una buona compostezza.
Quello scambio nel secondo round è il cardine su cui ha girato il match, perché da quel momento Aldo ha scaricato ogni forma di rigidità precedente, sciogliendosi col proprio pugilato e andando a segno sempre più di frequente. Nell’ultima parte del round anche Martinez ha trovato qualche spazio, grazie a un buon pressing e colpi dritti, ma il suo angolo non sembrava contento e lo invitava a non rispettare troppo Aldo e a iniziare a colpirlo con delle combinazioni.
Martinez ci ha provato, all’inizio del terzo round, con un pressing continuo, cercando di sfondare la guardia di Aldo coi colpi dritti del suo pugilato. Ma l’impressione era che appena Martinez riusciva ad accorciare e avere Aldo nel proprio range, Aldo stesso si trovasse maggiormente a proprio agio. Parati i tentativi di middle kick dell’americano, Aldo ripartiva subito con combinazioni tra bersaglio grosso e testa, facendo indietreggiare il suo avversario quel tanto che bastava per riprendere misure e ritmo.
Come prevedibile, a quasi 38 anni (Martinez ne ha 30), e dopo mille battaglie, Aldo sembra andare ad intermittenza, ma la scintilla che lo rendeva speciale c’è sempre, bisogna solo vedere se si azzecca l’accensione per farla diventare fuoco. Anche nella sconfitta, Aldo non c’è mai stato a subire senza tentare la reazione: quando ha subito un colpo dritto al volto, ha provato sempre a recuperare, lo si è visto anche nei match con Max Holloway, senza dubbio i più difficili della sua carriera insieme a quello con McGregor (ma per motivi, tempi e svolgimenti diversi). Così, dopo aver schivato splendidamente un tentativo di spinning back fist di Martinez, ha risposto con un gancio, un montante e delle ginocchiate andate a segno, che hanno disconnesso per un attimo Martinez, a quel punto in balìa del brasiliano anche se ancora presente a se stesso. Aldo, però, non ha schiacciato a fondo il piede sull’acceleratore.
È stato un momento interessante. L’Aldo ventenne avrebbe visto lì l’occasione per scatenare la propria ferocia e ottenere il KO, quello maturo ha preferito effettuare un intelligente takedown e iniziare un lavoro di controllo e blando ground and pound al suolo, fino alla fine dell’incontro, suo in tutte e tre le riprese contro il numero 12 nella divisione dei pesi gallo.
Alla fine del match Aldo ha detto che ha funzionato tutto alla perfezione, ha ringraziato Jonathan Martinez per l’opportunità e ha puntualizzato che la sua carriera non è finita, che questo non sarebbe stato il suo ultimo match. Il suo futuro in UFC lo deciderà dopo aver trattato con Dana White, anche lui ringraziato. Pur avendo parlato di un’altra scalata titolata e di grosse ambizioni, non ci aspettiamo un ritorno nel giro titolato, certo non si sa mai e se dovesse accadere con prestazioni convincenti, sarebbe una rinascita che non farebbe che aumentare il peso della sua leggenda.
Ma il punto non è questo. Nella vittoria e nella sconfitta, tutti amano José Aldo. Per quello che rappresenta, per la sua storia, ma anche per il suo stile, per quello che esprime in gabbia. Che spettacolo, ancora, veder combattere José Aldo.