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Tutto troppo facile
10 mag 2018
Il Milan è stato troppo prevedibile per colmare il gap fisico e tecnico che lo divideva dalla Juventus di Allegri.
(articolo)
9 min
(copertina)
Foto di Tiziana Fabi / Getty Images
(copertina) Foto di Tiziana Fabi / Getty Images
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Nonostante le dimostrazioni di superiorità date nelle due partite giocate quest’anno in campionato e, tornando ancora più indietro, negli incroci col Milan delle ultime due stagioni (con la finale di Coppa Italia si è arrivati a 7 sfide, con 5 vittorie bianconere), prima della finale di Coppa Italia era difficile prevedere un successo così largo della Juventus. Bisogna infatti tornare indietro allo storico 6-1 del 1997 per trovare una partita più sbilanciata del 4-0 che ieri ha assicurato alla squadra di Massimiliano Allegri la quarta Coppa Italia consecutiva.

Certo, il Milan partiva sfavorito praticamente sotto ogni punto di vista (tecnico e fisico innanzitutto) ed era anche la squadra che aveva più da perdere. La vittoria della Coppa Italia, con l’automatica qualificazione in Europa League, avrebbe infatti salvato la stagione e reso meno problematici gli scontri diretti delle ultime due giornate contro l’Atalanta e la Fiorentina, che contendono ai rossoneri il sesto posto in campionato. La Juve, invece, con lo scudetto ormai conquistato, aveva sicuramente meno pressione, avendo come unico obiettivo quello di consolidare la propria posizione di dominio in Italia vincendo per la quarta volta consecutiva sia il campionato che la coppa nazionale, un’impresa mai riuscita prima a nessuna squadra nei cinque principali campionati europei.

La fisicità della Juventus

La profondità della rosa, aumentata ulteriormente dall’assenza di infortunati, rendeva inoltre le scelte di Allegri difficilmente leggibili prima della partita, vista la quantità di alternative a disposizione dell’allenatore livornese. Alla fine Allegri ha scelto di puntare sulla fisicità, anche se, in realtà, la mossa chiave in questo senso - la scelta a sorpresa di preferire Mandzukic a Higuaín - non ha avuto un grande impatto sulla partita. Mandzukic non è stato infatti utilizzato come scorciatoia per risalire il campo e non è nemmeno riuscito a incidere sui frequenti cross dalla trequarti di Cuadrado, una connessione chiaramente ricercata da Allegri per approfittare soprattutto dei difetti in marcatura di Bonucci in area di rigore.

Nonostante ciò, la fisicità della Juve è risultata comunque incontenibile sui calci d’angolo, visto che tutti i gol bianconeri sono arrivati sugli sviluppi di un corner. La fisicità di Mandzukic ha ovviamente aiutato a vincere i duelli, soprattutto in occasione del 3-0, quando il croato ha anticipato Bonucci e propiziato la doppietta di Benatia, pronto a sfruttare il secondo grave errore di Donnarumma, già molto impreciso sul tiro da fuori di Douglas Costa in occasione del 2-0.

Si discute spesso delle scelte in marcatura sui calci d’angolo: dopo l’eliminazione contro il Real Madrid agli ottavi di Champions League della scorsa stagione, ad esempio, era stato criticato il sistema a zona di Sarri. Il Milan, invece, marcava a uomo ogni saltatore juventino, e le consegne di Gattuso prevedevano Bonucci su Mandzukic, Romagnoli su Benatia, Kessié su Barzagli, Calabria su Matuidi e Rodríguez su Khedira. In più il centravanti, prima Cutrone e poi Kalinic, decisivo in negativo con l’autogol del 4-0, si posizionava a difesa del primo palo, mentre Bonaventura e Locatelli presidiavano il lato corto dell’area per intervenire nell’eventualità di uno scambio ravvicinato.

Il calcio d’angolo che cambia la partita: Romagnoli si perde Benatia, che segna l’1-0.

La superiorità fisica della Juve in area si è combinata perfettamente con la tecnica eccezionale di Pjanic sui calci piazzati: è stato proprio il bosniaco a battere tutti i corner che hanno generato i gol.

Allegri ha puntato sul mix di fisicità e tecnica anche sugli esterni, puntando forte sugli uno contro uno di Cuadrado e Douglas Costa. Come nella partita contro il Bologna, il tecnico livornese ha scelto di tenere Asamoah bloccato a sinistra per consolidare la fase di impostazione e proteggersi dalle ripartenze del Milan (avendo sempre un giocatore vicino a Suso), dando invece più libertà a Cuadrado, schierato ancora una volta da terzino. Il colombiano, comunque, non si alzava subito lasciando Dybala nella sua zona preferita sul centro-destra a raccordare il gioco, ma riceveva da Barzagli contribuendo a creare con Khedira e Dybala una catena molto fluida nelle posizioni sulla quale la Juve si è appoggiata spesso per risalire il campo.

Quella destra è stata chiaramente la fascia preferita dai bianconeri per costruire l’azione, anche perché a sinistra Douglas Costa poteva occuparsi praticamente da solo di portare avanti il pallone. Asamoah non gli ha mai dato supporto sovrapponendosi e Matuidi restava invece sul centro-sinistra preoccupandosi piuttosto di occupare l’area di rigore sui cross. Le condizioni di forma strepitose di Douglas Costa sono confermate anche dalle sue statistiche: al di là del gol segnato, l’esterno brasiliano ha completato 6 degli 8 dribbling tentati (record della partita), creato 3 occasioni e generato il calcio d’angolo del 4-0.

Il pallone circola molto di più a destra che a sinistra, tra Asamoah, Matuidi e Douglas Costa le connessioni sono piuttosto deboli.

La strategia difensiva di Allegri

Difensivamente, Allegri puntava innanzitutto a limitare la catena destra del Milan, quella che ruota attorno al talento creativo Suso e può contare su movimenti più organizzati: le sovrapposizioni di Calabria e gli inserimenti di Kessié. Il tecnico bianconero mirava fin da subito a spostare la manovra del Milan a sinistra, piazzando in diagonale Dybala e Mandzukic in modo da uscire tempestivamente su Bonucci e lasciando invece più libertà a Romagnoli.

Dalla linea a 4 a centrocampo, invece, quando Dybala e Mandzukic si alzavano a pressare i difensori centrali del Milan o Donnarumma, Pjanic scalava in avanti su Locatelli, mentre Matuidi seguiva Kessié. I duelli tra i due, ben 13 secondo i dati di Wyscout, sono stati tra i più frequenti della partita. Kessiè è il giocatore di riferimento scelto da Gattuso per trascinare fisicamente in avanti il Milan quando non riesce ad avanzare palleggiando, e anche contro la Juve i compagni lo hanno cercato spesso alzando il pallone. La marcatura di Matuidi, individuato da Allegri come il centrocampista più adatto a contenerlo, non gli ha però permesso di dare il solito contributo.

Anche sulle due fasce i compiti difensivi di Khedira e Douglas Costa erano studiati sulle caratteristiche dei giocatori del Milan. A sinistra Douglas Costa restava largo per controllare Calabria o raddoppiare Suso quando rientrava sul sinistro; a destra Khedira si orientava su Rodriguez, ma mantenendosi a una certa distanza per tagliare la linea di passaggio verso il centro del campo, e quando il Milan manovrava sulla fascia opposta forniva protezione stringendo al centro per controllare la zona di Bonaventura.

Mandzukic e Dybala sono in diagonale, con il croato che si orienta su Bonucci, Douglas Costa si avvicina a Calabria, mentre sulla fascia opposta Khedira stringe verso il centro.

Le difficoltà di Gattuso

Ridotto in maniera notevole l’impatto di Suso, che a 20 minuti dalla fine è stato addirittura sostituito da Borini, il Milan si è appoggiato soprattutto su Calhanoglu, terzo giocatore rossonero per palloni giocati dietro Bonucci e Rodríguez, il migliore per occasioni create (3). È stata proprio una conduzione di Calhanoglu a creare la migliore occasione della partita per il Milan: lo scambio con Cutrone all’ottavo minuto che ha attirato entrambi i difensori centrali della Juve e aperto lo specchio per il tiro del giovane attaccante rossonero, piuttosto centrale e parato da Buffon.

Anche se la superiorità della Juve sul Milan era evidente anche prima della partita, rimane comunque la facilità con cui ha messo in difficoltà la squadra di Gattuso. Allegri è stato bravo a creare un contesto in cui far emergere le qualità dei giocatori più bravi a incidere sulle partite (i dribbling di Douglas Costa, i cross di Cuadrado, la tecnica nello stretto di Dybala, i calci piazzati di Pjanic) e a mettere in campo un buon piano per limitare il principale punto di forza avversario, la catena destra. Ma per la Juventus è stato tutto davvero troppo semplice, mandando in apnea il Milan anche prima degli errori di Donnarumma e dell’autogol di Kalinic.

Questa facilità chiama in causa l’evoluzione milanista durante questi mesi di gestione di Gattuso. Da quando è subentrato a Montella, Gattuso ha risollevato la stagione del Milan con poche e semplici idee: ha individuato il gruppo di giocatori più affidabile e un sistema che permettesse di sfruttare le loro qualità in maniera coerente, ha puntato innanzitutto sull’equilibrio difensivo, rinunciando a recuperare il pallone in zone avanzate per coprire meglio gli spazi nella propria metà campo e aggiunto strumenti più diretti alla manovra palleggiata costruita da Montella, come ad esempio le verticalizzazioni da Bonucci a Bonaventura, i lanci dalla difesa su Kessié o i cross dalla trequarti di Calabria.

Quando il livello delle avversarie si è alzato, il Milan ha iniziato a rendersi più pericoloso attaccando in transizione, pur senza avere molti giocatori adatti a interpretare quel tipo di gioco, che è sembrato più una conseguenza delle scelte difensive di Gattuso che una decisione coerente con le caratteristiche della squadra. Contro la Juve, prima di subire il gol di Benatia che ha indirizzato la partita, il Milan ha sprecato due ripartenze pericolose per via di due passaggi imprecisi di Kessié e Bonaventura.

Ieri sera le prestazioni individuali di molti giocatori sono stati al di sotto delle aspettative (gli errori di Donnarumma spiccano per quanto hanno inciso sul risultato, ma molti suoi compagni sono stati altrettanto deludenti), ma il piano di Gattuso si è rivelato troppo semplice, troppo prevedibile per un avversario del livello della Juve.

Quando il Milan ha provato a controllare il pallone, in particolare nel secondo tempo, in cui la Juve si è abbassata per gestire il vantaggio, sono emersi gli ormai noti problemi di prevedibilità nella metà campo avversaria. Quando arrivano sulla trequarti, i rossoneri faticano ad avanzare e a creare i presupposti per rendersi pericolosi, affidandosi più che altro alle iniziative personali di Calhanoglu e Suso, spesso limitate al cross dalla trequarti o al tiro dalla distanza rientrando sul piede forte. Il Milan si è ritrovato fin troppo di frequente a girare il pallone da un lato all’altro senza una soluzione per entrare in area di rigore che non fosse il cross.

Senza la qualificazione diretta in Europa League garantita dalla vittoria della Coppa Italia, il Milan adesso è obbligato a difendere il sesto posto per evitare i preliminari. Le ultime due giornate mettono di fronte ai rossoneri proprio le avversarie dirette per la qualificazione in Europa League, l’Atalanta e la Fiorentina, entrambe in un momento di forma migliore rispetto alla squadra di Gattuso. Per salvare la stagione servirà un Milan di un altro livello, sia individualmente che collettivamente, rispetto a quello visto ieri sera contro la Juventus.

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