Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Un attaccante alto due metri che ancora non conoscete
30 mar 2021
Come gioca Sasa Kalajdzic, attaccante raffinato che ultimamente segna molto.
(articolo)
8 min
Dark mode
(ON)

Talvolta ho l’impressione che i centravanti facciano un altro sport rispetto agli altri giocatori di movimento. Certo, è un discorso che può essere esteso più o meno a ogni ruolo, oppure a nessuno, in un’epoca in cui bisogna parlare di funzioni più che di ruoli. In cui la forma liquida del calcio ci costringe ad abbandonare ogni pensiero troppo rigido su come funziona il movimento di undici giocatori su un campo da calcio che cercano di formarsi come una squadra. Però ecco, la mia impressione è che nel lavoro del centravanti, in un calcio che muta e diventa più complesso, a cui i giocatori è richiesta un’attitudine sempre maggiore all’universalità, persista qualcosa di antico, come i residui sonori analogici in un disco elettronico. Qualcosa di poco razionalizzabile e che ha a che fare principalmente col vivere con la responsabilità del gol - sono loro i primi ad ammettere, sempre, che quando non segnano stanno male, vivono un blocco psicologico. Dopodiché, sanno che per sopravvivere non basta finalizzare il gioco della squadra, ma devono trovare il modo per associarsi con essa, essere utili al sistema nei compiti che questo gli assegna. Una dialettica tra responsabilità individuali e collettive che può prendere le forme di un conflitto: devono riuscire a economizzare come meglio riescono le energie spese lontani dalla porta per poi rimanere lucidi al momento di finalizzare. È molto difficile infatuarsi di un giovane centravanti che gioca in una piccola squadra, col dubbio che forse non riuscirà mai a sviluppare le doti necessarie per sopravvivere ai massimi livelli, per convincere gli allenatori a non sacrificarli in virtù di un sistema più fluido e che giochi con gli spazi vuoti dell’area di rigore.

Se prendiamo le otto migliori squadre al mondo oggi, guardando quindi i quarti di Champions League, troviamo bestie mitologiche come Lewandowski, Mbappé e Haaland, giocatori che stanno spingendo i limiti evoluzionistici dell’essere umano verso qualcosa di diverso. C’è un giocatore eccezionale nella tecnica e nella tattica individuale come Karim Benzema. Poi ci sono dei rifinitori raffinati che non sono neanche propriamente centravanti e che sono usati come caselle di sistemi tattici complessi come Firmino e Gabriel Jesus. Il PSG ha un sicario come Mauro Icardi, acquistato per spremere al massimo la sua vena realizzativa, col pensiero di poterci rinunciare quando il contesto non gli permette di esprimersi - nella finale di Champions League della scorsa stagione è rimasto in panchina per tutti e 90 i minuti. Il giovane centravanti che il Chelsea ha comprato quest’anno per farne il proprio realizzatore principe, Timo Werner, sta avendo difficoltà così estreme da essere diventato un meme vivente. Eppure lo scorso anno era il giocatore che conferiva senso al sistema ultra-competitivo del RB Lipsia, spintosi fino alle semifinali di Champions League.

Tutta questa premessa per dire che quando guardo Sasa Kalajdzic giocare a calcio, portare a spasso il suo corpo da giraffa per il campo con una grazia sempre miracolosa, mi porto dietro già una piccola tristezza, un senso di perdita preventivo: riuscirà ad avere una carriera all’altezza del senso di eccitazione che mi provoca? Oppure la sua presenza già si porta dietro la sua potenziale incompiutezza?

Kalajdzic ha 23 anni, è nato a Vienna e gioca nello Stoccarda. È alla sua prima stagione in Bundesliga, e ha già segnato 13 gol e servito 4 assist; ha esordito con la nazionale maggiore lo scorso ottobre e 4 presenze gli sono bastate per segnare 3 gol. Ma l’informazione più importante è questa: Kalajdzic è alto letteralmente due metri. Vale la pena qualche confronto con altri centravanti universalmente considerati alti: Kalajdzic è alto 9 centimetri più di Lukaku, 7 più di Dzeko, 6 più di Haaland, 5 più di Ibrahimovic. Anche rispetto a loro, la sua altezza sembra qualcosa di diverso; non sembra essere solo più alto di loro, sembra un grattacielo in un mondo di villette a schiera, due uomini uno messo sopra l’altro. Sui rilanci del portiere, muovendosi con passi lunghi e sghembi, colpisce la palla a un livello atmosferico diverso, prima che possa scendere sul pianeta terra. Uno di quei disegni di gigante con la testa tra le nuvole. Visto che parliamo di freak, il suo non è un corpo iperatletizzato e modellato come una macchina da corsa come quello di Haaland, né ha l’elasticità marziale di Zlatan. Kalajdzic è filiforme, ha le gambe e le braccia lunghe come le creature oniriche di Alfred Kubin. Il viso da fanciullo ne addolcisce un aspetto altrimenti spaventoso, che contrasta comunque con uno stile di gioco tecnico e, a suo modo, elegante. Una parte importante dell’esperienza dei suoi video su YouTube sta nello stupore delle corse che riesce a far fare al suo corpo, l’armonia dei suoi movimenti, il suo senso del gioco associativo, le idee raffinate che gli vengono in mente. Ecco un’azione in cui un pallone arriva sul petto di Kalajdzic senza che gli avversari lo contrastino, e lui dà un filtrante sul lato cieco alle spalle del difensore.

Oppure ecco Kalajdzic con una giocata da rifinitore puro, una palla di interno piede in diagonale calibrata sulla corsa del compagno.

Forse non vi stupirà sapere che Kalajdzic ha iniziato la sua carriera da centrocampista. Non era così alto, brillava nel gioco di passaggi e giocava mediano davanti alla difesa. Poi ha iniziato a crescere, diceva di ispirarsi a Nemanja Matic, un centrocampista alto che ha origini serbe come lui. È stato spostato prima a trequartista, poi, definitivamente, centravanti. Non è sempre stato così alto, ha iniziato a svilupparsi in altezza solo a 16, 17, 18 anni. Dice di aver fatto una certa fatica, inizialmente, ad abituarsi al nuovo corpo. Dice che riguardando i suoi filmati dell’epoca sembra davvero stupido: «Ho visto video sul telefono che vi farebbero ridere». Oggi però ha un controllo propriocettivo perfetto. È un’azione semplice, quella che vi ho messo qui sotto, ma è indicativa della rapidità dei suoi piedi.

Dice che gli piace gli dicano che sappia usare i suoi piedi come la sua testa. Lo starete pensando da inizio pezzo, e sì, è stato paragonato a Peter Crouch, alto 2 metri e 3. Un paragone che gli fanno in tono ironico, perché Crouch aveva l’aria del giocatore buffo e scoordinato, che faceva ridere sé stesso quando riusciva in cose in cui sembrava non poter riuscire, e poi esultava con la robot-dance. Ma è un paragone che Kalajdzic si prende volentieri: «Ha 40 presenze con la nazionale inglese, ha giocato ovunque. È un esempio, sicuramente».

Qui salta Boateng con un doppio passo.

Per quanto bravo, persino artistico talvolta, nel gioco con i piedi, avere un giocatore di due metri e non sfruttarlo per i colpi di testa sarebbe folle. Lo Stoccarda, pur avendo un gioco offensivo e che vuole controllare il pallone, ne sfrutta l’abilità aerea come può. Kalajdzic gioca 7.9 duelli aerei per novanta minuti in Bundesliga e ne vince 4.3. L’unico centravanti a far meglio di lui è il vecchio Fabian Klos dell’Arminia Bielefeld, che viene usato però come la fonte principale di risalita del campo. Eppure Kalajdzic, per i mezzi fisici che ha, sembra poter migliorare in questo aspetto. Scegliere meglio i tempi dello stacco, prendere meglio posizione, usare un po’ di furbizia in più. In certi duelli aerei sembra esercitarsi nel primo stacco di testa della sua vita.

Cos’era questo?

Non è un riferimento statico, si muove per il campo con un desiderio di partecipare persino esagerato. Perde più di 3 palloni per novanta minuti in Bundesliga, a volte è lezioso, o spericolato nella sua ambizione. Completa meno del 70% dei passaggi, una percentuale decisamente troppo bassa e che ha bisogno di migliorare. Dice che deve migliorare il suo gioco in area di rigore, perché da giovane era abituato a essere più creativo. «Non sono un classico numero 9, magari qualcosa tra un nove e un 10, forse un nove e mezzo!». Per questo istinto da regista offensivo, nel venire incontro sulla trequarti a dettare il passaggio, per poi cercare il filtrante verso un compagno che si è inserito, il giocatore che in Europa gli somiglia di più è senz’altro Edin Dzeko. Sotto porta, comunque, è abbastanza freddo da avere la seconda migliore performance in Bundesliga tra gol e xG (+5,7), dietro Lewandowkski. Uno dei dati più ambigui da leggere: sta vivendo una stagione irripetibile o è davvero uno di quegli attaccanti in grado di battere in maniera sistematica il modello degli xG?

Il suo gol più bello quest’anno: duello in velocità con Tapsoba, uno dei centrali più veloci della Bundesliga, dribbling di suola tecnico e furbo, e conclusione di grande dolcezza.

È un dato che nasce soprattutto dalla sua capacità eccezionale di colpire il pallone di testa in area di rigore. In questo Kalajdzic ha un’efficacia d’altri tempi, tipo quei centravanti degli anni ’90 che mostravano la differenza tra deviare e tirare il pallone con la testa. Dei 13 gol segnati in campionato finora, 6 sono arrivati da colpi di testa (uno più di Lewandowski), nessuno ne ha segnati di più nei 5 maggiori campionati europei. Kalajdzic ha una buona elevazione e sa coordinarsi con uno stile sempre diverso a seconda della situazione: ha segnato con colpi di testa in tuffo, in stacco sul secondo palo, a scavalcare il portiere. Ha detto che in Austria ha stabilito il record di reti di testa in una stagione, segnando solo la metà delle occasioni che ha avuto. È la parte più nostalgica del suo gioco, ma anche una delle più affascinanti: il modo in cui Kalajdzic arrangia i suoi due metri per coordinarsi al tiro - di testa, di destro, di sinistro - comunica una fisica nuova, che lo rende un’esperienza originale nel calcio iper-saturo di oggi. Il colpo di testa, in fondo, è un fondamentale démodé, sfruttato per i suoi risvolti tattici, uno strumento tra tanti. Si lancia sempre meno, si crossa poco, il capocannoniere all-time in attività della Premier League è Sergio Aguero, un numero 9 alto un metro e 73. L’abilità aerea di Kalajdzic è un relitto del calcio del passato, che gli dà l’aria di uno di quei centravanti volanti che popolavano il calcio vent’anni fa - Zamorano, Bierhoff, Kluivert. È esploso in ritardo a causa degli infortuni, il suo bollettino medico è da veterano: frattura del metatarso, della caviglia, rottura del legamento crociato del ginocchio. Ora il futuro pare roseo e le voci di mercato hanno cominciato ad accumularsi: West Ham, Liverpool, Roma, RB Lipsia. Anche non dovesse diventare uno dei migliori centravanti al mondo, rimarrà uno dei più strani e spettacolari.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura