La notizia della trade che ha portato Kevin Durant ai Phoenix Suns nell’ultimo giorno utile del mercato è, volenti o meno, un momento spartiacque nella NBA moderna. Prima di tutto perché giocatori del calibro di Durant non vengono mai inclusi negli scambi in situazioni normali (anche se di normale in ciò che è successo a Brooklyn negli ultimi anni non c’è niente di niente), ma soprattutto perché si tratta probabilmente della più grossa blockbuster-trade di sempre, almeno se si parla di quelle a stagione in corso. Mai in passato si era mosso un giocatore del genere, né in cambio era stata girata una ricompensa così dispendiosa (quattro prime non protette e uno swap, più due titolari giovani come Mikal Bridges e Cam Johnson, assieme al contratto in scadenza di Jae Crowder).
In un colpo solo quindi sono cambiate tantissime cose: i Nets mettono la pietra tombale all’esperimento Durant&Irving; Mat Ishbia, il nuovo proprietario dei Suns fresco di acquisto, si presenta al mondo NBA raddoppiando le tasse che avrebbe dovuto già pagare e portando in Arizona il giocatore più talentuoso ad aver mai indossato la canotta dei Suns. Allo stesso modo, però, decidono di mettere tutto quello che avevano sul tavolo e smantellare una squadra che aveva vinto 64 partite l’anno prima con lo scopo dichiarato di arrivare all'anello in questa stagione o, al massimo, alla prossima.
Un nuovo standard per la parola “Blockbuster”
Se i Lakers sono una franchigia storicamente legata alla free agency, i Suns potrebbero definirsi una franchigia legata alle trade: nella loro storia hanno scambiato, tra gli altri, per Charles Barkley, Chris Paul e Shaquille O’Neal, oltre che per Kevin Durant. Certo, a parte Barkley nessuno di questi è arrivato in Arizona all’apice della propria carriera, ma questo non significa che il loro impatto sia stato o sarà piccolo.
I proprietari NBA non sono famosi per avere pazienza con i progetti a lungo termine, e questo è vero soprattutto per i più nuovi, che spesso non si fanno problemi a smantellare una squadra verso la quale non avevano alcun attaccamento emotivo per arrivare al pezzo pregiato dal mercato. Mettere le mani su Durant è stato il biglietto di benvenuto di Ishiba, un modo per dire alla città e ai tifosi che non è arrivato a Phoenix per speculare sul valore di possedere una franchigia NBA, ma quanto piuttosto per spendere e vincere.
Ci sono quindi delle motivazioni “politiche” dietro a questo scambio, ma ovviamente non solo. Già in estate c’era stata la possibilità di vedere KD a Phoenix, dopo la richiesta avanzata dal giocatore di essere ceduto. I Suns erano considerati tra i favoriti per una serie di motivi: Monty Williams è un coach per cui Durant ha sempre straveduto; Paul e Booker sono due dei giocatori con cui ha legato maggiormente durante la parentesi di Team USA e le olimpiadi di Tokyo e, soprattutto, la squadra dell’Arizona era una contender con ancora intatto il suo bottino di scelte al draft, giocatori in scadenza e giovani asset.
Lo scambio in estate non si era concretizzato, si dice, per il mancato interesse di Brooklyn per Ayton e per l’intervento di Joe Tsai, il proprietario della franchigia, che aveva convinto Durant a restare. Cosa è cambiato nel frattempo allora? Certo, la nuova insistenza di Durant, perso anche il soldale Irving, deve aver cambiato le cose, ma probabilmente c’entra anche il pacchetto offerto: niente Ayton (che, però, è stata forse Phoenix a non voler più cedere) e dentro quattro prime scelte completamente non protette, uno swap e due giocatori del quintetto titolare che hanno sotto i trent'anni. Un prezzo altissimo per una squadra che a questo punto ha due dei suoi tre migliori giocatori con rispettivamente 34 e 37 anni. Soprattutto Chris Paul non è mai sembrato così “vecchio” come in questa stagione. Si tratta fondamentalmente di quanto i Timberwolves hanno pagato per Gobert (una trade a suo modo ancora più folle) più Mikal Bridges e Cam Johnson. Ma quello, occorre ricordarlo sempre, è Kevin Durant, è un cheat in questo gioco, l’unicorno originale.
I Nets, per come si era messa, escono in maniera tutto sommato non terribile da questa intensa settimana (e altro potrebbe succedere nelle prossime ore). Certo, solo due anni fa aggiungevano James Harden al loro duo, assemblando un terzetto senza pari in NBA e oggi sono di nuovo al capitolo “rifondazione”. Tutti gli psicodrammi degli ultimi 24 mesi hanno reso il lavoro di Sean Marks un inferno, ma ne è uscito bene. I Nets hanno ottenuto 5 scelte non protette (quattro di Phoenix e una di Dallas), uno swap (con Phoenix nel 2028), dei più che solidi titolari NBA (Dorian Finney-Smith, Nic Claxton, Spencer Dinwiddie, Cam Johnson) oltre a due giocatori di talento come Cam Thomas e Mikal Bridges.
Se questi giocatori non faranno vincere un titolo a Brooklyn, sono potenziali asset da cui ripartire magari ottenendo altro sul mercato. Considerando quanto i Raptors stanno chiedendo per OG Anunoby, è lecito pensare che i Nets possano fare altrettanto, o anche di più, per un giocatore come Mikal Bridges in continuo miglioramento nelle ultime stagioni.
Nuovi equilibri nel deserto
I Suns invece mettono le mani su un hall of famer, uno dei migliori attaccanti della storia del gioco, oltre che solidissimo difensore. Per quanto le scelte professionali di Durant siano state tragicomiche nell’ultimo periodo, il suo gioco rimane impeccabile. Non scopriamo certo oggi che si tratta del miglior giocatore in uno contro uno del pianeta, con un rilascio immarcabile a quell’altezza. Dopo l’infortunio che poteva costargli la carriera nelle finali del 2019 Durant è sicuramente cambiato, ma non ha certo perso la sua capacità di fare canestro. Ha trovato nel tiro dalla media distanza il suo nuovo territorio di caccia, restringendo il suo raggio d’azione, ma rimane il miglior attaccante possibile da avere in una squadra.
Ai Suns arriva in una squadra che dovrà per forza cambiare. Una squadra che stava navigando in un limbo e che ora dovrà trovare un nuovo assetto e un fit tra i migliori giocatori per ottenere quello che vuole e terrorizzare il resto dell’Ovest. Fino a due giorni fa i Suns erano una squadra all’antitesi rispetto a Durant, dove l’unico vero realizzatore (Devin Booker) si muoveva in un gioco corale e quasi sinfonico tra le parti. I Suns attaccano le difese avversarie in maniera strategica, individuando il punto debole della difesa e lo puniscono facendolo rimbalzare in un ping-pong di blocchi e tagli.
In questa azione dell’ultima partita dei vecchi Suns, Phoenix individua in Cam Thomas il punto debole della difesa dei Nets, nel giro di un secondo Thomas deve difendere su due blocchi che lo mettono al centro dell’azione, passando a marcare Cam Johnson, Ayton e Booker in una sequenza di switch che lo vede perdere Cam Johnson nella terra di nessuno: splash.
Ovviamente l’attacco dei Suns non deve essere rivoluzionato dall’arrivo di Durant: i principi del gioco possono rimanere gli stessi e trovare nuovi dubbi a cui sottoporre le difese avversarie, che con un giocatore come KD in campo non faranno altro che aumentare.
Questo double drag con Cam e Ayton potrebbe essere una tortura inserendo Durant nel mix, in questo caso la difesa cambia e collassa su Ayton, lasciando l’attaccante solo in punta, se ci fosse Kevin Durant probabilmente Ayton e Chris Paul avrebbero un 2vs1 in mezzo all’area su cui vivacchiare (notare che è di nuovo Cam Thomas la vittima designata).
Ma più di ogni altra cosa, l’aggiunta di Durant dà a Phoenix il tassello che mancava alla squadra delle ultime due stagioni. Quella che nella finale contro Milwaukee, e per tutti gli scorsi playoff, era stata messa in crisi proprio per la rigidità del proprio sistema. Se in regular season, con pochi giorni per preparare la partita, avere un sistema d’attacco corale come quello dei Suns permette di fare a fette le difese avversarie, ai playoff le avversarie si adeguano. Pressare Chris Paul a tutto campo e raddoppiare sistematicamente Booker lasciava Phoenix in una posizione di debolezza. Improvvisamente gli altri 3 giocatori dovevano creare qualcosa dal palleggio, e nessuno di loro aveva la capacità di creare “something out of nothing”. Questo portava i Suns a fermarsi completamente, uscire dallo spartito e inanellare una sequenza di possessi orrendi che risultavano in un’imbarcata colossale, di cui Gara-7 contro i Mavericks ne è la Guernica.
Con Durant ora questo piano non sarà più possibile per le squadre avversarie. Inoltre è un'aggiunta rivoluzionaria per Devin Booker, che in carriera non ha mai avuto un compagno da 20 o più punti a partita (eccezion fatta per Eric Bledsoe, sigh, nel suo anno da rookie). Ora passa dall’avere il massimo delle attenzioni delle difese avversarie a essere il secondo scorer della squadra. È, in qualche modo, quello che successe quando KD andò agli Warriors, dove c’è un sistema offensivo ben strutturato e un giocatore capace di creare dal palleggio cui tutte le difese devono dare le massime attenzioni. Il suo arrivo rese i Warriors una corazzata imbattibile, per i Suns basterebbe farne il cosplay per 5 mesi per ripagare il prezzo di questa trade.
I miglioramenti sulla palla di Mikal sembravano aver regalato una nuova arma a Phoenix, con lui e Booker che si portano i blocchi a vicenda in un P&R che lascerebbe pochi aggiustamenti alle difese avversarie, adesso sostituite Bridges con Durant.
I rischi di questa trade
Ma il prezzo pagato per Durant, per quanto giustificabile, è alto e Phoenix non ha ancora vinto nulla. Molte cose possono andare storte: prima di tutto, i Suns sono fragili fisicamente. Booker è appena tornato dal suo terzo (!!!) infortunio stagionale, Chris Paul -sebbene sembra migliorare nelle ultime settimane- è stato fuori per infortunio per gran parte della stagione e mai come quest’anno sembra senza fiato alla fine delle partite, mentre Ayton ha perso diverse partite per ricadute alla caviglia. Lo stesso Durant è fuori per infortunio e non c’è nemmeno una data per capire quando ritornerà in campo. Nel mentre i Suns hanno ceduto due giocatori di 26 anni di cui uno, Mikal Bridges, è la quintessenza della salute fisica, non avendo mai perso una singola partita giocata. La capacità di essere sempre disponibile per giocare è forse la dote più sottovalutata in questa lega. A questo si aggiunge che i Suns sono diventati molto corti, talmente tanto che non sappiamo ancora chi sarà il loro quinto titolare.
C’è poi l’aspetto difensivo: se già in questa stagione stavano mostrando segni di cedimento, perdere il loro miglior difensore sugli esterni e sulle guardie li penalizza ulteriormente. I Suns essenzialmente non hanno un difensore sul point of attack, a meno che Landry Shamet non faccia balzi in avanti giganteschi o che Josh Okogie non trovi il modo di stare in campo per molti minuti a partita. Devin Booker è migliorato esponenzialmente in difesa e non è stato raro vederlo sul miglior attaccante avversario per molti possessi nella passata stagione, ora però il rischio è che dovrà farlo ogni singolo possesso.
È possibile che il mercato dei Suns non finisca qui, dato che ci sono tanti lunghi a roster (oltre a Ayton e Durant ci sono Dario Saric,Bismack Biyombo e Jock Landale) mentre la rotazioni delle ali è ai minimi storici (il già citato Jeff Okogie, il rientrante TJ Warren e Damion Lee per qualche minuto). Nessuno di questi giocatori è scarsissimo o sta giocando male, e anzi forse sono state proprio le loro buone prestazioni a convincere la dirigenza a premere il grilletto per la trade. Andrà visto però se saranno in grado di passare dall’essere giocatori in fondo alla rotazione ad essere giocatori di rotazione.
Ma il vero punto di svolta, e forse la cosa che ha spiazzato di più i tifosi di Phoenix, al di là della trade in sé, è che DeAndre Ayton sia ancora a Phoenix, e probabilmente a questo punto dovrebbe restarci a lungo. Dopo i dissidi con Monty Williams in post season e la storia del rinnovo-non rinnovo in estate, con i Suns che hanno pareggiato in pochi secondi l’offerta di Indiana, Ayton oggi è ancora più importante e ancora più al centro del progetto tecnico che mai.
Come il suo gioco dovrà adattarsi alla presenza di Durant è tutto da vedere, ma sebbene in difesa sarà chiamato ancora di più a essere quello che risolve i problemi, i suoi spazi e possessi in attacco saranno tutti da ritrovare. Non tanto nel lavoro di blocchi e rimbalzi (cosa per la quale i suoi stessi tifosi lo apprezzano davvero troppo poco), ma quanto per quali saranno i suoi tiri e dove avverranno i suoi tocchi. Togliere Bridges e Johnson per inserire KD sposta il baricentro dell’attacco ancora più vicino al canestro (e giustamente, dato che ora i Suns hanno forse i tre migliori realizzatori dal midrange della lega), ma Ayton non ha ancora la minima parvenza di un gioco perimetrale o la capacità di mettere palla a terra, e come spesso accade per i lunghi che sono sottoposti perennemente a un ruolo di supporto, la sua felicità e coinvolgimento in attacco è direttamente legata al suo rendimento difensivo.
Ayton svogliato e senza interesse è peggio di Biyombo; Ayton coinvolto e al centro delle attenzioni di squadra è un giocatore che sposta. Se l’intesa e gli spazi con Booker e Paul sono già cementificati, quelli con Durant sarebbero ovviamente da inventare, e i Suns hanno dannatamente fretta.
La post season inizia tra 61 giorni, non è chiaro quando Durant tornerà dall’infortunio e in che stato sarà. La sua salute fisica è la più grande incognita di questa squadra. Ma se questa dovesse essere disponibile e i Suns dovessero trovare una soluzione in difesa, l’unica domanda possibile sarebbe “come si fermano?”. Ma la bellezza di una trade del genere è anche questa: i Nets aspettano sulla riva del fiume che la loro scommessa paghi; i Suns hanno messo tutto ciò che potevano sul tavolo per quel primo agognatissimo primo anello della loro storia. Per i Suns è il più classico dei Title or Bust: la finestra per vincere un titolo è diventata molto corta, ma questa trade la spalanca.