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Joshua Kimmich sa fare tutto
24 ott 2016
Negli ultimi tempi fa anche i gol.
(articolo)
5 min
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Il calcio del terzo millennio richiede giocatore sempre più versatili: l’analisi sempre più approfondita dell’avversario determina l’impiego di strategie diverse a seconda della gara, costringendo i singoli calciatori ad adattare il proprio gioco di partita in partita. I frequenti avvicendamenti in panchina, ma anche i vari cambi di formazione a cui assistiamo di settimana in settimana, richiedono rose duttili e calciatori multi-uso, tanto che sono ormai pochi i giocatori che si possono definire veri e propri specialisti di un determinato ruolo.

Negli ultimi anni il Bayern Monaco è probabilmente la squadra che più ha abbracciato questa visione di calcio. Durante il suo triennio in Baviera, Guardiola ha messo in piedi un vero e proprio laboratorio tattico, indagando i limiti tecnici ed interpretativi di tutti gli effettivi a sua disposizione. Così abbiamo visto Lahm riscoprirsi regista o Alaba, uno che già di suo era alquanto duttile, evolversi nel prototipo di giocatore totale.

Multiforma

Joshua Kimmich ha speso una sola stagione alle dipendenze dell’attuale tecnico del Manchester City ma è innegabile che sia stata fondamentale per la sua carriera. Da giovane promessa del calcio tedesco, si è fatto largo nell’elité del calcio europeo, diventando titolare nel Bayern e nella Nazionale a soli 21 anni di età. Dopo che aveva giocato praticamente in tutti i ruoli del centrocampo del RB Lipsia, Guardiola, ritrovatosi a fare i conti con una lunga lista di infortunati lo ha proposto come difensore centrale. Kimmich, che del centrale non aveva nemmeno il fisico, si è messo diligentemente a disposizione del suo allenatore e ha imparato un nuovo ruolo in brevissimo tempo, giocando sia in una difesa a tre che a quattro.

Una volta divenuto titolare del Bayern, il passo successivo è stato l’esordio nella Nazionale maggiore, di cui è diventato parte integrante in tempo ancor più breve. Löw era alla ricerca dell’erede di Lahm (anche se lui non ne vuole sapere di essere paragonato al suo capitano): nonostante vivai nazionali traboccanti talento, non c’era un terzino di ruolo all’altezza dei titolari e così il CT tedesco ha pensato (e bene) di tappare quel buco impiegando Kimmich. I suoi trascorsi da terzino destro nelle giovanili dello Stoccarda e soprattutto la sua incredibile versatilità hanno fatto il resto. Agli Europei è stato trai più positivi della sua nazionale e probabilmente sarà uno dei punti fermi per almeno un decennio, anche se non è dato sapere in che posizione.

Il vero e proprio stato di grazia di Kimmich dal punto di vista realizzativo ha dato i suoi frutti anche in Nazionale: con la Norvegia ha trovato la prima rete con la maglia della Germania.

Salutato Guardiola e chiuso il torneo di Francia, Kimmich si è messo a disposizione del suo nuovo allenatore, Carlo Ancelotti. Come era lecito aspettarsi, con il tecnico italiano il Bayern ha smesso di proporre settimanalmente sistemi di gioco differenti e quasi tutti i calciatori hanno trovato una collocazione tattica più precisa. Tutti, tranne il 21enne ex Lipsia, che è sì tornato a giocare da centrocampista interno, ma non senza aver prima giocato nuovamente da difensore centrale, terzino destro e mediano davanti alla difesa.

Al momento

Kimmich sembra essersi consolidato come mezzala destra del 4-3-3 di Ancelotti e considerando che è il centrocampista con più presenze (12) possiamo ritenerlo davanti anche a gente come Vidal e Renato Sanches nelle gerarchie del nuovo allenatore del Bayern. Di fatto è tornato alle origini, ma senza l’esperienza della scorsa stagione non sarebbe lo stesso centrocampista.

È appurato che Kimmich sia un calciatore intelligente e con una comprensione superiore del gioco. Lo sforzo a cui lo ha costretto Guardiola lo ha fatto crescere ulteriormente sotto questi punti di vista e anche se non gioca più da centrale ha fatto tesoro di quella esperienza. Il fatto di aver compreso in prima persona i compiti e le difficoltà di un difensore lo ha reso più bravo nello smarcarsi e nel fornire un’opzione di passaggio ai propri compagni durante la fase di uscita.

Con Ancelotti la squadra bavarese difende e pressa qualche metro più indietro e la sua naturale aggressività emerge in mezzo al campo più di quanto accadrebbe in difesa: gli uno contro uno che doveva affrontare ogniqualvolta gli avversari trovavano una falla nel pressing del Bayern lo hanno reso maggiormente esperto nei contrasti, che difficilmente può vincere col fisico, ma che ora vince 8 volte su 10 (l’anno scorso la sua percentuale di successo era del 61,5%).

Goleador?

Ciò che stupisce, però, l’aspetto più sorprendente, è lo sviluppo della dimensione offensiva di Kimmich, che (se si escludono i 7 minuti giocati sabato con il Gladbach) nelle ultime 8 partite con il Bayern ha segnato 7 gol, cioè più del doppio di quanti ne aveva segnati in carriera. Tra Bundesliga e Champions League ha raccolto 4,36 xG, un dato che suggerisce che come era prevedibile sta andando oltre le aspettative, ma anche che sta producendo 0,22 xG per tiro e 0,64 xG ogni 90 minuti, una media clamorosa per un centrocampista. L’elasticità mentale guadagnata nel suo primo anno ad alti livelli lo ha sicuramente aiutato nell’apprendere ulteriori compiti e movimenti in tempo breve, ma sicuramente parte del merito è di Ancelotti che nel suo scacchiere tattico ne ha fatto il centrocampista con più libertà di inserirsi.

Giocare da terzino ne ha sicuramente migliorato le doti senza palla e almeno un paio dei suoi gol, come quelli marcati contro Amburgo e PSV, sembrano proprio i gol di un esterno che si inserisce dal lato cieco della difesa.

Nel segnare questi due gol Kimmich si è indubbiamente ispirato a Callejón.

Ma non sono mancati inserimenti centrali spacca-difese, di quelli che ti aspetti più da Vidal che da Kimmich o gol di testa, evento che dovrebbe essere raro per uno che supera a malapena il metro e 75 di altezza, specie su calcio piazzato.

La doppietta al Rostov: prima un gol à la Vidal che infatti fa lo stesso identico inserimento ma non ci arriva per una questione di centimetri e poi un gol di testa con uno smarcamento da manuale.

Trovarsi al posto giusto al momento giusto può essere fortuna una volta, ma non sette. Kimmich ha segnato così tanto perché pensa come un difensore: ne conosce i punti deboli e cerca di sfruttarli a proprio favore.

A 21 anni gioca come un veterano, padroneggia tranquillamente più di quattro ruoli e può solo migliorare visto che sembra fare tesoro di ogni singolo istante passato sul terreno di gioco. Nell’era dei giocatori versatili gli allenatori si soffermano ancora troppo sugli aspetti tecnici e fisici, ma la giovane carriera di Kimmich è un vero e proprio manifesto di quanto l’intelligenza possa fare la differenza sul rettangolo verde, cancellando i limiti e superando gli schemi tradizionali.

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