È da qualche settimana che si parla di Kaoru Mitoma ma è da ieri che la situazione è andata fuori controllo. Da quando, cioè, Mitoma ha segnato il gol vittoria nella sfida di FA Cup contro il Liverpool, al minuto 92. Un gol che viene pubblicato su tutti i social con commenti che si attestano su vari gradi di sorpresa, ammirazione, vero e proprio sgomento.
Allora parliamo di questo gol, non prima però di sottolineare come non sia arrivato dal nulla, ma a coronamento di una partita in cui Mitoma è stato l’incubo del Liverpool sulla fascia sinistra. Un giocatore che gioca pensando costantemente a come superare l’uomo che ha davanti sé. Ieri è stato Trent Alexander-Arnold, che come sappiamo non è sempre a suo agio quando si ritrova in queste situazioni - a difendere spesso contro un giocatore veloce e con un vasto armamentario di finte e cambi di passo. Un giocatore che sa usare il destro, il sinistro o l’esterno del piede, e che quindi può decidere di scartare in qualsiasi direzione, in qualsiasi momento. Durante la partita col Liverpool gli sono riusciti 7 dribbling su 10. Non sono mai stati dribbling fini a sé stessi, ma sempre la premessa di una rifinitura ben fatta, di un’occasione da gol.
È la prima stagione di Mitoma in Premier League. Per due anni è stato il miglior giocatore della migliore squadra del Giappone, il Kawasaki Frontale. Una squadra feticcio di questa rivista, inserita come sesta squadra migliore del 2020. È stato Rookie dell’anno e il Brighton ha deciso di comprarlo. Lo ha pagato 3 milioni di euro: quando si dice che il dominio della Premier League è esclusivamente legato al potere economico è riduttivo. È andato in prestito in Belgio, al Saint Gilloise (una squadra che ha una storia affascinante), e quando è tornato al Brighton sapeva che avrebbe dovuto faticare per entrare in prima squadra perché non aveva lo stesso livello fisico. Ha lavorato e ora è diventato uno dei giocatori più importanti del Brighton. Come sappiamo, i dribblatori sono fondamentali in sistemi che praticano il gioco di posizione come quello di De Zerbi, e Mitoma si è laureato in Scienze Motorie con una tesi sul dribbling. Perché lo ha fatto? Perché ama il calcio e ama i dribbling, semplice. Ha messo una telecamera sulla testa dei suoi compagni, ha osservato quelli che dribblano bene e quelli che dribblano male, li ha studiati e ha cercato di capire quale fosse l’essenza di uno dei gesti tecnici più attraenti e misteriosi del calcio.
Ha persino trovato una risposta: «I migliori giocatori non guardano al pallone, guardano avanti a sé. Controllano il pallone senza guardare i loro piedi. Questa è la differenza». In una delle rare corrispondenze calcistiche fra teoria e pratica, Mitoma è diventato uno dei migliori dribblatori del miglior campionato al mondo. È il secondo in Premier League per dribbling riusciti per novanta minuti, dietro solo a Benrahma (fonte Whoscored). Con la maglia tecnica lunga, i calzettoni tirati su fino al ginocchio e i guantini, Mitoma è diventato uno di quei giocatori che quando riceve palla l’atmosfera dello stadio cambia, il brusio dei tifosi si addensa in un sospiro d’attesa, una vibrazione che segue all’idea che qualcosa possa succedere.
Ora, fatta questa premessa, possiamo parlare dell’incredibile gol segnato al 92’ contro il Liverpool. In quel momento, nessuno si aspettava quello che poi sarebbe effettivamente successo. Mitoma corre all’indietro sul secondo palo. Robertson non arriva sul pallone anche perché bloccato dal corpo di Undav. Allora Mitoma stoppa la palla. Fa uno stop strano ed elegante, d’esterno destro, di controbalzo. La palla gli si alza alla sua destra perfetta per il tiro. Dalla fredda compostezza con cui Mitoma muove il suo corpo dobbiamo pensare che sia stato uno stop a seguire voluto proprio in quel modo. In effetti Mitoma ha la palla invitante sul destro. Carica il tiro, inarcando tutto il corpo all’indietro, flettendo la gamba. Joe Gomez gli si para davanti per chiudere la traiettoria, salta e si protegge il volto perché il tiro di Mitoma sembra violento. Era una finta. Mitoma rallenta la gamba con una precisione, un garbo, che gli permette di effettuare un palleggio con cui scarta Gomez. A quel punto però le possibilità di tiro sembrano compromesse. La palla scorre verso il suo sinistro, ma non c’è né tempo né spazio per provare quel tipo di tiro. È in quel momento che Mitoma ha il colpo di genio, e riorganizza il suo corpo per una conclusione di collo esterno sul secondo palo. È difficile scegliere tra pensiero e azione in questo gol. È più eccezionale aver pensato quel tipo di tiro in una finestra di tempo così ristretta, oppure avere un controllo del corpo tale da fare così tante cose senza mai far rimbalzare la palla?
La tecnica calcistica non è solo il modo in cui si tocca il pallone, ma più in profondità una specie di intelligenza del corpo che rende sensibilissima la capacità di far dialogare i quattro elementi del calcio - corpo, avversari, spazio, palla. Questo gol è un’espressione tecnica purissima, quasi fantascientifica, simile a quelle situazioni in cui Zidane danza quasi da fermo su avversari in affanno.
Ma il pensiero di questo gol: ci sono diverse cose che lo rendono eccezionale. Per esempio il fatto che sia arrivato all’ultimo minuto, in quei frangenti di partita massimamente entropici, in cui la partita si stropiccia da tutti i lati e i calciatori sembrano spesso ubriachi. Un cross in area di rigore all’ultimo minuto, tutti che incespicano, e la freddezza di Mitoma che ha il sangue di ghiaccio per fare la cosa più razionale possibile, che è anche quella tecnicamente più assurda. È sempre impietoso vedere al replay il salto goffo di Joe Gomez, che esce dall’inquadratura di spalle già memificato. Ma la finta di Mitoma era praticamente illeggibile. C’è un’inquadratura dal lato sinistro della porta di Alisson in cui la telecamera ravvicinata sterza verso la porta. Cade anche lei nella finta di Mitoma. Se prendiamo la foto del momento in cui Mitoma carica il tiro, è impossibile ricostruire nella nostra testa l’azione che segue. È questo che intendiamo quando usiamo il verbo “inventare” nel calcio?
L’altra cosa, appunto, è che è un gol inventato nel senso più profondo dell’accezione. La maggior parte delle volte tutti i gol, anche quelli più belli, si iscrivono in una tradizione nota di pensiero e azione. Ogni bel gol è la mimesi, la messa in scena, di un bel gol precedente della stessa categoria. Un bel gol con un tiro da fuori ri-attualizza tutti i bei gol fatti con un tiro da fuori nel passato. E così i bei gol di testa, o in rovesciata, o di tacco. Poi ci sono i gol che ampliano lo spettro del dicibile, come il gol che Marco van Basten segnò agli Europei contro l’Unione Sovietica; oppure il gol di Zlatan Ibrahimovic contro l’Inghilterra. Gol che nascono da un pensiero così originale da non trovare precedenti. Per questo espressione pura del genio umano, momenti in cui il calcio si avvicina all’arte nel modo più sfacciato. Diventano dei calchi d'autore: il gol "alla Van Basten", il gol "alla Ibra".
Se proprio vogliamo trovare un paragone per il gol di Mitoma, forse, è una volée di John McEnroe, che era celebre per scegliere l'angolo e la forza dei suoi tiri mentre li stava eseguendo, fintando fino all'ultimo secondo di fare una cosa per poi cambiare idea. Come se il suo cervello riuscisse a penetrare e manipolare la realtà a una velocità diversa. Per questo il gol di Mitoma spicca in un fine settimana di gol strepitosi, come le conclusioni pazzesche di Okereke e Origi in Serie A, per esempio.
Prendiamo un altro grande gol segnato questo weekend, quello di Victor Osimhen alla Roma. Un gol simile per certi aspetti, e cioè per la coordinazione tecnica del corpo in area di rigore, in tempi e spazi ristretti all’osso. Osimhen stoppa la palla di petto andando all’indietro. Uno stop difficile, che lo ha portato fuori equilibrio per la conclusione. Quindi Osimhen ha avuto bisogno di un altro tocco, di coscia, per poter calciare violentemente sotto alla traversa. Il modo in cui addomestica il pallone per organizzare un tiro potente racchiude una chiara estetica da numero 9; un giocatore la cui tecnica è organizzata per trovare il modo più efficiente possibile per mettere la palla in porta. Se questo gol fosse stato segnato in un manga, la porta sarebbe crollata. Il gol di Osimhen ci esalta perché si rifà a una tradizione, quello di Mitoma perché non si rifà a nulla, è il primo della sua specie, il primo gol del genere.