Difficilmente l’Atalanta avrebbe potuto debuttare in Champions League peggio di così: perdere per 4-0 contro la squadra che, almeno sulla carta, è la meno forte del girone condiziona tutto il resto del percorso. Gasperini nei giorni prima della partita aveva detto che i suoi uomini erano «felici e curiosi» della nuova esperienza, un approccio che a posteriori suonerà ingenuo per una realtà cinica e spietata come quella della Champions League. Va detto che la Dinamo Zagabria non vinceva dal settembre 2015, venendo da una striscia di 11 sconfitte consecutive, nonostante attualmente attraversi un periodo d'oro della sua storia.
Quando una squadra perde in modo così netto una partita tanto attesa, contro un avversario teoricamente non di livello superiore, è sempre difficile indicare un solo fattore decisivo. Fa parte della natura umana l'istinto a semplificare problemi complessi, ma in casi come questo non serve a nulla cercare un colpevole: l’allenatore, le prestazioni dei singoli o quella del gruppo (di solito si dice, dopo sconfitte così dure, che i giocatori “non si sono presentati in campo”). Ognuna di queste cose ha contribuito, ovviamente.
Né ci si può riparare sotto l’ombrello dell’inesperienza europea di questo gruppo: la Dinamo Zagabria l’ultima volta ai gironi di Champions League ci è arrivata nella stagione 2016/17 (nel girone della Juventus): di quella squadra sono rimasti solo Moro, Gojak e il portiere Livakovic; i restanti 8 giocatori in campo contro l’Atalanta erano senza esperienza nella competizione.
Anche l’allenatore è cambiato: Bjelica non ha mai allenato ai gironi di Champions League ed è in carica dalla stagione scorsa, in cui la sua squadra è stata eliminata nei preliminari dallo Young Boys, e poi in Europa League, agli ottavi, dal Benfica, facendo comunque un'ottima figura.
I 59 minuti in campo di Zapata in Champions League (con la maglia del Napoli), sono tutta l’esperienza che aveva l’Atalanta, ma sono comunque di più dei minuti di tutto l’attacco della Dinamo messi assieme (zero). Olmo ha 21 anni, Orsic 26 e Petkovic 25: il primo viene dalle giovanili della Dinamo, il secondo da esperienze in Corea del Sud e Cina, il terzo dal Bologna dopo essere passato per Verona, Trapani e Catania.
Insomma, quella dell’inesperienza sul palcoscenico internazionale rischia di essere una una facile scusa, perché dovrebbe valere anche per la Dinamo Zagabria, ma è vero che in campo sembravano due squadre completamente diverse. Più che l’inesperienza, allora può aver pesato l’impatto negativo iniziale: ogni partita ha al suo interno molte fasi, e questa gara è stata influenzata da quello che è successo nei minuti iniziali.
Nel primo tempo l’Atalanta non ha mai tirato da posizione favorevole: dei 4 tiri tentati nessuno è arrivato dall’area di rigore e solo 1 ha preso lo specchio. Nel secondo è andata molto meglio, ma ormai era troppo tardi. La Dinamo nel primo tempo ha tirato 9 volte, di cui 6 dall’area di rigore, 3 prendendo lo specchio.
Falsa partenza
«Dura digerire una sconfitta così, ma ci sta», ha detto Gasperini dopo la partita. «Da quando sono qui, in gare ufficiali, non siamo mai stati così in difficoltà come lo siamo stati stasera. Erano più bravi a contrastare, pressare, mi hanno sorpreso per intensità e velocità di gioco. La Dinamo ha fatto una grande partita, nel secondo tempo abbiamo avuto qualche occasione ma l'impatto è stato difficile».
Praticamente le stesse dichiarazioni di chi in campo c’era, come Marten De Roon: «Ci hanno preso a schiaffi, è stata una lezione incredibile. È difficile analizzare cosa è mancato stasera, fa tanto male. Non abbiamo giocato, nel primo tempo abbiamo giocato solo con palle lunghe e abbiamo perso tutti i contrasti. Nella ripresa abbiamo provato a fare qualcosa di diverso, ma ormai eravamo già sotto di 3 reti».
L’Atalanta è sembrata non aspettarsi un inizio così ad alto ritmo degli avversari. Già dal fischio d’inizio la pressione altissima della Dinamo Zagabria ha forzato la squadra di Gasperini vicino alla propria area: dalla rimessa laterale, e dal contrasto aereo vinto, Olmo è arrivato subito a dribblare Toloi creando la prima occasione da gol con un tiro ravvicinato di Orsic, contrastato da Freuler. Sul cronometro si segnavano 40 secondi, in quel momento.
Nel primo tempo da incubo, l’Atalanta ha comunque vinto 11 contrasti in più (43 a 32), 3 contrasti aerei in più (7 a 4), intercettato solo 1 pallone in meno (10 contro 11) della Dinamo Zagabria, perdendo il possesso lo stesso numero di volte (91). Ma come raramente accade, la squadra di Gasperini ha trovato una squadra in grado di pareggiare il suo impatto atletico a centrocampo, facendole perdere quel vantaggio che l’Atalanta ha spesso in Italia.
E per rispondere a un contesto diverso dal solito, l’Atalanta ha provato a risalire il campo affidandosi ai lanci lunghi, saltando il centrocampo e provando a trovare velocemente il proprio tridente offensivo. Col risultato, però, di rendere ancora più frenetica la manovra e più facile per gli avversari il recupero del pallone.
Da questo grafico di passaggi e posizioni medie si vede quanto l’Atalanta abbia provato ad affidarsi alle catene di fascia, lasciando il centro del campo al controllo dei rivali. Gli unici collegamenti sono il cambio di gioco di Hateboer per il Papu e gli scambi dell’argentino con Ilicic.
Non è tanto nei numeri, quanto nella psicologia in campo che si nota un'evidente sorpresa da parte dei giocatori dell’Atalanta, che faticavano a stare dietro agli avversari. Va detto che la Dinamo era alla sua quindicesima partita stagionale, ma in generale i suoi giocatori sembravano più reattivi e decisi, privi di qualsiasi timore dell’avversario. Notevole soprattutto se tutto questo lo confrontiamo allo stupore con cui sembravano giocare gli atalantini.
È stato decisivo il fatto che proprio in quei minuti in cui una squadra si adegua al contesto di una partita, e prende le misure alle novità che propongono gli avversari, l’Atalanta ha subito gol: il vantaggio della Dinamo è arrivato al primo tiro nello specchio, dopo 10’, al termine di un’azione in cui la Dinamo ha sull’Atalanta una pressione notevole.
La partita difficile di Duván Zapata
La partita non l’hanno certo persa i singoli, ma bisogna sottolineare come anche individualmente l’Atalanta non abbia giocato al suo solito livello.
Più di tutti è forse mancato Zapata, che nell’ultima partita giocata in campionato, contro il Genoa, aveva strappato la vittoria all’ultimo, e in questo caso non è sembrato all’altezza della grande occasione. Mentre i due compagni di reparto Ilicic e Gomez si sono mossi e hanno provato a cambiare l’inerzia di un primo tempo in cui niente sembrava andare come doveva, Zapata è stato quasi impalpabile.
Anche perché il baricentro più basso del solito dell’Atalanta lo ha isolato davanti, con i compagni che lo cercavano con lanci lunghi per risalire il campo. Pur in condizioni difficili, la sua partita negativa è risultata decisiva per le sorti della squadra: Zapata di solito è un attaccante autosufficiente ma contro la Dinamo ha toccato pochissimi palloni (36), non ha tentato neanche un dribbling e ha sprecato le uniche 2 grandi occasioni da gol, arrivate comunque quando la partita era già compromessa.
Un esempio dalla situazione qui sopra. Al minuto 29esimo, sull’1-0 per la Dinamo, Zapata prende bene la posizione con l’uomo alle spalle: gli basterebbe un controllo orientato dei suoi per ritrovarsi da solo davanti al portiere, e invece il suo controllo è macchinoso e permette all’avversario, Dilaver, di fermarlo aspettando il raddoppio di Theophile-Caterine. Due minuti dopo arriva il gol del 2-0.
Senza volergli dare più colpe di quelle che ha effettivamente avuto, va sottolineato quanto l’Atalanta dipenda dalla qualità di Zapata per far fluire il proprio gioco: quando tutto va bene sembra scontato, ma contro la Dinamo il colombiano non è riuscito a far valere il suo strapotere fisico (ha vinto 1 dei 4 duelli aerei ingaggiati, 0 dei 7 duelli a terra) con conseguenze pesanti su una squadra che ha faticato a far arrivare il pallone in area di rigore.
Dani Olmo, indifendibile
Il sistema di gioco della Dinamo Zagabria era tarato sull’Atalanta, con una difesa a 3 che pareggiava il tridente bergamasco e una coppia di attaccanti completa, con un giocatore veloce, Orsic, e uno possente e tecnico, Petkovic, che avevano rispettivamente il compito di attaccare l’area con i tagli e dare appoggi spalle alla porta.
Il giocatore che però è risultato determinante per far funzionare la manovra offensiva è stato Dani Olmo, un rifinitore catalano finito nelle giovanili della Dinamo direttamente dalla Masia (per avere sicurezza di giocare fin da subito tra i professionisti, il Barcellona lo aveva incluso nell'affare Halilovic… come cambiano le cose...).
Bjelica gli aveva chiesto di muoversi nel mezzo spazio di sinistra per ricevere davanti a De Roon, per poi girarsi nello stretto e saltare giocatori più macchinosi, com’è l’olandese e com’è anche Toloi. Grazie alla sua sensibilità tecnica Olmo ha accelerato ogni volta che è entrato in possesso del pallone, tentando 14 dribbling e riuscendo in 10: un talento tecnico puro difficile da trovare in Serie A.
Le stelle sono i dribbling di Olmo in questa partita, quelle verdi sono quelli riusciti, quelle rosse sono quelli sbagliati. Sembra un grafico di Neymar nei suoi giorni di grazia.
Con la verticalità di Orsic a tenere occupati i centrali e la presenza di Olmo a ricevere e muoversi poi tra le linee, l’Atalanta non poteva permettersi di sbagliare nessun intervento con i suoi marcatori, perché alle loro spalle non c’era copertura. E, come conseguenza indiretta, l’Atalanta ha dovuto abbassare la propria linea difensiva.
Per quanto abbia provato ad alzare il proprio baricentro in pressione, l'Atalanta non è riuscita a recuperare il pallone in modo attivo, trovandosi a reagire alle iniziative della Dinamo. La linea difensiva atalantina non è fatta per difendere nella propria area di rigore, i suoi giocatori funzionano come reparto se portati qualche metro più in alto, a giocare sugli anticipi.
L’incapacità di difendere Dani Olmo da parte del centrocampo è stata una delle cause principali che hanno portato il baricentro ad essere così basso, e la difesa quindi così esposta. Probabilmente per questo Gasperini è passato alla difesa a 4 nel secondo tempo con l'ingresso di Malinovskyi, adottando il 4-3-3 con De Roon davanti alla difesa. Difficile, però, giudicare se l’evidente miglioramento avvenuto dopo il cambio non fosse dovuto anche a una diversa gestione della partita da parte della Dinamo, con il risultato ormai sul 3-0.
Se non altro l'Atalanta non ha buttato la partita nel secondo tempo, neanche dopo aver subìto il quarto gol per una disattenzione della linea difensiva, che su un cambio di gioco/spazzata della difesa ha lasciato solo ancora una volta Orsic. E se Gasperini dovrà mettere mano per risolvere i problemi strutturali che possono rendere l’Atalanta fragile in Europa, senza snaturare (su questo non c’è dubbio) quei principi che l’hanno portata a giocare a questo livello, starà anche ai giocatori ritrovare le energie mentali e la sicurezza necessaria per non sprecare così un’occasione rara.
Se ne riparla il primo ottobre contro lo Shakhtar Donetsk, una partita che suona già come l’ultima occasione per confermare che quanto di buona ha fatto in Italia, l’Atalanta può farlo anche in Champions.