L’incredibile stagione che sta vivendo il Leicester rappresenta un’esperienza affascinante per tutti gli appassionati di calcio, di ogni livello. Nel corredo di sensazioni e impressioni comuni suscitate dalla cavalcata delle Foxes non c’è solo la forte empatia per dei ragazzi che sembrano vivere una vera e propria missione di riscatto sociale e sportivo. C’è anche un livello più analitico che consiste per lo più nel razionalizzare come sia possibile che una squadra che lo scorso anno lottava per non retrocedere è ora in testa alla Premier, con 7 punti di vantaggio sulla seconda.
Il Leicester è una buona incarnazione dell’aforisma: “il tutto è più della somma delle singole parti”. Tante piccole cose che si incastrano per rendere concreto un sogno che ormai ha poco di onirico.
Il titolo della lettera aperta di Claudio Ranieri, pubblicata qualche giorno fa su The Players’ Tribune, si riferiva proprio a questo: “We do not dream”. Nell’articolo il primo giocatore nominato dall’allenatore romano non è Vardy, non è nemmeno Mahrez ma è N’golo Kanté. Il francese non è forse il tassello più scintillante delle “foxes” come i due giocatori offensivi ma è quello che forse meglio rappresenta il concetto di “a key in this incredibile season”.
Sulle tracce di Kanté
N’golo Kanté è nato il 29 marzo 1991 a Parigi, nel X arrondissement, poco lontano dal Canal Saint-Martin. La famiglia in cui cresce è molto numerosa: otto tra fratelli e sorelle. La madre e il padre sono nativi del Mali, emigrati poi a Parigi, e Kanté è stato più volte tentato dal giocare per la Nazionale d’origine dei propri genitori senza però diventare, alla fine, l’ennesimo prodotto calcistico francese che ha deciso di rappresentare un altro Paese.
Si sa poco del passato di Kanté che non riguardi il calcio, le persone che parlano di lui lo descrivono come un ragazzo di poche parole - davvero poche – e profondamente umile e rispettoso. Eric Vandenabeele, un suo ex compagno di squadra, oltre a descrivere la sua poca loquacità sottolinea la sua educazione intesa proprio come rispetto sincero delle persone che lo circondano, una forma di educazione pura: «Potevano passare anche 10 minuti in automobile senza che pronunciasse una parola. (…) N’golo ha parlato molto poco della sua vita privata, quello che so è che la fede è molto importante nella sua vita. Duranti uno dei ritiri trascorsi in hotel mi ha chiesto se pregando poteva infastidirmi».
Dal 2001 al 2010 gioca nella Jeunesse Sportive Suresnoise, un club giovanile. L’affetto che legava la scuola calcio e il giocatore francese era reciproco e continua a durare: tutti a Suresnes hanno un ricordo meraviglioso di Kanté. L’aspetto che più ricordano di quel periodo è la sua feroce applicazione. «Un giorno, credo che fosse prima delle vacanze scolastiche, - racconta Piotr Wojtyna, suo allenatore e mentore ai tempi dell’accademia giovanile - gli ho detto: "N'Golo, hai due mesi di tempo per imparare a fare cinquanta palleggi con la testa, con il piede destro e con quello sinistro." Due mesi dopo ci riusciva con incredibile naturalezza. Aveva l'atteggiamento giusto, ascoltava gli insegnamenti che potevamo dargli e non si lamentava mai».
Fisicamente è sempre il più piccolo. «Ricordo in modo particolare un torneo, il solito torneo in cui Kanté, poco meno che tredicenne, veniva surclassato fisicamente dagli avversari e che alla fine concludeva da migliore giocatore. Durante la premiazione, quando ricevette la coppa, faceva fatica a portarla perché era grande quasi quanto lui» ricorda Pierre Ville, dirigente del Suresnes. Una carriera giovanile passata a far ricredere gli altri.
“De l’ombre à la lumiere”, reportage di BeIN Sport. Kanté non comprendeva il motivo di un documentario su di lui dopo poche partite in Ligue 1 e inizialmente non accettò.
Dopo dieci anni passati a Suresnes, arriva a Boulogne, nell’estremo nord della Francia. Viene dirottato inizialmente nella squadra riserve, quinta serie francese. La strada sembra in salita. Christophe Raymond, il suo primo allenatore a Boulogne, lo ricorda come un ragazzo molto tranquillo, sorprendente sia nella vita che nel campo e con il quale non c'è mai stato bisogno di parlare troppo per capirsi. Raymond, adesso allenatore delle giovanili del Lens, dice ancora di lui: «A Boulogne è stato complicato per lui. (…) Ma non si è mai lamentato e non ha mai chiesto niente a nessuno. (…) È una “spugna”: è molto attento ai consigli che riceve, si adatta molto rapidamente all'ambiente in cui si trova e in modo molto naturale, senza forzature». La sua feroce determinazione e la voglia di migliorarsi lo portano velocemente in prima squadra, in terza divisione.
Le sue prestazioni a Boulogne attirano l’attenzione di molti club francesi e di qualche società straniera, Kanté opta per il Caen rimanendo nel nord della Francia. La sua prima stagione con i rossoblù coincide con un’annata speciale per la squadra della Bassa Normandia: il 2013/2014 è l’anno del centenario e del ritorno, dopo tredici anni, di Jerome Rothen ma soprattutto è l’anno della promozione in Ligue 1. La stagione d’esordio nella massima serie è molto positiva: viene considerato una delle rivelazioni del campionato e l’ex calciatore Franck Silvestre invoca la sua convocazione in Nazionale, profetizzando che diventerà più forte di Makelele, paragone che Kanté inizia a portarsi dietro anche per le sue incredibili statistiche difensive (178 tackle tentati e 148 vinti, nessuno come lui nella Ligue 1 2014/2015).
Durante l’estate del 2015, la scorsa, si scatena quasi un’asta. L’Olympique Lione e l’Olympique Marsiglia lo mettono nel mirino. È un periodo delicato per Kanté, ha cambiato da poco procuratore ed è consapevole che la prossima destinazione sarà decisiva per la sua carriera. I due club francesi possono offrirgli la possibilità di misurarsi rispettivamente con Champions League ed Europa League, Kanté contro ogni aspettative sceglie però il Leicester City che intanto aveva avanzato un’offerta migliore di quella dell’OM. Il presidente dell’OL, Aulas, dirà poi, stizzito: «Preferisce davvero giocare in una squadra inglese di bassa classifica piuttosto che la Champions con il Lione?».
Sono abbastanza eloquenti le parole di Ferguson (“miglior giocatore della Premier della stagione”) o di Lineker (“è incredibilmente un buon calciatore, è ovunque e legge il gioco in modo brillante”). I tifosi, nel coro a lui dedicato, cantano: “He came across the sea to play for you and me”.
Forza difensiva
Kanté occupa uno dei due posti al centro della linea a quattro del centrocampo del Leicester. Nella prima parte di stagione la zona predefinita era il centro-destra, nelle ultime partite, invece, parte formalmente dal centro-sinistra. In realtà il suo dinamismo lo porta durante la partita a scambiarsi spesso posizione con Drinkwater, l’altro centrale di centrocampo.
La struttura fisica ha un ruolo fondamentale nel gioco di Kanté. I 169 cm per 68 kg abbassano il baricentro corporeo e insieme alle gambe potenti e agili gli permettono di piantarsi sul terreno, di non venire praticamente mai spostato nei duelli fisici e di avere vantaggio prendendo contatto con l’avversario. Grazie a una notevole esplosività negli arti inferiori e a un timing perfetto riesce ad andare in tackle sempre con grande precisione. In situazioni di isolamento in spazi ampi è un difensore fantastico.
Non perde però d’efficacia quando deve difendere collettivamente negli spazi più stretti: l’orientamento del corpo è sempre corretto così come le distanze con i compagni e riesce a coprire bene le linee di passaggio e gli spazi. Il Leicester utilizza molto raramente un sistema di pressing continuo oltre la metà campo e non ci sono molte informazioni per valutare Kanté in un contesto del genere. Le sue caratteristiche tattiche e atletiche, però, rimandano a un difensore polivalente e versatile, capace di difendere bene in tutte le situazioni. A impressionare è la gestione delle risorse aerobiche che lo fa sembrare sempre in totale controllo della fatica, sempre lucido e concentrato. In Kanté la brillantezza atletica si riflette in quella mentale: raramente sbaglia le proprie decisioni difensive od offensive.
I numeri difensivi sono particolarmente impressionanti: Kanté ha effettuato 147 tackles vincenti su 197 tentati e 135 anticipi o intercettazioni (Dati WhoScored). Nessuno ha fatto meglio di lui nei maggiori cinque campionato europei.
Inizialmente Kanté occupa una posizione perfetta perché controlla ben tre giocatori dell’Arsenal. Legge in anticipo le intenzioni di Monreal e anticipa il passaggio verticale. Si nota bene lo studio del linguaggio del corpo del terzino avversario e come riesca così a muoversi con una frazione di secondo in anticipo, decisiva per arrivare prima di tutti sul pallone.
Il Leicester si difende con un blocco difensivo basso e utilizza in genere un sistema di marcatura a zona orientata sull’uomo. Questo contesto permette a Kanté di avere una posizione più mobile e dinamica in fase di non possesso, nonostante il blocco basso, consentendogli di coprire tutto lo spazio intorno alla propria posizione mantenendo però una certa distanza dall’avversario più vicino, aumentando così la probabilità di intercettare il pallone, o di andare in tackle, o di recuperare il pallone in generale.
Kanté offre la possibilità di difendere praticamente in ogni direzione, sia verticale in avanti o all’indietro, che in orizzontale o in diagonale. Il sistema di Ranieri gli permette di effettuare una specie di roaming difensivo, cioè di arrivare ai limiti della propria zona -eventualmente anche uscirne - per pressare o semplicemente per infastidire i portatori di palla avversari, confidando nelle proprie risorse atletiche e nella bravura dei compagni di adeguarsi alle sue scalate consecutive. Questo è un principio che vale in linea generale per il Leicester: non è raro vedere lo stesso Kanté andare a coprire le uscite in pressione di Abrighton o di Mahrez andando a occupare la zona laterale del campo o di Drinkwater posizionandosi alle sue spalle.
Il “roaming”, in orizzontale, di Kanté.
D’altra parte la struttura difensiva del Leicester responsabilizza molto il francese che – insieme a Drinkwater - deve essere sempre concentrato e lucido per controllare i due riferimenti (zona e uomo) e soprattutto per scivolare all’indietro accorciando il blocco difensivo quando la squadra porta tanti uomini in avanti.
Proprio su questi due elementi - capacità di scalare posizioni e marcature e movimenti nelle transizioni negative – ha insistito Ranieri, costringendolo a migliorarsi, come lo stesso Kanté ha ammesso: «Dal punto di vista difensivo, con Ranieri abbiamo lavorato all’inizio della stagione su due precise situazioni: quando devo difendere all’indietro e quando devo cambiare in modo dinamico la mia posizione in fase difensiva».
Pace and space
Il Leicester di Ranieri per certi versi è una squadra tanto inglese quanto italiana. Cerca di rimanere il più possibile corta in fase difensiva, minimizzando le distanze tra reparti e giocatori, come è d’abitudine per le squadre italiane e allo stesso tempo è un team molto fisico ed atletico con la tendenza a produrre e allo stesso tempo concedere tante occasioni, predisposizione tipicamente inglese che è stata sì limata con l’aumento della solidità difensiva con il corso delle partite ma che ha portato il Leicester ad avere valori molto alti di due speciali indicatori: “attacks” (numero di azioni concluse) e “pace” (velocità media dell’attacco).
La squadra che ha il più alto valore di “pace” in Europa è il Caen, l’ex squadra di Kanté, che l’anno scorso era settima nella particolare classifica.
Non può non esserci una correlazione tra le caratteristiche del francese e i sistemi in cui ha giocato negli ultimi due anni. Kanté ha le caratteristiche fisiche, tecniche e tattiche ideali per innescare velocemente le transizioni offensive e quindi si trova particolarmente a suo agio in squadre molto dirette e veloci.
Oltre al ritmo, l’altro elemento essenziale del gioco di Kanté è il controllo dello spazio. Parallelamente agli expected goals sta trovando spazio la sperimentazione di altre statistiche avanzate, riguardanti non solo la fase realizzativa. Una delle più interessante è la PATCH, una statistica proposta da Thom Lawrence di Deep xG, che è legata alla fase difensiva. Oltre a proporre graficamente le zone di influenza difensiva dei singoli calciatori (le zone del campo in cui il giocatore ha effettuato tackles, anticipi, falli…), Lawrence ha introdotto un indice collegato alla protezione del proprio territorio difensivo cioè a quanto si riesca a controllare la propria zona e ad evitare che l’avversario avanzi con il pallone (con un passaggio, con un dribbling, etc.).
Slideshow dei “territori difensivi” di Kanté per alcune delle partite di questa stagione. La grandezza indica ovviamente l’estensione, il colore del nome è legato all’indice PATCH (dal rosso al verde, per valori crescenti). Il nome del calciatore è al centro della corrispettiva forma.
Qui invece i territori di influenza difensiva sono relativi alla stagione completa. Pazzesco.
Dal PATCH ricaviamo un’interessante indicazione indiretta: nonostante i superlativi numeri difensivi, a Kanté è assegnato un indice medio-basso che corrisponde ai colori generalmente sul giallo del suo nome nelle mappe. La risposta a questa apparente contraddizione è all’interno del metodo: l’indice misura la progressione del pallone ma non sempre questa situazione è sfavorevole. Spesso i giocatori di Ranieri concretizzano il recupero palla concedendo prima spazio agli avversari per avanzare con la priorità di mantenere il blocco difensivo basso, tipo di difesa brutalmente battezzato in Inghilterra “bend, don't break” e che contribuisce in modo decisivo ad abbassare l’indice PATCH di Kanté e dei centrocampisti del Leicester.
Con il pallone
Una delle caratteristiche di Kanté che passa spesso in secondo piano, strettamente connessa al recupero palla, è la capacità di tagliare verticalmente il campo con il pallone, sempre a testa alta, dopo aver recuperato il possesso. La sua corsa molto fluida, la conduzione di palla molto precisa, con il pallone mai troppo distante, e il timing perfetto con cui si libera del pallone rendono così efficaci le sue transizioni offensive.
In Kanté la fase offensiva è però sempre legata a quella difensiva.
Non è assurdo considerare Kanté il playmaker del Leicester, nel senso più stretto di playmaker, cioè di “giocatore che crea/costruisce il gioco”. Le azioni difensive di Kanté - spesso rischiose perché lascia la sua posizione per andare sul pallone o perché cerca di entrare sul pallone con angolazioni proibitive e in generale pericolose perché si espone a situazioni pericolose in caso di mancata realizzazione dell’intervento -risultano decisive nel dare origine a situazioni positive. Come un playmaker classico costruisce gioco attraverso il possesso palla, Kanté crea tantissime possibilità d’attacco attraverso i suoi interventi difensivi.
Accoppiata alla capacità di trasformare azioni difensive in opportunità di attacco immediato, Kanté può vantare una buona distribuzione delle giocate nel possesso palla. Il ventaglio di soluzioni non è molto ampio ed è generalmente povero di colpi complicati, le giocate con il pallone sono spesso dirette e lineari. Quando deve sostenere la manovra gioca a pochi tocchi e scarica il pallone rapidamente, appoggiandosi spesso ai difensori centrali. Diventa molto efficace quando crea la superiorità numerica sfruttando un buon controllo di palla e la possibilità di fermarsi e ripartire con maggiore reattività rispetto all’avversario, cioè combinando le doti fisiche e un’ottima visione di gioco. La maggior parte dei dribbling sono essenzialmente scatti prolungati a tagliare le linee avversarie, spostando il pallone ed eludendo l’intervento dell’avversario.
In fase di possesso, Kanté ha la grande dote di rimanere coerente: rimangono intatte tutta la dinamicità e l’energia che lo contraddistinguono in fase difensiva. Il continuo movimento e lo smarcamento non sono finalizzati alla ricezione del pallone ma ad ossigenare la manovra, attirando avversari – diluendo lo spazio del compagno in possesso di palla – e aprendo spazi. Si possono riscontrare forti principi di calcio posizionale nei suoi spostamenti; come ad esempio quando va ad occupare la zona laterale in opposizione all’esterno – Mahrez o Albrighton – che si accentra, movimento che effettua con continuità.
Se poi riceve in posizione più defilata, dove si era spostato, sa aprire bene il destro – dosando forza e direzione – per servire i tagli delle punte. Altra situazione ricorrente.
Quando Kanté deve forzare, o quando semplicemente si alza la complessità di quello che deve fare, non sempre il risultato è positivo. Sicuramente deve migliorare tanto nel gioco lungo, deve incrementare la precisione dei passaggi più complessi. Conforta però la conoscenza dei propri limiti che Kanté dimostra e che si riflette nella capacità di prendere buone decisioni con il pallone tra i piedi, giocando con semplicità e linearità. Se prova ad esprimere più creatività lo fa soltanto in situazioni “confortevoli”, cioè quando può contare su elementi familiari del proprio gioco.
In questa azione Kanté serve il taglio in profondità con un passaggio fantastico. Lo fa perché lo può effettuare con l’esterno – si fida molto della parte esterna del piede destro – e perché può contare sul movimento dell’attaccante.
Un punto di forza che potrà fare da perno per i suoi possibili miglioramenti con pallone tra i piedi o che al massimo contribuirà ad aumentarne l’utilità diretta anche in sistemi più orientati al possesso palla è la tranquillità con cui gioca negli spazi stretti e sotto la forte pressione degli avversari. Anche questo è un valore in più che le prestazioni di Kanté danno al Leicester perché spesso le Foxes giocano in isolamento le transizioni, anche in partenza, per attirare avversari sulla palla e liberare spazi.
Kanté negli spazi stretti.
In nazionale
Fa il suo esordio con i Bleus nell’amichevole del 25 marzo, ad Amsterdam, contro l’Olanda giocando tutto il secondo tempo. La partita successiva, a Saint-Denis contro la Russia, la gioca da titolare e resta in campo per tutti i 90 minuti. Proprio nella partita di Parigi arriva anche il suo primo gol con la Nazionale francese. La fiducia di Deschamps sembra forte, lo considera immediatamente un importante valore aggiunto sia nella fase di recupero del pallone che in fase propositiva.
L’azione inizia con il recupero palla di Kanté in collaborazione con Pogba (ritorna il concetto di playmaking difensivo…). Il giocatore del Leicester segue l’azione entrando in area di rigore dal lato sinistro e concludendo l’ottima transizione veloce della Francia.
In questo momento Kanté sembra essere la prima alternativa al terzetto titolare del centrocampo francese, Pogba-Diarra-Matuidi. Deschamps lo ha provato sia da perno centrale davanti alla difesa come sostituto di Diarra nei 45 minuti contro l’Olanda, sia da mezzala come primo cambio di Pogba e Matuidi nella partita completa giocata contro la Russia. In queste due prime partite, nonostante la scarsa conoscenza dei compagni e la poca dimestichezza con il centrocampo a 3, Kanté ha dato la sensazione di trovarsi a proprio agio. Da mediano davanti alla difesa, contro gli Orange, ha cercato di giocare con semplicità: ha tenuto il pallone per poco tempo giocando con pochi tocchi e dando ritmo al possesso palla. Dal punto di vista difensivo non ha mai allungato le distanze con i difensori e ha limitato quasi a zero le corse verticali con il pallone. Ancora più positiva è stata la prestazione contro la Russia, da mezzala. Con Pogba raggiunge un ottimo livello di completezza, si è mosso bene senza palla e forse questa posizione rappresenta la soluzione migliore per lui. Lo ha aiutato sicuramente l’interpretazione abbastanza tradizionale del 4-3-3 che la Francia propone, con ampia libertà decisionale concessa ai calciatori.
La polivalenza e la versatilità di Kanté nel centrocampo a 3 sono una freccia preziosa nelle mani di Deschamps, che dovrà scegliere come usare di volta in volta a seconda dell’avversario, della situazione e degli altri componenti della formazione.
Nella Francia ritrova un sistema caratterizzato da una ricerca delle giocate veloci e da un’inclinazione a trasformare in poco tempo e con continuità le azioni da difensive in offensive, anche se la struttura tattica è diversa da quella del Leicester. L’assenza di un vero e proprio regista rende le caratteristiche di Kanté ancora più utili e interessanti per il suo ct.
Ritornando alla lettera aperta pubblicata su TPT, Ranieri confessa: «Durante i primi allenamenti, Kanté correva così tanto che pensavo avesse una batteria nascosta nei pantaloncini. Non smetteva mai di correre. Allora gli dissi: “Hey, N’Golo, slow down. Slow down. Don’t run after the ball every time, okay?” E lui mi rispose: “Yes, boss. Yes. Okay.” Dieci secondi dopo, guardo e correva di nuovo. Gli ho predetto: «Un giorno ti vedrò crossare e andare a concludere tu stesso di testa» “One day, I’m going to see you cross the ball, and then finish the cross with a header yourself”.»