Se fosse davvero un presidente, se cioè il soprannome che gli hanno dato i compagni non avesse nulla di ironico, in questo momento Franck Kessié sarebbe un presidente a fine mandato che non intende candidarsi di nuovo, pressato dal partito (il Milan) per tornare sui suoi passi e con un consenso in forte calo tra i suoi elettori (i tifosi milanisti). Lo scenario è noto: Kessié ha rifiutato le proposte di rinnovo del contratto fatte dal Milan e sembra destinato a seguire la strada di Donnarumma e Calhanoglu. A diventare cioè il terzo giocatore chiave del Milan di Pioli a lasciare la squadra a contratto scaduto, il terzo indizio che, come insegna Agatha Christie, è una prova della strategia della società rossonera. Una strategia rischiosa e facile da criticare, che si espone all’ovvio rischio di indebolire la squadra rinunciando alle risorse necessarie a rinforzarla, ma coerente e chiara nel suo obiettivo: mantenersi competitivi e allo stesso tempo sostenibili a livello economico, non fare il passo più lungo della gamba, anche a costo di perdere i giocatori più forti senza incassare nulla.
Non ci sono dubbi che Franck Kessié sia fondamentale per il Milan, uno dei più difficili da sostituire. Del ciclo di Pioli è il giocatore con più presenze, il secondo dopo Theo Hernández per minuti giocati, il terzo dopo Ibrahimovic e Rebic per gol segnati, va detto quasi tutti su rigore. Un’importanza che si è consacrata la scorsa stagione, la migliore della carriera per prestazioni e continuità di rendimento. Del Milan Kessié è stato il simbolo, il riferimento su cui poter sempre contare, una presenza costante mentre tanti suoi compagni uscivano di scena infortunati, non toccato da cali di forma in una stagione dall’andamento irregolare per la squadra di Pioli, in corsa per lo scudetto fino a febbraio e poi costretta a conquistarsi la qualificazione in Champions League con la vittoria a Bergamo all’ultima giornata contro l’Atalanta.
Una stagione in cui Kessié ci ha fatto credere che fosse baciato dal dono dell’ubiquità, che riuscisse a moltiplicarsi in campo, a intervenire su ogni azione in ogni fase. Il suo nome era una costante ai vertici di tante statistiche sia offensive che difensive. Nel Milan era primo per tocchi e passaggi, terzo per conduzioni che fanno risalire la palla, secondo per metri percorsi in verticale, terzo per azioni che portano un compagno al tiro (passaggi, dribbling e falli conquistati), quarto per assist serviti. A livello difensivo, invece, era secondo per contrasti vinti e intercetti, primo nelle pressioni portate e nelle respinte (tutti i dati sono di Statsbomb). Anche mettendo da parte i tanti rigori segnati, comunque decisivi per portare il Milan in Champions League, l’importanza di Kessié era data dalla quantità di cose che riusciva a fare in una partita: recuperava la palla e la faceva risalire, equilibrava la squadra, copriva le falle nello schieramento ed era sempre pronto ad andare in aiuto di un compagno, conservava il possesso in situazioni scomode ed era in grado di alzare la pericolosità di un’azione con le sue iniziative.
Fissato uno standard così alto, inarrivabile per qualsiasi altro milanista, un calo a un certo punto era forse inevitabile. Kessié lo ha vissuto nella prima parte di questa stagione, in cui gli errori hanno iniziato ad accumularsi e lui è sembrato più fragile, più umano. Colpa anche della preparazione saltata in estate: a luglio infatti ha partecipato alle Olimpiadi con la Costa d’Avorio e a metà agosto, di ritorno agli allenamenti con il Milan, si è infortunato e ha perso le prime partite della nuova stagione. Non lo ha aiutato nemmeno la confusione attorno al suo rinnovo, che lui stesso ha alimentato con un’intervista a fine luglio in cui assicurava che avrebbe firmato al rientro dalle Olimpiadi. Una situazione scivolosa in cui è facile perdere un po' di lucidità, sentirsi meno coinvolto, lasciarsi andare a qualche errore in più del solito.
Di errori Kessié ne ha già commessi diversi quest'anno, oltretutto in partite delicate per il Milan. Contro l'Atlético Madrid, nella seconda giornata del girone di Champions League, è la sua espulsione (va detto molto severa) a cambiare la partita dopo una prima mezz'ora dominata dal Milan, passato in vantaggio con il gol di Rafael Leão. Prima di essere espulso, comunque, Kessié stava dando un contributo importante, anche se forse poco visibile. Era come sempre determinante nelle transizioni a palla persa, con pressioni e recuperi che tenevano il Milan nella metà campo avversaria, e spostando Kondogbia con gli inserimenti nel corridoio interno sulla sinistra facilitava le ricezioni tra le linee di Brahim Díaz o Rebic, o creava spazi per le conduzioni di Leão e Theo Hernández. Dopo la sua espulsione la partita era cambiata. Il Milan aveva perso metri e si era difeso vicino alla propria porta, e alla fine aveva perso subendo due gol negli ultimi minuti, una sconfitta alla fine decisiva per come ha indirizzato la qualificazione agli ottavi in favore dell’Atlético Madrid.
Qui Kessié sposta verso la fascia Kondogbia e crea lo spazio per la conduzione centrale di Theo Hernández.
Il secondo errore grave della stagione di Kessié è poi arrivato nel derby dopo appena otto minuti, un altro errore che ha dato presto una piega diversa alla partita, che l’ha resa più difficile per il Milan. Inizialmente Kessié dà un esempio di quanto è importante per gli equilibri nelle transizioni difensive: la squadra di Pioli è scoperta su un contrattacco dell’Inter ed è Kessié a interromperlo, coprendo Kjaer (uscito poco prima sulla trequarti offensiva in pressione su Perisic) nella zona destra della difesa di fianco a Tomori. Kessié copre Kjaer e intercetta il passaggio di Dzeko verso Lautaro Martínez, che aspettava il pallone dietro l’ivoriano e si sarebbe trovato da solo davanti a Tatarusanu.
Dopo il recupero però Kessié esagera, forse si fida troppo di sé stesso e va a infilarsi in una situazione scomoda. Non ha lo spazio per andare avanti perché Calhanoglu e Dzeko gli sbarrano la strada, e allora torna indietro, portando la palla verso la propria area invece di scaricarla all’indietro a Tomori o Tatarusanu, o a sinistra a Ballo-Touré. Inseguito da Dzeko e Calhanoglu perde il controllo del pallone, tenta di recuperarlo allargando la gamba sinistra ma questa si intreccia con le gambe di Calhanoglu, che cade in area. L’arbitro fischia il calcio di rigore e l’Inter passa in vantaggio.
Un errore simile Kessié lo ha ripetuto contro il Sassuolo, controllando male la palla al limite della propria area in un altro momento delicato per il Milan, che in svantaggio per 2-1 stava cercando la rimonta. Anche qui prima interrompe la ripartenza (che però lui stesso aveva innescato sbagliando un cambio di gioco verso Theo Hernández) intercettando il passaggio di Berardi, poi perde la palla in modo ingenuo mentre prova a portarla fuori dall’area, con un tocco maldestro che la fa rotolare tra i piedi di Matheus Henrique. Quest’ultimo evita il contrasto di Kessié con una splendida giravolta e ridà il pallone a Berardi, che fa fare una brutta figura a Romagnoli e porta il Sassuolo sul 3-1.
Kessié era entrato dopo l’intervallo per restituire certezze al gioco del Milan, dopo che nel primo tempo Bakayoko, con un passaggio sbagliato in uscita dalla difesa, aveva causato la ripartenza che aveva portato al pareggio del Sassuolo, segnato da Scamacca. Non aveva però migliorato le cose per il Milan, e anzi con un’altra palla persa in una zona delicata aveva aperto la strada al terzo gol del Sassuolo.
La stagione di Kessié non si riduce comunque a questi errori e non è del tutto negativa. È solo più normale rispetto a quella scorsa, più incostante, con cali di forma ed errori ma anche picchi notevoli, come ad esempio nella vittoria in casa dell’Atalanta o quella al Wanda Metropolitano contro l’Atlético Madrid, la miglior prestazione stagionale finora. Il suo contributo nel gol segnato da Messias è decisivo. Kessié serve l’assist toccando la palla al limite dell’area vicino al vertice sinistro, ma segue l’azione partendo dalla trequarti difensiva. Qualche secondo prima di segnare, infatti, il Milan rischia di perdere la palla vicino alla propria area per uno scambio azzardato tra Bakayoko e Kjaer, che costringe quest’ultimo a intervenire in scivolata per anticipare la pressione di Ferreira Carrasco.
Kjaer arriva all’ultimo sul passaggio di Bakayoko ed evita che la palla finisca a Ferreira Carrasco.
Kessié era al centro della trequarti, pronto ad aiutare la costruzione, ma dopo la scivolata di Kjaer, che dà modo a Bakayoko di servire Messias in verticale, segue l’azione a sinistra e va a ricevere il passaggio di Theo Hernández sul lato corto dell’area. Ha un avversario alle spalle e il movimento fatto lo porta a muoversi in diagonale verso il fallo laterale, dando cioè le spalle ai movimenti in area. Gli basta però girare la testa una volta e dare uno sguardo veloce per capire cosa fare. E cioè crossare di sinistro per mettere il pallone sulla testa di Messias, che arrivando in corsa alle spalle di Giménez segna l’unico gol della partita. È la prima vittoria del Milan in Champions League dopo otto anni, la prima in assoluto dei rossoneri contro l’Atlético Madrid.
Se è vero che tutti i centrocampisti del Milan sono dinamici e coprono grandi porzioni di campo, solo Kessié ha nelle sue corde il tipo di giocata che ha deciso la partita contro l’Atlético Madrid. Un movimento che inizia nella propria trequarti e finisce nell’area avversaria, mantenendo la lucidità necessaria a dosare un assist perfetto con il piede in teoria debole.
Bennacer e Tonali passano meglio il pallone, sono forse più a loro agio a dirigere la manovra e alternano con più facilità passaggi lunghi e corti, ma non hanno nel loro bagaglio la varietà di movimenti senza palla di Kessié. Bakayoko ha meno sfaccettature, è più specializzato nei recuperi ma il suo contributo in possesso non può essere paragonato a quello di Kessié.
Con un altro inserimento dal corridoio interno a sinistra, stavolta finito al centro e non sul lato corto dell’area, l’ivoriano ha segnato contro la Salernitana, il primo gol su azione in campionato dallo scorso aprile e un’altra dimostrazione, dopo quella data contro l’Atlético Madrid, di quanto riesce a incidere anche giocando in zone più avanzate sul centro-sinistra, una porzione di campo in cui ha dimostrato di trovarsi molto bene.
Finora comunque Pioli non è sembrato pensare al futuro, a come sostituire Kessié in vista del suo possibile addio. Vale la strada scelta già con Donnarumma e Calhanoglu: finché Kessié resta al Milan continua a essere una pedina fondamentale, anche se il rinnovo di contratto appare lontano.
Tra i centrocampisti, e considerando tutte le competizioni, solo Tonali ha giocato più minuti dell’ivoriano. La coppia formata da Tonali e Bennacer, la più affidabile in assenza di Kessié, ha giocato dall’inizio solo in quattro occasioni: contro il Venezia, le due sfide contro il Porto, una delle quali saltata da Kessié per squalifica dopo l’espulsione contro l’Atlético Madrid, e contro il Bologna, con Kessié indisponibile per un’influenza. Bennacer e Bakayoko, invece, sono stati titolari contro il Sassuolo e l’Udinese, ma in entrambi casi hanno deluso e non hanno finito la partita, venendo rimpiazzati dalla coppia che in questa stagione ha dato più certezze a Pioli, quella formata da Kessié e Tonali.
Pioli insomma a Kessié non rinuncia, se non è costretto a farlo, anche perché la scelta della coppia di centrocampisti cambia in modo sensibile equilibri e posizioni, lo schieramento durante il possesso e le possibilità di muovere la palla. Con Tonali e Bennacer, ad esempio, il Milan guadagna qualcosa nella prima circolazione, sia nella velocità della costruzione che nella varietà di soluzioni. La palla può risalire con una manovra più veloce tra le linee o con un cambio di gioco a isolare l'esterno in profondità sul lato opposto, ma in area Tonali e Bennacer ci arrivano meno rispetto a Kessié e tutti e due preferiscono partecipare al primo possesso invece di alzarsi sulla trequarti, rendendo un po’ meno flessibili le rotazioni nello schieramento quando il Milan costruisce.
Cambiano anche gli equilibri difensivi, che sono un po’ più instabili, specie nelle transizioni a palla persa. Tonali e Bennacer amano difendere in avanti, uscire in pressione, aggredire senza preoccuparsi troppo di coprire lo spazio o controllare l’avversario alle spalle, uno stile che a volte può lasciare senza protezione la zona centrale davanti alla difesa. Bakayoko potrebbe dare qualcosa in più in questo senso, ma finora è stato il centrocampista meno utilizzato, e nei minuti giocati ha commesso molti errori e non è sembrato ancora ben inserito nel sistema di Pioli.
Non è comunque facile anticipare gli scenari del prossimo futuro. In quello più probabile Kessié non firma il rinnovo e costringe il Milan a trovare un sostituto, a dare una nuova forma al proprio centrocampo. Di sicuro verrà inserito Adli, che però per caratteristiche e importanza nella squadra non può riempire da subito il vuoto lasciato dall’ivoriano.
Forse è vero che questa prima parte di stagione ha un po’ ridimensionato Kessié, e che la fatica fatta in Champions League (va però ricordato che era alla sua prima esperienza), dove non ha dominato la scena come fa in campionato, ci ha detto che gli manca ancora qualcosa per imporsi tra i migliori centrocampisti d’Europa. Del Milan resta però uno dei più preziosi, in senso ampio, uno di quelli che più cambiano gli equilibri e più incidono sul rendimento della squadra. Così importante da essere il “presidente”, come riconosciuto dai suoi stessi compagni, e non sarà facile trovarne un altro se Kessié sceglierà di non prolungare il suo mandato in scadenza con il Milan.