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Perché è stata punita solo la Juventus (finora)?
31 gen 2023
Dalle motivazioni della sentenza possiamo farci un'idea più chiara.
(articolo)
11 min
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Foto di Alberto Gandolfo / Pacific Press
(copertina) Foto di Alberto Gandolfo / Pacific Press
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La Juventus, per la Corte Federale d’Appello, ha fatto «un eccessivo utilizzo di plusvalenze artificiali» e ha tenuto un «modus operandi non corretto», con conseguente «alterazione ripetuta dei valori di bilancio e del significato informativo dello stesso». Sono queste, in estrema sintesi, le motivazioni addotte dal collegio presieduto da Mario Torsello, in merito alle violazioni dell’art. 4 comma 1 del Codice di Giustizia Sportiva da parte del club bianconero e dei suoi amministratori. Violazioni che sono costate una penalizzazione di 15 punti in classifica nel campionato di Serie A attualmente in corso e inibizioni a vario titolo per gli amministratori deferiti.

Se fino a poco tempo fa eravamo a conoscenza solo dell’iter che ha portato a questa sanzione, adesso si conoscono anche i motivi per cui la Corte Federale d’Appello, accogliendo un ricorso per revocazione parziale da parte della Procura Federale, abbia fatto dietrofront rispetto alla decisione assunta lo scorso 27 maggio. Motivi che seguono a doppio filo le indagini condotte dalla Procura di Torino, nell’ambito dell’inchiesta denominata Prisma, per la quale la Juventus è attesa il prossimo 27 marzo ad un’udienza preliminare in sede di giustizia ordinaria. Con un comunicato, il club bianconero definisce le motivazioni «un documento, prevedibile nei contenuti, alla luce della pesante decisione, ma viziato da evidente illogicità, carenze motivazionali e infondatezza in punto di diritto, cui la Società e i singoli si opporranno con ricorso al Collegio di Garanzia presso il CONI nei termini previsti».

Cosa è cambiato nel procedimento sportivo

Il materiale probatorio raccolto (intercettazioni e documenti) ha «radicalmente mutato» il quadro dell’inchiesta sportiva. C’è una data ben precisa per stabilire quando la Procura Federale è entrata a conoscenza dei nuovi elementi: il 24 novembre 2022. Una data contestata dai legali della Juventus, ma confermata dalla Corte Federale d’Appello. Il ricorso per revocazione, presentato il successivo 22 dicembre, risulta così tempestivo, in quanto presentato entro i trenta giorni richiesti. Anche le altre eccezioni riguardo alla richiesta di riaprire il procedimento, sono state ritenute infondate.

Accolto il ricorso della Procura Federale, il collegio giudicante spiega innanzitutto perché la revocazione riguardi solo alcuni dei soggetti deferiti (come club, oltre alla Juventus, anche Sampdoria, Pro Vercelli, Genoa, Parma, Pisa, Empoli, Pescara e l’ormai radiato Novara) rispetto all’avvio del procedimento in sede sportiva: l’esclusione di Napoli e Chievo Verona - e dei rispettivi dirigenti - è dovuta all’integrale «assenza di operazioni di scambio dirette con la FC Juventus S.p.A.». Gli atti nuovi a disposizione dei pm federali, invece, sono costituiti in particolare da «intercettazioni telefoniche e ambientali, (da documenti sequestrati nell’ambito di perquisizioni presso la sede della FC Juventus S.p.A. e presso ulteriori luoghi d’interesse, (dalla delibera Consob n. 22482/2022 del 19.10.2022 (ex art. 154 ter comma 7 t.u.f.) e dai comunicati stampa della FC Juventus S.p.A.». La quotazione in Borsa della Juventus, in tutto ciò, ha avuto un ruolo di rilievo: da un lato, per l’attività di controllo da parte della Consob che ha di fatto acceso la miccia, dall’altro perché il club bianconero adotta il principio contabile internazionale IAS (diverso da quello nazionale OIC, anche in termini di iscrizione delle plusvalenze).

Le numerose dichiarazioni provenienti dalle intercettazioni e dai documenti raccolti nel corso delle indagini, «hanno tutti una “natura essenzialmente confessoria”» secondo la Corte Federale d’Appello, che ravvisa anche «una aggravante distintiva rispetto a qualunque precedente», ovvero «la pervasività ad ogni livello della consapevolezza della artificiosità del modus operandi della società stessa». La Juventus, secondo la giustizia sportiva, agiva dunque consapevole di ciò che stesse facendo. Una consapevolezza tale «che tutti fossero direttamente o indirettamente coscienti di una condizione ormai fuori controllo».

Il “libro nero” di Paratici

Il primo elemento di interesse è il «Libro Nero di FP», dove «F» sta per Fabio e «P» sta per Paratici, ex direttore sportivo della Juventus e attuale dirigente del Tottenham, inibito per 30 mesi in ambito FIGC con richiesta di estensione in ambito UEFA e FIFA. Un foglio, prodotto da Federico Cherubini (attuale DS juventino, all’epoca «immediato collaboratore» di Paratici), dal quale si evince «che Fabio Paratici avesse costantemente operato attraverso un sistema di plusvalenze artificiali». A questo documento, definito «inquietante» nelle motivazioni della Corte Federale d’Appello, viene riconosciuta una «capacità disvelatrice» di fatti «che oggi non possono più essere efficacemente rinnegati». La Juventus non ne prende le distanze e ciò «ha una portata devastante sul piano della lealtà sportiva».

«È evidente», secondo il collegio giudicante, «che Federico Cherubini immaginava di affrontare Fabio Paratici per “contestargli” l’uso eccessivo di plusvalenze artificiali e i relativi effetti anche negativi sul bilancio della società dovuti al peso degli ammortamenti». Si cita anche una mail interna del 17 febbraio 2021, scambiata tra diversi dirigenti juventini: «Ci sono le plusvalenze che migliorano le net loss dei prossimi anni, ma questo genera un nuovo tornado di D&A; non siamo più a break-even nel 24/25. Deve essere chiaro che con le nuove assumptions su plusvalenze e D&A non si ferma il tornado anzi abbiam bisogno del tornado». Il meccanismo contabile è di facile spiegazione: la cessione di un calciatore produce una plusvalenza nell’immediato, ma la contestuale acquisizione di un altro calciatore di pari valore produce un ammortamento da suddividere su più anni (gli anni del contratto sottoposto al giocatore). Il beneficio immediato è dunque seguito da effetti negativi negli esercizi successivi.

Le operazioni di scambio incrociate

Ma come si arriva ad appurare la natura fittizia di queste plusvalenze? Intanto, e questo è corretto precisarlo, ad oggi quelle della Juventus sono presunte plusvalenze fittizie, perché l’Autorità Giudiziaria di Torino non si è ancora espressa in merito e l’unica pronuncia disponibile è nell’ambito sportivo. Dopodiché, lo scopo del processo sportivo non è quello di determinare l’ammontare esatto delle plusvalenze fittizie, ma «individuare se un fenomeno di tale natura vi sia effettivamente stato, se esso sia quindi sussumibile sotto la fattispecie dell’illecito disciplinare sportivo e, infine, se esso possa essere considerato sistematico». Secondo la Corte Federale d’Appello, il nuovo materiale probatorio ha portato alla luce «l’assenza di un qualunque metodo di valutazione delle operazioni di scambio e, invece, la presenza di un sistema fraudolento in partenza (quanto meno sul piano sportivo)». Innanzitutto, le intercettazioni, «che dimostrano persino opacità nella rappresentazione all’esterno del reale contenuto delle operazioni condotte».

È il caso dell’operazione col Barcellona per il passaggio di Pjanic in blaugrana, con conseguente approdo in bianconero di Arhtur. Tre dirigenti della Juventus (Stefano Bertola, Stefano Cerrato e Cesare Gabasio) chiariscono che in questa operazione «han fatto uno scambio», quindi stando alle motivazioni sulla sentenza sportiva, «una consapevole permuta». Da un’altra intercettazione, tra l’allora dirigente juventino Marco Re e un soggetto terzo «appartenente ad una importante banca», è Re ad ammettere che «uno come Arthur, che per farti la plusvalenza Pjanic hai pagato 75 milioni [...] cioè era palese no? Che non fosse uno da quella cifra lì. Adesso lo paghi [...] cioè te lo porti avanti per 4 anni».

Vengono considerate permutative, dunque di scambio vero e proprio, anche altre operazioni effettuate col Manchester City, col Lugano, col Basilea e con l’Olympique Marsiglia. Emblematica, in questo senso, l’operazione che nel gennaio 2021 ha portato alla Juventus il giovane Marlon Aké e a Marsiglia l’altrettanto giovane Franco Tongya, entrambi valutati 8 milioni di euro. Alcuni dirigenti della Juventus hanno indicato - tramite correzioni a penna sulle fatture ricevute dall’OM - delle modifiche da effettuare «per non far emergere la natura permutativa dell’operazione compiuta». L’intenzione era quella di fare apparire i due trasferimenti come separati, ma anche nelle mail interne si parla di scambi: «Scambiamo Tongya con Aké, entrambi trasferimenti definitivi identici», «Li abbiamo condizionati l’uno all’altro». Inoltre, si ravvisa sempre nelle motivazioni, «anche l’Olympique de Marseille precisa ripetutamente che si tratta di una operazione incrociata e integralmente compensata».

Immagine pubblicata su Fanpage.

Perché quello della Juventus è un «sistema»

Poi, chiaramente, la Juventus non è che facesse le plusvalenze da sola. Però l’unico club penalizzato è quello bianconero. Questo perché «non può esservi alcuna sistematicità da contestare in una singola operazione» e si fanno chiaramente gli esempi delle altre società coinvolte nel procedimento. «Una condanna di Parma, Novara e Pescara per il mero “contatto” con la FC Juventus S.p.A. risulterebbe ingiustificata», per la Sampdoria «l’unica intercettazione di rilievo risulta essere quella contenente un riferimento riguardante l’operazione Audero-Peeters-Mulé» e per quanto sospetta non è un’operazione «sufficiente per sostenere una accusa rivolta ad una sistematica alterazione dei bilanci». Per quanto riguarda Empoli, Genoa, Pisa e Pro Vercelli, invece, si tratta di «società sostanzialmente non presenti nelle intercettazioni della FC Juventus S.p.A., fatta sola eccezione per un cenno operato nei confronti del Genoa, ma senza la partecipazione diretta di alcun responsabile di tale società e in forma oggettivamente generica (senza cioè alcuna indicazione di giocatori specifici)».

La Juventus, a differenza delle altre società deferite, secondo la Corte Federale d’Appello ha dunque «programmato sistematicamente la realizzazione di plusvalenze prescindendo dall’individuazione stessa del soggetto da scambiare, spesso indicato con una semplice “X” accanto al nome del giocatore della FC Juventus S.p.A. da cedere e ovviamente accanto al numero prestabilito di plusvalenza da realizzare». Un sistema che è il «punto nodale» di questo procedimento, «in un quadro chiaramente sintomatico di una ricerca artificiale di plusvalenze artificiali». Conclusione che emerge «anche dalle sottolineature della stessa Consob». Il tutto, a scapito dei bilanci, che «semplicemente non sono attendibili».

Il -15, per questo genere di violazioni, rimane una sanzione inedita. Non viene fatto riferimento ad alcun precedente (Chievo, -3 in Serie A nella stagione 2018/19, per condotte relative a tre esercizi; Palermo, -20 in Serie B nella stagione 2018/19, per condotte relative a quattro esercizi), ma dalle motivazioni della Corte Federale di Appello si evince che tale sanzione è stata irrogata tenendo conto proprio «dei precedenti che hanno riguardato alterazioni contabili protratte per più esercizi». Quelli di cui rispondono gli amministratori della Juventus in sede sportiva sono quelli al 30 giugno 2019 e al 30 giugno 2020. Da qui, si giunge ad una sanzione «proporzionata anche all’inevitabile alterazione del risultato sportivo che ne è conseguita», oltre che «al mancato rispetto dei principi di corretta gestione».

I limiti delle plusvalenze

Resta irrisolto il tema normativo sulle plusvalenze, per quanto venga ancora richiesto un intervento «urgentissimo» da parte degli organi federali. Però, dalle conclusioni a cui è giunto il collegio giudicante, c’è una linea netta di demarcazione tra un utilizzo adeguato o meno di questo strumento contabile: «Si torna allora a dover sottolineare che se è vero che qualunque plusvalenza derivante da cessione è la conseguenza della contrapposizione tra il valore di cessione e il valore netto contabile del diritto al momento della cessione, è altrettanto vero che proprio il valore di cessione richiede fondamenti logici. Può accadere, per le ragioni più disparate, che si assista ad una operazione atipica, una tantum. Ma non può accadere che sistematicamente sia invertito il processo, come invece emerge dal nuovo quadro probatorio disponibile. Definire e anteporre un obiettivo di plusvalenze esclusivamente per ottenere un risultato economico finale, senza seguire alcun processo che sia razionale, dimostrabile e che non costituisca “un atto di fede” (come sopra invece ammesso dai responsabili della FC Juventus S.p.A.), non ha alcun fondamento prima logico poi bilancistico». Anzi, crea un paradosso, come sottolineato dalla Consob: «Seguendo la logica della FC Juventus S.p.A. si dovrebbe giungere alla paradossale conclusione per cui, in uno scambio di beni immateriali, “[l]e parti potrebbero, infatti, teoricamente concordare qualsiasi valore per i beni scambiati se in definitiva non viene scambiato alcun importo”». E la conseguenza, è «un’alterazione ripetuta dei valori di bilancio». Quella per cui la Corte Federale d’Appello ha deciso di togliere 15 punti alla Juventus, che adesso si rivolgerà al Collegio di Garanzia dello Sport del Coni per far valere nuovamente le proprie ragioni.

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