
Dopo la partita si è parlato di “meteorite”: la Juventus non perdeva in casa con quattro gol di scarto dal 1967. Allo Juventus Stadium non era mai successo. Una sconfitta dunque dai contorni storici, anche se eventi sportivi di proporzioni vaste nascono spesso da piccoli dettagli. Una sconfitta particolarmente impressionante se pensiamo che le due squadre arrivavano a queste partita con una classifica simile e gli stessi obiettivi.
Da dove nasce questa sconfitta della Juventus per cui in molti hanno usato il termine “umiliazione”?
I PRIMI MINUTI
I primi minuti di gioco sono spesso indicativi delle intenzioni tattiche delle squadre. I giocatori sono appena usciti dagli spogliatoi e i piani partita preparati in settimana e le buone intenzioni della vigilia non sono state ancora inquinate dalla fatica, dalle difficoltà e dalle contromosse avversarie.
-LA PRIMA AZIONE
Vale la pena quindi risalire alla radice, e guardare il calcio d’inizio della partita tra Juventus e Atalanta. Battono i bianconeri e la palla, passando dai due centrocampisti, giunge sui piedi dei difensori. A quel punto la pressione dell’Atalanta è già salita e disegna l’idea di base di Gasperini. Gatti, pressato da Lookman, apre lateralmente su Weah e dopo avere passato la palla al compagno si fionda in avanti con uno scatto deciso che lascia dietro di sé Lookman. Un movimento senza palla piuttosto inaspettato per un centrale difensivo al ventesimo secondo di gioco di una partita.
-LA SECONDA AZIONE
Solo tre minuti dopo la Juventus coinvolge nella circolazione bassa del pallone Di Gregorio ben al di fuori della propria area di rigore, cercando di attrarre la pressione di un giocatore dell’Atalanta. La Juventus vuole guadagnare superiorità numerica tra i giocatori di movimento e uscire dalla secca degli uno contro uno creati dalla difesa di Gasperini. Finalmente, per i giocatori bianconeri, Retegui molla Kelly e si muove verso Di Gregorio. Gli uomini di Motta non aspettano altro: il portiere gioca in verticale sulla figura di McKennie che viene incontro e, utilizzando in maniera ortodossa il meccanismo cosiddetto del terzo uomo, l’uomo liberato – Kelly - viene raggiunto dal passaggio di McKennie.
La temporanea libertà di tempo e spazio creata per Kelly consente al centrale inglese di condurre e trovare la giocata per l’inserimento profondo di Locatelli. La Juve guadagna così il possesso nell’ultimo terzo di campo avversario. La palla giunge a McKennie sulla trequarti e Gatti, da dietro, si inserisce di nuovo senza palla seminando Lookman.
Un’azione ben congegnata, che supera brillantemente la pressione dell’Atalanta e fa guadagnare alla Juventus un’ottima posizione di campo, all’interno degli ultimi 30 metri nerazzurri.
-LA TERZA AZIONE
Al diciottesimo la Juventus esce ancora con brillantezza dal pressing dell’Atalanta. Nella propria metà campo Thuram serve palla addosso in diagonale a Locatelli che si muove venendo indietro da posizione profonda. Locatelli, di prima, gioca ancora in diagonale verso Kolo Muani. Alle sue spalle, da dietro, lo spazio liberato dal movimento del francese, arriva McKennie. Kolo Muani con un pregevole tocco di tacco, serve McKennie sulla corsa in una situazione di tre contro due sui difensori avversari. Una splendida azione, in cui la Juventus ha usato la diagonalità e i movimenti senza palla per bucare la pressione avversaria e creare una situazione molto pericolosa per l’Atalanta.
I primi minuti di gioco, insomma, hanno offerto chiare indicazioni su come Thiago Motta avesse scelto di affrontare il sistema difensivo dell’Atalanta. Tanto movimento senza palla, specie partendo da dietro, persino coi difensori centrali, per attaccare gli spazi creati dai giocatori più avanzati che venivano incontro. Scambi rapidi in velocità per sfruttare i vantaggi creati coi movimenti senza palla dei giocatori e con quello del pallone, prima che la struttura difensiva dell’Atalanta tornasse a stabilizzarsi dopo l’iniziale disequilibrio provocato dalla Juventus. Ricerca della superiorità numerica con un utilizzo massiccio di Di Gregorio (43 passaggi tentati dal portiere bianconero) per sparigliare il sistema uomo su uomo di Gasperini, così da mandare in emergenza le scalate nerazzurre. Un piano gara piuttosto chiaro e su cui la squadra poteva porre fiducia, anche per un fatto molto concreto: all’andata aveva funzionato.
COSA SI È ROTTO
Riprendiamo quindi le tre azioni che abbiamo descritto all'inizio per capire come le belle idee iniziali siano state frustrate nella loro applicazione.
L’azione iniziata con il calcio d’inizio della Juventus, dopo l’inserimento di Gatti, si sviluppa con difficoltà, ma riesce ad approdare sulla fascia opposta. Al nono minuto, però, la Juventus gioca un’azione analoga. Del resto, due mesi fa a Bergamo, Kalulu aveva realizzato il gol del vantaggio bianconero con un lunghissimo inserimento che, dai pressi della propria area, si era concluso in maniera vincente davanti a Carnesecchi. Quindi, perché non riprovarci? Gatti, appena fuori dalla propria area di rigore, apre su Weah e si butta in avanti.
Weah gioca su Yildiz che viene incontro e, nelle intenzioni bianconere, il numero 10 avrebbe dovuto giocare a muro su Gatti, liberato ormai dal controllo di Lookman. Kolasinac però anticipa il calciatore turco e innesca una ripartenza breve dell’Atalanta nello spazio lasciato libero da Gatti, che si conclude con un tiro da dentro l’area di Zappacosta.
Gatti apre su Weah e si inserisce in avanti. Weah cerca Yildiz che viene incontro, ma il turco è anticipato da Kolasinac. L’Atalanta sviluppa una transizione offensiva breve nello spazio lasciato sguarnito da Gatti
Prendiamo ora la seconda azione descritta, quella partita dai piedi di Di Gregorio.
La palla arriva a McKennie davanti l’area di rigore avversaria. Gatti si è inserito senza palla. McKennie tentenna al limite dell’area in cerca della soluzione migliore, poi prova a imbucare corto su Kolo Muani. Il passaggio non è così difficile, ma viene intercettato con facilità da Ederson, che innesca subito una transizione in superiorità numerica dell’Atalanta. L’ottimo sviluppo della Juventus è stato sprecato da un errore tecnico banale che apre le porte alla ripartenza avversaria.
Nella terza azione descritta, invece, siamo giunti al momento in cui McKennie conduce palla in una situazione di tre contro due a favore della Juventus. McKennie sceglie di premiare Weah alla sua destra. Un passaggio sulla corsa del compagno avrebbe forse armato il tiro del terzino destro, ma il passaggio di McKennie è lento e arretrato e costringe Weah a rallentare e a controllare il pallone addirittura con il piede sinistro. Messo in difficoltà dal compagno, Weah non ha la brillantezza per rimediare al grave errore di McKennie. E dunque un’azione promettente perde tutto il suo abbrivio e Weah si ritrova chiuso quasi sulla linea di fondo da Zappacosta.
Ho scelto queste tre azioni perché sono chiari esempi di come a buone intenzioni, nella Juventus, siano seguite pessime esecuzioni. Una serie di gravi errori tecnici hanno frustrato il piano iniziale. Se ci mettiamo anche la grande prova dell’Atalanta abbiamo il nettissimo 0-4 finale.
Sono azioni di cui bisogna anche guardare il risvolto: la riconquista del pallone e la successiva transizione sono state la principale arma offensiva di Gasperini. L’Atalanta si è appoggiata al piano gara offensivo della Juventus - ricco di combinazioni tecniche in velocità e in verticale sotto pressione – capitalizzando sugli errori tecnici dei bianconeri.
Fino al calcio di rigore la gara era stata equilibrata. La Juventus era arrivata al tiro tre volte, rendendosi pericolosa soprattutto con una conclusione di Thuram dal limite dell’area. Le ripartenze dell’Atalanta suggerivano i rischi insiti nel gioco della Juve. Era chiaro che la squadra di Thiago Motta non potesse permettersi errori.
LA FURBIZIA DELL'ATALANTA
La partita dell’Atalanta era stata priva di sorprese fino al rigore, fatta eccezione, forse, per la scelta di Cuadrado a completare l’attacco con Retegui e Lookman. Una scelta fatta forse con motivazioni difensive. Per seguire i movimenti sempre ricchi e vari di Cambiaso Gasperini aveva ritenuto che il giocatore più adatto non fosse De Ketelaere.
Se all'andata la "Dea" aveva giocato con uno schieramento offensivo 1+2 (con Pasalic dietro De Ketelaere e Lookman), Gasperini ha scelto un attacco a tre punte, con Cuadrado e Lookman aperti ai fianchi di Retegui. Immaginando che il sistema di pressing della Juventus avrebbe accettato, come nella gara d’andata, la parità numerica in zona arretrata, Gasperini ha allontanato i propri attaccanti per aumentare le distanze tra i difensori bianconeri e isolare al centro Retegui contro Kelly.
In fase di non possesso l’Atalanta ha messo in mostra il suo solito sistema di controllo individuale con accoppiamenti piuttosto chiari: detto di Cuadrado su Cambiaso, Retegui e Lookman si accoppiavano rispettivamente con Kelly e Gatti, mentre Weah era controllato da Zappacosta. In mezzo al campo Thuram e Locatelli erano marcati da Ederson e De Roon mentre, più dietro gli accoppiamenti erano: Bellanova-Nico Gonzalez, Kolasinac-Yildiz, Djimsiti-McKennie e Hien-Kolo Muani.

Le marcature a uomo dell’Atalanta. Bisogna notare Hien su Kolo Muani e Djimisti su McKennie.
Oltre a forzare errori banali dei giocatori della Juventus, la pressione alta dell’Atalanta ha avuto anche l’enorme merito di generare, sullo slancio dell’anticipo e dell’intercetto del pallone, molte transizioni positive, favorite proprio dal fatto che il pressing portava tanti uomini in zone alte di campo, immediatamente disponibili a costruire la ripartenza. L’azione che genera il calcio di rigore dell’1-0, per esempio, nasce da un recupero alto dei giocatori atalantini.
Ma anche l’incredibile tripla occasione alla fine del primo tempo non sfruttata dai giocatori nerazzurri nasce da una palla persa di Yildiz sulla trequarti campo avversaria. Il gol di 2-0, invece, parte da un’incomprensione tra Kelly e Locatelli; il quarto gol da un grossolano, comico, errore di Vlahovic a centrocampo.
All’Atalanta non è servito molto altro che difendere bene e aspettare l’errore della Juventus per ottenere una roboante e meritatissima vittoria. Il 36% di possesso palla nerazzurro, capace di generare 18 tiri, di cui ben 15 da dentro l’area di rigore e un valore di xG che nei diversi modelli si aggira sempre intorno al 4, evidenziano quanto sia stato redditizio per la squadra di Gasperini lasciare il pallone alla Juventus e aspettare sulla riva del fiume l’errore di uno dei suoi giocatori.
COME È ARRIVATA LA JUVENTUS FINO A QUESTO PUNTO?
Il rigore segnato da Retegui ha iniziato a sbriciolare la già fragile fiducia dei bianconeri, che hanno iniziato a peggiorare sensibilmente le loro prestazioni tecniche. A fine primo tempo, la tripla occasione sprecata due volte da Lookman e una da Zappacosta, sembrava il classico pericolo scampato che funge da innesco di un nuovo e migliore inizio, con l’intervallo utile a chiarire le idee e a ritrovare coraggio. Invece, dopo soli 50 secondi dall’inizio della ripresa la Juventus ha subìto il secondo gol, con la consueta dinamica palla persa-ripartenza avversaria che aveva caratterizzato tutta la seconda metà del primo tempo. A quel punto la partita è virtualmente finita.
La fiducia dei giocatori è scesa, se possibile, ancor di più e il risultato non è più stato messo in discussione, se non nell’ampiezza del vantaggio nerazzurro.
Certo, si possono anche analizzare le singole scelte di Thiago Motta: le posizioni in campo di Yildiz e Nico Gonzalez, per esempio; quella di Koopmeiners, entrato in campo al posto proprio di Yildiz (probabilmente debilitato dal virus intestinale che sembra averlo colpito la notte precedente) e defilato sulla destra come contro il Verona, ma in un contesto tattico completamente diverso e a lui sfavorevole.
Si può anche contestare il piano gara complessivo, forse troppo spregiudicato e ambizioso, nei suoi continui smarcamenti in avanti. Perché, per esempio, nelle tante possibilità di interpretazioni di un match, non provare comunque ad abbassare l’Atalanta rinunciando a un po' di verticalità per guadagnare stabilità in transizione difensiva?
Tutte analisi e considerazioni lecite. Tuttavia, esiste una verità immutabile nel calcio che lega la prestazione di una squadra alla sua componente tecnica: se commetti troppi errori tecnici e consegni il pallone agli avversari è difficile giocare bene. È banale ma vero, e lo è ancor di più se il tuo piano gara prevede combinazioni verticali e smarcamenti in avanti contro una squadra che fa della pressione, e successivamente della transizione offensiva, la sua migliore arma.
La ricerca dello spazio liberato dai movimenti senza palla dei giocatori, sotto l’enorme pressione avversaria, richiede padronanza e brillantezza tecnica che tanti giocatori della Juventus non sembrano possedere. Troppo poco il tempo e lo spazio a disposizione per la giocata sotto la pressione atalantina per troppi giocatori bianconeri. Un problema che pare strutturale nella Juventus di Thiago Motta, che del pallone vuole fare lo strumento principale del proprio gioco.
La gestione del pallone per Motta è centrale e ha sia finalità difensive - puntando a controllare i ritmi del match - sia offensive. Nella prima parte della stagione il tecnico sembrava aver privilegiato l’aspetto difensivo, esasperando il controllo e finendo con il sacrificare la creazione di pericoli. Per ovviare alla scarsa pericolosità, complice anche l’arrivo di un attaccante dalle caratteristiche diverse da quelle di Vlahovic come Kolo Muani, Thiago Motta sembra avere sacrificato parte del controllo in favore di una gestione della palla più rischiosa.
Ma con i ritmi e la pressione imposti dall’Atalanta (ed era stato lo stesso con il PSV Eindhoven) la capacità tecnica dei giocatori della Juventus è sembrata insufficiente a sostenere le richieste più ambiziose del proprio allenatore. Il problema sembra legato alla costruzione della rosa juventina e, in definitiva, alla sua adattabilità al calcio del tecnico.
E poi c’è la questione della fragilità mentale della squadra, che si è palesato in tutta la sua gravità proprio domenica e, chiaramente, amplifica le difficoltà tecniche. L’enorme e profondissimo rinnovamento dei quadri dirigenziali, dello staff tecnice e della rosa, non sembra ancora avere generato un gruppo coeso squadra-staff tecnico-società, capace di riconoscersi e trovare dei riferimenti emotivi e caratteriali. Il riconoscimento delle nuove connessioni tecniche in campo, necessario e non sempre semplice in un gruppo nuovo, deve essere sempre accompagnato dal medesimo processo a livello emotivo - e su questo aspetto la Juventus appare ancora più indietro che su quello tecnico.
Per l’Atalanta, invece, la clamorosa vittoria a Torino (dove, comunque, non perde dal marzo 2018) è il migliore viatico verso la sfida contro l’Inter di domenica prossima.
Nelle interviste post-partita Gasperini ha sottolineato l’importanza di avere avuto una settimana di lavoro pieno tra una partita e l’altra dopo l’eliminazione dalla Champions League. Per i nerazzurri sarà così sino alla fine del campionato e, contro un’Inter impegnata su tutti i fronti e un Napoli che pare in qualche maniera pagare dazio a una rosa troppo corta, la possibilità di concentrarsi esclusivamente sul campionato potrebbe essere per i nerazzurri l’ulteriore boost di energia utile a conquistare uno storico scudetto.