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Quanto sono cambiate Juventus e Atletico
19 set 2019
19 set 2019
Rispetto alla scorsa edizione si sono sfidate due squadre profondamente rinnovate.
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La partita d’esordio del gruppo D della Champions League tra Atletico Madrid e Juventus aveva più di un motivo di interesse, oltre a mettere di fronte due grandi d’Europa. Anzitutto, il match del Wanda Metropolitano dava l’occasione di indagare e misurare lo sviluppo tecnico e tattico delle due squadre, abbastanza diverse da quelle che si erano incontrate solo 6 mesi fa negli ottavi di finale di quella stessa coppa.

L’undici titolare dell’Atletico Madrid presentava ben 5 nuovi acquisti rispetto allo scorso febbraio, segno del profondo rinnovamento della rosa seguito alla cessione di Juanfran, Felipe Luis, Godin, Rodri e Griezmann. La Juventus è invece alle prese con la profonda transizione tattica prodotta dal cambio in panchina tra Massimiliano Allegri e Maurizio Sarri, due allenatori dalle visioni tattiche piuttosto dissimili.

Diego Simeone ha schierato la sua formazione tipo di questo inizio di stagione, fatta eccezione per l’indisponibile Morata, sostituito da Diego Costa. In difesa Savic è stato ancora preferito a Hermoso e Felipe; in mezzo al campo Thomas Partey a Marcos Llorente. Sarri ha sciolto l’ultimo dubbio di formazione preferendo Cuadrado a Bernardeschi (per sostituire Douglas Costa, infortunatosi a Firenze).

Il nuovo Atlético
In questo inizio di stagione Diego Simeone ha più volte sperimentato uno schieramento posizionale fluido, diverso nelle due fasi di gioco, con l’obiettivo di sfruttare al meglio le caratteristiche offensive dei suoi giocatori. Contro la Juventus ha riproposto la disposizione in fase di possesso vista in precampionato e nelle due partite casalinghe contro Getafe ed Eibar: con il pallone a disposizione, l’Atletico ha alzato i due terzini, Trippier e Renan Lodi, creando una linea di 4 giocatori alle spalle del centravanti, con Lemar e Joao Felix ad occupare gli half-spaces.

Dietro, Thomas Partey è rimasto davanti ai due centrali, con la funzione prevalentemente di protezione da eventuali ripartenze avversarie, e Koke e Saul Niguez hanno agevolato la risalita del pallone smarcandosi prevalentemente negli spazi liberati dai terzini.


Trippier e Renan Lodi sulla stessa linea di Joao Felix e Lemar, alle spalle di Diego Costa. L’attacco posizionale dell’Atletico parte da una sorta di 2-3-4-1.



In generale, l’obiettivo di uno schieramento del genere, che occupa ogni corridoio verticale alle spalle del centrocampo avversario, è quello di favorire le ricezioni negli half-space, utilizzando gli uomini in ampiezza come piede di porco per dilatare le distanze orizzontali.

Adattandosi al contesto tattico e prevedendo la particolare attenzione data dalla Juventus di Sarri a difendere stretta, proteggendo il centro e il lato forte, l’Atletico ha utilizzato il suo schieramento posizionale per attaccare la difesa bianconera in ampiezza e, soprattutto, sul lato debole. La squadra di Simeone ha preparato i lunghi cambi di gioco con il palleggio sul lato forte, impegnando il terzino sul lato debole con inserimenti interni senza palla della mezzala che, inevitabilmente, costringevano gli esterni difensivi bianconeri a rimanere ancora più stretti vicino al centrale di riferimento.


Dopo avere palleggiato sul lato destro, l’Atletico va ad attaccare il lato debole. Fondamentale è il movimento della mezzala Koke che taglia internamente “fissando” la posizione di Danilo e regalando ulteriore tempo e spazio alla ricezione di Renan Lodi.



In maniera ricorrente, a dimostrazione del fatto che la trama di gioco fosse stata preparata dallo staff tecnico dell’Atletico adattando le proprie caratteristiche alle tendenze difensive della Juventus, alla ricezione sul lato debole è stato associato l’attacco alle spalle del terzino avversario costretto ad alzarsi sull’uomo che aveva appena ricevuto il pallone.

Spesso è stata la stessa mezzala a farlo, attaccando lo spazio alle spalle del terzino dopo averlo occupato in marcatura.


L'immagine mostra lo sviluppo della precedente azione. Renan Lodi riceve con tempo e spazio, e Danilo è costretto a uscire. Koke cambia direzione alla sua corsa a attacca lo spazio alle spalle di Danilo dove riceve il pallone.



Le ricezioni alle spalle del terzino hanno avuto la funzione di liberare un uomo nei pressi dell’area di rigore avversaria o, in alternativa, di costringere il centrale juventino a uscire lateralmente liberando il cuore dell’area.

Nel primo tempo la Juventus ha sofferto i cambi di gioco dei giocatori dell’Atletico, molto abili tecnicamente a giocare traiettorie lunghe, veloci e precise da una fascia all’altra di campo. Le difficoltà dei bianconeri nel difendere questa direttrice di gioco erano dovute alla scarsa qualità della pressione sul portatore di palla effettuata dagli attaccanti e dai centrocampisti. Pur accettando una certa debolezza strutturale sul lato debole, compensata da un maggiore densità in zona palla, un sistema come quello pensato da Maurizio Sarri difende le zone lontane dalla palla togliendo tempo e spazio alla circolazione del pallone avversaria, rendendo in tale maniera difficile la possibilità di trovare il lato debole.

Troppe volte, nel primo tempo, il lavoro in pressing dei due attaccanti e, sul lato destro, della coppia Khedira-Cuadrado ha consentito ai difensori e ai centrocampisti colchoneros di avere tempo e spazio sufficienti per alzare la testa e cercare comodamente il cambio di gioco.


Grande densità difensiva in zona palla per la Juventus, che riesce a schermare Lemar e Joao Felix, ma Saul Niguez ha troppo tempo e spazio per preparare il cambio di gioco verso Trippier.



L’Atlético ha effettuato 18 dei 28 cross totali arrivati nell’area di rigore juventina nel primo tempo (6 degli 8 di Trippier e 5 dei 6 di Renan Lodi), a testimonianza che le difficoltà difensive del primo tempo nella difesa dell’ampiezza sono state quasi integralmente risolte nella seconda parte del match.

In compenso la Juventus è stata capace di tappare tutti i buchi creatisi all’esterno con una difesa efficacissima dell’area di rigore sui cross su azione dell’Atletico. Protagonisti della protezione del cuore dell’area sono stati Bonucci e De Ligt, che hanno presidiato in modo ottimo la posizione rendendosi protagonisti rispettivamente di 7 e 10 respinte.

Solo una volta, al dodicesimo minuto, Joao Felix è riuscito a prevalere in un duello aereo e a indirizzare verso la porta bianconera una conclusione proveniente da un cross di Trippier. Nel secondo tempo, poi, la Juventus ha sensibilmente migliorato la pressione sui portatori di palla avversari in fase di attacco posizionale, riducendo drasticamente la vulnerabilità agli attacchi sul lato debole. La densità centrale e la ridotta distanza tra le linee arretrata e di centrocampo ha poi evitato ricezioni tra le linee di Joao Felix e Lemar che, tranne in occasione di qualche ripartenza, non sono mai riusciti a ricevere fronte alla difesa e alla porta bianconera.

Come cambia la Juventus
Lo schieramento offensivo dell’Atletico Madrid ripiegava nel consueto 4-4-2 in fase di non possesso palla: gli uomini di Simeone si disponevano con un blocco ad altezza media da dove partiva la pressione sui portatori di palla avversari e, come di consueto, la difesa degli spagnoli è stata orientata, più che alla posizione degli uomini, alla difesa dello spazio e delle linee di passaggio.

Pjanic è stato lasciato abbastanza libero di ricevere, dai due centrali di centrocampo dell’Atletico, ma gli spazi interni verso le mezzali e i corridoi verso le punte erano limitati dalla grossa densità centrale dell’Atletico e dalla consueta abilità negli spostamenti laterali delle linee difensive.

La Juventus, in accordo con i principi di gioco introdotti da Sarri, ha palleggiato sul corto (solo il 7% di lanci lunghi) con l’intento di disordinare la struttura difensiva avversaria, muovendo con tale finalità palla e uomini. Tuttavia, nel primo tempo i bianconeri, pur con una percentuale di possesso del 56% e una precisione del 93% dei passaggi, non sono riusciti ad accedere comodamente nell’ultimo terzo di campo, né a coinvolgere Higuain (solo 15 tocchi nel primo tempo) nel gioco offensivo della squadra.

Il 4-4-2 di Simeone indirizzava la manovra juventina sull’esterno e i bianconeri hanno mostrato qualche difficoltà a riportare velocemente il pallone verso il centro del campo. La trama più efficace dei primi quarantacinque minuti era quella che, nella catena di sinistra, liberava Matuidi alle spalle di Trippier, quando, con Ronaldo aperto in fascia, Koke usciva su Alex Sandro e il movimento del pallone di CR7 attirava dietro sé il terzino inglese.


La Juventus muove velocemente la palla verso sinistra, attira la pressione di Koke e Trippier, liberando spazi alle spalle del terzino, costantemente attaccati con pericolosità da Matuidi.



La catena di sinistra ha funzionato bene per l’intera partita grazie all’incessante dinamismo di Matuidi e alla maiuscola prestazione di Alex Sandro, il giocatore della Juventus che ha toccato più palloni e che ha consentito la risalita della squadra. Ha aiutato la Juve sia per mezzo del palleggio (95.4% di precisione nei passaggi) che con le corse palle al piede (5 dribbling effettuati), ed è stato anche autore di 3 passaggi chaive, tra cui l’assist per Matuidi in occasione del secondo gol.

La catena di destra, invece, è stata piuttosto timida nel primo tempo, con Khedira poco brillante, Cuadrado anticipato troppo spesso da Renan Lodi e Danilo bloccato in posizione prudente al fianco di Bonucci.


Un tipico scaglionamento offensivo della Juventus nel primo tempo con Danilo basso al fianco di Bonucci a sostenere il palleggio.



Nella ripresa la Juventus è andata presto in vantaggio con una velocissima ripartenza innescata splendidamente da Bonucci, che recuperato un pallone in area dopo un velo di Diego Costa ha aperto il contrattacco con un lungo esterno destro da quarterback verso Higuain.

Ma è sembrato subito evidente un aggiustamento di Maurizio Sarri nella fase di possesso palla: nonostante il vantaggio acquisito, Danilo ha iniziato a muoversi più in verticale, sovrapponendosi sia internamente che esternamente a Cuadrado.

Il contemporaneo innalzamento della qualità della prestazione del colombiano, che ha prevalso nel secondo tempo nella sfida con Renan Lodi (9 duelli su 12 vinti dal bianconero), ha permesso alla Juventus di palleggiare con qualità ed incisività anche sulla fascia destra muovendo così in maniera più efficace la difesa avversaria.

L’aumentata incisività del fitto palleggio bianconero è stata favorita anche dall’allungamento dell’Atletico Madrid che, in situazione di svantaggio, ha alzato la linea del proprio pressing liberando alle spalle i tanto ricercati spazi per la manovra desiderata da Maurizio Sarri. Il combinato tra una maggiore efficacia del palleggio sul lato destro del campo e l’innalzamento del pressing avversario, ha consentito alla squadra bianconera di muovere efficacemente il pallone, spostando la difesa dell’Atletico ed entrando efficacemente e con estrema pericolosità negli ultimi 30 metri di campo, segnando due gol e sfiorando il terzo che, probabilmente, avrebbe chiuso il match.

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Nel secondo tempo, con palla a Bonucci, Danilo si muove senza palla e si sovrappone a Cuadrado, con un movimento mai effettuato nel primo tempo che abbassa e muove la difesa avversaria.



La difesa sui calci piazzati
Dopo la rimonta subita con il Napoli, sono stati ancora due gol derivanti da situazione di calcio piazzato a negare alla Juventus una vittoria che la prestazione del secondo tempo sembrava avere brillantemente costruito.

Nonostante il campione statistico sia molto piccolo, i 4 gol (su 5 totali) subiti da calcio piazzato sono un fortissimo campanello di allarme per Maurizio Sarri perché, al di là dei numeri, il campo racconta di imprecisioni e difficoltà nella difesa delle situazioni statiche. Tre di questi 4 gol nascono da calci di punizione dalla trequarti campo, in una situazione in cui, sgombrando quindi il campo da stucchevoli dibattiti sulla tipologia di marcature, quasi la totalità degli allenatori sceglie comunque una difesa a zona.

Anche contro l’Atletico Madrid, in occasione del gol di Savic, è stato evidente il disordine della linea difensiva e un arretramento troppo precoce della linea stessa rispetto al tempo di battuta della punizione da parte di Koke.

Per tutto il match la Juventus ha mostrato difficoltà nella difesa dei corner, battuti costantemente nella medesima zona dall’Atletico Madrid e che, prima del gol di Herrera, avevano portato a ben 3 colpi di testa di Jimenez sempre nello spazio compreso tra il dischetto del rigore e la linea dell’area del portiere.

Evidentemente Simeone aveva individuato, a ragione, in quella zona il punto debole del castello difensivo bianconero. Per tutto il match i bianconeri hanno quasi sempre difeso sui corner con un uomo sul palo, uno in zona palla, una linea da 5 davanti a Szczesny e una diagonale negativa di 3 giocatori davanti la linea più arretrata.


La difesa bianconera sui corner.



L’Atlético Madrid ha battuto quasi tutti i corner con il destro Trippier da destra e il mancino Lemar da sinistra, dando quindi alla palla che giungeva nella zona incriminata una traiettoria lenta attaccata da De Ligt, il quarto uomo della linea più arretrata.

In occasione del gol subito, il corner è stato calciato da sinistra con il piede destro da Koke, e la traiettoria “a rientrare” ha costretto la linea a posizionarsi in maniera corretta più indietro, ritardando così il possibile intervento in attacco alla palla di uno dei suoi componenti, reso più complesso anche per la velocità del pallone. Matuidi non ha composto la diagonale negativa, rendendo più agevole lo stacco di Herrera.


In occasione del gol di Herrera, Matuidi non compone la linea con Ramsey e Dybala.



Simeone è stato particolarmente bravo a individuare il punto debole del castello difensivo a zona della Juventus sui corner, ma i bianconeri dovranno lavorare per oliare i meccanismi della difesa delle situazioni statiche. Fortunatamente per i bianconeri la difesa dei calci piazzati, per la sua natura intrinseca, è tra le situazioni di gioco maggiormente allenabili.

Le buone e le cattive notizie
Al di là dei gol subiti la Juventus ha giocato un’ottima prestazione in casa dell’Atletico Madrid, lievitata nel secondo tempo. I bianconeri hanno concluso con una precisione dell’89% dei propri passaggi, e con il 54% di possesso palla.

In fase offensiva gli uomini di Sarri hanno sempre cercato di uscire dal basso col palleggio, con coraggio, senza mai cercare scorciatoie, con trame precise e buoni risultati. Il palleggio è stato sempre finalizzato alla destrutturazione dello schieramento difensivo avversario, alternando fraseggio corto e insistito per attirare la pressione e spostare la difesa versa la zona palla, a rapidi spostamenti del pallone sul lato debole o alle spalle della pressione avversaria.

Inoltre, quando è riuscita ad abbassare l’Atletico, la Juve ha giocato anche convincenti fasi di riaggressione per riconquistare presto e in avanti il pallone. In fase di non possesso la Juventus ha subìto, nel primo tempo, gli attacchi sul lato debole degli uomini di Simeone, a causa della scarsa pressione sui portatori di palla avversari: in quest’ottica bisogna chiedersi quali sono i margini di miglioramento in fase di pressing della coppia di attaccanti, la cui scarsa qualità della fase difensiva costringe a un grosso lavoro il reparto di centrocampo.

Nel secondo tempo la situazione è però decisamente migliorata e per tutta la partita la Juventus ha difeso bene il centro dell’area – grazie anche alla prestazione praticamente perfetta per concentrazione, piazzamento e impostazione di Leonardo Bonucci - e negato le ricezioni tra le linee di Lemar e Joao Felix con le ottime distanze reciproche tenute dai centrocampisti e tra le due linee difensive.

Anche le prestazioni individuali sono state confortanti: detto di Bonucci e Alex Sandro, anche De Ligt ha giocato una partita solida, mentre Pjanic si è distinto per una distribuzione del pallone praticamente esente da errori (97.3% di precisione) e Cuadrado, nel secondo tempo, ha mostrato ancora una volta quanto un giocatore rapido e capace di saltare l’uomo sia fondamentale per l’attacco bianconero.

Diego Simeone, come detto, è impegnato nella costruzione di una squadra che ha sostituito 5 dei titolari della scorsa stagione: sta provando a costruire un Atletico più di manovra e capace di sfruttare il talento tra le linee di Lemar e Joao Felix, ma in fase di attacco posizionale i "colchoneros" hanno creato pochi pericoli per la porta della Juventus.

Ancora una volta, si sono rivelati più efficaci con le loro tipiche armi di offesa, le ripartenze e i calci piazzati: e questa è sia una buona che una cattiva notizia per il futuro dell’Atletico.

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