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La difficile estate del calcio femminile
29 ago 2018
Riassunto sul disordine politico che ha investito il calcio femminile.
(articolo)
8 min
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Quando giocheranno è ancora da capire: le partite del calcio femminile sarebbero dovute iniziare in questi giorni con la Supercoppa, ma così non sarà. Al momento tutti gli incontri, sia di coppa sia di serie A e B, sono in dubbio: stando alle loro più recenti dichiarazioni, le squadre non intendono partecipare alle manifestazioni ufficiali organizzate dalla LND fino a quando non sarà risolto il rebus sul posto che spetta al calcio femminile.

Di conseguenza non si sa se e quando si svolgeranno le partite. Secondo il calendario, le danze si sarebbero aperte con Juventus e Fiorentina Women’s, che il 25 agosto si sarebbero dovute affrontare allo stadio “A. Picco” della Spezia per una Supercoppa italiana inedita, non solo in campo femminile. La situazione è però così complicata che la partita è stata rinviata ufficialmente su richiesta di entrambe le società e non è stata fissata una data per il suo recupero.

Finora le bianconere e le viola si erano incontrate soltanto in campionato, aggiudicandosi una vittoria a testa. La Juventus aveva festeggiato a Vinovo lo scorso 8 dicembre. Al 19’ Martina Rosucci aveva sbloccato la situazione con un rigoroso tiro di collo dopo un controllo impeccabile, ed era andata nuovamente a segno nel secondo tempo. Nel ritorno, giocato il 21 aprile a Firenze, si era deciso tutto negli ultimi venti minuti: all’elegante rete in spaccata di Ilaria Mauro aveva risposto Sanni Franssi. La seconda, decisiva rete viola all’89’ era stata però determinante: l’autogol di Cecilia Salvai su calcio d’angolo aveva portato le bianconere alla seconda sconfitta della stagione, mettendo in dubbio per un momento l’implacabilità della loro corsa.

Nel gelo di Vinovo aveva vinto la Juventus. Al ritorno era stata decisiva la confusione finale nell’area juventina.

Nella partita che forse ci sarà o forse no, non si incontreranno le stesse formazioni delle precedenti sfide. Per esempio a fine giugno Ingvild Isaksen (presente all’andata) ha deciso di non giocare la prossima stagione con la Juventus, mentre qualche giorno dopo Elena Linari, difensore della Fiorentina che ha giocato entrambe le partite, si è spostata all’Atletico Madrid. Nel frattempo, a Torino è arrivata Cristiana Girelli, che lo scorso anno ha segnato 17 gol in campionato con il Brescia. Il capitano della Nazionale U-17 ed ex-Inter Chiara Ripamonti ha scelto invece Firenze, dove sarà guidata da Antonio Cincotta, passato a gestire la squadra da solo.

Le rose di Fiorentina e Juventus sono state rafforzate da giocatrici con esperienza internazionale, come Eniola Aluko passata dal Chelsea alla Juve, e Laura Algard, dal Montpellier alla Fiorentina. Le squadre non saranno le stesse, però la partita potrebbe essere ugualmente interessante. Ma giocheranno? È difficile da prevedere.

Lo Statuto della discordia

Riassumendo la questione a monte, si potrebbe dire che il calcio femminile si è impantanato a Villa Borghese, tentando di andare da piazzale Flaminio a via Gregorio Allegri. Da maggio, infatti, la LND e la FIGC si stanno letteralmente contendendo le serie A e B femminili. Il tutto nasce da una delibera del commissario straordinario della FIGC, che il 3 maggio ha inquadrato il calcio femminile a livello federale, delegando alla lega dilettanti la responsabilità sui campionati interregionali femminili. La novità è stata accolta positivamente da più parti (qui e qui due esempi), ma la reazione della LND è stata opposta: «Con questo provvedimento la FIGC si assume una grave responsabilità nei confronti della Lega Nazionale Dilettanti», ha tuonato fin da subito il presidente LND Cosimo Sibilia, trovando la decisione di Fabbricini una «imposizione, calata dall'alto, senza alcun confronto» degna di essere esaminata con i propri avvocati.

In quel momento è iniziata una battaglia che, a suon di ricorsi, testimonianze e contro-ricorsi, ha coinvolto prima il tribunale e la corte d’appello federali e poi il collegio di garanzia dello sport, dando vita a un confronto più simile alla Guerra dei Roses che a una partita di bocce. Il 24 maggio al tribunale federale nazionale è arrivato il ricorso della LND: per preservare i propri «sforzi profusi in tutti questi anni […] per lo sviluppo e la diffusione del Calcio Femminile in Italia», ha messo in discussione sia il contenuto della delibera, che avrebbe violato lo Statuto federale, sia i poteri del commissario straordinario. A opporsi al ricorso, oltre alla FIGC che lo trovava illegittimo, si sono presentate in tribunale tredici società di calcio femminile, dissociandosi nei fatti dalle parole di Sibilia. Il rigetto del ricorso, legittimo nella parte sullo Statuto ma non fondato secondo il tribunale federale, non ha fermato la LND.

Ferma nella convinzione di essere nel giusto, la lega presieduta da Sibilia a fine giugno si è rivolta alla corte federale d’appello, che il 26 luglio ha capovolto la sentenza del tribunale: secondo la corte il nuovo inquadramento del calcio femminile in una “divisione” federale violerebbe, tra gli altri, l’articolo dello Statuto federale che riunisce tutto il calcio dilettantistico sotto l’egida della LND. All’origine della scelta di Fabbricini, poi, non ci sarebbero state urgenze o necessità tali da giustificare una delibera. Pur rivolgendosi al Collegio di garanzia dello sport, la FIGC ha riassegnato il calcio femminile alla LND, come richiesto dalla sentenza. Con la sentenza è cresciuto il disappunto anche tra le società femminili che, assieme ai tecnici e alle giocatrici, hanno visto nel ritorno in LND un «brusco arresto dello sviluppo dell’intero sistema». Un motivo ritenuto più che sufficiente per prendere dei provvedimenti netti, come «la decisione congiunta e unanime di non prendere parte ad alcuna attività ufficiale» raggiunta il 3 agosto in una riunione tra le società, l’AIC e l’AIAC.

La notizia dello sciopero sul profilo twitter dell’AIC.

Quali saranno i prossimi passi?

Su questo punto il presidente della LND è d’altro avviso, come è emerso più volte in questi giorni (per esempio qui e qui). Semplificato all’osso, il ragionamento di Sibilia è questo: finché la FIGC non le rende professioniste, le calciatrici sono dilettanti e, di conseguenza, devono far parte della lega dilettanti. Di contro, però, lo Statuto parla di una LND fatta da «società che si avvalgono esclusivamente delle prestazioni di atleti dilettanti e che disputano campionati dilettantistici». Molte squadre femminili, però, da quando sono state accorpate a squadre maschili fanno parte di società che hanno a libro paga anche degli atleti professionisti e usano strutture pensate per lo sport professionistico.

Tra l’altro questa condizione vale soltanto per le calciatrici cresciute in squadre italiane e di pochi altri Paesi. Le stesse che, in Italia, giocano accanto a delle compagne di squadra che sono delle professioniste a tutti gli effetti, come per esempio la neo-juventina Lianne Sanderson o Heleen Jacques, arrivata in giugno a Firenze. Questa situazione paradossale di dilettantismo forzato è nata nel nome di una legge, la 91, più vecchia della riforma del diritto di famiglia. Così ci si trova a fare distinzioni tra calciatrici professioniste e non quando usano le stesse strutture, hanno lo stesso tipo di allenamento e sono seguite dallo stesso staff. Come uscire da questo ginepraio? La situazione è complessa, ma, tra stracci che volano e tempi che stringono sempre di più, si vorrebbe raggiungere un accordo in extremis.

Lo scontro, che non figurerebbe male in un legal drama assieme all’altro filone “federale” che tiene banco in questi giorni, sembrava essersi spostato verso un dialogo civile: dopo la riunione della LND con la FIGC, l’AIC e l’AIAC dell’8 agosto, il 10 agosto si sono riunite FIGC, società, AIC e AIAC per trovare un accordo accettabile per tutti e scongiurare uno sciopero ad oltranza. Ma nelle ultime ore il clima si è fatto di nuovo pesante: il ricorso della FIGC al collegio di garanzia ha riaperto le ostilità (anche) in questo campo.

Ormai nel conflitto tra lega e federazione l’unico punto fermo sembra essere il rinvio della Supercoppa deciso dalla LND. Un modo per temporeggiare ed evitare che le squadre non si presentino all’incontro? Forse, d’altronde Juventus e Fiorentina Women’s sono state tra le società che si erano opposte a Sibilia fin dal ricorso in tribunale (va detto che i rapporti con la Juventus non erano rosei già da prima). Sull’ipotesi di rinvio si era detta disponibile anche la federazione: «Il nostro interesse è garantire la continuità dell'attività; se poi la Supercoppa dovesse essere rinviata, non morirebbe nessuno. Giocarla più avanti nel calendario è una opzione già sfruttata in passato», osservava qualche giorno fa Fabbricini.

Il ritiro della Nazionale inizierà il 26 agosto: il giorno dopo la partita che non ci sarà.

Scampato il pericolo di una Supercoppa fantasma, si avvicinano, però, anche gli altri appuntamenti in calendario: le squadre della serie B dovrebbero giocare la prima partita di Coppa Italia il 9 settembre, mentre il 15 dovrebbe iniziare il campionato di serie A. La volontà, delle calciatrici in primis, è quella di evitare che il calcio femminile deragli su un binario morto, finendo in un limbo che di certo non aiuterebbe la crescita del movimento, né tantomeno la preparazione delle atlete: fra pochi mesi ci saranno i Mondiali come sottolinea l’ex viola, ora milanista Marta Carissimi: «Rimettiamo il calcio al centro. Serve buon senso soprattutto nell’anno in cui l’Italia si è qualificata ai Mondiali: il calendario della serie A è stato studiato per permettere alle atlete di arrivare all’appuntamento di Francia 2019 con una preparazione adeguata». E tra ritiri e amichevoli precampionato è proprio alle sfide sul campo che le atlete si stanno preparando, aspettando solo il fischio d’inizio.

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