Questo articolo è stato realizzato in collaborazione con NOW TV.
Al quinto minuto di recupero di una partita che difficilmente si può dire non abbia dominato, la Juventus è ancora bloccata sull’1-1 dal Milan. Dani Alves calibra un cross perfetto sul movimento ad attaccare l’area di rigore di Gonzalo Higuaín, che controlla di petto e gira all’angolino. Ma Gianluigi Donnarumma compie l’ennesimo intervento decisivo della serata e sul pallone allungato da Romagnoli si avventa Lichtsteiner. Mattia De Sciglio è in ritardo e insegue lo svizzero per impedirgli di crossare: quando riesce a mettersi davanti il cross è già partito e tocca il suo braccio sinistro per poi uscire. L’arbitro assegna il rigore di cui si parlerà per tutto il resto del week end.
È l’ultimo episodio discutibile di una partita ricca di episodi discutibili, ma questo ha un peso specifico diverso rispetto a tutti gli altri perché arriva all’ultimo secondo e non concede repliche di nessun tipo. Come abbiamo avuto modo di chiarire più volte - ogni volta che una questione del genere determina il punteggio finale di una partita - sull’Ultimo Uomo pensiamo che le decisioni arbitrali siano solo una delle componenti che contribuiscono a determinare il risultato di una partita. Non trascurabile, certo (d’altra parte c’è stato modo di renderle onore lungo tutto il fine settimana già), ma analizzare un rigore del genere nel dettaglio, specie in un caso delicato come questo in cui non c’è uniformità di giudizio nemmeno tra gli stessi arbitri, non aggiunge molto al discorso sulla partita.
Per questo, anche stavolta, ci concentreremo sul contesto, sulla partita intorno al rigore. In particolare l’aspetto interessante di questa partita è: come ha fatto il Milan, sovrastato atleticamente e tecnicamente dalla Juventus, a tenere il pareggio fino al 95’?
Il numero e la qualità delle occasioni create descrivono un dominio bianconero.
Il cambio di strategia del Milan
Nei precedenti stagionali contro la squadra di Allegri, quella di Montella aveva avuto strategie e atteggiamenti diametralmente opposti, oscillando tra la passività (nella partita d’andata in campionato, vinta 1-0) e il coraggio con cui i rossoneri avevano provato a schiacciare la Juve controllando il pallone e difendendo in maniera piuttosto aggressiva (in Coppa Italia, partita persa 2-1 in 10 contro 11). Il quarto confronto con la Juve (c’è stata anche la Supercoppa, vinta dal Milan) è stato una sintesi dei due atteggiamenti: il Milan ha iniziato con una certa aggressività, ma dopo aver rischiato di subire l’1-0 si è abbassato aspettando la Juve nella propria metà campo.
Il cambio di atteggiamento è nato da un tentativo di pressing andato male. La Juve ricomincia l’azione da Buffon e il Milan scala in avanti: il tridente (composto da Bacca, Deulofeu e Ocampos) si predispone in modo da poter accorciare su Barzagli, Bonucci e Benatia; Pasalic si alza su Pjanic; Khedira viene invece seguito da Bertolacci. La soluzione pensata da Allegri prevede l’uscita su Asamoah, ovviamente più portato di Barzagli ad alzarsi per imporre delle scelte ai giocatori del Milan e farsi trovare smarcato.
Il ghaniano viene ignorato dai rossoneri e su di lui scala in ritardo Sosa, senza sortire alcun effetto sull’azione juventina. Il Milan è costretto a ripiegare, restando in inferiorità numerica sul centro-sinistra e lasciando molto spazio tra difesa e centrocampo: Pjaca può ricevere tra le linee, girarsi senza problemi e servire Dybala, che punta i difensori milanisti a una velocità per loro insostenibile. Paletta non prova nemmeno a stargli dietro, allunga una gamba qualche metro fuori dall’area, ma non riesce a raggiungerlo; Zapata in area lo tocca dopo una sterzata verso sinistra facendolo cadere (rigore contestato dalla Juventus) e la palla arriva a Pjaca che conclude a giro troppo largo sul secondo palo.
Dopo aver corso questo rischio il Milan ha cambiato strategia e ha deciso di aspettare la Juve, coprendo come al solito il centro del campo e concedendo lo scarico sulle fasce, anche se il cambio non è bastato a evitare che i bianconeri costruissero una grande quantità di occasioni da gol.
Soprattutto sul lato sinistro dello schieramento rossonero è sembrata mancare la giusta coordinazione: Sosa si faceva attirare troppo facilmente fuori posizione, lasciando Bertolacci in inferiorità e costringendolo a restare in copertura alle sue spalle con un occhio particolare ai movimenti di Dybala, per schermarne la possibile ricezione tra le linee. Romagnoli invece ha giocato una partita insolitamente prudente, limitando le uscite dalla linea e preferendo in generale scappare all’indietro piuttosto che accorciare sul centrocampo: un atteggiamento strano per un difensore che fa dell’aggressività e della bravura negli anticipi i suoi principali punti di forza.
Nell’azione del gol di Benatia la passività di Sosa su Dybala e Dani Alves si somma all’incomprensione tra i due “emisferi” della difesa rossonera: quello destro (Zapata e Paletta) accorcia, quello sinistro (Romagnoli e De Sciglio) scappa all’indietro, lasciando libero Dani Alves e tenendo in gioco Benatia.
Oltretutto, il Milan ha sofferto ogni volta che la Juventus ha alzato la palla. Cross (soprattutto sul secondo palo, individuati come particolare punto debole dei rossoneri dalla squadra di Allegri), lanci lunghi dalla difesa, cambi di gioco, ma anche calci piazzati: tutte situazioni in cui in teoria la difesa ha un discreto margine di vantaggio e sulle quali invece il Milan è andato in difficoltà sia sul piano fisico che su quello tattico.
L’eccesso di sicurezza della Juve
Va detto, però, che il dominio della Juventus nel numero di occasioni non è stato il risultato di un particolare vantaggio tattico. I bianconeri hanno più che altro fatto valere la loro superiorità a livello tecnico e fisico, specie quando il Milan ha deciso di chiudersi nella propria metà campo.
La circolazione juventina si è accontentata di aggirare il blocco rossonero passando dalle fasce - in particolare da quella destra - soprattutto perché Pjanic e Khedira sono rimasti piatti praticamente per l’intera partita, preferendo ricevere fuori dal blocco rossonero invece che provare a muoverlo disponendosi in verticale.
Le responsabilità per la progressione della manovra palla a terra sono ricadute quasi tutte su Dybala (6 passaggi chiave per l’argentino: il migliore in campo da questo punto di vista), l’unico a garantire la presenza tra le linee necessaria a muovere lo schieramento avversario e far salire il pallone.
Pjanic e Khedira piatti e lo squilibrio tra il lato destro, quello in cui si muoveva con maggiore costanza Dybala, e il lato sinistro dello schieramento, praticamente privo di connessioni.
Una delle qualità più apprezzate della Juventus di Allegri è la capacità di adeguarsi al livello della partita e di gestire da una posizione di superiorità i vari momenti che la compongono. La Juve sembra voler sprecare il minimo possibile di energia per raggiungere l’obiettivo: in questo campionato ha segnato ben 17 gol nella prima mezz’ora, più di qualsiasi altra squadra; e quando è stato necessario (negli scontri diretti o nei turni a eliminazione diretta in Champions League) ha quasi sempre dimostrato di avere il margine per alzare in corsa l’asticella della propria prestazione.
La sensazione di superiorità trasmessa dalla Juve non deriva da una particolare filosofia di gioco, ma dagli accorgimenti studiati di volta in volta per sorprendere gli avversari e dalla meticolosità con cui Allegri ricerca la migliore connessione possibile tra i propri giocatori. Anche il recente cambio di modulo, con il passaggio al 4-2-3-1, è stata la trovata con cui Allegri è riuscito a mettere in campo tutti insieme i giocatori di maggiore qualità, innalzando così il livello tecnico della squadra e sfruttando contemporaneamente la superiorità fisica di Mandzukic sui terzini avversari.
Il che non significa comunque che non esistano giocate memorizzate. Contro il Milan, ad esempio, pur in assenza di Mandzukic si è visto più di una volta il lancio lungo in diagonale di Bonucci sull’esterno sinistro, nell’occasione Pjaca. Ed è stato per certi versi sorprendente constatare la naturalezza con cui il croato si è calato nella parte, vincendo il duello con Zapata anche sui palloni alti.
Il rischio, nelle partite in cui la superiorità tecnica o fisica non è così marcata, oppure per varie ragioni non si traduce presto in un gol di vantaggio, come successo venerdì contro il Milan, è che la Juventus mostri di non esercitare un vero e proprio controllo sulla partita.
La squadra di Allegri non ne ha avuto bisogno, ma nemmeno si è sforzata di risolvere i problemi posti dallo schieramento milanista. Un eccesso di sicurezza che avrebbe potuto dare una svolta inattesa alla gara, soprattutto nel secondo tempo, quando il Milan ha sprecato un paio di ripartenze interessanti per scelte o esecuzioni sbagliate.
Squadre più forti del Milan, che difendono meglio e hanno maggiori qualità in ripartenza, avrebbero potuto approfittare in ben altro modo dell’imprecisione bianconera.
Deulofeu e Donnarumma
L’indisponibilità di Suso aveva ridotto in partenza la pericolosità del Milan e le soluzioni offensive a disposizione di Montella. Senza Suso, la velocità di Deulofeu ha rappresentato la minaccia principale, specie dopo la scelta di abbassarsi e aspettare la Juve. Schierato inizialmente a destra, lo spagnolo ha inciso sulla partita poco dopo essere stato spostato sulla fascia sinistra per creare un mismatch di pura velocità con Barzagli.
L’azione che ha portato al gol di Bacca è stata forse l’unica occasione in cui il Milan ha sfruttato la superiorità numerica di cui godeva al centro del campo (Pasalic, Sosa e Bertolacci contro Pjanic e Khedira). Fino a quel momento i rossoneri si erano accontentati di creare delle coppie sulle fasce (Deulofeu e Pasalic a destra, Ocampos e De Sciglio a sinistra) per darsi una via d’uscita dalla pressione bianconera e da lì risalire il campo, puntando soprattutto sui duelli individuali di Deulofeu e Ocampos.
In occasione dell’1-1, invece, dopo aver provato a uscire senza successo sulla sinistra, un rinvio di Romagnoli trova Pasalic solo alle spalle di Pjanic e Khedira, che avevano accorciato su Sosa e Bertolacci. Bonucci è preso in mezzo tra il croato e Bacca e viene tagliato fuori dal passaggio di Pasalic, che apre una metà campo a Deulofeu. In un contesto del genere, lo spagnolo diventa praticamente imprendibile: oltre alla velocità mostra anche una certa sensibilità quando rallenta e tocca il pallone con il sinistro in un unico momento, mettendo Bacca davanti a Buffon.
La velocità di Deulofeu non ha avuto altre occasioni così invitanti per incidere sul risultato – anche perché a inizio secondo tempo Allegri ha sostituito Barzagli con Lichtsteiner – e così se il Milan ha tenuto l’1-1 fino al 95’ il merito va soprattutto alla prestazione di un altro giocatore: Donnarumma.
In una classifica degli interventi decisivi esibiti allo Juventus Stadium, forse l’ultimo su Higuaín resta il più bello (anche se la doppia parata su Khedira e Higuaín è altrettanto notevole). Ma in quell’ultimo intervento è ben evidente uno dei suoi punti di forza: Donnarumma è così grande da nascondere la porta, ma scende a terra con una rapidità che, appunto, sembra innaturale per un portiere della sua altezza.
La prestazione del portiere gioca solitamente un ruolo fondamentale nel mantenere l’equilibrio in gare così sbilanciate nel numero di occasioni da gol. Le parate di Donnarumma hanno mascherato i difetti della fase difensiva del Milan e l’hanno tenuto in piedi fino al 95’, contribuendo a generare l’equivoco, anche statistico, che vede i rossoneri continuare a raccogliere più di quanto seminato.
La partita contro la Juve è stata piuttosto indicativa in tal senso: il Milan non ha difeso né attaccato particolarmente bene eppure è arrivato a un passo dallo strappare un punto prezioso per la classifica e il morale.
Il paradosso della Juve è stato invece quello di produrre molto, pur con una circolazione piuttosto piatta se si escludono i movimenti e le giocate di Dybala. I bianconeri hanno dominato la gara soprattutto grazie alla propria superiorità tecnica e fisica e alle imperfezioni della fase di non possesso milanista.
Solo quando la competizione si alzerà potremo capire se questa Juventus ha davvero le capacità per dosare in modo così chirurgico le energie necessarie a raggiungere l’obiettivo o se, magari, la partita con il Milan potrebbe fare da indizio di un problema più strutturale.
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