Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Kevin Lasagna contro la porta avversaria
28 set 2022
Un'anomalia statistica del nostro campionato da anni.
(articolo)
10 min
Dark mode
(ON)

All’alba della scorsa stagione, durante l’estate, Kevin Lasagna sembrava dover cambiare squadra. L’Hellas Verona lo aveva di fatto appena acquistato, rispettando l’obbligo di riscatto stabilito con l’Udinese a gennaio. Lasagna però aveva segnato solo due gol durante quei mesi, gli stessi che aveva realizzato nel girone d’andata in Friuli. La stagione precedente era stato un giocatore fondamentale della salvezza dell’Udinese: aveva segnato 10 gol, aveva indossato la fascia da capitano e parlato da leader carismatico: «La salvezza è stata troppo sofferta, non volevamo arrivare fino a questo punto». L’anno dopo però il suo rapporto con la porta si inceppa. Non solo segna poco, ma soprattutto segna poco rispetto alle occasioni a disposizione. La storia di Lasagna comincia a essere la storia dei suoi gol sbagliati.

In quell’estate si parla di un possibile scambio con Giovanni Simeone del Cagliari, altro centravanti sprecone, che sembra aver completamente smarrito la strada verso la porta avversaria. Alla fine Lasagna resta e si dichiara fiducioso per la nuova stagione: «Ho segnato poco ma voglio restare e tornare a segnare di più, dimostrare di valere. Voglio guadagnarmi la fiducia di mister Di Francesco». Lasagna resta, l’Hellas passa da Di Francesco a Tudor in panchina, e passa da candidata probabile per la retrocessione a squadra rivelazione del campionato. Quello che non cambia è il controverso rapporto tra Kevin Lasagna e la porta avversaria.

È curioso che nel frattempo invece Simeone - nel frattempo finito proprio al Verona senza che il Cagliari si sia preso Lasagna - sia riuscito a sbloccarsi, stappando il suo blocco da gol in modo eclatante e clamoroso. Come se avesse riacquistato un senso perduto. I due centravanti storicamente inconcludenti del nostro campionato hanno giocato fianco a fianco, e l’uno ha potuto vedere nell’altro il riflesso di quello che poteva succedere: ritornare al gol, a una confidenza con la porta che per certi attaccanti sembra solo una distribuzione casuale di fortuna. Oppure rimanere incastrato nel proprio limbo maledetto.

Mentre Simeone segnava 17 gol in campionato, Lasagna continuava a sbagliare i suoi.

Qualche anno fa Lasagna sarebbe stato un attaccante che “si mangia i gol” ma in quest’epoca di statistiche avanzate l’incapacità di Lasagna è diventata del tutto misurabile. La colonnina delle sue underperformance offensive - su Fbref, dati Statsbomb -, l’insieme di quei numeretti rossi come la matita degli insegnanti, ha un’aria misera: -1,4; -1,5; -1,6; -2,6; -5,3. Non sono numeri muti ma raccontano il dramma di Kevin Lasagna, che scorre sotterraneo da almeno un paio d’anni ed è sostanzialmente ignorato tranne da chi ha creduto in un suo riscatto al Fantacalcio. Solo in una stagione di Serie A in carriera, Kevin Lasagna non ha segnato meno di quanto di quanto avrebbe potuto. Il dramma atavico di un centravanti che non riesce più a fare il suo lavoro: come un pittore che all’improvviso non sa più dipingere, un idraulico che non sa più aggiustare i lavandini, un cantante che perde la voce.

Questo non è un articolo su un centravanti scarso, dai mezzi modesti. Sarebbe un’operazione di cattivo gusto. A rendere il dramma di Lasagna particolarmente bruciante è la sua incapacità a fare gol nonostante i suoi mezzi dovrebbero teoricamente permetterglielo. Lasagna non avrà i piedi più dolci del mondo, ma ha doti atletiche notevoli. Quando scatta oltre la difesa è difficile da contrastare in velocità e nel duello corpo a corpo. Andrea Nuti, preparatore del Carpi che era stato anche all'Inter, dice che gli è capitato di rado di vedere un giocatore con le sue qualità atletiche. La sua tecnica in conduzione non è niente male e si vede che nelle giovanili del Chievo Verona giocava ala.

Se Lasagna fosse semplicemente scarso non sarebbe mai stato convocato in Nazionale, dove ha messo insieme 7 presenze. Se fosse scarso non giocherebbe ancora in Serie A dopo due annate da 6 gol segnati in più di tremila minuti giocati (nel nono percentile degli attaccanti nei cinque maggiori campionati europei). Se Lasagna fosse semplicemente scarso non avrebbe segnato questa doppietta all’Hoffenheim nel pre-campionato. Due gol molto diversi che però contengono entrambi una grande sensibilità balistica, creatività, visione della porta. Tutte cose che appartengono ai centravanti e che non sembrano ultimamente appartenere a Kevin Lasagna. Un gol eccezionale in una partita può capitare a chiunque, ma due gol eccezionali no. Se l’Hellas Verona e Cioffi hanno continuato a credere in lui, se non lo hanno venduto e continuano a farlo giocare, è perché le capacità ci sono.

Con crudeltà, il pre-campionato è stato il miglior momento di Lasagna, quello in cui è stato il terminale più affidabile del Verona di Cioffi. Per questo è partito titolare, per questo noi lo consigliavamo nell’articolo sull’Hellas Verona di inizio anno come una scommessa da fare. La presenza accanto a lui di Thomas Henry pareva ideale per aprirgli spazi, esaltare i suoi tagli interno-esterno, correre in esplorazione dei territori al di là delle difese altrui. È un attaccante generoso, che non si risparmia quando si tratta di correre per allungare la squadra. Era fiducioso: «Con Cioffi si è cambiato modo di giocare e questo può avvantaggiarmi. C’è tanta ricerca della profondità. Non pressiamo alti come l’anno scorso e quindi ho più spazio. Quello che chiedeva Juric, era venire incontro. Una modalità di stare in campo che conoscevo poco».

Lasagna ha segnato alla prima giornata contro il Napoli, e poi è tornato nel suo sottosopra di tiri sbilenchi, occasioni sprecate e facce sconfortate dopo gli errori. Tutti gli attaccanti sono disperati dopo un errore, eppure nessuno pare disperato quanto Kevin Lasagna. Anzi, più che disperato sembra stupito. Ogni volta pare sinceramente meravigliato di non aver segnato. Come se qualcuno gli avesse appena giocato un brutto scherzo.

E in certe conclusioni sembra davvero così, che qualcuno abbia manomesso le misure del campo. Guardate qui: non è che qualcuno gli ha spostato la porta del Bologna all’ultimo momento? Lui era andato così sicuro su quel tiro.

Da inizio anno ha segnato una sola rete nonostante abbia messo insieme praticamente gli stessi npxG di Marko Arnautovic, capocannoniere del campionato, quasi gli stessi di Dybala, Beto o Lautaro Martinez. Lo scorso anno ha faticato a trovare continuità anche a causa di diversi problemi fisici. L’anno prima il vero disastro, con 2 gol segnati a fronte di 7,3 npxG, la peggiore performance dell’intero campionato. Per dare una misura, con xG simili ai suoi Rebic ha segnato 11 gol, Messias 9. A un certo punto la scarsa vena realizzativa di Lasagna pareva la causa unica degli scarsi risultati dell’Udinese, e della panchina di Gotti in bilico. Uscivano articoli intitolati “Lo sprecone Lasagna e l’anomalia Udinese”. Anche qui sottolineavamo la situazione paradossale. La squadra giocava bene, costruiva molto, poi arrivava Lasagna con le sue bombe sopra le righe, assolutamente fuori contesto. Tiri veramente molto forti, esagerati. Così forti che Lasagna sembra cadere travolto dalla potenza del suo stesso tiro.

Altre volte, pur inserendosi con tempi esatti, pur coordinando bene il corpo, il pallone pare incocciare su di uno spigolo, oppure essere animato da una propria fisica capricciosa. Per certi attaccanti, in certi momenti della carriera, il pallone sembra davvero un Dio maligno e ingestibile.

Lasagna è passato dalla promozione alla Serie A nel giro di tre anni. A vent’anni giocava ancora in promozione, poi due anni di Serie D, prima del Carpi con cui ha iniziato la scalata. Quando è arrivato in A, con quel cognome buffo e la storia operaia, si candidava a essere il nostro Jamie Vardy. Sembrava anche quel tipo di centravanti: intenso, con forti istinti verticali, difficile da contenere nei suoi scatti in profondità. La prima volta ha segnato 5 reti ma quando è tornato, dopo un’altra parentesi in B, ne ha fatti 12.

La stagione di due anni fa è arrivata in un momento in cui Kevin Lasagna sembrava pronto a salire ancora di livello. Era stato convocato in Nazionale per sostituire Zaza e aveva servito a Biraghi l’assist che ha evitato all’Italia la retrocessione in Lega B di Nations League. Si parlava di un interesse del Napoli che doveva sostituire Milik - Giuntoli, il DS, lo aveva portato a Carpi. Certo, di attaccanti strani il Napoli ne ha comprati in questi anni (Inglese, Ciciretti) ma Lasagna sembrava avere senso in quel momento. Poi è come se qualcosa, nei suoi piedi, si fosse irrimediabilmente compromesso. Diciamo l’ovvio, ma c’è un problema di precisione nei tiri di Lasagna. Le sue conclusioni oscillano tra la perfezione balistica irreale da manga alle comiche. Sembra del tutto casuale. Il suo piede può trovare conclusioni di assoluta esattezza.

Ma altre volte, se non sistema ogni piccolo dettaglio della sua coordinazione, i suoi tiri partono per prendere la rotta per una diversa e lontana costellazione. Lasagna non sembra calciare la palla per indirizzarla da qualche parte, ma solo per il gusto, anzi il bisogno, di calciarla. Calciarla nel modo più violento possibile. Farle male, romperla, scoppiarla.

«Volano gli uccelli volano / Nello spazio tra le nuvole / Con le regole assegnate / A questa parte di universo / Al nostro sistema solare» cantava Franco Battiato.

Cosa dicono i numeri dei tiri di Kevin Lasagna. Per esempio che quest’anno ha preso la porta solo 3 volte su 20 tentativi. Il suo dramma nasce anche dal fatto che è un attaccante che tira molto: solo 8 giocatori in Serie A hanno calciato più di lui in questo inizio di stagione. Quando parte in velocità, o prepara la conclusione negli ultimi venti metri, è incredibilmente efficace. Si può dire che la preparazione al tiro sia una delle sue migliori qualità, e il modo in cui non riesce a concretizzare il vantaggio costruito è frustrante. Sembra che Lasagna ricerchi troppo il tiro perfetto: conclusioni troppo forti, o troppo angolate, o comunque dall’altissimo coefficiente di difficoltà. Dimentichiamo che a volte che i grandi finalizzatori non spiccano solo per la tecnica di tiro, ma anche per trovare sempre il compromesso migliori possibile che la situazione di gioco gli pone davanti. La sua imprecisione nasce anche da qualche limite tecnico, certo, ma Lasagna sembra mancare soprattutto della necessaria furbizia, o intelligenza, o freddezza o come si vuole chiamare quell’istinto che hanno gli attaccanti per superare i portieri anche senza concludere impeccabilmente. Certo, il Verona di Cioffi non fa molto per costruirgli occasioni pulite. È la penultima squadra della Serie A per xG prodotti su azione, l’ultima per tiri. Non è il contesto migliore per Lasagna, che finisce per incaponirsi in giocate individuali sempre un filo troppo ambiziose. Se continua a giocare, però, è soprattutto per il suo spirito d'abnegazione, per il lavoro che fa per la squadra lontano dalla porta e dalla palla.

Lasagna ha una storia di gavetta profonda. Una storia cominciata in un paesino abbarbicato sulle sponde del Po. Una storia di pianura padana, di campi gelati, avvolti nella nebbia, in cui si segnano gol che sembrano appartenere a un’altra realtà. Frequentava le partite tra carabinieri e finanzieri, o tornei notturni in cui i calciatori girano per questi campi rotti come bestie al pascolo, arrotondava lo stipendio nei tornei estivi di calcio a sei. Veniva pagato 50 euro a partita più i soldi della benzina. In palio c’erano maiali da 160 chili e lui era considerato la riserva di altri giocatori non professionisti.

In un’intervista alla Gazzetta di Mantova della scorsa estate Lasagna aveva dichiarato di voler tornare in Nazionale. L’impressione è che gli manchi sempre pochissimo per sbloccarsi, che ci sia uno spazio davvero risicato che separa Kevin Lasagna dal digiuno totale di oggi e una stagione in doppia cifra; che ci sia una specie di velo tra lui e la porta, che la rende opaca e distante. È impossibile non fare il tifo per lui.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura