«For real, for real, for real this time» canta Tyler, The Creator all’inizio della sua nuova hit Earfquake. Infatti alle 6 di mattina italiane, a Los Angeles si è avvertita una forte scossa di terremoto, tale da interrompere le partite di Summer League perfino a Las Vegas. Ma erano solo le scosse di assestamento: il vero terremoto che a breve avrebbe trasformato i contorni della NBA è arrivato con le bombe di Chris Haynes e Adrian Wojnarowski.
Kawhi Leonard ha scelto i Clippers
Un semplice tweet ha chiuso l’estenuante inseguimento a Kawhi Leonard, da alcuni paragonato a quello di O.J. Simpson sulla Ford Bronco visti gli elicotteri che hanno ripreso il suo viaggio attraverso Toronto e i suoi scali aerei. Ma la meta del suo viaggio non è stata quella prevista dai più. Negli ultimi giorni si erano intensificate le voci di una polarizzazione nella scelta dell’Mvp delle Finals: rimanere a Toronto dopo aver vinto il primo titolo canadese della storia, oppure accasarsi a Los Angeles nel superteam con LeBron e AD.
E invece Kawhi, nel silenzio totale e senza lasciar trapelare niente, ha preso la decisione più in linea con il suo personaggio: quella di fare le cose a suo modo e con i suoi tempi. Leonard ha esaudito il suo sogno di tornare in California, dov’è nato e cresciuto, e di farlo senza scendere a compromessi con nessuno. Senza dover essere il terzo violino della squadra favorita alla vittoria finale, senza doversi sottoporre a tutto lo spettacolo circense che circonda LeBron James e i Lakers. Lo ha fatto a suo modo, da vendicatore mascherato di tutte le ingiustizie competitive, il Robin Hood che salva le franchigie più disastrate dal loro destino e poi sparisce.
I Clippers per anni sono stati lo zimbello della lega, la trentesima arena dell’NBA per pubblico sugli spalti, i fratellini minori dei ben più facoltosi Lakers. Ma questa è l’estate delle rivincite e, com’è accaduto per i Brooklyn Nets, serietà e programmazione sconfiggono storia e blasone. L’arrivo nella dirigenza di Jerry West, Michael Winger e Lawrence Frank ha invertito la narrazione attorno ai Clippers e li ha trasformati in una reale contender in una manciata di stagioni dopo la fine dell’era Lob City. Tutto questo non sarebbe stato possibile senza The Logo, che è stato l’artefice in carriera delle firme di Free Agent come Shaquille O’Neal e Kevin Durant, e che, come aveva dimostrato la trade di Tobias Harris, è ermetico come un tappo di conserva.
Sempre senza far il minimo rumore i Clippers infatti non hanno solamente convinto il Free Agent più appetibile sul mercato, ma per farlo hanno dovuto affiancargli una nuova luminosissima stella. Con una delle trade più inaspettate e folgoranti degli ultimi anni, i Clippers hanno strappato dall’Oklahoma e da Russell Westbrook un altro californiano riluttante, Paul George. Una notizia che ha seguito a stretto giro di posta quella della firma di Kawhi e che ha ridisegnato ulteriormente i rapporti di forza nella NBA.
L’insospettabile scambio di Paul George
La trade di George è stata la chiave per sbloccare la firma di Leonard. È pressoché certo che senza l’all-in su PG13 la scelta di Kawhi sarebbe stata diversa, visto che è stato proprio il due volte campione NBA ad aver convinto il suo concittadino a chiedere lo scambio a OKC. I malumori tra George e la franchigia dell’Oklahoma, ed in particolare Russell Westbrook, non erano stati avvertiti da nessun sismografo, ma evidentemente qualcosa deve essersi rotto durante l’ennesima serie di playoff buttata al vento dai Thunder. George aveva rifirmato solamente l’estate scorsa durante un party a casa di Westbrook e viene dalla miglior stagione della sua carriera, nonostante un infortunio lo abbia rallentato dopo l’All-Star Game e nella serie contro i Blazers. È un perfetto Robin per Board Man, la spalla ideale per portare per la prima volta il titolo nell’altra metà di Los Angeles.
I Thunder, messi spalle al muro dalla richiesta di George, ne sono usciti nel miglior modo possibile, sfruttando la posizione di forza che avevano nei confronti dei Clippers per chiedere il prezzo più alto possibile. Il General Manager Sam Presti sapeva quanto la firma di Kawhi dipendesse dalla sorte della trade di PG e non ha fatto sconti. A Oklahoma sono quindi arrivati Danilo Gallinari e Shai Gilgeous-Alexander (per gli amici SGA) più un pacchetto di scelte definito da Woj “una collezione da record”.
I Clippers hanno girato le loro tre prime scelte non protette nel 2022, 2024, 2026, la prima scelta non protetta di Miami del 2021 e quella protetta sempre degli Heat del 2023, oltre ai diritti per scambiare le scelte con LAC nel 2023 e 2025. Un bottino sostanzioso per una battaglia che non potevano vincere, ma che potrebbe portarli a vincere la guerra del Larry O’Brien Trophy nei prossimi anni.
Ora i Thunder devono scegliere se capitalizzare subito gli asset ricevuti per andare a prendere qualche giocatore in grado da subito di colmare il vuoto lasciato da Paul George (ad esempio andare a salvare il soldato Bradley Beal) oppure ragionare su una ricostruzione totale, provando a muovere addirittura Russell Westbrook - anche perché sono attualmente 15 milioni sopra la luxury tax, e in un mercato del genere non è sostenibile pagare così tanto per una squadra lontana dal titolo. Lo scopriremo nei prossimi giorni di una off-season che si sta rivelando ancora più folle dei playoff.
I grandi sconfitti: dove vanno i Lakers?
Chi esce peggio da tutta questa free agency è la Los Angeles gialloviola, che per vari giorni ha assaporato la possibilità di formare nuovo trio destinato a dominare la NBA finché LeBron sarebbe stato in grado di scendere in campo, e con un futuro roseo anche dopo il ritiro del numero 23 (6?). Invece hanno visto sfumare l’ennesimo sogno davanti ai loro occhi, questa volta addirittura per i rivali concittadini. I Lakers negli anni passati hanno rinunciato a scambiare per arrivare sia a Paul George che per Kawhi Leonard, convinti di poterli attrarre una volta che fossero diventati free agent, forti della saudade dei due e del blasone che accompagna la franchigia gialloviola. I loro calcoli si sono rivelati sbagliati di qualche quartiere e per la prima volta Los Angeles avrà due squadre entrambe competitive per il titolo.
I Lakers hanno in tutti i modi provato a sbilanciare a loro vantaggio l’equilibrio mettendo in campo ogni strumento di persuasione nei confronti di Kawhi. In retrospettiva la scelta di usare Magic Johnson per convincere Leonard della serietà del front office lacustre non è stata delle più azzeccate. Il clan di Leonard, che ormai abbiamo capito si è addestrato con il Mossad, non ha apprezzato le informazioni trapelate dal colloquio tra i due. La riservatezza è una qualità molto apprezzata da Kawhi e dai suoi accoliti, che secondo quanto scritto da Haynes se la sono risa sotto i baffi per tutto questo tempo sulle voci “con fonti” emerse sul loro conto.
Toccherà a Pelinka scegliere dove spendere i soldi rimasti per allestire la squadra più competitiva possibile attorno a LeBron e Anthony Davis. Il biennale da 30 milioni offerto a Danny Green è già un buon inizio, forse quelli offerti a Kentavious Caldwell-Pope e JaVale McGee un po’ meno.
Toronto non ha nulla da rimproverarsi da questa situazione. La scommessa di Masai Ujiri della scorsa estate ha ripagato in pieno le aspettative e Kawhi resterà sempre nella storia dei Raptors come il Principe che fu Promesso che non ci è stato dato in Game of Thrones. I tifosi dentro Jurassic Park non avrebbero potuto sperare in niente di meglio dall’anno di Kawhi dall’altra parte della Barriera. Ma neanche Drake o l’anello conquistato alla fine di una cavalcata al cardiopalma hanno potuto trattenere Kawhi lontano dalle spiagge di Venice Beach. Ora la franchigia canadese ripartirà dalla leadership di Lowry e la freschezza di Pascal Siakam, avendo già dal prossimo anno grande flessibilità di cap e tutti gli asset intatti, oltre che uno scintillante Larry O’Brien Trophy in bacheca.
Che lega sarà
Con la firma di Leonard anche l’ultimo pezzo del puzzle trova il suo posto e il risultato è un NBA molto diversa da come l’avevamo lasciata meno di un mese fa. Anthony Davis è finalmente arrivato a Los Angeles, sponda Lakers, lasciando spazio in Louisiana per l'atterraggio di Zion Williamson. Kevin Durant e Kyrie Irving hanno scelto Brooklyn come loro nido d’amore. Jimmy Butler in Florida e Al Horford e Josh Richardson a Phila per l'ennesima mutazione del Processo. E poi Kemba a Boston, Mike Conley a Salt Lake City, Brogdon in Indiana e DeAngelo nuovo Splash Brother.
Una rivoluzione completa che arriva alla fine di un ciclo, quello di Golden State, che ha monopolizzato nel bene e nel male i risultati negli ultimi cinque anni. Per la prima volta non avremo una chiara favorita ad inizio stagione, con molte squadre che ambiscono con giusta ragione al titolo. Una mescolata alle carte molto riuscita, che ci regala una nuova NBA perfettamente bilanciata, come tutte le leghe dovrebbero essere.