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È curioso come dopo aver raccontato Allegri e Sarri come antitetici, i due sono arrivati allo scontro diretto dello Stadium con un percorso almeno apparentemente simile. Juventus e Lazio si sono giocate il terzo posto con le due migliori difese della Serie A (rispettivamente 7 e 8 gol subiti), reduci da prestazioni pessime in Europa ma capaci di imporre la propria solidità nel nostro campionato. Due squadre con pregi e difetti piuttosto evidenti, più ciniche che spettacolari (8° e 10° per xG creati) e che si somigliavano anche nell’emergenza, visti gli infortuni da una parte e dall’altra.
Ne è uscita fuori una partita che la Juventus ha vinto con le sue armi storiche: la solidità, il cinismo, la capacità di alternare fasi di aggressività ad altre più sornione, in cui ha irretito la Lazio pur lasciandogli il pallone. L’aspetto migliore per Allegri è come questo ritorno alle origini sia arrivato grazie alle prestazioni importanti dei giocatori più criticati fin qui. Ieri sera Rabiot e Locatelli sono stati decisivi sia in fase di copertura, una cerniera a due che ha chiuso il centro alla Lazio, sia nei primi due gol, mentre Kean non è stato solo preciso e concentrato sotto porta, ma è sembrato anche più vivo e vitale della scorsa stagione (dopo la partita Allegri ha detto che il suo attaccante ha perso «5-6 chili»). Su tutte, poi, la prestazione di Kostic, diventato in maniera appariscente il giocatore più importante di questa Juventus.
Iniziare forte, continuare piano
Dicevamo gli infortuni. La Lazio doveva fare a meno di Lazzari, Zaccagni e Immobile, che non sono “solo” tre titolari, ma anche tre dei giocatori più importanti nella fase offensiva di Sarri, quelli che stavano giocando meglio. Per sostituirli l’allenatore ha inserito Hysaj a destra in difesa, confermato Felipe Anderson come centravanti e dato fiducia a Luka Romero dopo il gol contro il Monza, dirottando Pedro a sinistra. Rispetto al solito, poi, Sarri ha scelto di schierare Basic come mezzala sinistra preferendolo a Luis Alberto e Vecino, forse per avere più fisicità in mezzo al campo, ma finendo per inaridire la proposta di gioco della Lazio, già condizionata dalle assenze (la Lazio finirà la partita con un solo dribbling).
Allegri, invece, è rimasto fedele al 3-5-2 con cui sta provando a raddrizzare la stagione. In difesa Bremer è tornato al centro al posto di Bonucci, mentre Danilo è scalato a sinistra al posto dello squalificato Alex Sandro, con Gatti a destra. Il centrocampo è ormai quello, con Cuadrado e Kostic larghi, Locatelli mediano con Rabiot e Fagioli ai suoi fianchi. In attacco Allegri ha preferito Kean a Miretti come spalla di Milik, una scelta dettata dalla volontà di giocare in maniera molto diretta sulle caratteristiche della difesa della Lazio una volta recuperato il pallone.
Il piano offensivo della Juventus è stato subito molto chiaro. Le squadre di Sarri si difendono sempre alte e strette, avvicinando tra loro i quattro difensori. Allegri, allora, ha chiesto ai suoi giocatori di cercare con insistenza il cambio di gioco verso gli esterni, specialmente Kostic, che è sempre molto bravo nel controllare i lanci che riceve e trasformarli in cross pericolosi. Il serbo nelle ultime partite è sembrato uno dei giocatori più pimpanti del campionato e la scelta di Sarri di non cercare una soluzione specifica per limitarlo conferma la volontà dell’allenatore di non snaturarsi per nessun motivo, una scelta che sta pagando in questa stagione, ma che ieri ha creato più di una difficoltà alla difesa della Lazio.
Come spesso gli capita in questa stagione, la Juventus è partita forte, aggredendo in alto la Lazio - così è arrivato il primo tiro in porta di Kean dopo 4 minuti - e riuscendo a creare i presupposti per azioni pericolose proprio sfruttando i cambi gioco. Al contrario la Lazio lasciava piuttosto libera la prima costruzione della Juventus, agevolando anche il piano tattico di Allegri, con i giocatori che spesso avevano il tempo di alzare la testa e calibrare il lancio per Kostic o Cuadrado. Sono state diverse le azioni nate così nei primi minuti, la più pericolosa è quella che ha portato al tiro dal limite Fagioli, un'azione che ha evidenziato lo scarso pressing della Lazio e la difficoltà a chiudere su Kostic una volta servito.
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Se la Juventus parte forte, però, ha la tendenza a rallentare dopo i primi quindici minuti. Come fosse suonata una campanella mentale, è bastato un passaggio sbagliato da Cuadrado nella propria trequarti al dodicesimo e un’azione non particolarmente pericolosa della Lazio per far calmare la squadra di Allegri, che a quel punto ha lasciato completamente il pallone agli avversari.
È difficile capire quanto sia stata una scelta e quanto, invece, sia una conseguenza delle fragilità della Juventus, che in questa stagione non è mai stata in grado di controllare una partita dall’inizio alla fine. A cambiare rispetto al solito, però, è stato il modo in cui la Juventus si è difesa: se prima quando lasciavano il pallone agli avversari la difesa e centrocampo tendevano a schiacciarsi passivamente dentro l’area di rigore, vittima di lunghe fasi di difesa posizionale in cui ogni piccola imperfezione poteva concedere occasioni pericolose agli avversari, ieri la Juventus ha provato a difendersi più alta e aggressiva, chiudendo il centro del campo e spingendo la Lazio sugli esterni. In questo è stato decisivo il contributo di Bremer, che tornato al centro della difesa al posto di Bonucci, ha dimostrato che, almeno al momento, è quella la posizione in cui si trova meglio e in cui può guidare meglio i compagni.
Così facendo la Juventus spingeva la Lazio a un possesso sterile (oltre il 60% di possesso palla nel primo tempo) che non riusciva a coinvolgere né Felipe Anderson (33 passaggi, più solo di Provedel, 6 palloni persi e 1 tiro nel finale), né Milinkovic-Savic, in calo di forma e in difficoltà a trovare una sua posizione. Per ricevere si doveva abbassare e allargare molto. Fondamentale era anche la posizione di Rabiot, a cui - come confermato anche dallo stesso giocatore nella breve intervista a fine primo tempo - Allegri ha chiesto di stare più vicino a Locatelli per formare una mediana a due, mentre Fagioli si alzava sia per contrastare la costruzione sulla catena laterale di sinistra, la più usata dalla Lazio vista la presenza di Pedro, più adatto ad associarsi con i compagni rispetto a Romero sull’altro lato, sia per essere un riferimento veloce in alto una volta recuperato il possesso.
La Lazio avrebbe avuto anche la possibilità di fare male alla Juventus a sinistra, dove non sempre Cuadrado e Gatti erano coordinati nel dividersi le marcature, ma la catena Marusic, Basic, Pedro è sembrata una lontanissima parente delle migliori messe in campo da Sarri in carriera e non è quasi mai riuscita a creare i presupposti per un’azione pericolosa.
In questa fase, comunque, la Juventus si è limitata a giocare di rimessa, provando spesso il lancio lungo alle spalle della difesa alta della Lazio (alla fine i lanci lunghi saranno 85 per i bianconeri, contro i 35 della Lazio), alcuni anche pregevoli, come la combinazione tra Danilo e Milik. Creare occasioni così, però, è piuttosto difficile e per spaiare il risultato c’è voluta una serie di sfortunati eventi (per la Lazio).
Chi sbaglia paga
L’azione del gol di Kean, infatti, parte da un taglio dall’interno verso l’esterno di Locatelli alle spalle di Kostic non seguito da Cataldi, che invece chiama Casale a seguire il numero 5 della Juventus.
Il difensore della Lazio esce alla sua destra e recupera il pallone, che arriva a Milinkovic-Savic. Il serbo, uno dei giocatori più tecnicamente dotati della Serie A, si lancia in una conduzione sciagurata, allungandosi il pallone in maniera sciatta lì dove c’è Rabiot, scalato al centro al posto di Locatelli. Il francese è molto bravo nel recuperare il possesso in maniera pulita, portando avanti il pallone ed evitando l’avversario. A quel punto, come si vedrà poi bene dal replay, Rabiot ha davanti la difesa alta della Lazio completamente aperta, con Kean in mezzo tra Casale che sta tornando al centro e Romagnoli. Il lancio del francese è immediato e preciso - tra la difesa e il portiere - mentre non è precisa la scelta di tempo di Provedel, che sceglie di uscire rimanendo però a metà strada. Il pallonetto di Kean, comunque, rimane un bel gesto tecnico, avendo dovuto alzare molto la parabola.
Dal primo replay si capisce bene come la Lazio fosse messa male.
Insomma, se Hysaj fosse uscito meno forte su Kostic tenendo la linea, se Cataldi fosse stato più sveglio nel seguire Locatelli, se Milinkovic-Savic non si fosse allungato il pallone e se Provedel fosse rimasto in porta, se tutte queste cose non fossero successe, forse la Juventus non sarebbe andata al riposo in vantaggio di un gol e in controllo della partita.
Quasi ogni gol, però, ha bisogno di alcuni “se” per accadere, ma questi “se” spesso non sono casuali. Per la Lazio ieri sera difendere l’ampiezza della Juventus è stato un rebus irrisolvibile e la conferma è arrivata dopo meno di dieci minuti dall’inizio del secondo tempo: Cataldi in uscita ha lasciato il fianco scoperto a Milik, sul contrasto tra i due il pallone è arrivato a Locatelli che di prima ha effettuato l’ennesimo cambio gioco per Kostic, a cui Hysaj lasciava metri e metri. Il serbo ha controllato, neanche benissimo per i suoi standard, ma poi senza pensarci ha lasciato partire un tiro di collo sinistro incrociato davvero difficile, e anche inaspettato, visto che forse la soluzione migliore sarebbe stata arrivare sul fondo. Provedel, forse sorpreso, ha respinto in maniera non perfetta e Kean era al posto giusto al momento giusto, come raramente gli era capitato dal suo ritorno a Torino (4 gol nelle ultime 4 partite, contro i 4 nelle precedenti 35).
Il secondo gol ha svegliato la Lazio, che dopo ha fatto vedere le cose migliori della partita, ma questo lungo finale di partita, durato praticamente 35 minuti, è servito soprattutto a dimostrare la diversa profondità delle rose, con la Juventus che dalla panchina ha inserito Chiesa e Di Maria che hanno confezionato il terzo gol, mentre Sarri non ha trovato molto dai suoi cambi, se non un paio di squilli da Luis Alberto, la cui titolarità in questa squadra rimane meno scontata di quello che sembrerebbe. Un paio di tiri della Lazio nel finale non cambiano però quello che ha detto la partita: se il risultato può essere anche bugiardo, come detto da Sarri, la Lazio nei novanta minuti non ha avuto la minima idea di come impensierire la Juventus.
La Lazio arriva alla pausa per il Mondiale con una brutta sconfitta, ma anche con la consapevolezza del peso delle assenze. Lo ha fatto notare lo stesso allenatore ai microfoni: «È chiaro che a noi quando mancano 3-4 giocatori importanti la situazione si complica di più rispetto alle altre che sono lassù in classifica» ha detto dopo la partita, e ieri sera è sembrato evidentissimo. Al ritorno in campo riaprirà anche il mercato e per rimanere in scia del quarto posto, forse, alla Lazio servirebbero almeno dei ricambi in alcuni ruoli (diversi ruoli). Su questa eventualità però Sarri è stato piuttosto negativo: «mi sembra che i mercati di gennaio della Lazio a volte non siano stati neanche fatti» e, allora, la speranza per i tifosi, anche per questa stagione, è che non arrivi neanche un raffreddore a condizionare i migliori giocatori, anche se, con il calendario che si troveranno davanti le squadre dopo la pausa, anche la stanchezza sarà un fattore.
La Juventus invece può guardare con un po’ più di serenità al suo futuro. Certo, la pausa arriva nel momento di forma migliore, e i bianconeri manderanno in Qatar molti dei loro giocatori, ma al ritorno - se non succederà niente in questi 51 giorni - Allegri avrà la base delle prestazioni contro Inter e Lazio su cui costruire e da cui trarre lezioni importanti. Una squadra che si difende sì, ma non in maniera passiva; che ha dei limiti ad attaccare, ma è abile a colpire i difetti degli avversari, ma soprattutto una squadra che ha ritrovato molti dei suoi giocatori sia fisicamente che emotivamente e che altri ne aggiungerà dopo la pausa. “I ragazzi stanno bene” cantavano i The Who cinquant’anni fa, e che i ragazzi stanno bene lo avrà pensato anche Allegri ieri sera: certe volte è tutto quello che serve per vincere una partita.