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Kvaratskhelia è un giocatore davvero unico
03 mag 2022
Un'ala dribblomane e ambidestra con il fisico da peso medio UFC.
(articolo)
9 min
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Lo scorso novembre la Svezia ha affrontato la Georgia nella città costiera di Batumi, anche conosciuta come la “Las Vegas del Mar Nero”. In campo c’erano Ibrahimovic, da poco tornato in Nazionale, Isak, Forsberg, Kulusevski. Alla Svezia serviva una vittoria per continuare a giocarsi il primo posto con la Spagna nel girone di qualificazione per il prossimo Mondiale, la Georgia invece era già senza speranze con solo quattro punti in classifica. È stata una piccola sorpresa, quindi, il fatto che da quella partita - vinta 2-0 dalla squadra di casa - sia uscito il nome di Khvicha Kvaratskhelia. Piccola, comunque, perché per quanto difficile da pronunciare, il suo nome era già iniziato a circolare tra gli addetti ai lavori e tra quei tifosi sempre alla ricerca di giovani fenomeni con cui farsi belli su Twitter.

In quella partita Kvaratskhelia ha segnato un gol in mischia, da pochi passi, e un secondo gol con una bella progressione cominciata quasi da centrocampo, in cui prima resiste a Kulusevski proteggendo palla con il corpo e poi vince un rimpallo fortunato con Lindelof. Non esattamente i due gol più rappresentativi del suo talento ma poco importa, la curiosità di vederlo giocare contro calciatori di alto livello era stata pienamente soddisfatta. Sei mesi fa Khvicha Kvaratskhelia era un ventenne con un talento piuttosto appariscente ma delle credenziali ancora tutte da verificare. D’accordo, era stato eletto giocatore georgiano e miglior giovane del campionato russo ad appena diciannove anni (2020), ma veniva da una stagione e mezzo tra i professionisti, in un campionato non molto competitivo. Per questo la partita con la Svezia è stata un’importante conferma, forse la prima volta in cui il suo nome è stato ripassato a penna sui taccuini dei dirigenti di mezza Europa.

Certo la curiosità e lo scetticismo, che per forza di cose la accompagna in questi casi, ci sono ancora. Anche dopo che Putin ha invaso l’Ucraina e Kvaratskhelia ha approfittato del permesso della FIFA per svincolarsi dal Rubin Kazan e della pausa per le Nazionali di fine marzo per lasciare la Russia. E a maggior ragione dopo che, di passaggio alla Dinamo Batumi, prima in classifica nel campionato georgiano, Kvaratskhelia ha firmato un contratto nuovo di zecca con il Napoli. Oggi più che mai il desiderio di vederlo in un contesto maggiormente competitivo è forte.

Nel calcio di questi anni sarebbe bene non fare scommesse troppo rischiose, senza mettere in gioco parti del proprio corpo, cioè, eppure chi scrive sarebbe pronto a scommettere almeno il mignolo della propria mano sinistra - con cui comunque scrivo, gioco alla play e faccio molte altre cose, per cui la contropartita dovrebbe quanto meno cambiarmi la vita - sul fatto che Khvicha Kvaratskhelia avrà un futuro radioso nel campionato italiano. Oppure mettiamola così: Khvicha Kvaratskhelia è quanto meno il tipo di giocatore per cui sarei felice di perdere un’appendice non fondamentale del mio corpo.

Che tipo di giocatore è Khvicha Kvaratskhelia? Unico. Un dribblomane col fisico da peso medio UFC, che può correre cinquanta metri palla al piede ad altissima velocità senza perdere il controllo tecnico del pallone, per poi crossare con parabole taglienti tra difesa e portiere o calciare sassate con entrambi i piedi. Uno di quei talenti offensivi che nel calcio italiano mancano ma che, ce n’è uno, il calcio italiano sembra far tutto per distruggere, schiacciandolo sotto aspettative e critiche che neanche il giovane Cristiano Ronaldo avrebbe sostenuto - forse.

Il coetaneo e compagno di Nazionale Zuriko Davitashvili ha detto che Kvaratskhelia merita di essere chiamato "The Georgian Messi". A Batumi intanto si diverte.

Da quando è diventato un giocatore del Napoli - che ha avuto la meglio sulla concorrenza di squadre come Milan e Arsenal: magari anche per merito del mare? - di Khvicha Kvaratskhelia ci arrivano notizie praticamente quotidiane. È bastato un infortunio muscolare per mettere in agitazione redazioni e tifosi e l’attesa per il suo arrivo ci dice sia dell’entusiasmo che ha suscitato sia delle pressioni che cominciano a montare.

Per questo, anziché sbilanciarmi ulteriormente in previsioni che mettano in pericolo la mia integrità fisica, dirò due cose che aiutano a mettere in prospettiva il talento di Kvaratskhelia. La prima è che la tradizione calcistica georgiana è fatta di giocatori come lui. Nello suo studio Erik R. Scott - Soccer Artistry and the Secret Police: Georgian Football in the Multiethnic Soviet Empire - scrive che è già dai tempi della Dinamo Tiblisi del 1925 che i calciatori georgiani venivano associati a uno stile «che valorizzava l’artisticità più dell’atletismo» e «l’improvvisazione» individuale più degli attacchi «coordinati» tra più giocatori.

I georgiani erano paragonati agli uruguaiani e, negli anni della Guerra Fredda, la federazione sovietica era felice che indebolissero lo stereotipo del giocatore dell’est disciplinato e vagamente robotico - sostenuto, invece, dallo stile della Dinamo Kiev di Lobanovski. Le federazioni degli altri paesi più piccoli si lamentavano di essere sotto-rappresentate, in confronto alla Georgia, e quando il delegato georgiano aveva suggerito che magari potevano ispirarsi a loro il presidente rispose: «Ma voi non avete l’inverno!».

Dietro Kvaratskhelia si intravedono le figure di Davit Kipiani (della cui tragica storia ha scritto Gianni Galleri) e, soprattutto, Slava Metreveli, se non addirittura il danzatore Vakhtang Chabukiani. Nel suo gioco si può rivedere qualcosa anche della danza tradizionale georgiana, che combinava virilità e delicatezza, l’eccentricità di un uccello nella stagione degli amori e la determinazione di un soldato sul campo di battaglia.

Quanto ci metterà a diventare un culto per i tifosi napoletani?

La seconda cosa che aiuta a capire un po’ meglio Khvicha Kvaratskhelia è quella cosa che aiuta a capire meglio anche tutti gli altri giocatori: la statistica. Nel suo caso particolarmente utile, perché una cosa è dire che un giocatore ama dribblare, un’altra dire che, finché c’è stato, era il giocatore a dribblare di più nella Premier League russa 2021-22: 6.8 volte ogni 90’, di cui 3.5 falliti e 3.3 riusciti (secondo Whoscored). Claudinho e Malcom, i brasiliani dribblomani dello Zenit di San Pietroburgo, provano un dribbling la metà della volte - rispettivamente 3.5 e 3.1 volte. Neymar, in Ligue 1, ne prova 6.8 in media ogni 90' ed è il terzo a dribblare di più (tra i giocatori con almeno mille minuti) dopo Boufal, 7.6, e Kamaldeen Sulemana, 8.1. In Bundesliga nessuno fa meglio di Musiala e Alphonso Davies, che dribblano 6.3 volte (sempre in media ogni 90').

Se Kvaratskhelia dovesse mantenere questi numeri in Serie A sarebbe il leader del campionato, considerando che solo Boga, da quando è all'Atalanta, dribbla più di lui, 7.2 volte. Muriel e Kiyine, subito dietro, ne provano 6.2 a partita. Leao e Zaniolo, forse i due giocatori più simili a Kvaratskhelia, tentano rispettivamente 5.8 e 5.2 dribbling ogni 90'. E questi sono i nomi dei giocatori più pericolosi del campionato nell'uno contro uno, quelli che vivono per fare la differenza nell'uno contro uno. Adesso, va considerato che Kvaratskhelia si è anche dato una calmata rispetto all'inizio della stagione 2020-21, quando dopo undici partite, a ottobre, di dribbling ne tentava addirittura 17 a partita.

Il che può essere un bene come un male. Siamo disposti ad accettare un calciatore che perde palla la metà delle volte che prova a saltare l’uomo? O meglio: siamo disposti a tollerare, rispettare e lasciar crescere, un ventunenne che prova il dribbling quasi ogni volta che può e che riesce ad andarsene una volta su due? O verrà trattato dalla stampa, dal pubblico, e magari anche dal suo allenatore, come uno che deve darsi una calmata, uno da controllare e limitare?

A Napoli, Kvaratskhelia viene per riempire il vuoto tecnico lasciato da Insigne e, anche se è praticamente ambidestro e può giocare anche sulla fascia opposta, la posizione ideale per lui è sull’esterno sinistro. Il dribbling e la conduzione del pallone sono gli aspetti più vistosi del suo talento - il modo in cui può superare l’avversario sia tecnicamente, con tocchi di esterno, giochi di suola o cambi di direzione, sia allungandosi la palla e battendolo in velocità, ma anche il modo con cui si mangia pezzi di campo senza perdere contatto col pallone - ma nelle due stagioni e mezza al Rubin (con Leonid Slutski in panchina, che al Vitesse nella stagione 2018-19 ha aiutato già un altro talento come Odegaard) ha aggiunto una dimensione più “normale” al proprio gioco.

Resta un giocatore forse troppo aggressivo per gli equilibri del nostro campionato, con e senza palla, ma ha sviluppato movimenti tra le linee, venendo dentro al campo con il pallone sul destro o per creare una linea di passaggio e ricevere spalle alla porta, che fanno intravedere potenzialità da vero leader tecnico. Lanciato in campo aperto, quando è fresco, è imprendibile per tre quarti dei terzini che affronta - anche per la trequarti dei terzini di Serie A, con grande probabilità - e in spazi stretti se la cava spesso grazie alla pura tecnica.

A volte fa scelte ambiziose ma scontate - tiri difficili, cross telefonati, dribbling al cui posto avrebbe fatto meglio a provare a proteggere e conservare il pallone - e forse è quello cognitivo l’aspetto su cui deve crescere maggiormente. Ma è parte della sua crescita naturale e dell’adattamento che il campionato italiano gli richiederanno. Anche perché, nel caso non fossi stato già chiaro, tecnicamente è uno di quei giovani che, semplicemente, non ha limiti.

E poi c’è il fatto che è ambidestro, a cui ho accennato come fosse una cosa normale ma che lo proietta, nei sogni più grandiosi, nell’élite assoluto del ruolo. Un giocatore intellettualmente pigro ma tecnicamente fenomenale come Ousmane Dembélé costruisce gran parte delle proprie azioni nel rebus irrisolvibile “andrò sul destro o sul sinistro”, e in modo simile quando Kvaratskhelia arriva negli ultimi metri di campo diventa difficile da difendere perché i suoi cross di sinistro sono tesi e spesso trovano l’uomo libero sul secondo palo. Anche il suo tiro di destro è spesso violento e preciso.

Comunque andrà a finire, Kvaratskhelia è pronto per il salto di livello e una squadra come il Napoli, che dovrà provare a vendicare l’amarezza di uno Scudetto solo odorato quest’anno, che ha tutte le qualità per puntare alla vittoria finale, e che oltretutto gli offrirà il palcoscenico della Champions League per mettersi in mostra, potrebbe rivelarsi anche la piazza adatta per lanciare le sue quotazioni ancora più in alto.

De Laurentiis ha già detto che lo chiamerà Zizì per fare prima, ma chissà che nel giro di pochi anni il suo nome difficile da pronunciare non sarà già diventato troppo grande per il nostro campionato. O magari come Koulibaly sarà uno di quei giocatori troppo grandi ma comunque fedeli alla causa napoletana. L’importante è che nel frattempo rompa la resistenza tutta italiana per i giocatori a cui piace rischiare, proprio come rompe le caviglie dei terzini quando li punta in campo aperto.

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