Kim Min-Jae ha vinto il premio di calciatore del mese AIC di ottobre, raccogliendo quindi lo scettro da Marko Arnautovic, che aveva vinto a settembre.
Kim Min-Jae è arrivato in estate in un misto di entusiasmo e scetticismo. Quel particolare sentimento che si riserva ai giocatori esotici, che vorremmo che funzionassero ma che abbiamo la preoccupazione che possano essere un pensiero scemo, una sbandata estiva. Eppure Min-Jae aveva un curriculum promettente. 25 anni è l’età in cui un difensore entra nel proprio prime, e Min-Jae ci è arrivato attraverso un percorso inusuale forse per la nostra idea di un difensore di alto livello, passando dalla Corea alla Cina, e infine consacrandosi in Turchia, nel Fenerbahce, in uno degli ambienti più ostili d’Europa, dove si è guadagnato il soprannome pieno di street cred “Il mostro”.
È un soprannome che descrive bene le sue doti sopra la media, ma che racconta anche il suo stile brutale, la sua forza fisica, la sua corsa vagamente minacciosa quando chiude sugli attaccanti e sembra effettivamente volerseli mangiare, fargli qualcosa di peggio che togliergli soltanto il pallone, od ostacolarli. Più che un mostro sembra un personaggio di Street Fighter, anche per l’incredibile tatuaggio ultra-definito sulla sua schiena, con un Gesù benedicente che si erge sopra una catasta di demoni. Min-Jae è un difensore moderno, o almeno così descriviamo quei difensori che amano difendere in avanti, dominare gli attaccanti fisicamente, e che in più hanno doti atletiche eccezionali, che li mettono a proprio agio anche nella complessa situazione tattica e psicologica di lasciare scoperti decine e decine di metri di campo alle proprie spalle. Tutte queste cose già le sapevamo, più o meno, quando è arrivato in estate in Italia, in un periodo in cui diversi club europei - pare - volessero comprarlo. Un conto però è avere queste doti in astratto, e un conto è saperle esercitare senza sbavature anche in un campionato difficile come quello italiano. Un campionato in cui magari i difensori possono difendere in contesti meno ansiogeni della Premier League - dove l’intensità disordina tempi e spazi e ai difensori occorre sangue freddo per poter ricucire tutto, tamponare il caos. Però è un campionato in cui ai difensori viene perdonato poco, soprattutto ai difensori come Min-Jae, che col loro stile esuberante sono fisiologicamente più inclini a qualche errore.
Ecco, Min-Jae queste doti le ha mostrate sin dalla prima giornata, senza risentire il benché minimo problema di adattamento. Demolendo subito tutto lo scetticismo che si può nutrire su un difensore che non ha mai giocato in quelli che consideriamo campionato “di alto livello”. Un difensore che non conosce la lingua, che fino a due anni fa era nel campionato cinese.
Poi c’era un livello supplementare di scetticismo, perché Min-Jae non veniva a ricoprire un ruolo qualsiasi ma a raccogliere l’eredità di uno dei migliori difensori della storia del Napoli, uno dei migliori in Serie A per diversi anni, Kalidou Koulibaly. Min-Jae magari era forte, ma era abbastanza forte da poter raccogliere quel tipo di eredità?
Koulibaly per il Napoli era fenomenale in tutto ciò che si richiede oggi a un difensore, ma soprattutto per quella capacità, a volte intangibile altre evidente, di difendere per due. Di coprire le falle dei compagni, di annichilire gli attaccanti avversari e ribaltare l’azione, suonare la carica. Si diceva che Koulibaly giocasse bene grazie alla sapienza difensiva di Albiol ma, dopo un anno interlocutorio, insieme a Rrahmani ha giocato una delle sue più impressionanti stagioni in carriera. Min-Jae avrebbe mantenuto questo livello di prestazioni? Avrebbe avuto uno standard così alto da trascinare in alto un buon difensore come Rrahmani? Quanto calo avrebbe potuto permettersi il Napoli rispetto a Koulibaly?
In questo ottobre, in cui Min-Jae ha vinto il premio di calciatore del mese, non solo ha dimostrato di poter giocare con Rrahmani, ma anche senza. L’assenza del difensore kosovaro ha messo sulle spalle di Min-Jae ancora più responsabilità. Si diceva da inizio anno: il Napoli ha molte soluzioni offensive ma poche difensive. Manca un terzo centrale di alto livello. Con Rrahmani fuori per infortunio Min-Jae ha avuto al suo fianco Juan Jesus - che sembrava francamente a fine corsa un paio d’anni fa - e Ostigard, ruvido e inesperto. Il Napoli ha subito più gol del solito, ma senza mai mettere a rischio le proprie vittorie.
È un segno che il sistema funziona. Lo sappiamo: non difende solo la coppia di centrali, né solo la difesa, ma tutta la squadra, e la qualità con cui difende il Napoli è sempre connessa alla qualità con cui attacca. Min-Jae, però, ha fatto un po’ di più di una semplice parte da ingranaggio. Si è consacrato a ottobre come uno dei migliori centrali difensivi del campionato. Un mese in cui ha fronteggiato attacchi e attaccanti molto diversi. Ha giocato a sinistra con Ostigard o a destra con Juan Jesus. Ha affrontato la pressione alta, l’intensità e i duelli uno contro uno del Torino. Le partite insidiose con Bologna e Cremonese e poi la partita con la Roma, la più complicata del mese del Napoli, per la strategia pienamente distruttiva (ma efficace) di Mourinho. In quella partita il Napoli pressava in alto, accettando tanti tre contro tre con gli attaccanti della Roma. La squadra di Mourinho non cercava di consolidare il possesso ma cercava presto le punte con un lancio lungo diretto di Rui Patricio. Min-Jae e Juan Jesus hanno affrontato lunghe sequenze di duelli aerei o di corpo a corpo con Zaniolo, Pellegrini e Abraham, tra i tre attaccanti più pericolosi del campionato, uscendone più o meno sempre da vincitori.
Contro la Roma ha dominato nei duelli aerei, uno dei fondamentali su cui sta spiccando (nonostante si sia fatto saltare in testa da van Dijk in Champions, ma insomma). È il giocatore della Serie A che ha vinto più duelli aerei, dopo Martinez-Quarta.
Radar creato grazie a IQ Soccer di Statsbomb.
Capitava spesso che Min-Jae si staccasse dalla sua posizione per seguire Abraham quasi a uomo, come se lo avesse preso in consegna dall’inizio della partita. Il suo obiettivo era sempre togliere tempo e spazio all’attaccante della Roma. Appena questo non era perfetto nel controllo, Min-Jae aumentava la pressione, gli mangiava campo. È un difensore che usa molto il corpo per manipolare gli attaccanti, che gli sbarra la strada prima con la figura, per deviarne la corsa. In un’occasione Abraham è riuscito a superarlo, ma solo perché ha avuto una di quelle sue intuizioni geniali per fare leva sulla pressione di Min-Jae e girargli attorno.
Quella con la Roma non è stata l’unica partita in cui con la sua esuberanza Min-Jae sembrava volere e potere tutto lo spazio difensivo. Come se il Napoli potesse in fondo giocare con un solo difensore centrale. Contro il Cremonese c’è un’azione in cui Dessers riesce a spostare Rrahmani usando il fisico, e Min-Jae è tempestivo a chiudere subito.
Forse il Napoli ha perso qualcosa nella qualità dell’impostazione, Min-Jae è spesso conservativo nelle sue scelte, ma col tempo sta trovando più coraggio anche nel provare soluzioni più rischiose. La sua precisione nel gioco lungo è ottima, anche se la sua tecnica è così brutale che non si direbbe. Nella partita contro il Sassuolo il primo gol di Osimhen nasce da un suo lancio lungo verso Di Lorenzo.
La sostituzione di Koulibaly, capitano e leader tecnico ed emotivo della squadra, era forse il passaggio più difficile per il nuovo Napoli. Che Min-Jae si sia fatto trovare così pronto all’istante non possiamo darlo per scontato, anche se forse potevamo intuirlo anche in quel momento buffo in cui ha cantato Gangnam Style alla fine di una cena della squadra, sottoponendosi a un rito per i nuovi arrivati con tutta la sua personalità. Anche Spalletti ha citato quell’episodio: «Quando l’ho visto cantare Gangnam Style ai suoi compagni l’ho trovato una persona molto interessante. Dopo il suo primo allenamento parlava a sé stesso in italiano».
Spalletti ha rivelato che a inizio stagione Min-Jae era preoccupato di dover giocare a sinistra e che quando contro l’Ajax ha potuto giocare a destra gli ha detto “finalmente!”. Contro il Liverpool è arrivata qualche critica, per le sue marcature in area di rigore su calcio d’angolo. È vero però che Salah è forse il giocatore che lo ha messo più in difficoltà (anche se poco prima dell’ora di gioco lo recupera con una ferocia, appunto, da mostro), così come Salah è stato uno degli attaccanti più difficili da marcare per Koulibaly. Stiamo del resto parlando di uno degli attaccanti più temibili d’Europa, non gli toccheranno tutte le settimane. Bisognerà vedere come Min-Jae riuscirà ad assorbire i primi momenti di difficoltà che arriveranno per il Napoli - perché arrivano sempre per tutte le squadre. Per ora ha superato tutte le prove andando ben oltre le nostre aspettative.