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Lo Stoccarda è stato superiore alla Juventus dal primo minuto
23 ott 2024
23 ott 2024
Una sconfitta minima nel punteggio, ma netta nel contenuto.
(articolo)
9 min
(copertina)
IMAGO / Nicolo Campo
(copertina) IMAGO / Nicolo Campo
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«Hanno fatto meglio dal primo minuto. Grandissima responsabilità mia». Thiago Motta non si è nascosto dopo la prima sconfitta da allenatore della Juventus, arrivata con un gol nel lungo recupero del secondo tempo, eppure molto più netta di quello che dice il punteggio o di come è maturato. È stata una partita sorprendente, non tanto perché pensavamo che la Juventus non avrebbe mai perso, quanto perché, per quanto visto finora, era difficile immaginarsi che venisse sopraffatta nel gioco e nelle idee con questa superiorità da un avversario forte, ma certamente non più forte.

Lo Stoccarda ha preso il controllo della partita dopo appena pochi secondi, andando a pressare il primo possesso della Juventus, da calcio d’inizio, fino alla bandierina avversaria e non lo ha praticamente più lasciato, neanche quando ci si è accorti che Perin sarebbe andato a piedi sulla luna piuttosto che prendere gol. Una vitalità che da una parte corrisponde ai canoni della Bundesliga, ma che dall’altra non era del tutto attesa da una squadra che, se la scorsa stagione era arrivata seconda, quest’anno è decima in campionato (con un po’ di sfortuna) e che nel turno precedente di Champions aveva pareggiato in casa con lo Sparta Praga.

5 secondi di gioco, e praticamente tutti i giocatori dello Stoccarda sono nella metà campo della Juventus.

Una questione di intensità?

Fin qui la Juventus aveva mostrato qualche difficoltà contro squadre che si difendevano con un blocco basso, mentre era riuscita a gestire e essere pericolosa contro squadre che cercavano di pressare più alto e contenderle il possesso. Ieri però è successo esattamente il contrario. Se alla fine la squadra di Motta è riuscita pareggiare il possesso palla (49,3% a 50,7%), lo Stoccarda ha toccato più del doppio dei palloni nella trequarti avversaria (200 a 93), tirato 21 volte di cui 9 in porta, contro le 7 di cui 1 in porta della Juventus, creato 3.1 psxG contro 0 (cito questo dato anziché quello dei "semplici" Expected Goals, 2.5 per lo Stoccarda contro 0.3 della Juventus, per far capire quanto sia stata faticosa la serata di Perin). Una superiorità che allo Stadium si è vista davvero raramente, anche nei momenti più bui e contro gli avversari migliori.

La giustificazione più semplice è la disabitudine delle squadre italiane a giocare a ritmi alti, che in Europa, e specialmente contro le squadre tedesche, diventa un problema troppo grande. Lo ha ribadito Fabio Capello dopo la partita, anche se è una scusa che non ha convinto Motta, che ha ammesso di «aver sofferto il ritmo dello Stoccarda» ma non che sia una tendenza del calcio italiano e quindi della sua squadra. I dati da questo punto di vista non sono del tutto esaustivi, e sembra più una affermazione data dall’occhio vedendo le partite dei due campionati. Indubbiamente ieri lo Stoccarda ha messo in difficoltà la Juventus a livello fisico come non accade praticamente mai in Serie A. C’è da dire che aveva fatto lo stesso anche contro il Real Madrid, dominando al Bernabeu per almeno 60 minuti prima di perdere. Si può allora forse dire che lo Stoccarda è una squadra che si trova bene in questi contesti (e l’anno scorso ha battuto due volte il Bayern, per dire).

Lo scarto tra le posizioni medie delle due squadre.

Ma la Juventus non può alzare l’intensità quando la partita lo richiede? Appena venti giorni fa, fuori casa contro il Lipsia, quella che dovrebbe essere una uber-versione della squadra tedesca tutto gegenpressing e intensità, la Juventus era stata in grado di alzare il proprio livello, sia atletico ma soprattutto tecnico, riuscendo ad aggirare il pressing dei tedeschi con il palleggio e attestandosi spesso nella trequarti avversaria. Ieri invece non ci è riuscita. Eppure, è riduttivo limitarsi a dire che il motivo è dovuto a quanto andavano forte le due squadre.

Ieri c’è stato un abisso anche a livello tecnico tra Stoccarda e Juventus. Certo, tecnica, tattica e intensità vanno spesso insieme e la differenza vista ieri nella qualità di gioco è lo specchio delle difficoltà dei giocatori della Juventus di accoppiarsi nel pressing, di trovare compagni o spazi liberi in cui giocare e di altre mille cause. Quello che resta è una partita in cui lo Stoccarda sembrava la grande squadra in casa e la Juventus la piccola in trasferta. E se i tedeschi hanno una rosa tecnicamente più valida di quanto il loro livello negli ultimi anni lasci intendere, e Hoeness si sta mettendo in mostra come uno degli allenatori tedeschi più interessanti, è difficile dire che la Juventus sia una squadra tecnicamente inferiore, almeno a parole.

Alcuni esempi nel giro di meno di cinque minuti: al 27’ Fagioli verticalizza verso Conceição, che spalle alla porta e pressato perde il pallone con lo stop. Sulla palla vagante il portoghese gioca un primo contrasto, poi in scivolata riesce ad allontanare il pallone dalla trequarti. Il primo ad arrivarci è Rouault che di prima serve Millot, il quale, dopo aver attirato la pressione di tre avversari con una pausa, verticalizza un pallone al bacio per Demirović, il cui violento destro di prima intenzione è deviato sul palo interno da un riflesso eccezionale di Perin. Sulla respinta il primo ad arrivare è Savona, che però ha un controllo infelice e si fa soffiare il pallone da Undav. Altri due secondi e sul cross respinto il pallone finisce a Fagioli, che però lo protegge male col corpo e se lo fa rubare da una scivolata di Stiller. Un minuto dopo sarà ancora un errore della Juventus, un passaggio sbagliato di Savona, a mandare al tiro Undav. Passa qualche altro minuto e al termine di un’azione lunga quasi due minuti tutta nella metà campo della Juventus (nata da un recupero alto) Stiller trova Undev davanti alla porta con un lancio di esterno sinistro che cita direttamente Modrić. Sul colpo di testa dell’attaccante, è ancora una volta Perin a salvare la Juventus.

La partita del giovane centrocampista tedesco, schierato nei due mediani, è abbastanza indicativa della serata e del suo andamento. 23 anni, praticamente sconosciuto in Italia, ma non in Germania dove ha iniziato a frequentare la Nazionale maggiore, Stiller ha bullizzato il centrocampo della Juventus, costantemente in difficoltà sia nei duelli individuali che nella gestione del pallone. A fine partita è stato il giocatore dello Stoccarda con più passaggi, passaggi progressivi, distanza totale corsa palla al piede, creando anche più occasioni di tutti. Ho citato lui, ma anche gli altri non sono stati da meno.

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Basta un dato per rendere le difficoltà della Juventus e quanto il campo sembrasse lungo e impossibile da risalire: Vlahović ha chiuso la sua partita con 8 passaggi tentati, 0 tiri in porta e appena 5 palloni toccati nella trequarti avversaria. Se la solitudine del centravanti serbo è un tema lungo tre stagioni, ieri era praticamente un uomo solo su un’isola. In questo contesto è difficile anche dire cosa poteva fare di più la Juventus. È una spiegazione banale, ma il calcio certe volte sa essere così: a una squadra, anche sulla carta inferiore, sembra riuscire tutto, all’altra niente.

Una questione di scelte?

C’è però un aspetto che ha fatto un po’ storcere il naso nella gestione della partita di Thiago Motta: le scelte prima e durante la partita. La Juventus ormai si è assestata su un 4-2-3-1 che può variare molto nella sua fluidità in base agli interpreti. E gli interpreti cambiano spesso. Motta è estremo nel suo turnover, e non certo da oggi. Ieri, rispetto a un undici ideale (che comunque non esiste), ha inserito Danilo (che sembrava fuori dal progetto) al posto di Gatti, Fagioli per Locatelli davanti alla difesa, tenuto Cambiaso in panchina e affidato a McKennie il ruolo di trequartista. 

Difficile dire cosa sia andato storto nelle scelte di formazione, ma dai primi minuti è sembrato evidente che qualcosa non si incastrava. Fagioli ha avuto diverse difficoltà nel gestire il pallone, costantemente pressato, e senza palla non ha offerto una copertura adeguata; McKennie era smarrito in una posizione che gli chiedeva di occupare troppo campo e che non sembra sua; l’assenza di Cambiaso con i suoi continui movimenti a entrare dentro al campo ha reso la circolazione dal basso troppo sterile, e quindi preda dell’aggressività dello Stoccarda. Per dire che poi raramente le cose arrivano da sole.

Non è un caso che le cose per la Juventus siano migliorate dopo i primi cambi, con l’inserimento di Locatelli, Cambiaso e Weah per McKennie, Savona e Conceição. Soprattutto la differenza tra Cambiaso e Savona, col pallone, al momento è troppa per non influenzare il gioco (dal suo ingresso in campo al 55’ all’espulsione di Danilo all’89, il possesso palla è stato 62%- 38% per la Juventus, ribaltando il 40%-60% dei primi 55’). Poteva giocare dal primo minuto? Sono domande che con Motta non bisogna farsi. Così come chiedersi se la coppia Fagioli-Thuram possa giocare bene insieme davanti alla difesa. Ieri è sembrato di no, ma forse è solo una questione di tempo e prove.

Tuttavia sono altri cambi, arrivati successivamente, i più difficili da spiegare. Al 68’, nel momento in cui la Juventus stava mettendo la testa fuori, Motta ha sostituito Vlahović con Adzić, all’esordio in Europa, ridisegnando la squadra con Yildiz centravanti, Adzić trequartista e Fagioli ala sinistra. Con l’infortunio di Milik i bianconeri sono rimasti senza centravanti di riserva, e Vlahović fin qui ha giocato quasi sempre, forse anche troppo (e domenica c’è l’Inter), ma la Juventus ha pagato molto questo cambio. Per due volte in pochi minuti, infatti, una buona costruzione dal lato destro ha creato i presupposti per attaccare con un cross basso da destra con la difesa dello Stoccarda non schierata. In entrambi i casi, però, Yildiz si è fatto trovare dietro l’avversario, non avendo nel suo bagaglio tecnico il movimento della punta a tagliare davanti. Con Vlahović uno dei due poteva essere gol? Anche qui, sono domande che lasciano il tempo che trovano.

Dopo l’espulsione di Danilo, e il rigore parato da Perin, la scelta di Motta (tra l’altro arrivata quattro minuti dopo l’episodio) è stata sostituire Thuram con Rouhi, un terzino, invece di inserire Gatti, che poteva essere forse più adatto a difendere l’area di rigore negli ultimi minuti di apnea previsti. Che subito dopo il suo ingresso sia arrivato il gol di El Bilal non è certo colpa sua, come ha provato a far credere qualcuno. Il gol dello Stoccarda è arrivato come arrivano i gol: quando una squadra costruisce di più, tira di più, occupa per più tempo l’area di rigore avversaria è possibile che vada così, e sarebbe andata così anche con Gatti in campo. Sarebbe successo anche prima, se non fosse stato per la giornata di grazia di Perin, una prestazione in porta che raramente si vede e fatta addirittura da un secondo portiere.

Insomma si può dire che la partita con lo Stoccarda segna il primo vero passo falso della Juventus di Motta, non tanto perché è la prima sconfitta, che in Champions può anche permettersi grazie alle prime due vittorie, quanto per come è arrivata, aggiungendo cioè una preoccupante fragilità contro un pressing davvero efficace. Motta ha invitato tutti a digerire rapidamente la sconfitta, perché contro l'Inter tutto può essere diverso. Tra pochi giorni sicuramente vedremo una Juventus più simile alla sua forma ideale, anche se pure gli infortuni non stanno dando una mano nelle scelte. Il dubbio che dopo ieri questa forma ideale sia più lontana c'è, ora sta a Motta e ai suoi giocatori fugarlo.

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