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Thiago Motta è partito dalla fase difensiva
12 set 2024
12 set 2024
Tre partite sono poche, ma già si è vista la mano del tecnico.
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Se “chi ben comincia è a metà dell’opera”, l’inizio della Juventus di Thiago Motta è stato molto promettente. Ancora di più considerando l’apporto relativo dei nuovi arrivati, che in teoria avranno un ruolo importante per le fortune della squadra. Se non consideriamo il portiere, contro il Como 8 dei 10 titolari erano già in rosa, addirittura 9 contro Verona e Roma.

Più che la fluidità, l’uso dei giocatori dell’U23 o il cambio di mentalità, quello che salta maggiormente agli occhi di queste prime tre partite è la solidità difensiva della Juventus. La squadra di Thiago Motta non ha mai subito gol e, cosa ancora più notevole, non ha quasi mai rischiato di subirlo. Il Como, all’Allianz Stadium, ha prodotto 0.16 xG dai soli 3 tiri provati. A Verona la Juventus ha subito il primo dei due tiri nello specchio di queste tre partite, lasciando al Verona 0.43 xG e 7 tiri. Infine, in casa contro la Roma, la Juventus ha concesso alla squadra di Daniele De Rossi 7 tiri e 0.35 xG. Nelle tre partite disputate la Juventus è l’unica squadra del campionato a non avere concesso alcun “clear shot” -tiri senza alcun difendente tra chi calcia e il portiere – e ha il rapporto xG/tiro più basso della serie A (0.06).

È quasi superfluo sottolineare come tre partite costituiscano un campione di dati davvero troppo esiguo per costruire una tendenza consolidata, ma è innegabile che la fase di non possesso della Juventus in questo inizio di stagione abbia mostrato una solidità granitica. Magari non molti se lo ricordano, concentrati com’erano sul gioco offensivo del Bologna della scorsa stagione, ma è un dato perfettamente in linea con l’efficacia della fase difensiva di quella squadra, la vera chiave della storica qualificazione in Champions League.

Come difende la Juventus di Thiago Motta?
In queste tre partite (Como, Verona e Roma) la Juventus ha mostrato diversi approcci alla fase di non possesso, alternando momenti di difesa più posizionale a pressing più aggressivo, momenti di maggiore controllo dello spazio ad altri molto più focalizzati alla posizione degli avversari.

Thiago Motta insomma è già riuscito a sviluppare un sistema difensivo capace di adattarsi agli avversari. Contro il Como di Fabregas, una squadra che ambisce a costruire dal basso e a gestire il possesso, la Juventus ha iniziato in maniera particolarmente prudente. Il baricentro aveva un altezza media e lo schieramento era un 4-4-2 piuttosto ordinato nello schermare il possesso palla del Como. Contro una squadra che stringeva i suoi due trequartisti esterni – Da Cunha e Strefezza – al fianco di Cutrone alle spalle del centravanti Belotti, la priorità di Thiago Motta è stata quella di chiudere il centro, tenendo molto vicine le linee di difesa e centrocampo.

Lo stretto 4-4-2 della Juventus nella prima parte della partita contro il Como.

L’attenzione, specie per i due interni di centrocampo, era comunque rivolta ai movimenti degli avversari. Infatti, gli eventuali inserimenti profondi dei centrocampisti del Como erano seguiti da Locatelli e Khéphren Thuram, senza alcun cambio di marcatura con i componenti della linea difensiva. Anche nelle fasi di difesa posizionale ad altezza medio bassa, però, la fase di non possesso della Juventus era piuttosto attiva nella ricerca del recupero del pallone. Proteggendo il centro, l’idea di base era quella di risucchiare il Como in una sorta di imbuto esterno che avrebbe innescato il pressing, favorito dalla presenza della linea laterale. Così facendo a restare liberi di ricevere erano i terzini del Como, schierati da Fabregas in ampiezza, che però appena ricevevano palla venivano aggrediti dai terzini della Juventus.

La Juventus è schierata con il suo 4-4-2. Yildiz e Vlahovic rimangono piuttosto stretti al centro, così come tutta la linea di centrocampo. Sulla conduzione del centrale difensivo del Como esce dalla linea l’esterno destro Weah, lasciando libera solo la traccia esterna verso il terzino sinistro avversario su cui esce forte in pressione il terzino destro Cambiaso. Sala non ha soluzioni di passaggio davanti a sé o verso il centro del campo e, subendo la pressione di Cambiaso, è costretto ad andare indietro verso il proprio portiere.

Col passare dei minuti la Juventus ha progressivamente alzato la propria pressione, una tendenza riscontrata in ognuna delle tre partite sino a qui disputate. La squadra di Thiago Motta è sempre partita con una certa prudenza nella fase difensiva, quasi come a volere studiare i meccanismi di possesso della squadra avversaria, per poi diventare progressivamente più aggressiva dopo avere compreso meglio gli schemi di circolazione palla da contrastare.

Contro il Como, in particolare, quando ha alzato la pressione, aveva il problema di come pressare Pepe Reina quando aveva il pallone tra i piedi. Fabregas infatti usa ampiamente il portiere come esca per attirare la pressione e guadagnare superiorità numerica in zona arretrata. Se nei primi minuti di gioco a occuparsi di pressare i due centrali del Como e Pepe Reina erano i soli Yildiz e Vlahovic, accettando l’inferiorità numerica, a metà del primo tempo l’allenatore della Juventus ha fatto alzare Weah sulla loro linea. Anche in questo caso l’idea di base di Thiago Motta era quella di proteggere il centro, schierando molto stretti i suoi giocatori più avanzati e lasciando, eventualmente, la ricezione ai terzini come innesco del pressing.

Vlahovic, Yildiz e Weah coprono il centro e le linee di passaggio verso gli interni del Como. Cambiaso è pronto ad uscire alto sul terzino sinistro Sala.

L’efficacia del pressing della Juventus ha costretto spesso il Como a lanciare lungo o a perdere presto il pallone. Delineando una costante che si è ripetuta nelle successive due partite, il pressing, oltre a essere uno strumento per il recupero del pallone, è diventato una potente arma per generare occasioni da gol tramite il recupero in zona avanzata del pallone.

Vlahovic si alza in pressione su Reina che prova un’imbucata centrale per gli interni di centrocampo. Locatelli si è alzato alle spalle di Vlahovic, intercetta il passaggio al limite dell’area di rigore avversaria. Yildiz, servito da Locatelli, passerà in pallone a Vlahovic che colpirà il palo.

Contro un 3-4-3

Contro il Verona invece, che attaccava con un 3-4-3 piuttosto canonico, la Juventus ha accentuato l’attenzione verso la posizione degli avversari, privilegiandola al mantenimento di una struttura lineare. Quello che non è cambiato, rispetto alla partita con il Como, è la volontà di iniziare con un baricentro ad altezza media e senza forzare il pressing. La scelta delle marcature è stata però a specchio: per pareggiare i tre attaccanti avversari Thiago Motta ha abbassato Locatelli sulla linea di Bremer e Gatti, affidandogli Suslov e compensando la sua assenza a centrocampo con l’arretramento di Yildiz su uno dei due interni avversari.

Locatelli in marcatura su Suslov disegna di fatto una linea a 5. Yildiz si abbassa a centrocampo a marcare, insieme a Fagioli, gli interni del Verona.

Accettando l’uno contro uno anche in difesa, la Juventus è riuscita a essere comunque aggressiva sul portatore di palla avversario, alzando poi col passare dei minuti l’altezza del proprio pressing. Non è un caso che il gol del vantaggio, al minuto 28, sia arrivato proprio grazie un recupero alto.

Il primo gol contro il Verona. La Juve chiude l’esterno Tchatchoua sulla fascia, la palla viene verso il centro dove l’interno Duda subisce il contrasto di Locatelli che recupera palla e serve Yildiz che farà l’assist per Vlahovic. Nelle ultime tre diapositive un’azione di pressing molto simile contro il Como. Mbangula esce verso il terzino Moreno coprendo il centro, la palla viaggia verso Strefezza che pressato da Cabal scarica al centro verso l’interno Braunöder che subisce il contrasto di Thuram. L’azione termina con il palo di Vlahovic.

La partita contro la Roma ha invece presentato alla Juventus qualche grattacapo in più, a causa della fluidità posizionale degli avversari con la palla. Per la maggior parte del tempo la squadra di De Rossi ha costruito con una linea arretrata a tre, con Angeliño al fianco dei due centrali, fissando l’ampiezza con Celik a destra e Saelemaekers a sinistra. A dare fastidio alla difesa della Juventus sono state le posizioni fluide di Soulé e Pellegrini che, partendo rispettivamente dall’esterno destro e dalla zona di centrocampo, andavano a occupare, con parecchia libertà, i mezzi spazi al fianco di Dovbyk.

La Juventus, ancora una volta, e tre indizi fanno una prova, ha iniziato in maniera abbastanza prudente, schierandosi senza palla con il suo 4-4-2 attento alle posizioni degli avversari. Nei primi minuti di gioco i meccanismi di marcatura-consegna all’avversario non erano però molto oliati: in particolare Fagioli, che giocava nella zona di Pellegrini, doveva seguire gli inserimenti del suo compagno di nazionale che andava a giocare al fianco di Dovbyk, ma a volte non si è inteso con Gatti, a cui avrebbe voluto-dovuto lasciare l'onere della marcatura, finendo per lasciare troppa libertà a Pellegrini. Dal lato opposto del campo invece, i tagli interni di Soulé attiravano dentro al campo Cabal lasciando libero Celik o, in alternativa, erano assorbiti da Locatelli che liberava così spazio a centrocampo.

Fagioli segue Pellegrini fino ad allinearsi con Gatti e Bremer.

Già a metà del primo tempo Thiago Motta ha provato a limare le imperfezioni del suo sistema difensivo, alzando Mbangula su Mancini, con Yildiz sul dirottato invece su Cristante, per aumentare la pressione sulla prima costruzione della Roma. L'idea era di provare a evitare le ricezioni nei mezzi spazi di Pellegrini e Soulè.

Ma la vera svolta tattica è poi avvenuta dopo l'intervallo, quando Thiago Motta ha chiesto ai suoi giocatori di alzare il pressing in maniera evidente. Per aumentare l’intensità e l’altezza del pressione della Juventus, Motta ha abbandonato la struttura posizionale della propria squadra per giocare uomo contro uomo contro i propri avversari. Bremer ha alzato con coraggio la sua posizione per prendere a uomo Soulé, lasciando Gatti in parità numerica su Dovbyk sull’ultima linea. Locatelli ha scambiato la propria posizione con Fagioli, spostandosi sul centro destra e occupandosi individualmente di Pellegrini. Vlahovic e i due esterni Yildiz e Coincenção si occupavano invece dei tre difensori della Roma in fase di costruzione. Il terzino sinistro Cambiaso alto su Celik, Savona dal lato opposto su Saelemaekers, Koopmeiners sul mediano Cristante e Fagioli su Pisilli.

La Juventus gioca a uomo a tutto campo e alza il pressing.

Ancora una volta è stato il pressing a generare la migliore occasione della partita per la Juventus, all’inizio della ripresa, con il recupero alto del pallone da cui è nata l’azione conclusa con un tiro da limite dell’area di Vlahovic. Più in generale, la strategia difensiva più aggressiva della Juventus ha concesso alla Roma un solo tiro in porta, da fuori area, con Angeliño nei minuti di recupero, finito vicino al palo sinistro della porta di Di Gregorio.


Yildiz si alza in pressione su Mancini forzando, con l’angolo di corsa, il passaggio lungo linea verso Celik di spalle e pressato da Cambiaso. Bremer è alto su Soulé. Celik è costretto a giocare di prima verso il centro del campo dove Locatelli recupero il pallone e di prima serva Koopmeiners al limite dell’area. L’azione si concluderà con un tiro di Vlahovic.

Una fase difensiva camaleontica

Durante un evento organizzato dall’Associazione Italiana Allenatori lo scorso febbraio, Thiago Motta, alla domanda se il suo calcio fosse più posizionale o relazionale, aveva risposto di non sapere ben definire il gioco della sua squadra. A tal proposito aveva sottolineato come affrontando una squadra che difendeva a zona come la Lazio di Sarri aveva inevitabilmente accentuato i caratteri posizionali della sua squadra, mentre contro la difesa orientata sull’uomo dell’Atalanta ne aveva amplificato le caratteristiche relazionali.

È evidente che Thiago Motta ami cercare, all’interno della cornice dei principi generali del proprio gioco, soluzioni specifiche per situazioni sempre diverse proposte dalla partita e dagli avversari. Come abbiamo visto, anche a un paio di mesi dal suo insediamento, e con un campione ridotto di partite, è stato possibile vedere come abbia cercato spesso soluzioni particolari per affrontare efficacemente situazioni specifiche.

Questo vale non solo per la fase difensiva, ma anche per quella offensiva: contro il Verona, orientato a uomo, ha, ad esempio, sovracaricato la zona del braccetto di destra avversario, giocando con Yildiz sul centro sinistra e stringendo profondamente dentro al campo Cambiaso. Contro la Roma, a un certo punto del match, ha invece sovracaricato la zona di Angeliño spostando Yildiz sul centro destra, ottenendo così tante potenziali occasioni pericolose non ben sfruttate in rifinitura dai giocatori bianconeri.

Gli ottimi risultati ottenuti nelle tre partite iniziali raccontano di una preparazione molto attenta da parte dello staff tecnico della fase difensiva e, allo stesso tempo, di un grosso impegno dei calciatori, che non hanno certo fatto mancare intensità e lucidità nell’applicazione in campo delle idee molto chiare del proprio allenatore. Fondamentali sono stati infatti l’attenzione e la precisione nei movimenti di marcatura, copertura e scambio di avversari e delle traiettorie di corsa e degli angoli di approccio agli avversari nelle fasi di pressione.

Thiago Motta ha inoltre più volte sottolineato il contributo degli attaccanti alle fasi di non possesso, essenziale per indirizzare l’intero svolgimento delle azioni difensive. La stagione è appena iniziata, ma l’impronta data dall’allenatore sulla fase difensiva della Juventus sembra già molto netta e pare promettere molto bene.

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