Arrivati a dicembre il Napoli è primo in classifica in Serie A e sta vincendo praticamente tutte le partite che gioca. Esclusa la netta sconfitta contro l’Atalanta, non passa in svantaggio dal 31 agosto: Napoli-Parma, forse l’ultimo momento in cui la squadra di Conte sembrava ancora informe e convalescente dalla tragica annata scorsa. Eppure, a guardare in faccia Kvicha Kvaratskhelia, sembra che niente giri per il verso giusto. La camminata nervosa, le espressioni dolenti, i gesti frustrati. Pare stia vivendo un incubo: il calcio complotta contro di lui, che non gli riesca più nulla di nulla. Non si direbbe che in Serie A abbia già segnato 5 gol e servito 3 assist, o che può essere considerato uno degli attaccanti più importanti e influenti del campionato. Sono sicuro che se ci mettessimo a citare questi numeri a Kvaratskhelia lui scuoterebbe la testa, ti regalerebbe un sorriso ironico, come a dire “tutte cazzate”.
Un po’ è il suo modo di vivere il calcio, sempre dolente, che lo fa somigliare a uno di quegli artisti tormentati e perennemente insoddisfatti. Quest’anno, però, sembra esserci di più. Nonostante i numeri citati, e un’importanza oggettiva e innegabile, Kvaratskhelia sembra infelice. Forse perché nelle partite non gli riescono molte cose, e soprattutto non gli riesce quella per lui più importante, quella che ha sempre definito il suo stile di gioco: il dribbling.
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Se guardiamo solo i dati, la situazione è grave. Secondo i dati di StatsBomb, Kvaratskhelia prova 3,99 dribbling per novanta minuti (quarto in Serie A) e gliene riescono 1,10 (32esimo in Serie A). In questa stagione ha fallito 34 dribbling, il secondo è Man che ne ha falliti 23 (e gliene sono comunque riusciti di più). A Kvara riescono appena il 28% dei dribbling tentati: una percentuale deprimente. È per distacco il giocatore peggiore del campionato in questo senso, tra quelli che ne hanno provati più di 15. A essere onesti: è il peggior giocatore in Europa, e non di poco.
Le statistiche sui dribbling sono tra le più volatili. Ogni azienda, tra quelle che raccolgono i dati, ha il proprio metodo di misurazione, che si scontra con un limite empirico: quando si stabilisce se un giocatore ha saltato l’uomo o no? Deve averlo superato completamente? Prendiamo per esempio quest’azione contro il Torino. Quello sotto non è stato certamente segnato come un dribbling, eppure attraverso le sue finte Kvara si ricava lo spazio per il cross, che poi è più di un semplice cross data la precisione con cui pesca Lukaku in area di rigore. Ma di questo parleremo più avanti.
L’impressione è che questi dati vengano misurati con prudenza, e che Kvara quindi in realtà completi più dribbling di così. Fatte queste premesse, i numeri restano significativi delle difficoltà attuali di Kvaratskhelia nell’uno contro uno. Anche usando i dati Opta - diversi da quelli citati - abbiamo numeri ridottissimi: contro il Torino gli è riuscito un solo dribbling, contro la Roma nessuno. Solo contro Parma e Cagliari - dove il Napoli ha sviluppato un grosso volume di gioco offensivo - gli sono riusciti più di 2 dribbling.
Rispetto alle scorse stagioni il calo dei numeri dei dribbling di Kvaratskhelia somiglia a un vero e proprio tracollo. Guardate questi radar Statsbomb. Lo scorso anno gli riuscivano 3,17 dribbling ogni 90 minuti, con un volume di tentativi più alto e con una percentuale buona del 54%, mentre l’anno prima con Spalletti gliene riuscivano un po’ di meno - ma su numeri tutto sommato simili.
La progressione dei dribbling di Kvara nelle ultime tre stagioni.
Partiamo da una semplice sensazione: le partite di calcio sono difficili per Kvicha Kvaratskhelia. Dopo i primi mesi in cui è passato sopra la Serie A come una bestia esotica e immarcabile, i difensori hanno cominciato a scendere in campo col pensiero fisso di rovinargli la vita. Lo spingono, lo menano, lo raddoppiano, non gli danno tregua. Quando ha la palla o anche quando ce l’ha, cercano di ansia, lo smanacciano, se potessero gli aspirerebbero l’aria che respira. Quando ha il pallone, lo sfondano.
Il numero dei dribbling è uno dei dati che regredisce prima con l’avanzare dell’età, ma non può essere il caso di Kvara, che a 23 anni non può aver già perso smalto fisico. Nonostante a vederlo giocare sembra aver perso brillantezza e creatività sui primi passi. Kvara non ha uno stile particolarmente elettrico. È un dribblatore sinuoso ed elusivo; sterza, finta e cambia di direzione. Salta l’uomo squilibrandone gli appoggi di continuo. Ultimamente sembra essere poco lucido, e incartarsi nella sua stessa danza di finte e sterzate.
Contro la Roma ha giocato una delle sue peggiori partite, non riuscendo mai a mettere davvero in difficoltà Zeki Celik, uno dei terzini più in affanno di questo inizio di stagione. Meno riusciva saltarlo, e più sembrava intestardirsi nel provarci. Sembrava tenere troppo il pallone, perdendolo presto e concedendo possibili transizioni pericolose alla Roma.
Conte lo ha sostituito dopo 67 minuti e Kvara se ne è uscito tutto frustrato. Per lui il calcio è anche duello individuale, e non riuscire a sovrastare il terzino - tecnicamente e mentalmente - è una sconfitta nella partita parallela che si svolge nella sua testa. Dopo quella prestazione qualcuno ha iniziato a chiedersi se esistesse o meno un “problema Kvaratskhelia”. Cioè, era legittimo porre la questione?
Di certo questa frustrazione con cui vive le partite lo rende sempre nervoso e poco lucido anche nel momento in cui l’azione va definita. Nell’ultima partita di campionato, contro il Torino, un difensore gli ha messo la palla sui piedi, dentro l’area. Avevano passato i primi venti minuti a malmenarlo, a impedirgli qualsiasi movimento, e ora gli servivano una palla del genere in area. Solo che Kvara, come succede quando veniamo colti di sorpresa, deve organizzare una conclusione all’improvviso e sbaglia. Anche contro la Roma ha fallito un paio di occasioni molto grandi, e quando commette questo tipo di errori perde sicurezza e tutto il devo gioco sembra ingarbugliarsi.
Insomma: la stagione di Kvara sembra questo pendolo tra un dribbling mancato, un gol sbagliato e un tiro un po’ troppo pretenzioso - provato per risollevarsi. Evidenziate queste difficoltà, però, bisogna provare a capire le ragioni, e nel calcio non si può mai ridurre il tutto a una questione di forma individuale. Le varie dimensioni sono sempre intrecciate.
C’erano un po’ di dubbi su come Conte avrebbe utilizzato Kvaratskhelia: un’esterno classico da 4-3-3 per un allenatore che in estate aveva demolito quel modulo - che a Napoli, secondo lui, è spacciato come una religione. Conte non si è mai trovato bene con grandi portatori di palla e dribblatori. In generale con giocatori che non annullano il proprio istinto individuale all’interno delle giocate meccanizzate del sistema. Come abbiamo scritto, però, Conte è venuto incontro alle caratteristiche della rosa, e dopo qualche settimana è passato a una specie di 4-3-3 che lascia a Kvaratskhelia sempre molta libertà.
Dietro questa apparenza, però, c’è un uso del georgiano peculiare, e molto diverso da quello che facevano i suoi predecessori. Forse è cambiato Kvara, ma è cambiato soprattutto il contesto attorno a lui: le zone in cui riceve il pallone - più centrali - e, soprattutto, la rete che ha attorno. Dalla stagione dello scudetto a oggi Kvara è diventato sempre più solo: la squadra gli ha tagliato la rete di supporto attorno, come se dovesse sempre cavarsela da solo. Un aspetto che si vede molto chiaramente nelle varie pass network. Questa sotto, per esempio, è della stagione con Spalletti. Il Napoli costruiva a sinistra la propria catena forte (nel DNA del club, dopo quella con Ghoulam e Insigne): Mario Rui era un fulcro forte del possesso, poi Zielinski e davanti a lui Kvara. Quando il georgiano riceveva e portava farlo poteva farlo con attorno questi giocatori ultra-associativi, abili negli smarcamenti e nel dialogo tecnico.
2022/23: grafico StatsBomb.
L’anno dopo il Napoli ha via via perso Mario Rui e ha inserito un terzino molto più lineare col pallone come Oliveira, che offre molto meno supporto offensivo a Kvara. La confusione tattica ha poi contribuito a isolarlo sempre di più.
2023/24: grafico StatsBomb.
Arriviamo poi a quest’anno, dove il 4-2-2-2 di Conte costruisce un chiaro lato forte a destra, con molti meccanismi di catena, accontentandosi a sinistra a lasciare, appunto, Kvaratskhelia al proprio destino.
2024/25: grafico StatsBomb.
Anche il cambio di Osimhen con Lukaku non gioca a suo vantaggio; tra un attaccante che gli offre profondità e una traccia di passaggio verticale e uno che invece viene incontro, comprime gli spazi e vuole dialogare in zona centrale. Il belga e McTominay aprono qualche spazio sulla trequarti per Kvara, è vero, ma sono spazi che il georgiano non ha ancora imparato del tutto a prendersi. O che comunque non sono del tutto nelle sue corde, per ora. Gli viene chiesto di prendersi tiri sulla trequarti centrale, dialogare a muro con la punta, magari buttarsi in profondità. Tutte cose che gli riescono a intermittenza, e che evidentemente non fanno ancora parte del suo stile, della sua identità calcistica. Qui sotto, contro il Cagliari, uno dei casi in cui gli riesce un duetto con Lukaku che lo manda in profondità. Non c’era ancora McTominay nell’undici.
Per riassumere: Kvara nel Napoli è sempre più isolato e i benefici che dovrebbe ricevere da questo sistema non è del tutto in grado di coglierli, per le sue caratteristiche. Nel frattempo le progressioni di campo aumentano di anno in anno, dalle 3 per novanta minuti con Spalletti, alle 5 dello scorso anno alle 5,50 di questa stagione. Un lavoro sempre più di fatica che contribuisce certo a renderlo meno preciso nelle sue esecuzioni.
Detto questo, però, non si può dire che Kvaratskhelia stia giocando una cattiva stagione. Non è esagerato dire che è comunque uno dei giocatori più decisivi della squadra prima in classifica in Serie A. I numeri dei suoi dribbling, la frustrazione che porta sul volto, non dicono tutto. Nemmeno le difficoltà tattiche che comunque lo frustrano e gli fanno sembrare il calcio una punizione. Prendiamo sempre la partita contro il Torino, quella in cui si mangia quel brutto gol. La rete decisiva, quella di McTominay, nasce da un suo dribbling in area, che magari non è stato nemmeno contato, e da uno scarico fatto coi tempi giusti all’indietro.
Avevo già scritto dei benefici indiretti dei dribbling di Kvaratskhelia, del fatto che a volte non abbia nemmeno bisogno di dribblare per generare vantaggi per la propria squadra. I difensori arretrano, la linea avversaria si abbassa e si apre una traccia all’indietro per un tiro a rimorchio. Oppure semplicemente il numero di uomini che attira libera spazi per i suoi compagni. Sono tutti vantaggi che continuano a esistere e che anzi Conte sembra voler massimizzare. Non ha bisogno di costruire alcuna rete attorno a Kvara, sa che può cavarsela da solo, e le attenzioni che i difensori sono costretti a rivolgergli facilita la vita ai compagni. Difendere contro il Napoli è complesso perché bisogna fronteggiare tre minacce molto diverse e molto grandi come Kvara, McTominay e Lukaku. Mentre sul lato destro la squadra sa costruire dei giochi più fluidi e associativi.
A volte Kvara sembra dover lottare da solo contro un esercito nemico, e il più delle volte ne esce sconfitto e frustrato. Non è chiaramente il calcio che gli piace e che lo diverte; ma da questa sua lotta il Napoli trae sempre vantaggio. Se guardiamo i suoi radar Statsbomb, l’OBV (on ball value) delle sue conduzioni - cioè quanto migliorano le capacità di fare gol della squadra - Kvara mantiene un valore molto alto anche quest'anno (94esimo percentile).
E poi, più semplicemente, Kvara può sempre inventarsi un gol dal nulla, come successo per esempio con il Milan.
Non stupisce quindi che Conte sia tranquillo e rilassato quando parla di lui ai microfoni. «A livello di determinazione e voglia è in continuo crescendo. Il calciatore è deluso ma è un ragazzo che vuole fare degli step in avanti, e su questo sono tranquillo. Ha capito che può crescere tanto e sta lavorando per diventare un calciatore di livello top». Probabilmente sta cercando di cambiarlo, usando il suo lavoro sporco di conduzioni ma cercando di farlo diventare più incisivo negli ultimi metri. Trasformare Kvara da un giocatore tutto basato sul dribbling a uno che fa più gol e assist.
Per il bene comune le cose stanno funzionando, ma Kvara è felice? Siamo sicuri che alla lunga questo lavoro poco gratificante non finisca per logorarlo? Siamo sicuri che a un certo punto diventerà davvero un giocatore più incisivo e minimale?
Sotto la guida di Antonio Conte, Eden Hazard ha raggiunto i numeri migliori in carriera, ma ne è uscito anche infelice e in burnout. Parlando di Conte e Sarri ha detto: «Sono rigidi e ripetitivi: devi trovare il piacere nella vittoria», intendendo che nel frattempo aveva perso il piacere di giocare. Non era una questione di libertà creativa, che comunque Conte lasciava ad Hazard, ma di una mentalità legata all’efficacia assoluta e diretta: «Può segnare di più. Se guardate le statistiche può segnare di più», continuava a dire nelle interviste.
È chiaro che Conte vorrebbe lo stesso da Kvaratskhelia.
Kvara non è Hazard, ma come per il belga - anzi, molto di più! - il cuore pulsante del suo stile è il dribbling. Sono i dribbling che nutrono la precisione del miglior Kvaratskhelia: dribblando di più riesce a essere più preciso e più incisivo negli ultimi metri. Sono i dribbling che, per usare un’espressione cestistica, “lo mettono in ritmo”. E il Napoli, per ora, non sta costruendo a Kvara il contesto giusto per dribblare, e lui da parte sua sembra meno brillante del solito - e questo lascia un Kvara più frustrato e meno preciso anche nelle cose che gli vengono richieste.
Ad Antonio Conte, in ogni caso, va bene così.