Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Kevin Danso non è il giocatore che pensate
29 ago 2024
29 ago 2024
Il centrale austriaco è un difensore diverso da quello che potete immaginare.
(copertina)
IMAGO / Gonzales Photo
(copertina) IMAGO / Gonzales Photo
Dark mode
(ON)

Domenica Kevin Danso ha giocato la sua ultima partita con la maglia del Lens, e che fosse l’ultima, al Bollaert - lo stadio che celebra l’anima mineraria della squadra francese - lo sapevano tutti. Il centrale di difesa austriaco ha giocato la sua partita numero 117 con la maglia gialla e rossa della squadra francese, collezionando contro il Brest un’altra prestazione eccellente (l'ennesima degli ultimi tre anni), e poi si è goduto l’omaggio del suo stadio - uno degli stadi più calorosi e colorati d’Europa. Insieme ai suoi compagni ha fatto il giro di campo mentre il pubblico applaudiva e cantava il suo nome. Poi, dopo essere rientrato negli spogliatoi, ha sentito che era rimasto ancora qualcosa da dirsi ed è tornato, questa volta da solo, sul campo, per ricevere e dare un ultimo applauso. “Come un giocatore che fatica a dire addio a un bel periodo della sua carriera”, ha scritto il portale francese di notizie sul Lens, Lensois.com.

Danso ha ancora 25 anni e in Francia ci è rimasto alla fine appena tre stagioni, ma a Lens non era un giocatore come gli altri. Il suo nuovo allenatore, Will Still, ha parlato della sua partenza con un misto di malinconia e riconoscenza, dopo averlo lasciato a casa nella trasferta ad Atene per i playoff di Conference League, sicuro ormai della sua cessione. «Ci aspettavamo che se ne sarebbe andato, non mentiremo», ha detto l’allenatore inglese «Bisogna adattarsi, questa è la realtà del calcio, ci sono sempre partenze e arrivi. Ma è sempre difficile vedere un bravo ragazzo andarsene». Ancora prima di queste parole e del tributo del Bollaert, i tifosi gli avevano dedicato uno striscione d’addio fuori dal centro sportivo del Lens, e un altro lo avevano fatto per il nuovo DS della Roma, Florient Ghisolfi, apostrofato con termini che non sarebbe elegante ripetere qui. Ghisolfi è stato direttore sportivo del Lens tra il 2019 e il 2022 ma non si è fatto troppi problemi a sfruttare le difficoltà finanziarie della sua ex squadra, che con la qualificazione in Champions League nella stagione 2022/23 è rientrata nel circolo di controlli della UEFA per il Financial Fair Play, vedendosi costretta a vendere alcuni dei pezzi pregiati della rosa. E non c’è pezzo più pregiato, nella rosa del Lens, di Kevin Danso.

Se non fosse stato per questo malefico dettaglio burocratico, non è detto che Danso non sarebbe rimasto a Lens. Per lui l’interesse delle più grandi squadre d’Europa è stato ciclico praticamente da quando ha giocato le sue prime partite con la squadra francese, rivelandosi come uno dei migliori centrali della Ligue 1. Eppure per un motivo o per l’altro qualcosa sembrava tenerlo ancorato al Lens, e quel qualcosa era probabilmente il sentimento che sgorga dagli spalti gialli e rossi del Bollaert ad ogni singola partita, che poi è il motivo per cui - fuori da qualsiasi retorica - le persone decidono di rendere il calcio un lavoro. «È decisamente il miglior pubblico di fronte a cui ho mai giocato», ha detto a metà ottobre del 2021, poche settimane dopo essere arrivato a Lens. «I nostri tifosi ci sostengono qualsiasi sia il risultato: è più facile giocare bene di fronte a un pubblico così, personalmente non è una cosa che mi spaventa».

A Danso, secondo i rumori di mercato, si sono interessati solo negli ultimi mesi il PSG, il Bayern Monaco, il Milan, l’Atalanta, alcune delle maggiori squadre di Premier. L’anno scorso, quando il Napoli aveva iniziato a pensare a lui come possibile sostituto di Kim Minjae, si era espresso con una nettezza inusuale ancora prima che iniziasse la sessione di calciomercato. «Niente in questo momento mi spinge ad andar via. Sono in una squadra molto forte, mi sento bene qui, circondato dai miei compagni di squadra e dallo staff».

View post on X

Messo di fronte all’impossibilità di tenerlo in squadra, il Lens (come riportato dalla stampa francese) ha puntato sull’Europeo per poter ottenere un prezzo il più vicino possibile alla clausola di rescissione fissata a 35 milioni di euro. Ma anche in questo caso Danso non è riuscito a rimanere indifferente di fronte ai colori della sua squadra, e il CT dell’Austria, Ralf Rangnick, è stato costretto a minacciarlo di escluderlo dalle convocazioni se avesse forzato il recupero per giocare l’ultima di campionato contro il Montepellier, che per il Lens avrebbe potuto significare la qualificazione diretta in Europa League (invece, per via del pareggio per 2-2, è stato superato al sesto posto dal Lione proprio all’ultima curva). Danso alla fine ha obbedito all’ordine di Rangnick ma, per sfortuna del Lens, l’Europeo lo ha fatto finire dalla parte sbagliata della storia - quella in cui, invece di essere ricordato come uno dei pilastri del buon torneo dell’Austria, è rimasto intrappolato nella foto in cui con una spallata ha rotto il naso a Kylian Mbappé.

La serie di dettagli e coincidenze che si sono dovuti incastrare per portare Danso a Roma, insomma, sono stati tanti, eppure per una volta è difficile credere del tutto al caso. A Roma il centrale austriaco trova un’altra squadra giallorossa, con uno stadio strapieno e rumoroso, in una città in cui l’emotività sfocia spesso nell’isteria: una scelta che, a vedere il suo recente passato, sembra quasi cercata inconsciamente, dopo anni tra i migliori talenti emergenti della Ligue 1 in cui avrebbe potuto scegliere a proprio piacimento tra le più grandi squadre d’Europa (e muoversi di conseguenza). Prima di parlare di matrimoni scritti nelle stelle, c’è da notare quindi che a Roma non arriva un talento della Ligue 1 qualsiasi, ma uno dei leader difensivi delle squadre di vertice degli ultimi anni, con un ruolo centrale nello spogliatoio e nell’immaginario dei tifosi del Lens, e che è già passato per il fallimento di non essere riuscito a sfondare in uno dei cinque principali campionati europei.

Era il 2019, Danso aveva 21 anni e veniva da una buona stagione all’Augsburg, il Southampton aveva deciso di provarci con un prestito, portandolo in Premier League. La stagione, però, era stata un mezzo disastro, reso ancora più complesso dall’interruzione per la pandemia. Danso finì per raccogliere appena 10 presenze, in molte delle quali schierato da terzino sinistro, un ruolo in cui ha raccontato di non essere a proprio agio. «Ho avuto uno psicologo per aiutarmi [in quel periodo, ndr]», ha raccontato Danso a The Athletic nel giugno del 2022. «Ti senti solo perché nessuno sa esattamente cosa stai provando. Le persone pensano che non stai lavorando abbastanza, ed è difficile così. Non avevo mai passato nulla di simile, avevo sempre giocato la maggior parte delle partite. Ma è stato anche il periodo in cui ho imparato di più riguardo me stesso».

Eppure al Southampton sembrava tutto perfetto: l’allenatore, Ralph Hasenhüttl, era austriaco come lui, e la Premier League gli permetteva di tornare in Inghilterra, dove era cresciuto fin dall’età di sei anni e soprattutto aveva scoperto l’amore per il calcio, dopo un’infanzia in cui preferiva il karatè e ci aveva dovuto pensare il fratello più grande a costringerlo a calciare un pallone. Quella, però, non era la sua strada, e oggi ci è un po’ più chiaro perché. «Ho visto un’intervista a Paul Pogba recentemente in cui parlava di come puoi giocare liberamente solo in una squadra in cui l’allenatore e i tifosi credono davvero in te», ha detto nella stessa intervista a The Athletic «E questo è esattamente ciò che ho trovato a Lens: dal momento stesso in cui mi sono messo in contatto con loro ho sentito che era la scelta giusta».

Le cose notoriamente non sono mai come sembrano e questo significa anche che non è detto che tutto funzionerà a Roma, dove la fiducia dell'allenatore e dei tifosi in teoria non dovrebbe mancargli. Di sicuro, però, Danso ha tutto ciò che serve per disinnescare le trappole di cui è disseminata la città. Un difensore carismatico, che guida la difesa con urla e gesti, che cerca la pressione emotiva anziché temerla. Un giocatore che per crescere vuole mettersi alla prova. «Vuoi vedere come te la cavi contro i migliori, io mi nutro di questo. Penso: okay, Mbappé è veloce, ma anche io sono veloce».

Danso, va detto, è anche emerso in una squadra in cui negli ultimi anni ha funzionato tutto particolarmente bene. Il Lens ha un’anima mineraria e proletaria, e negli ultimi anni di Ligue 1 è sempre stata una squadra dalla difesa particolarmente solida (anche la scorsa stagione, un po’ più grigia per il Lens, l’ha vista arrivare terza tra le migliori difese del campionato francese) e questo l’ha spesso fatta passare per una squadra di sacrificio e abnegazione: Danso, da perno della sua difesa, ha finito per essere frainteso, fino ad essere considerato come uno di quei centrali rocciosi di pura violenza difensiva. In realtà, come ha notato Emanuele Atturo in un pezzo scritto durante la stagione 2022/23 dopo una vittoria casalinga contro il PSG, “sarebbe riduttivo dire che il Lens ha vinto con le armi morali dell’underdog, la grinta, la voglia, i sogni. Ha vinto soprattutto grazie a un’organizzazione che le ha permesso di essere la migliore squadra in campo”, e lo stesso si può dire di Danso, che è un difensore molto più complesso di quanto non dica l’immagine da colosso che gli vogliono disegnare intorno i giornali.

Il Lens, nonostante sia tornato in Ligue 1 da relativamente poco tempo, è sempre stato una squadra dai principi molto contemporanei - controllo del pallone, aggressività, rotazioni - e che voglia continuare a seguire questa strada lo si nota anche dall’aver scelto per questa stagione il “laptop trainer” inglese, Will Still, che dalle prime giornate è sembrato voler portare questa complessità a un livello ancora maggiore. Che Danso abbia trovato il suo posto nel mondo in una squadra così ci dice qualcosa anche della sua natura tattica, e lo stesso si può dire del fatto che nelle tre stagioni in Francia abbia giocato quasi sempre da vertice basso di una difesa a tre - quella posizione di campo in cui generalmente i centrali non sono deputati a staccarsi dalla linea per andare in anticipo sugli avversari, e sono chiamati a dare una prima organizzazione alla manovra, trovare il passaggio tra le linee, magari rompere la prima linea di pressione avversaria con una conduzione fino al centrocampo.

Per farla breve: Danso il meglio di sé lo dà quando il pallone ce l’ha tra i piedi. Certo, non è uno di quei centrali così tecnici da essere scambiati per centrocampisti fuori ruolo, ma la personalità, la chiarezza di idee, la visione di gioco lo portano lì dove la sensibilità tecnica non riuscirebbe ad arrivare. Soprattutto Danso è un difensore coraggioso, che pensa a come arriverà la palla in area avversaria già dal rimessa dal fondo, che vede il gioco con tre, quattro mosse d’anticipo rispetto agli altri, come quegli scacchisti che all’apertura hanno già capito come finirà la partita. Danso, da vertice basso, al Lens poteva essere considerato quasi un “libero offensivo” - cioè un centrale che dalla posizione più arretrata si sgancia in avanti, anziché indietro, con l’idea di incunearsi fin dentro la trequarti avversaria, un po’ come faceva Calafiori lo scorso anno con il Bologna (non è un caso che, secondo i dati StatsBomb, la scorsa stagione fosse tra i migliori centrali della Ligue 1 per deep progressions, cioè la somma di passaggi, dribbling e conduzioni nella trequarti avversaria). Da questo punto di vista, il coraggio è più di un aspetto della personalità, ma una necessità del suo gioco. Al Lens non era raro vederlo controllare sulla trequarti circondato da avversari, scaricare il pallone per lanciarsi in profondità, gestire il pallone sotto pressione con l’idea di risalire il campo.

danso1
Quanti centrali avete visto nella vostra vita salire per ricevere sulla trequarti, andare in verticale con l'esterno e lanciarsi in profondità attirando i difensori avversari? Tutto questo contro il PSG.

Danso non è un centrale che delega la prima costruzione ma che cerca di passare attraverso la squadra avversaria con un passaggio o una conduzione, e per questo non è un centrale che ama prendere la scorciatoia del lancio lungo (anche se il cambio di gioco in diagonale verso il terzino sul lato opposto del campo lo esegue con la stessa naturalezza con cui noi ci avviciniamo la tazzina di caffè alle labbra senza versarci tutto addosso). È quel tipo di difensore che dopo aver trovato un compagno libero tra le linee inizia a istruire i compagni su come dovrebbero muoversi per liberargli lo spazio. Chi non vorrebbe un difensore così?

Il problema è che Danso si va a inserire in una squadra in cui, al contrario del Lens, da anni sembra non funzionare niente. Le prime due giornate, contro Cagliari ed Empoli, hanno riproposto limiti che la Roma aveva già palesato nell’ultima parte della scorsa stagione, e che erano stati letti come scorie fisiche di un’annata lunga e logorante. Una mancanza di idee soprattutto nell’uscita del pallone dalla difesa e nella resistenza alla pressione avversaria inquietante se si pensa a quelle che teoricamente dovrebbero essere le idee di De Rossi. In questo senso, è difficile dire se l’arrivo di un centrale come Danso possa essere davvero d’aiuto, perché avere le idee chiare in una squadra che non ce le ha è impossibile per chiunque. Certo, non è ancora finito agosto e sarebbe ingiusto dare giudizi definitivi, ma se anche quest’anno i giocatori in campo dovranno cavarsela da soli sarà difficile vedere il vero Danso.

Se per esempio De Rossi vorrà continuare con la difesa a quattro, il centrale austriaco sarà chiamato a fare un lavoro di cui la Roma sembra avere disperato bisogno ma che in Francia non era certo abituato a fare, cioè accorciare sugli avversari tra le linee in avanti con uscite in anticipo aggressive. Questi sono forse gli aspetti del suo gioco che vengono più fraintesi. Danso è un centrale veloce ma non velocissimo (per intenderci non veloce come centrali che potrebbero fare gli esterni alti, come Rudiger o Kim Minjae) e quando perde il contatto fisico con l’avversario può andare in difficoltà nell’uno contro uno. Il centrale austriaco ha una sua furbizia e sa aiutarsi con le mani anche nelle situazioni più disperate, ma insomma non è quel tipo di centrale con un controllo difensivo dello spazio da Super Sayan, com’era per esempio Sergio Ramos nelle sue stagioni leggendarie al Real Madrid.

Da questo punto di vista, la difesa a tre del Lens lo aiutava anche a mascherare i suoi limiti difensivi. Permettendogli di non rompere la linea difensiva in maniera avventata, come detto, ma anche limitando la sua azione difensiva alla protezione dell’area, dove forse può già definirsi un maestro. Nella difesa delle palle alte e nei duelli difensivi, ad esempio, ma anche negli uno contro uno in spazi stretti, dove con un utilizzo del corpo magistrale può quasi sempre dire la sua, e soprattutto nella lettura delle linee di passaggio, con un uso della scivolata per l'intercetto quasi pornografico, che per il pubblico italiano potrà diventare l'aspetto più esaltante del suo gioco.

danso2

Insomma, il passaggio alla difesa a tre tanto auspicato dai siti che si occupano di cose romaniste non aiuterebbe solo la Roma ma anche Danso, a patto però che non si scambi il cambio di modulo per la panacea di tutti i mali. Più che di una nuova disposizione geometrica, la Roma infatti sembra aver bisogno di idee su come ruotare i propri giocatori, uscire in maniera pulita dalla difesa, creare occasioni da gol, difendersi. Concetti, cioè, che permettano ai giocatori di sapere cosa fare e quando farlo, che poi è uno dei motivi che hanno fatto sentire Danso a casa a Lens, oltre al calore dei tifosi che di sicuro a Roma non gli mancherà. Il centrale austriaco con ogni probabilità farà coppia con Gianluca Mancini, nella cui traiettoria a Roma forse si possono leggere i rischi e le opportunità anche del futuro di Danso. Anche Mancini, infatti, arrivò a Roma come un centrale che sembrava più abile con la palla che senza, molto utile per saltare la pressione avversaria in conduzione, e con un buon destro per la ricerca della linea di passaggio. Di quel giocatore, a Roma, abbiamo visto però molto poco, la maggior parte in quel breve periodo in cui Paulo Fonseca lo adattò a mediano facendoci vedere una visione di gioco niente male. Per il resto, però, Mancini è stato costretto a cavarsela da solo, giocando sui propri limiti invece di nasconderli, compensandoli con la violenza e l’astuzia nell’uno contro uno.

Per paradosso, il centrale italiano ha passato così tanto tempo a sbattere sui propri limiti che oggi può dire di averli in parte superati, trasfigurandosi in un difensore molto abile nell'uno contro uno, e in generale più a suo agio senza palla. Se le cose non dovessero cambiare nel prossimo futuro, con Danso potrebbe avvenire lo stesso, e magari l'enorme talento a sua disposizione lo aiuterà lo stesso a diventare ugualmente un difensore esaltante. Certo, sarebbe un grosso peccato perdere tutto quello che ci ha fatto vedere fino ad adesso, anche perché alla Roma tornerebbe molto utile.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura