A un certo punto, appena prima di Ferragosto, la Juventus è piombata su Kalulu. L’interessamento di Giuntoli e Thiago Motta, arrivato dopo il fallimento della lunga trattativa per Todibo (e per Calafiori prima), era sembrato un ripiego. Il francese era reduce da una stagione passata quasi interamente in infermeria al Milan e le sue quotazioni erano in forte ribasso, soprattutto dopo gli arrivi di Emerson Royal e Pavlovic che sembravano estrometterlo da una squadra dove solo pochi mesi prima era uno dei protagonisti assoluti. L’accordo tra i due club era allora stato trovato in poche ore, sulla base di un prestito oneroso (3 milioni di euro) senza obbligo di riscatto, ma con un diritto fissato a 14 milioni di euro. Come a dire: per quest’anno ci accontentiamo di questo, poi si vede.
E si è visto: oggi Kalulu è un punto di riferimento nella Juventus di Motta, che già sta cercando di riscattarlo, e un rimpianto per i tifosi rossoneri. Il francese è forse il giocatore della rosa che più facilmente si è adattato allo stile di gioco del nuovo allenatore, che pur avendo saltato la preparazione estiva si è trovato subito nelle richieste ricevute, mostrando una maturità e una sicurezza che dopo la scorsa stagione erano state messe in dubbio.
Più di un jolly
C’è da dire che anche Kalulu non era proprio entusiasta del prestito alla Juventus, un po’ per la formula, che rimanda il suo destino di un anno, un po’ perché, secondo le indiscrezioni, non voleva finire in una squadra “per riempire una casella vuota” e preferiva rimanere a Milano per giocarsi il posto. Per convincerlo c’era voluta l’ostilità del Milan alla sua permanenza, con Fonseca che non lo aveva convocato per la partita con il Torino, e una lunga telefonata con Thiago Motta in cui l’allenatore gli aveva illustrato i suoi piani e in cui il francese aveva «percepito la sua volontà di avermi qui».
Ma perché la Juventus ha voluto Kalulu? La risposta scontata è “per la sua duttilità”: da quando ha esordito col Milan nella stagione 2020/21 il francese ha giocato 86 partite da difensore centrale e 70 da terzino destro, praticamente sdoppiandosi in due ruoli. Motta ama avere giocatori versatili, e questo è risaputo, ma non tanto per avere dei “jolly” da schierare in più ruoli a seconda dei buchi di rosa, quanto piuttosto per avere calciatori che si trovano a loro agio in posizioni di campo diverse all’interno della stessa azione. Nel suo calcio di rotazioni e relazioni, infatti, sapersi associare coi compagni e non essere un pesce fuor d’acqua lontano dalla propria zona di comfort è fondamentale, e Kalulu sembra essere a suo agio ovunque.
Un trattato in questo senso è l’azione che ha portato all’espulsione di Romagnoli contro la Lazio. Su una costruzione dal basso partita da Di Gregorio Kalulu, schierato difensore centrale in una difesa a 4, si allarga sulla fascia sinistra mentre Locatelli si abbassa al suo posto (un movimento chiesto esplicitamente da Motta per quella partita, come raccontato poi dal centrocampista). Di conseguenza Cabal, nominalmente il terzino sinistro, sale e va occupare il posto di mezzala. La pressione della Lazio, fino a quel momento praticamente perfetta, non legge bene la rotazione degli avversari: Isaksen dopo un dubbio iniziale segue Cabal, il suo riferimento a uomo, Dia invece rimane in mezzo, scegliendo di coprire la zona dove è sceso Locatelli invece che seguire Kalulu. In questo modo Kalulu è libero di ricevere con spazio, anche se in una posizione molto defilata.
La sua ricezione manda in confusione Isaksen che, preso in mezzo, in un primo momento rimane fermo poi sceglie di chiudere lo spazio in avanti con foga, lasciando Cabal solo alle sue spalle. Questo movimento improvviso distrae anche Guendonzi, che si gira verso qualcuno alle sue spalle invitandolo a marcare Cabal. Così il centrocampista francese lascia un piccolo vantaggio a Douglas Luiz.
Kalulu è rapidissimo nel leggere l’attimo di esitazione della Lazio: rapidamente serve al centro Douglas Luiz e si butta alle spalle di Isaksen che gli sta ancora correndo incontro. Il centrocampista brasiliano della Juventus, senza l’immediata pressione di Guendonzi alle spalle, può facilmente chiudere il triangolo, servendo Kalulu alle spalle di Isaksen.
Lo spazio che si è aperto è stato però occupato da Yildiz, che invece di allungare la difesa andando in profondità si è abbassato per ricevere, portandosi dietro Marusic.
Kalulu allora deve fare una giocata di prima, quasi senza pensare, e qui si vede l’importanza di avere un difensore centrale a suo agio anche in altre zone di campo: di puro istinto gioca di prima verso Cabal, tornando ancora al centro per poi continuare a correre nello spazio che si è aperto davanti a lui dal fatto che Gila è dovuto uscire su Cabal. Il colombiano andrà di prima verso Vlahovic che, sempre di prima, servirà Kalulu nel buco della difesa della Lazio.
Per finire il francese si disimpegna bene anche nel controllo a seguire per non perdere il vantaggio, costringendo Romagnoli a un intervento complicato, che porta all’espulsione. In 14 secondi e 8 passaggi, la Juventus ha messo il proprio difensore centrale davanti alla porta.
Col pallone tra i piedi
In quella che è una bella azione corale, l’interpretazione di Kalulu è ovviamente decisiva. Quanti difensori centrali avete visto arrivare davanti al portiere avversario in questo modo?
Il francese non è uno di quei difensori eleganti che in un’altra vita avrebbero potuto fare i trequartisti, col pallone tra i piedi è anche un po’ legnoso, si vede che non è naturalmente portato come Bastoni o Calafiori, però quando si tratta di giocare il pallone è sempre concentrato, si muove benissimo in relazione ai compagni per dare una linea di passaggio pulita e anche quando deve farlo sotto pressione è tranquillissimo e pulito.
Di giocate in cui Kalulu ha partecipato attivamente a scombinare la struttura avversaria con i suoi movimenti in avanti se ne sono viste ancora poche, e forse si sta mostrando un po’ troppo conservativo per le sue possibilità, ma è anche quello che gli chiede Motta, di essere prima di tutto una certezza per i suoi compagni quando si costruisce dal basso.
Due passaggi semplici, ma che fanno una grande differenza nel modo in cui vengono eseguiti.
Tra i bianconeri, per 90 minuti (dati Opta), Kalulu è per distacco quello che tenta (86.9) e completa più passaggi (81.9), quello più preciso (94%). È anche quello che tocca più palloni (92.7), che copre più distanza palla al piede (365.8). Nel confronto con gli altri difensori centrali della Juventus è facile notare la sua importanza col pallone nello sviluppo della manovra: Kalulu gioca 5.43 passaggi progressivi per 90’, Bremer 3.50, Gatti 1.77 (e i 5.70 di Danilo spiegano anche perché Motta sta cercando di inserirlo nelle rotazioni tra i centrali). Stessa cosa se guardiamo i passaggi nell’ultimo terzo di campo: Kalulu arriva a 6.57 per 90’, Bremer 4.33, mentre Gatti 2.15.
Sono numeri che evidenziano come il francese sia necessario per quella che è l’altra volontà dell’allenatore: avere il controllo del gioco in tutte le zone del campo, anche in maniera eccessiva a volte, anche rendendo il gioco più statico. Kalulu infatti non spicca solo tra i suoi compagni: in Serie A è il primo per passaggi tentati e completati (95.5 passaggi per 90’, anche calata nelle ultime settimane: dopo la partita con la Lazio erano 105 per 90’).
Per Motta avere un difensore centrale che può giocare un alto volume di passaggi in diverse zone di campo offre diversi vantaggi. Uno, come abbiamo visto, più offensivo, e cioè avere un altro elemento che può essere coinvolto nella risalita del pallone andando a occupare posizioni anche più avanzate con profitto (una versione meno estrema di Calafiori col Bologna); l’altro però è prettamente difensivo. Avere un difensore come Kalulu, che sbaglia pochissimi passaggi, che anche sotto pressione riesce a fare la scelta giusta, banalmente, consente alla Juventus di non perdere palla in zone pericolose e quindi subire occasioni da gol.
Contro lo Stoccarda, in una partita in cui la Juventus ha giocato male, soccombendo alla pressione dei tedeschi e sbagliando molti passaggi, Kalulu ha chiuso con 70 passaggi riusciti su 73, il migliore con distacco tra i suoi per precisione e passaggi effettuati, alcuni dei quali piuttosto complicati.
Se i bianconeri sono la miglior difesa della Serie A e concedono meno xG di tutti è anche perché hanno anche la maggior percentuale di possesso palla del campionato, per quel vecchio adagio per cui, se io ho il pallone, tu non mi puoi fare gol.
Al centro
C’è da dire che, probabilmente, l’idea di Motta era di sfruttare la versatilità di Kalulu da terzino destro, dove offre più garanzie di Savona con e senza palla. Lì era stato schierato nelle prime partite in bianconero, ma l’infortunio di Bremer ha costretto l’allenatore a rivedere i piani e mettere Kalulu al centro della Juventus in tutti i sensi. Almeno fino a gennaio il francese sarà schierato sempre tra i due centrali, dove si può apprezzare un’altra piccola sfumatura del suo talento: il francese gioca esattamente allo stesso modo che sia sul centro-sinistra, quando è in coppia con Gatti (in teoria la posizione per lui scomoda, essendo destro di piede), sia sul centro-destra quando è in coppia con Danilo.
Ovviamente la perdita di Bremer sta pesando molto e non poteva essere altrimenti: il brasiliano era in un momento di condizione incredibile e da solo riusciva, grazie al suo talento fisico e nelle letture, a rendere Di Gregorio praticamente disoccupato nella prima parte di stagione. Kalulu non ha quel tipo di onnipotenza nella fase difensiva e i due sembravano poter funzionare molto come coppia dalle caratteristiche complementari. In ogni caso, finora, il lavoro difensivo di Kalulu è stato eccellente, con il picco del secondo tempo contro il Lipsia, dove due suoi interventi hanno salvato due gol, consentendo alla Juventus di portare a casa la vittoria più sensazionale di questa prima parte di stagione.
In molti, per ridimensionare le sue prestazioni, si sono concentrati sull’errore che ha causato il secondo rigore per l’Inter. Il suo è sicuramente un errore, ma a rivedere quel fallo, oltre a un po’ di distrazione, c’è anche molta sfortuna, con Weah che correndo all’indietro devia un cross al limite dell'area verso la porta proprio mentre Kalulu sta correndo in avanti e non può vedere Dumfries alle sue spalle.
Contro il Parma l’assenza di Kalulu, per scelta tecnica, si è sentita: Danilo, che nasce come terzino e poi è stato adattato a centrale di una difesa a 3 e ora a 2, ha una tecnica individuale anche migliore del francese, ma a oggi è evidente come sia meno a suo agio sia quando si tratta di fare le scelte più giuste col pallone, sia nelle scelte difensive. Non è tanto o solo una questione di talento: Kalulu in questo momento è sempre estremamente lucido nel seguire il respiro della partita, capire quando alzare la pressione, quando invece temporeggiare, quando giocare semplice o invece provare a forzare la giocata.
Per i difensori la concentrazione è un virtù necessaria e più si riesce a estenderla nei 90 minuti, più si farà bene il proprio lavoro. Per Kalulu questa banalità sembra ancora più vera. Non sono solo i mezzi fisici o tecnici - che sono ottimi e lo sono dal suo esordio in rossonero, anche se al Milan non sono certo mancati gli infortuni muscolari e la questione potrebbe preoccupare la Juventus in futuro - ma è anche il contesto che ne asseconda le caratteristiche ad aiutarlo a mantenere alta la soglia dell'attenzione.
Dopo la partita con il Lipsia gli hanno fatto notare che «ci eravamo un po' dimenticati di te, che eri un grande giocatore». Ridendo Kalulu ha risposto al giornalista: «Forse tu l'avevi dimenticato... no, no, io sono sempre sicuro delle mie qualità. Sapete che nel calcio è sempre alti e bassi».
«Devi fare il massimo per avere tanti alti», ha concluso. Kalulu per ora ci sta riuscendo e questo fa tutta la differenza del mondo.