Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
La nuova vita di Kemba Walker
14 set 2020
I playoff della consacrazione di uno dei giocatori più sottovalutati della lega.
(articolo)
13 min
Dark mode
(ON)

Per sua stessa ammissione, Kemba Walker è un tipo noioso. Al di fuori della pallacanestro non ha grandi passioni e conduce una vita privata silenziosa, ritirata. La sua presenza sui social è perlopiù limitata a foto in cui sorride reggendo prodotti da sponsorizzare. Le uniche cose per cui può diventare virale sono highlights in cui spezza le caviglie a un avversario o mette un tiro decisivo.

Parla poco però sorride sempre. Cresciuto in uno dei tanti complessi di edilizia popolare di Soundview, nel Bronx più povero, ha imparato a considerare tutto ciò che gli capita un dono. Solo la parola playoff, per esempio, gli fa brillare gli occhi. In otto anni a Charlotte, Walker si è qualificato per la post-season in solo due occasioni, ed entrambe le volte è uscito al primo turno. Pur essendo stato sempre un vincente (il titolo NCAA 2011 è lì a dimostrarlo), prima di arrivare a Boston non aveva idea di cosa significasse giocare per l’anello. In tutte le stagioni in North Carolina infatti Kemba non aveva mai condiviso il campo con un gruppo pieno di talento come quello con cui si sta giocando i playoff ad Orlando.

Giocare con i compagni

I Celtics, dopo aver perso Kyrie Irving in free agency senza versare troppe lacrime, avevano bisogno di qualcuno in grado di segnare a piacimento e l’arrivo del piccolo playmaker da Charlotte doveva colmare quel buco. In realtà Kemba nella sua prima stagione a Boston ha rivestito un ruolo diverso dimostrando come quello di Kyrie fosse un problema di casting.

Rispetto ai suoi tempi a Charlotte ora Kemba ama delegare. Raramente si prende più di 20 tiri a partita e se lo fa è per compensare le assenze per infortunio di qualche compagno di squadra. Il suo career-high con indosso la maglia verde (44 punti mandando a bersaglio 7 triple), per esempio, è arrivato in una trasferta di dicembre in Indiana senza Marcus Smart.

Dopo aver giocato 81, 79, 80 e 82 partite nelle ultime quattro regular season, quest’anno Kemba è stato costretto a saltare più di una dozzina di partite per vari infortuni. Nelle ultime otto prima del lockdown, in particolare, Kemba era sembrato incolore e le sue medie erano precipitate pericolosamente (16.8 punti, 31.7% dal campo). Trascorsa però la quarantena a riposo nella sua casa in zona Charlotte e ripreso più lentamente dei compagni il ritmo degli allenamenti nella bolla, Kemba è tornato in campo con lo stesso entusiasmo competitivo di sempre.

Infatti già nelle seeding games i Celtics hanno beneficiato enormemente del ritorno ad alti livelli del proprio direttore d’orchestra. In un significativo dialogo all’interno dello spogliatoio dei Celtics riportato da Jackie MacMullan di ESPN, Kemba afferma di essere solo la chioccia di Jayson Tatum e Jaylen Brown: «Questa è la loro squadra e a me sta bene», afferma con serenità. Poco lontano, Marcus Smart sente tutto e si intromette nell’intervista smentendolo e anzi ammettendo che avranno grande bisogno di Kemba per far strada nei playoff.

Il sistema dei Celtics infatti si regge proprio sulla gravità che Kemba riesce a creare sul campo di gioco e il suo impatto va oltre i tabellini e le statistiche. La sua presenza è fondamentale anche se non è il giocatore con l’Usage più alto e anche se i palloni decisivi non necessariamente passano dalle sue mani. Dopo quasi un decennio passato a fare il go-to-guy in una squadra di mezza classifica, a trent’anni ha scoperto che può essere decisivo anche senza segnare secchiate di punti.

Non è un caso se il suo arrivo ha invertito la tendenza presa lo scorso anno e rinverdito gli animi dei giovani talenti biancoverdi, tornando alle finali di conference. In questa stagione Jayson Tatum ha dimostrato di essere una vera e propria superstar di questa lega e Jaylen Brown ha le potenzialità di diventarlo a breve, mentre Marcus Smart è alla migliore stagione in carriera e Daniel Theis si è ritagliato un posto importante come lungo titolare. Senza contare gli altri tanti giocatori al primo e al secondo anno nel roster dei Celtics che via via stanno sempre più trovando spazio nelle rotazioni di coach Stevens. La sua presenza in campo basta per migliorare i suoi compagni di squadra.

Prendiamo per esempio l’ultimo quarto di gara-6 della serie contro i Toronto Raptors: Walker ha tirato 1/6 dal campo e ha distribuito solo 3 assist. Intervistato in una interruzione di gioco a bordocampo, coach Stevens dà la colpa alla feroce box-and-1 di Toronto per i pochi punti segnati fino a quel momento dal suo playmaker.

Walker, tuttavia, ha forzato i campioni in carica a cambiare sistema difensivo, optando per un quintetto piccolissimo - Lowry-VanVleet-Powell-Siakam-Anunoby - lineup che non aveva mai giocato in stagione regolare. I Celtics, infatti, sfruttando i pick and roll alti giocati da Kemba Walker, sono riusciti a creare molto volume di gioco (soprattutto triple dall’angolo) attaccando la zona centrale del campo. Marcare Kemba Walker è difficile perché è troppo rapido per i lunghi, che spesso non riescono a stare con lui su ampie porzioni di campo, e siccome riesce a tirare da 3, non puoi concedergli il tiro dal palleggio. Per questo Nurse ha deciso di togliere sia Gasol che Ibaka dal campo.

Se da un lato l’aggiustamento ha funzionato nel contenere i pick and roll (i Raptors avevano già chiuso gara-2 contro Brooklyn con Siakam e Anunoby come lunghi), dall’altro ha esposto la difesa dei Raptors alle schiacciate di Theis. Mobile quanto basta per rimanere in campo, il tedesco è bravo a riconoscere gli spazi aperti da Kemba e tuffarsi verso il ferro, oppure nel farsi trovare sempre pronto nel dunker spot. L’ex Brose Bamberg ha segnato più di tutti nei due tempi supplementari, 8 punti, tutti da distanza ravvicinata.

Senza lunghi veri e con Anunoby da 5, Kemba ha manipolato la difesa in modo differente rispetto a quando c’era Gasol a difendere il ferro. Siccome con quel assetto difensivo Toronto ha evitato di lasciare il difensore del bloccante molto schiacciato verso il ferro, Kemba ha trovato lo spazio per lasciarlo sul posto con una rapida sgasata assistendo facilmente Theis, che nel frattempo si era gettato a canestro.

L’aiuto di Lowry lascia Brown totalmente solo in angolo: Kemba avrebbe anche potuto concedere al #7 la tripla più aperta della carriera.

Che l’intesa tra Kemba e Theis sia particolarmente sviluppata lo si capisce anche dagli hand-off che giocano senza soluzione di continuità grazie alla serie pressoché infinita di combinazioni per depistare il diretto marcatore.

Grazie a fulminei cambi di direzione con la caviglia che praticamente tocca terra, Kemba non può nemmeno essere marcato troppo stretto: un contro-movimento e il suo uomo va a farfalle.

La poliedricità del tedesco non va sottostimata né sminuita, visto che è in grado di aprire il campo se la difesa deve aiutare un uomo battuto dal primo passo bruciante di Kemba Walker (in stagione regolare ha tirato con un decente 34.4% su 90 triple catch-and-shoot).

State attenti al doppio blocco dei Celtics

Come tutti sanno, Kemba Walker è un maestro del pick and roll, ma è quando si trova davanti due bloccanti che dà il suo meglio anche come realizzatore. Gioca questa situazione 13.6 volte per 100 possessi: in stagione regolare solo Trae Young sfrutta questa situazione più volte di Walker, che a sua volta la impiega più volte di quanto non facciano 14 squadre NBA. In queste occasioni, i Celtics segnano 127.5 punti per 100 possessi. Se non viene rispettato dalle difese, in mezzo secondo si arresta, prende la mira e spara dall’arco.

Tra i 51 giocatori che in stagione regolare hanno tirato almeno 5 volte a partita dal palleggio, Walker è 4° per percentuale reale dal campo, dietro ai soli Lillard, CP3 e Middleton (dati Second Spectrum).

La condizione di partenza di entrambi i giochi è la stessa. A Boston viene chiamata “11” e prevede un doppio blocco sulla palla: il primo è generalmente portato da un’ala (Tatum, Smart o Hayward), il secondo dal centro nominale (Theis o Robert/Grant Williams). Nella prima clip, Amir Coffey insegue Kemba passando sopra al blocco di Tatum, mentre Grant Williams fa slip verso il canestro. Sulla ricezione dinamica, Tatum sfrutta il pessimo close-out di Landry Shamet (che per tutta l’azione ha tenuto gli occhi su Kemba) per portarsi a casa il ferro. Nella seconda clip, invece, Alex Caruso sembra voler raddoppiare Kemba, lasciando a Tatum troppi metri di spazio. Tatum è nuovamente aggressivo nell’attaccare il ferro, sfruttando l’autostrada creatagli dal lavoro sotto canestro di Theis.

Altre volte il doppio blocco è solo uno specchietto per le allodole:

L’hedge di Dillon Brooks permette a Ja Morant di tornare davanti a Kemba dopo il blocco di Tatum, ma nel frattempo Theis è andato a bloccare per Jaylen Brown sul lato debole: è questo il gioco a due in cui si perde la difesa di Memphis.

Lo schema ‘11’ è una delle chiamate preferite da coach Brad Stevens. Si innesta perfettamente su un sistema di gioco basato su una Motion Offense che costringe i Celtics a leggere la difesa e reagire di conseguenza. Quasi tutti i giocatori di Boston sono versatili e polivalenti: creano dal palleggio, penetrano-e-scaricano con cognizione di causa in area e le spaziature sono garantite da qualunque quintetto venga schierato. Per quanto sia un sistema egualitario all’interno del quale ognuno ha la sua chance di risplendere, quando a ricevere il doppio blocco è Walker l’attacco di Boston assume tutto un altro sapore.

La grande densità di uomini che si viene a creare in punta genera un caos che Kemba legge con svariati secondi d’anticipo. Grazie alla sua bravura ciascuna azione finisce in modo diverso: prima con un extra-pass per la tripla dall’angolo, poi con una penetrazione nord-sud di Kemba stesso e infine con un tiro catch-and-shoot.

L’aggressività con cui Kemba attacca l’area avversaria sfruttando il doppio blocco risolve molti problemi ai Celtics. Gli concedono quel vantaggio sul diretto marcatore e gli fanno prendere lo slancio per bruciare il lungo in aiuto, oltre che costringere la difesa avversaria a rotazioni affannose nel tentativo di contenerlo. Ecco perché per difendere meglio nelle situazioni in cui Kemba riceve un blocco sulla palla coach Nurse nelle ultime partite della serie ha scelto di andare con il quintetto piccolo.

Uno sguardo approfondito alla maestria con cui Kemba Walker danza sui blocchi, alle letture di Theis e degli altri lunghi dei Celtics dopo il blocco e al modo in cui tutto ciò viene difeso.

Ancora al cardiopalma

Ma Kemba Walker rimane ancora un realizzatore formidabile, capace di segnare in ogni modo possibile e immaginabile, e che sa decidere ancora le partite nei possessi più caldi. Coach Nurse lo sapeva bene e già dopo le prime due partite della serie ha dedicato un occhio di riguardo a Kemba Walker. Chiusa gara-4 con solo nove tiri tentati, Walker ha definito la sua mancanza di aggressività “inaccettabile”, nonostante abbia subito la difesa fisica di Lowry, Powell e VanVleet per tutta la serie.

Quelle volte che però è riuscito a divincolarsi dalla gabbia di Toronto è sempre risultato decisivo, come nello splendido assist per Theis di gara-3 (poi vanificato dalla tripla allo scadere di Anunoby) e in questa azione di gara-6.

Walker sembra manovrato da un joystick per quanto è sotto controllo: finge di attaccare verso destra, crossover fulminante e separazione con la sua signature move - lo step back - segnando con una conclusione che ricorda quel tiro a UConn, talmente palese che se ne accorge persino Mark Jackson in telecronaca.

Anche in gara-7 uno dei palloni più importanti per la qualificazione alle finali di Conference è passato per Kemba Walker. Jaylen Brown prova a fronteggiare Powell in post basso, Lowry raddoppia e Siakam copre il taglio di Lowry. Brown non può che ribaltare il lato per Kemba Walker, il quale attacca un pigro closeout di VanVleet, si arresta appena dentro la linea del tiro libero, e segna il jumper mentre Siakam gli frana addosso regalando ai Celtics un libero supplementare.

Poi, sempre in gara-7, a 40 secondi dalla fine e con Boston avanti 89 a 87, una penetrazione fulminante di Kemba Walker manda in crisi il suo marcatore diretto, VanVleet, e tutta la difesa dei Raptors, che gli collassa addosso. Walker non si scompone e lascia lì un cioccolatino per Grant Williams, che guadagna due liberi e il sesto fallo di Lowry, che sarà costretto a guardare i possessi decisivi dalla panchina.

Pur rimanendo il suo tiro più iconico, negli anni Kemba Walker ha sostanzialmente dimezzato il suo utilizzo del tiro dal mid-range. Da 4.2 tentativi a partita da questa zona nei suoi primi due anni nella lega, nell’ultima regular season ha tirato solo 2.1 volte dalla zona meno amata da Daryl Morey. In ogni caso, tra i 75 giocatori che nel 2019-20 hanno tirato almeno 2 volte a partita dalla media distanza, è quinto per efficienza.

Kemba Walker non è un tiratore da 3 naturale, ma negli anni è diventato più che solido anche in questo fondamentale. In tre anni e 101 partite a UConn ha tirato dal perimetro 387 volte; coi Celtics in 56 partite di regular season il conteggio si è fermato a 473. Nella sua prima stagione a oltre 20 punti di media, quella del 2015-16 in maglia Hornets, solo il 39.3% dei tiri di Kemba veniva da oltre l’arco. Ora ben più della metà delle sue conclusioni è una tripla. E oltre al volume (8.4 volte a partita, 10° in NBA), ora c’è anche la precisione, il 38.1%, e la varietà di soluzioni: sugli scarichi, dal palleggio e anche - novità recente - dopo un palleggio per il fly-by del difensore, spostandosi di lato.

L’attacco dei Celtics non si accontenta del primo vantaggio creato ma, tenendo fede alla filosofia “good-to-great”, la palla continua a girare sul perimetro grazie a decisioni veloci, extra-pass e altruismo. In questo contesto Kemba sta imparando sempre più finemente a muoversi continuamente, riposizionandosi dove può far più male e creando spazi che i suoi compagni di squadra sono in grado si sfruttare.

Missione Finals

Dopo essere arrivato solo due volte alla post season con gli Charlotte Hornets e non aver mai superato il primo turno, al primo anno a Boston Kemba è già alle finali di Conference con una concreta possibilità di giocarsi l’anello. E così come nei turni precedenti, anche contro i Miami Heat le speranze dei Celtics passeranno attraverso le prestazioni di Kemba Walker.

Similmente ai Raptors, nella metà campo difensiva Miami è incredibilmente fisica e versatile e ha un allenatore esperto che non esita a fare scelte drastiche se deve ribaltare i destini di una serie. Sarà interessante capire se anche coach Spoelstra sarà costretto a pensare a marcature ad hoc per fermarlo come già fatto Nurse o se si affiderà alla solidità della sua difesa, che ha già impantanato Giannis Antetokounmpo e i Bucks, senza snaturarne i principi.

Al contrario di Milwaukee, Boston ha molti giocatori in grado di creare dal palleggio, Kemba Walker su tutti. Potrebbe essere una serie molto lunga per Tyler Herro, Duncan Robinson e lo stesso Dragic. L’intensità della difesa di Miami non è però seconda a nessuno: dopo sette partite estenuanti, i Celtics potrebbero finire la benzina se la serie dovesse protrarsi a lungo.

Le due squadre si sono incontrate anche nei seeding games della bolla, ma è un precedente che fornisce poche indicazioni: Butler non c’era, Enes Kanter e Derrick Jones Jr. hanno giocato più di quanto faranno per tutta la serie. Non è chiaro chi potrà essere il miglior giocatore della serie, ma come ricorda spesso Brad Stevens, anche i campioni fanno giocate ordinarie, ma molto meglio di tutti gli altri. Le piccole cose che rendono grande Kemba Walker serviranno più che mai.

Contro Toronto, Boston è sembrata un pesce che cerca di nuotare sull’asfalto quando Walker si è accomodato in panchina: nei 65 minuti complessivi in cui si è riposato i Celtics hanno segnato 27.3 punti in meno per 100 possessi, non hanno quasi mai visto il ferro e il 23% dei possessi finiva con una palla persa. Gli Heat hanno una delle migliori panchine nella lega e sono primi per Net Rating durante questi playoff quando hanno in campo le riserve.

A dare maggior respiro alla rotazione di Boston potrebbe essere Gordon Hayward, infortunatosi alla caviglia in gara-1 contro Philadelphia e vicino al rientro. L’ex Jazz è da poco rientrato nella bolla dopo aver ricevuto cure al di fuori di essa, e dovrebbe comunque riuscire a tornare a un certo punto nella serie contro Miami per dare a Stevens più opzioni e playmaking.

I Celtics si giocano la terza finale di Conference in quattro anni conoscendo bene le proprie forze e le proprie debolezze. E sanno bene quanto Kemba Walker sia indispensabile per solo immaginare di tornare per la prima volta alle Finals dopo dieci anni, chissà magari proprio contro gli storici rivali gialloviola.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura