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Josip Ilicic è tornato
21 dic 2020
E lo ha fatto in grande stile, propiziando il trionfo dell'Atalanta sulla Roma.
(articolo)
10 min
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Al 49esimo del secondo tempo Josip Ilicic tocca il secondo pallone della sua partita, poco dopo aver perso il primo. Sull’ennesima transizione lunga della Roma spenta dalla precipitazione dei suoi trequartisti, il numero 72 dell’Atalanta aveva provato a risalire il campo conducendo la palla con l’esterno sinistro già dalla sua mediana scontrandosi però con il contesto della partita. Davanti a lui gli si erano parati davanti Ibanez e Veretout, come due statue di pietra che avevano improvvisamente preso vita, e Ilicic aveva finito per farsi sfuggire il pallone dai piedi. La Roma però non sapeva cosa farsene del pallone e la sciatta diagonale di Spinazzola verso Dzeko era stata velocemente trasformata in un nuovo possesso per Ilicic, che aveva iniziato la sua nuova azione in un punto ancora più remoto del campo - sempre sulla sua mediana ma partendo praticamente dalla linea del fallo laterale. Un punto che per almeno qualche istante gli permettesse di giocare al di fuori della densità della partita, come per chiedere un attimo di silenzio in una stanza piena di gente.

Ilicic porta il pallone avanti con l’interno sinistro, quasi zoppicando, poi finta di aprire con il destro verso Zapata per evitare il ritorno di Mkhitaryan, che sposta via dalla palla con il corpo. Il trequartista sloveno si riporta la palla davanti con un impercettibile tocco con il tacco destro, poi se l’aggiusta di nuovo con l’esterno sinistro, due volte, a rientrare dentro al campo. Intorno a lui ci sono cinque giocatori della Roma, che sta facendo densità in zona palla per recuperarla immediatamente, ma questa volta il filtrante verso Zapata arriva. Ilicic ama far passare il pallone per la cruna di un ago, ed è questo l’effetto che fa sulle persone.

Zapata difende palla con il corpo e la restituisce a Ilicic sulla corsa, sempre sull’esterno destro, ma questa volta sulla trequarti avversaria. Ilicic la sfiora a ritmo continuo con l’esterno sinistro, alimentando l’attesa per la sua prossima giocata. Il trequartista sloveno tocca il pallone e aspetta, tocca il pallone e aspetta, fino a quando con la coda dell’occhio vede Hateboer correre come un forsennato nel corridoio intermedio. Allora Ilicic mette la punta del piede sotto il pallone e lo alza, facendolo passare tra Ibanez e Spinazzola, che sembrano ammirare questo piccolo pallonetto come fosse una grande bolla di sapone.

L’azione dell’Atalanta si spegnerà sui piedi di Freuler, che, dal limite dell’area, sprecherà tutta la cura che era stata spesa per portarlo fino a quel punto sparandolo grossolanamente tra le gambe di Malinovski, ma Ilicic ha comunque messo una cosa in chiaro nei confronti degli avversari: il vostro piano contro di me non funziona.

Nel primo tempo la Roma aveva annullato l’Atalanta con una strategia cinica ma non passiva. Aiutata dal gol immediato di Dzeko, la squadra di Fonseca aveva deciso di lasciare il pallone all’avversario, alzando il baricentro in fase di difesa posizionale per comprimere lo spazio tra difesa e centrocampo. E per un paradosso decisamente significativo, in questa strategia di distruzione del gioco avversario, erano stati fondamentali soprattutto i due braccetti della difesa a tre, Mancini e soprattutto Ibanez - due giocatori svezzati dall’Atalanta e che dal sistema di Gasperini avevano portato in dote a Trigoria proprio l’aggressività nelle uscite a uomo per soffocare le ricezioni tra le linee avversarie. Della fisicità dei due difensori della Roma (nel primo tempo 2 contrasti vinti su 2 e un intercetto per Mancini; 4 intercetti per Ibanez) avevano sofferto in particolare i due trequartisti, Malinovski e soprattutto Pessina, che erano stati di fatto esclusi dal gioco.

L’Atalanta non era praticamente mai riuscita ad arrivare in maniera pulita alla porta di Mirante, producendo appena un tiro in porta (di De Roon, su sviluppi di calcio d’angolo) e qualche altra azione sporca nata da un recupero alto o da un errore avversario e conclusa da un tiro bloccato. Dopo la fine del primo tempo, la squadra Gasperini aveva prodotto appena 0.4 Expected Goals, contro gli 0.6 della Roma, che invece sembrava poter essere pericolosa sfruttando il miracoloso gioco spalle alla porta di Dzeko e i conseguenti inserimenti in profondità dei trequartisti e degli esterni.

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In questo caso, per esempio, Spinazzola lancia lungo verso Dzeko, che mette giù il pallone e appoggia indietro per Mkhitaryan. Il trequartista armeno, di lì a poco, aprirà di nuovo per Spinazzola che, almeno per un momento, sorprende Hateboer in profondità.

Con l’ingresso di Ilicic nel secondo tempo, però, lasciare il pallone agli avversari e giocare in transizione si è trasformata in una cattiva idea. Non solo perché questo piano ha esaurito velocemente le energie fisiche e mentali della squadra di Fonseca, ma soprattutto perché Ilicic con il pallone sa fare tutto. Il trequartista sloveno, come abbiamo visto, si metteva in una posizione difficile da leggere per la Roma - alle spalle di Spinazzola, che usciva largo su Hateboer, ma troppo largo e basso rispetto alla trequarti per poter essere preso in consegna di Ibañez, che per andarlo a prendere avrebbe dovuto allontanarsi troppo dagli altri due centrali di difesa. In questo modo, Ilicic poteva portarsi dentro al campo palla al piede, attirare un avversario, tenerlo a distanza con un doppio passo o una finta di corpo, e poi tagliare a metà con il pallone quella densità centrale che la Roma stava cercando disperatamente di difendere.

In una squadra che fa dell’urgenza verticale e dell’intensità fisica un credo come l’Atalanta, il talento di Ilicic risalta ancora di più per la delicatezza con cui tratta il pallone, per l’attesa spesso prolungata all’estremo del momento in cui scaricherà il pallone. Se il calcio è anche ritmo - seguire un tempo predefinito per muoversi nel campo e fare le giocate - Ilicic, nell’Atalanta, è musicalità, una dissonanza. Sembra una parentesi ma in realtà aggiunge qualcosa di necessario: restituisce un senso a tutto quello che è venuto prima. In una squadra di predoni del deserto, Ilicic cammina sull’intensità della partita in punta di piedi, come un uomo attento a non affondare i piedi nella sabbia.

Pochi minuti prima del pareggio di Zapata, per esempio, l’Atalanta aveva fatto uscire il pallone della difesa con una serie di movimenti codificati, tenendo Hateboer ancorato alla difesa e alzando Toloi sulla linea di mediani, in modo da superare la pressione della Roma. A quel punto Ilicic, che stava aspettando il pallone nel solito angolo tra la linea del fallo laterale e quella del centrocampo, è avanzato trascinandosi il pallone in avanti utilizzando l’interno sinistro come un uncino, andando al trotto per il campo come se non conoscesse il risultato. Poi, arrivato di fronte a Pellegrini ha fatto un primo doppio passo per rientrare sull’esterno destro, e poi un altro per tornare nella posizione iniziale. Il tutto prima di cambiare gioco facilmente il pallone dall’altra parte del campo verso Gosens.

Ma il calcio di Ilicic non è vanità, o almeno non sempre, e mai come ieri si è visto quanto il suo gioco di tocchi accennati non sia solo necessario per l’Atalanta, ma in un certo senso la definisca. Sul gol del pareggio, per esempio, la squadra di Gasperini arriva facilmente sulla trequarti con una progressione di Freuler, che era entrato nel buco aperto da Pellegrini, che aveva seguito sull’esterno Gosens. Il centrocampista svizzero serve in verticale Malinovski, che prova a fare perno sulla gamba sinistra per girarsi fronte alla porta - ma il movimento è troppo macchinoso, troppo complesso, e a Mancini basta allungare il piede per sporcargli il pallone, che finisce proprio nella zona di Ilicic, al limite dell’area. Su di lui accorcia subito Ibanez che sembra aver capito come funziona il suo avversario e rimane reattivo sulle gambe per scattare a sinistra o a destra, dove di solito Ilicic ama andare spostandosi il pallone con l’esterno di uno dei due piedi. E invece il trequartista sloveno fa la cosa apparentemente più semplice, un passaggio verticale verso Zapata che passa esattamente tra le gambe di Ibanez, che ha appena scoperto che con certi giocatori non puoi davvero schermare la tua zona. Il centravanti colombiano tiene a distanza con il corpo il ritorno di Smalling e poi trasforma la delicatezza in violenza, tirando una bomba sotto la traversa e segnando il suo primo gol in Serie A dopo quasi un mese. Quando si rialza, Zapata fa per scaricare l’adrenalina con un urlo mentre Ilicic gli sta già sorridendo con uno sguardo vagamente malinconico.

L’ultima volta che Ilicic aveva segnato un gol o un assist in Serie A era il primo marzo, 295 giorni fa. L’Atalanta giocava contro il Lecce, sotto un cielo uggioso e in un Via del Mare pieno in un modo che oggi ci fa inorridire. Anche in quel caso Ilicic fece due assist e un gol, e anche in quel caso inizialmente propiziò un gol di Zapata. A parte questo, però, da allora quasi tutto sembra cambiato. Gli stadi si sono svuotati e anche quella di Ilicic è diventata la storia di un’assenza. Anche se questa non era di certo la sua presenza stagionale - prima di ieri, tra campionato e Champions League, aveva già giocato quasi 600 minuti - quella di Ilicic è però diventata la storia di un ritorno solo ieri, probabilmente per il modo in cui è avvenuto. Proprio come quella partita a Lecce, in cui la squadra di Gasperini passò dal punteggio di 2-2 a quello di 2-7 nell’arco di poco più di un tempo, anche ieri i gol e gli assist di Ilicic hanno trasformato una partita in equilibrio in una valanga nerazzurra. Ma mentre allora ci appariva normale, qualcosa di connaturato all’Atalanta, ieri, dopo quasi dieci mesi di vuoto, ci è apparso chiaro come sia proprio la delicatezza di Ilicic a rendere irresistibile la violenza della squadra di Gasperini.

Ieri, contro la Roma, l’Atalanta con Ilicic in campo ha realizzato 1.7 Expected Goals, cioè più di quattro volte tanto rispetto a quanto aveva prodotto nel primo tempo (0.4). Certo, il calo fisico della Roma e la solita mancanza di reattività nei cambi di Fonseca può aver pesato, ma è difficile sottostimare il ruolo che ha giocato nella rottura degli equilibri Ilicic, che dal canto suo ha contributo a quasi metà della produzione offensiva della sua squadra nel secondo tempo (con 0.24 Expected Goals e 0.5 Expected Assist).

L’essenza della sua importanza per l’Atalanta sta nella serie di giocate con cui prepara il 2-1 che inclina definitivamente la partita dalla parte della squadra di Gasperini. La ricezione in posizione defilata, quasi sulla linea del fallo laterale, la palla trascinata avanti con la punta del sinistro, il piccolo trotto fino alla trequarti e poi il gusto nel far passare il pallone in mezzo a tre avversari con un passaggio. Nel sentire che qualcuno, persino in uno stadio vuoto, di fronte a quella palla rimanga a bocca aperta, esalando un “oooh”.

È inevitabile però che la copertina del ritorno di Ilicic sia l’incredibile gol nel finale con il doppio passo su Ibanez, la sterzata su Bruno Peres e la pausa con cui ha congelato sia Smalling che Mirante. In tutti questi casi, la parte più eccezionale del gioco di Ilicic sta negli istanti appena precedenti la giocata, al modo con cui allunga talmente tanto l’attesa della sua mossa da renderla insopportabile per gli avversari, che finiscono per muoversi troppo presto o troppo tardi.

Quando per esempio tocca ripetutamente il pallone avanzando piano piano, mentre Ibanez prova a capire invano le sue attenzioni, o quando, una volta entrato in area, finta una volta il tiro per tenere sul posto Smalling e poi sfiora il pallone una volta con l’esterno, e poi un’altra volta ancora in maniera ancora più sottile, come se potesse farlo all’infinito ogni volta in maniera più flebile, per coprire il momento in cui tirerà sul primo palo.

In una splendida assonanza, anche il suo ritorno è avvenuto così - improvvisamente, dopo una pausa stanca e ostinata allo stesso tempo, portata avanti più di quello che ci aspettavamo, fino al punto in cui pensavamo potesse non finire mai. E anche se questa partita alla fine non sarà un vero ritorno ma solo un fuoco di paglia, probabilmente ce la ricorderemo lo stesso per averci fatto capire esattamente quanto e come è speciale Josip Ilicic. Come se avesse bisogno di ritornare per farcelo scoprire di nuovo.

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