La storia dell’arte e della letteratura, persino quella della scienza, sono piene di opere, trattati, che i contemporanei non riuscivano bene a comprendere: e la reazione più umana, quando non si riesce a capire bene qualcosa, è il rifiuto. Il pittore e critico d’arte Louis Leroy, a proposito del dipinto “Impressione, levar del sole” di Monet, scrisse: «La carta da parati allo stato embrionale è comunque più curata di questo dipinto».
Per evitare di cadere in questa trappola logica, a volte basta lasciarsi sorprendere dalle cose, senza necessariamente provare a spiegarle, o elaborarle. In questo senso, anche il Real Madrid sembra essere un fenomeno inspiegabile, guidato da un fato che sembra volerla far passare indenne attraverso qualunque momento, uscendo senza un graffio, o quasi, da qualunque partita nonostante sia una squadra quasi del tutto disfunzionale. In questo momento storico, non riusciamo a comprendere bene la dimensione di questa squadra: forse tra qualche anno ne parleremo come l’avvio di una rivoluzione. Come ha scritto Fabio Barcellona, «il Real Madrid riporta il calcio al suo stato primordiale, in cui, semplicemente, la squadra più forte vince. È un’idea semplice ma che può avere un impatto enorme sullo sviluppo futuro di questo sport»; e la capacità di adattamento dei Blancos all’ambiente circostante - cioè, in questo caso, il campo di calcio - rappresenta un vantaggio evolutivo ancora molto evidente rispetto alle altre squadre.
Insomma, ci vuole la sospensione dell'incredulità per guardare una partita del Real: se volete un’estrema sintesi, vi basti lo splendido titolo de El País: il Real Madrid sconfigge il Bayern “porque sí”, come si dice ai bambini quando non si riesce bene a spiegare un concetto.
La versione di Heynckes
Sin dalla lettura delle formazioni apparivano in modo evidente le distinte intenzioni dei due allenatori, pur partendo fondamentalmente dallo stesso modulo. Da una parte Heynckes, colpito da una serie di infortuni importanti (Neuer, Alaba, Vidal, Coman), scommetteva su un 4-1-4-1 da vertigine verticale, il cui obiettivo principale sarebbe stato quello di raggiungere Lewandowski in avanti, o ancora meglio aumentare le spaziature nella difesa avversaria, sia in lungo che in largo, per permettere di raggiungere velocemente sulle fasce l’1 vs 1 con Ribery e Robben.
Dall’altro lato, Zidane sceglieva a sorpresa lo stesso modulo, interpretato, tra l’altro, da interpreti particolari: Lucas Vázquez largo a destra, al posto di un intristito Benzema, e Isco largo a sinistra. Niente rombo quindi, ma volontà di proteggere le fasce, attaccando allo stesso tempo l’evidente punto debole dello schieramento del Bayern: il vuoto ai lati del pivote Javi Martínez, teoricamente aiutato da due giocatori offensivi come Müller e James. Per questo Kroos e Modric si posizionavano spesso più in alto rispetto al solito, con Isco ad aggiungersi tra le linee. Il Bayern voleva controllare gli spazi per andare in verticale, il Real voleva controllare il pallone, per dominare tra le linee e azionare Cristiano Ronaldo.
Nei primi minuti della partita, la vocazione alla verticalità dei tedeschi è apparsa immediatamente: alla prima azione, Hummels tenta il lancio lungo nonostante la pressione avversaria verso l’esterno, per attaccare lo spazio dietro Carvajal. Il lancio è sbagliato ma il terzino madridista non riesce a liberarsi dalla pressione di James, e colpendolo innesca involontariamente Lewandowski, che prova a servire Müller sul secondo palo: per pochi centimetri il pallone è dietro al movimento, e una grande occasione da gol svanisce nel nulla.
L’avvio della partita sembrava spingere verso il piano bavarese: i ritmi alti determinavano una sorta di battere e levare, un susseguirsi di azioni saltando il centrocampo che era proprio nell’idea originale di Heynckes. La risposta di Zidane prevedeva un piano di pressione ben congegnato: sia a metà campo, quando lasciava i centrali avversari liberi di impostare, sia più in alto sui rinvii dal fondo, con Modric su Hummels, Lucas su Rafinha, Isco su Kimmich, CR7 su Boateng e Kroos su Javi Martínez, spingendo così il Bayern a spezzarsi in due. Un rischio messo in conto da Heynckes, ovviamente, al contrario dell’infortunio di Robben, che complicherà di molto le cose al Bayern Monaco. Al posto dell’olandese entra Thiago, con la squadra che si posiziona con il 4-3-3, con Müller sulla destra. Il Bayern così si sbilancia completamente sulla fascia sinistra, quella di Ribery (il 46% degli attacchi è da quella zona, contro il 27% della fascia destra), ma almeno guadagna in equilibrio e controllo: Thiago e James costituiscono un riferimento con il pallone, evitando così alla squadra di dover sempre lanciare lungo.
Il Bayern riusciva a guadagnare campo anche perché chiudeva gli spazi tra le linee, con una difesa sempre molto alta: in particolare, Zidane, con il suo 4-3-3 a specchio, ha completamente isolato Cristiano Ronaldo, che è riuscito a toccare il pallone appena 28 volte, meno di tutti i giocatori della partita (sostituzioni escluse). Benzema sta disputando forse la sua peggiore stagione, ma questa partita ha dimostrato anche che Cristiano senza Benzema è come Batman senza Robin, e un giocatore come il francese, che con i suoi movimenti senza palla profondi e larghi muove le difese e crea spazi, non si trova tanto facilmente in giro.
Due mancati protagonisti della partita: in particolare, CR7 completamente fuori dal gioco, con il tiro sbilenco in fallo laterale come simbolo negativo.
Con CR7 isolato, Lucas Vázquez largo e preoccupato dall’isolamento di Carvajal contro Ribery, Isco alla ricerca di palloni che non arrivano, il Real è sembrato in grande difficoltà nei primi 20 minuti di partita. A funzionare bene, però, era il piano di aggressione sull’inizio azione: e addirittura sembrava che i Blancos giocassero meglio in riaggressione, a dimostrazione anche della incredibile capacità di alternare strumenti tattici completamente diversi.
Lentamente, adattandosi all’ambiente, il Real ha cominciato a controllare la partita: approfittando di una fase di recupero di energie dei padroni di casa, si impadronisce del pallone (dal 19' al 30', la percentuale di possesso palla si ribalta: 60% per gli ospiti) e sembra pronto ad assestare il colpo. Non gli riesce per la scarsa capacità di azionare CR7, e soprattutto perché viene fermato sul più bello: su un colpo di testa del portoghese, Marcelo prova a evitare che il pallone finisca sul fondo, senza successo, e si attarda a rientrare. Il portiere Ulreich batte velocemente, e in quel momento il terzino brasiliano è addirittura fuori dal terreno: come sempre, il Bayern si dirige sulla fascia, Müller appoggia su James che serve con un passaggio taglialinee l’inserimento profondo di Kimmich, che nel frattempo era stato mollato da Kroos. La linea difensiva del Real è completamente scoordinata e Kimmich si ritrova da solo: ha tempo per entrare in area, guardare due volte al centro per fingere il cross in area, e poi tirare verso la porta. Navas si era nel frattempo spostato in avanti per anticipare il passaggio, e così si è fatto colpevolmente colpire dal terzino tedesco: le incertezze del portiere costaricano continuano ormai a ritmi che forse una squadra come il Real Madrid non si può permettere.
Ma nemmeno un gol del genere riesce a scomporre il Real, che inizia a comportarsi come le muffe che costruiscono reti di comunicazione adattative: in modo non cosciente, ma semplicemente come risposta a quello che succede intorno. Nel frattempo, Heynckes perde un altro giocatore per infortunio, cioè Boateng, che forse sarà addirittura costretto a saltare il Mondiale.
Il Bayern riesce a prendere forza, e in particolare funziona bene la strategia di addensare uomini sulle fascia sinistra per poi isolare Ribery contro Carvajal, mai visto così in difficoltà nonostante il supporto di Lucas; anche sull’altra fascia, Marcelo viene preso spesso alle spalle, con Isco in difficoltà nell’aiutarlo, e Modric e Kroos presi fuori posizione. I bavaresi accumulano occasioni che non riescono a sfruttare (in particolare, un controllo sbagliato di Ribery solo davanti al portiere), e quello è il momento in cui di solito il Real guarda gli avversari usare male degli strani sassi, per poi rubarglieli e mostrare che sono pietre focaie.
4 dribbling dentro l’area di rigore: gli è mancato solo il gol, con quel controllo sbagliato.
Ad usare le pietre, e ad accendere il fuoco sacro della Casa Blanca, sono ancora una volta i due terzini: su un cambio di campo di Sergio Ramos, Carvajal ha restituito il pallone al centro di testa. L’accenno di rovesciata di CR7 è bastato a spaventare Javi Martínez che ha lasciato sfilare il pallone, arrivato fino a Marcelo, che nel suo girovagare per il campo stavolta era al posto giusto: rasoterra da fuori area, gol, fine primo tempo.
Cambiamento
Al rientro in campo, Zidane è stato costretto dall’infortunio di Isco a mettere in campo Asensio, ma in questo modo si è garantito sia maggiore copertura in fascia sia la capacità di attaccare in transizione.
Il Bayern prova a riprendere il controllo del gioco, e ci riesce, anche se a caro prezzo. Per far fronte alla pressione alta dei “Merengues”, James si è dovuto abbassare troppo, allontanandosi dalla zona di definizione, mentre Thiago più avanzato è apparso meno incisivo, in particolare nella scelte da prendere. La mancanza di maggiore qualità nelle zone avanzate di campo si rivela uno dei problemi del Bayern: che continua a fare male grazie alle iniziative di Ribery, ma senza riuscire a segnare, anche a causa di un Lewandowski in ombra.
La mappa dei passaggi di James, troppo spostata verso la propria metà campo, e quella di Thiago, con passaggi orizzontali sulla trequarti: forse sarebbe stato meglio avanzare il colombiano.
La conquista dell’Allianz Arena avviene al 57° minuto, in un’altra fase di grande pressione dei bavaresi: da un calcio d’angolo per il Bayern, il pallone torna indietro fino a Rafinha che, pressato da Lucas, sbaglia il passaggio per Kimmich lì vicino, e innesta invece Asensio. Il talento “revulsivo” (termine spagnolo che sta a indicare, più o meno, il giocatore che ti spacca la partita dalla panchina) della Casa Blanca capisce tutto all’istante e chiama il triangolo a Lucas: palla in profondità, e tocco delicato per il gol del vantaggio. Questa volta, il Real ha semplicemente approfittato di un regalo, come fa sempre, e lo ha fatto come al solito con il massimo dell’efficienza possibile. Al Bayern Monaco sarà sembrato di essere di fronte ad un serpente velenosissimo, contro cui basta sbagliare una mossa per essere spacciato.
Con l’ingresso di Benzema al posto dell’infortunato Carvajal (e Lucas spostato terzino destro), Zidane sceglie una nuova strategia: blocco più basso per difendere posizionalmente e azionare le transizioni offensive con un tridente asimmetrico, con Asensio sempre a scalare da quarto di centrocampo. Il controllo del gioco passa così ancora di più al Bayern, che continua a creare occasioni anche dal gioco aereo, mentre Benzema quasi riesce a segnare il terzo gol (ottima parata di Ulreich). Il copione è già scritto nonostante gli sforzi bavaresi: a pochi minuti dalla fine, Tolisso (entrato al posto di Javi Martínez) tra le linee inventa un assist per Lewandowski che spreca davanti a Navas. Un’altra dimostrazione che il Bayern forse avrebbe dovuto tenere James tra le linee, per dare qualità nell’ultimo passaggio.
Giusto per evidenziare la quantità di ottime occasioni del Bayern, e la trasformazione dei sassi in fuoco del Real Madrid.
La partita più giocata nella storia delle competizioni UEFA (25°esima volta) finisce con la vittoria del Real: ha sofferto, certo, ma in modo naturale ha saputo reagire allo svantaggio e approfittare degli errori altrui. La “Casa Blanca” ha vinto una semifinale in trasferta all’Allianz quasi a velocità di crociera: praticamente senza CR7 (zero tiri in porta), tagliato fuori da un piano gara non troppo indovinato; con le sue debolezze completamente esposte e attaccate dagli avversari (gli spazi alle spalle dei terzini); cambiando continuamente strumenti tattici e dimostrando ancora una volta di essere una squadra liquida, anche in senso negativo, perché a volte, per non dare punti di riferimento agli avversari finisce per non averli neppure. Il Bayern ha fatto tutto il possibile per vincere, considerati i limiti e le difficoltà, ma è finito incredibilmente per subire lo scarto evolutivo che attualmente lo divide dal Real Madrid di Zidane.
Non è solo una questione di fortuna, il Real Madrid sembra essere sempre a suo agio nella partita, anche quando soffre tantissimo, ed è sempre naturale, non fa mai sembrare che i suoi giocatori stiano forzando delle giocate. Ci si può riuscire solo con una grande dose di campioni, certo, ma è un evento rarissimo: quanti gruppi di campioni ha sconfitto in questi anni il Real? Questa squadra potrebbe davvero realizzare la folle utopia di Florentino Perez, la ricostruzione del Real Madrid delle cinque Coppe dei Campioni consecutive degli anni ‘50, agli albori della competizione.
Tra il ritorno e l’eventuale finale restano solo altre due partite. Manca poco per sapere se il Real Madrid sta davvero riportando il calcio al suo stato primordiale, quello in cui a vincere è semplicemente il più forte, come accadeva ai tempi di Alfredo Di Stefano.