Premessa #1: in un'epoca di attaccanti mostruosi come quelli che occupano il proscenio calcistico contemporaneo prendendosi gran parte degli applausi, Gonzalo Higuaín è un'eccezione. Eccezionale perché più normale di altri suoi colleghi eccellenti, è un paradosso, ma non è così assurdo se confrontate le caratteristiche di Cristiano Ronaldo, Messi, Ibrahimović, Suárez, Lewandowski a quelle di Higuaín – il suo talento, il suo corpo. Loro sono entrati dalla porta sfondata dal primo Ronaldo (che a sua volta ha allargato il buco nel muro che altri avevano aperto prima di lui), che chiamavamo “Fenomeno” proprio per posizionarlo su un piano diverso, separato, rispetto a quello di calciatori come Higuaín.
Premessa #2: i paragoni lasciano (sempre) il tempo che trovano, ma se confronto Higuaín con i suoi colleghi migliori è perché il punto di partenza di questo pezzo è che Gonzalo Higuaín è un giocatore altrettanto unico di quelli nominati sopra, pur senza nessuna caratteristica veramente mostruosa. Messi, Cristiano, Lewa, Suarez – per non parlare di Ibrahimović, che forse è il più mostruoso di tutti – sono uomini in carne e ossa con i valori di alcune caratteristiche così fuori dal comune da farmi pensare che al posto loro, nei loro corpi, qualcosa di buono potrei farlo anche io, o voi. Non faremmo meglio di loro, ma ci divertiremmo a provare una superiorità che, con grande probabilità, nessuno di noi ha mai provato in vita sua. Sarebbe come cavalcare uno dei draghi di Game of Thrones. Immaginate, invece, di essere nel corpo di Higuaín. Fareste meglio di Higuaín con i mezzi di Higuaín? Io ho abbastanza esperienza di me stesso da sapere che non solo non farei meglio di lui, ma che non sarebbe neanche divertente. Adesso immaginate Cristiano Ronaldo nel corpo di Higuaín, Messi con il controllo di palla di Higuaín. Secondo me neanche loro farebbero meglio di lui.
Premessa #3: Messi può superare quasi qualsiasi dilemma tattico o tecnico con il puro talento, non ha bisogno di interpretare nel modo migliore possibile il contesto perché può crearlo. Cristiano può contare sulla sua genetica oltre a un indubbio talento innato per soddisfare la propria insaziabile voglia di vincere. Higuaín, invece, anche se non ha meno voglia di vincere di Cristiano, deve pensarci bene prima di accelerare in uno spazio e prima di tentare un dribbling. Lewandowski, per tornare in una fascia di talento più vicina a quella di Higuaín, ha il fisico di un soldato d'élite e una tecnica da giocoliere. Luis Suárez ha la velocità e la reattività di un felino a stomaco vuoto liberato in una stanza con dentro una gallina spiumata. Higuaín è tecnico, ma non può sbizzarrirsi con la fantasia, è forte fisicamente ma i migliori difensori con cui si scontra non sono da meno. È abbastanza veloce, ma lui la gallina la compra al supermercato sotto casa. Da un punto di vista o da un altro, Higuaín è inferiore anche ad attaccanti più “comuni”: non ha la velocità di Aubameyang (che poi la velocità è un vantaggio che permette di rallentare al momento del gesto tecnico decisivo, a chi ne ha bisogno) né la tecnica e il baricentro di Agüero (che gli permettono di non perdere mai il contatto con la palla). E potrei andare avanti.
Premessa #4: quello che ci tengo a premettere è che i limiti dell'orizzonte di Gonzalo Higuaín, da qualsiasi parte volga lo sguardo, sono più vicini di quelli dei suoi illustri colleghi. Ma il suo talento consiste proprio in questo: nell'allontanare l'orizzonte delle sue possibilità fino a dove serve. Combina la conoscenza di se stesso, dei suoi limiti e delle sue qualità – comunque fuori dal comune, perché altrimenti dovremmo parlare di un miracolo – con una conoscenza del calcio che gli permette di compiere scelte inaspettate, a volte persino azzardate, spesso geniali. Ovviamente sbagliando anche, o scontrandosi con i propri limiti, con contesti e avversari a lui superiori... ma questo capita anche ai grandissimi nomi di cui sopra.
Higuaín non è mai stato forte come adesso
L'interpretazione comune della sua carriera vuole che a cambiarlo sia stato l'arrivo al Real Madrid di Cristiano Ronaldo, Kakà e sopratutto Benzema. Higuaín ha iniziato come numero dieci (nelle varianti di enganche e seconda punta) e l'abitudine a lavorare i palloni che gli arrivano e orientare la sua squadra si vede ancora nelle giocate tra le linee, nei passaggi in profondità, nell'uso che fa dell'esterno del piede destro. Sopratutto nell'esterno del suo piede destro.
Ma, insomma, diciamo che l'Higuaín precedente all'arrivo dei nuovi “Galacticos” era più dinamico, quello successivo è diventato più potente e egoista, ossessionato dal gol come prova del proprio valore (anche perché la scarsa vena realizzativa era quello che qualcuno gli rimproverava). Viene da lì il carisma dell'eterno secondo, che anche in Nazionale con la concorrenza di gente come Messi, Agüero, Tevez, Di Maria, deve sudarsi ogni presenza. Quella cupezza con cui gioca e che, probabilmente, lo motiva a colmare il gap che lo separa da calciatori più dotati di lui.
Rispetto al passato, quest'anno Higuaín ha alzato il proprio rendimento in modo da rendere impossibile non notare il suo talento. Con 24 gol in 26 partite è già vicino alla sua migliore stagione di sempre (quella successiva all'arrivo di Benzema, Ronaldo e Kakà in cui ha segnato 27 gol in 32 partite di campionato) e gli elogi di Ancelotti e Rumenigge confermano il suo status di attaccante di prima fascia. Certo è anche grazie a Napoli, all'effetto che deve fare sentire il proprio nome gridato così forte che sembra uscire direttamente dai muri dei palazzi, dalle strade strette del centro. A una matura sicurezza nei propri mezzi e alla determinazione a fare la differenza in un contesto che lo responsabilizza. Tutto questo ha spinto Higuaín a diventare la migliore versione possibile di se stesso e adesso, quando è in stato di grazia, sembra davvero poter decidere quando fare gol.
Un esempio di come Gonzalo Higuaín sia capace di allontanare i propri limiti senza bisogno di superarli, da una partita di qualche tempo fa
È il preliminare di Champions League che il Napoli ha giocato all'inizio della scorsa stagione (2014/15) contro l'Athletic Club. La squadra basca è andata in vantaggio al San Paolo e manca meno di mezz'ora alla fine. Hamsík gioca in verticale una palla ambigua, troppo corta per correre alle spalle della difesa, troppo alta per essere considerata un passaggio. Higuaín aggancia al volo alzando il piede all'altezza delle proprie spalle, e dopo aver aggiustato la palla che gli era rimasta leggermente sotto al corpo si ritrova con un difensore davanti, Gurpegui, e il lato destro chiuso. A sinistra ci sarebbe lo spazio per lo sfondamento (il classico corridoio tra centrale e terzino) e per una frazione di secondo Higuaín sposta il peso sulla gamba sinistra, ma Callejon ha tagliato proprio da quella parte e l'uomo che lo marcava, Balenziaga, è rimasto in copertura del lato “forte” di Higuaín. Sempre a destra sta recuperando la posizione Laporte, che arrivando da dietro prova l'intervento quando Higuaín, quasi contro logica, decide di puntare il lato destro. Dopo aver evitato Laporte alzandosi la palla, Gonzalo effettua ancora due tocchi con cui non si avvicina davvero alla porta e all'ultimo momento disponibile, prima che sia davvero troppo tardi, che non ci sia più angolo, incrocia il tiro che passa sotto le gambe di Balenziaga (che non ha mollato un millimetro) e supera il portiere prima che scenda a terra.
Sei tocchi e una serie di calcoli mentali più o meno inconsci molto complessi, in quattro secondi: Higuaín ha preso in leggero controtempo il movimento della squadra basca, che stava correndo in diagonale all'indietro e verso sinistra, forse ha tenuto conto del taglio di Callejon che gli occupava lo spazio, ha sentito ed evitato un uomo che arriva da dietro aggirando i due che aveva davanti, prendendo la mira senza guardare, tenendo conto della posizione del portiere, coordinandosi per il tiro prima ancora che si fosse aperto lo spazio minimo necessario per far passare la palla.
Non ha dribblato nessuno verso la porta, non ha disegnato una parabola assurda di quelle che con i palloni moderni si vedono in ogni campo in quasi ogni categoria. L'impressione dal vivo è che Higuaín abbia forzato la giocata. L'impressione, quando lo si riguarda, è che Higuaín sia stato estremamente efficace, facendo il meglio che poteva in una situazione difficile. L'impressione quando lo si riguarda dieci volte è che Higuaín abbia costruito l'azione e che poi abbia tirato come se si fosse trovato solo davanti al portiere: e se un attaccante può costruirsi un'azione e calciare in quel modo con un uomo addosso e in posizione defilata allora significa che è indifendibile.
Un esempio della luce di cui brilla Gonzalo Higuaín questa stagione
È importante, per lo scopo di questo articolo, tenere presente anche quando dico che è “indifendibile” il fatto che Higuaín non può fare quello che gli pare con una palla tra i piedi. Almeno non in mezzo a un campo da calcio pieno di avversari. La sua genialità sta proprio nell'aver trasformato l'assenza di specialità in una varietà di soluzioni talmente ampia da rendere il suo gioco imprevedibile. È come se potesse fare qualsiasi cosa gli passi in mente. Un difensore che si trova davanti Higuaín non può mai veramente essere sicuro se andare al duello per la palla o accompagnarlo, difendere il suo lato forte, il destro, o chiudere il tiro a sinistra (della straordinaria efficacia del tiro di Gonzalo parlerò più avanti). Nella partita di andata con la Juventus, lo scorso settembre, Higuaín segna proprio sfruttando questo tipo di insicurezza che è capace di infondere anche in un difensore di classe mondiale come Bonucci (che Higuaín soffre particolarmente per la forza fisica e perché va quasi sempre per la palla, grazie a una sensibilità fuori dal comune per un difensore).
Ma l'azione del gol è significativa dall'inizio. La Juventus sta costruendo all'altezza della metà campo, il gioco viene da sinistra e Hernanes, centrale di centrocampo davanti alla difesa, vuole portarla a destra. Quando Higuaín intuisce il cambio di gioco, scatta per tagliare la linea di passaggio tra Hernanes e Lemina, mezzala destra, il che potrebbe aver influito o non aver influito sul fatto che Hernanes strozza il passaggio in orizzontale per Lemina. Anche se praticamente è di spalle, in qualche modo Higuaín intuisce che il passaggio è a metà strada, si gira senza rallentare, anzi accelera, e arriva sulla palla prima di Padoin, che prende in contro-tempo e salta alzando la palla con l'esterno. A quel punto prende una velocità più ragionevole, tocca ancora una volta la palla di esterno, mettendosi in diagonale in direzione della porta e alzando la testa. Bonucci accorcia nella sua direzione ma non ha il passo di chi vuole tentare l'intervento da ultimo uomo. Hernanes sta arrivando al raddoppio e il lato destro può considerarsi chiuso. Con un nuovo tocco, stavolta d'interno, Higuaín si riposiziona parallelamente alla lunghezza del campo e poi effettua una specie di mezzo tocco di collo, aspettando che Bonucci gli sia più o meno davanti e faccia una leggerissima pausa per scendere sulle gambe (come fanno i difensori per non perdere reattività nei riflessi). A quel punto si allunga la palla con un angolo che lo porta sul lato sinistro, ma non troppo largo: quanto basta perché Bonucci allungandosi in scivolata non chiuda lo spazio in cui ha già deciso di far passare la palla, calciando di sinistro, e prendendo di sorpresa uno dei migliori portieri della storia del calcio.
Quando ha deciso di puntare la porta da centrocampo? Quando Hernanes ha sbagliato il passaggio? Quando Padoin ha sbagliato l'intervento? O ha deciso di calciare solo quando Bonucci gli ha permesso di arrivare fino al limite dell'area senza minacciare di togliergli palla? Gonzalo non può aver pensato tutto insieme, ma ogni decisione che ha preso in questi pochi secondi, l'ha presa in anticipo rispetto a tutti gli altri esseri umani, calciatori professionisti, che si è trovato davanti.
Quest'anno abbiamo avuto più di un esempio della grandezza di Higuaín, eppure gli è bastato non segnare per due partite perché i suoi critici lo mettessero di nuovo in discussione (ed è buffo come nessuno abbia dubbi sulla sua forma fisica o sulla sua professionalità quando tutto va bene). Lui sembra sapere che la sua volontà arriva fino a un certo punto, o almeno questo è quello che ho capito io quando nell'intervista di Fabrizio Gabrielli sull'ultimo numero di Rivista Undici dice: «Io ci provo a giocare tutte le partite nella stessa maniera».
In parte è colpa della televisione e della competizione globalizzata che ci ha abituato a standard di efficienza così alti che non c'è quasi più differenza tra quantità e qualità, ma in parte credo sia un problema legato al gioco di Higuaín che, appunto, è indifendibile ma non onnipotente.
Anzi, Higuaín è il contrario dell'onnipotenza
Come detto, la mia teoria è che Higuaín sia cresciuto per accumulo di esperienza. Conoscenza di sé stesso e, magari anche inconsapevole, conoscenza del gioco del calcio. Rispetto per i propri limiti e continua ricerca di possibilità. Un gioco che non ha nulla di superfluo, ma neppure di sciatto, che richiede una concentrazione che confina con l'isolamento (l'archetipo di questo tipo di concentrazione calcistica profonda, che somiglia a una gara di apnea in una piscina pubblica, è Zidane). Ogni sua giocata è pensata ed eseguita con la stessa qualità e attenzione, da una semplice sponda a quelle più ad effetto.
Higuaín non se la tira mai, anche il suo aspetto esteriore non tradisce alcuna affettazione: la camminata pesante, la pancetta, la barba pigra, lo sguardo a terra o, nelle rare foto in cui non sorride come uno che non sorride mai, uno sguardo di sfida ma sempre un po' sfocato. Non deve essere simpatico, di persona, ma soprattutto non sembra gli interessi granché. Non tiene la palla tra i piedi un secondo in più del dovuto e, anche se è sicuro di sé, non dà mai l'impressione di giocare sentendosi il migliore in assoluto.
Alla base del suo gioco c'è un controllo del proprio corpo che non è semplice superiorità, anche quando in effetti poi si rivela più forte, più veloce o più tecnico dei suoi avversari. Il rapporto che c'è tra Higuaín e il suo corpo è più o meno lo stesso che c'è tra un pilota e una moto da corsa. In progressione non è imprendibile, i difensori non devono precipitarsi nel recupero temendo di perderlo di vista, ma è alla costante ricerca di un cambio di direzione, o di velocità, che faccia perdere l'equilibrio a chi si mette tra lui e la porta. A volte anche quando la situazione sembra sotto controllo, dal punto di vista della difesa, Higuaín riesce a tagliare tutti fuori con un tocco imprevisto. Ma sono tocchi a cui arriva, che costruisce con le sue azioni, e molto spesso sono tocchi tutto sommato semplici.
Contro la Lazio (dicembre 2013: Higuaín è arrivato in Italia solo da qualche mese) gli arriva una banale palla tra le linee appena dopo la metà campo: siamo talmente lontani dalla porta che a nessuno verrebbe in mente di puntarla in modo diretto. Un primo difensore laziale, Cana, prova ad accorciare la distanza pensando magari a un controllo sul posto, ma Higuaín con la coda dell'occhio vede il suo movimento e compie una sterzata con un angolo strettissimo, allungandosi la palla e passandogli di fatto alle spalle. Il tempo di riprendere contatto con la palla che arriva un secondo difensore, Ciani, che non sarà un fenomeno, ma è grande e grosso e corre tanto veloce quanto Higuaín. Ciani lo affronta con prudenza, non rischia l'intervento e gli corre affianco prendendo contatto. All'ingresso in area Ciani riesce addirittura a mettere la spalla davanti a Higuaín, e se mettete pausa in quel momento esatto l'azione sembra finita. Invece Gonzalo si lascia cadere calciando in diagonale sul secondo palo, prende ancora una volta di sorpresa il portiere, Marchetti, che era anche avanzato per chiudergli lo specchio il più possibile.
Altre due cose su come Higuaín usa il suo corpo e il suo talento
Anche per uno spettatore che guarda Higuaín per la prima volta è evidente quanto sia difficile avvicinarsi a lui e il fatto che il suo corpo è attratto dalla porta avversaria come un meteorite che ha bucato l'atmosfera è attratto dal centro della Terra. Ma dato che Higuaín non è davvero un meteorite i suoi scatti sono quasi sempre motivati. Ci sono attaccanti che moltiplicano le loro corse per aumentare le possibilità che qualcuna di esse vada a buon fine, ma Higuaín può sfruttare anche in questo caso la sua visione di gioco. Questo, però, lo rende dipendente dai propri compagni: una visione di gioco senza palla presuppone che chi ha la palla abbia quanto meno una capacità equivalente di vedere linee di passaggio. Si capisce, quindi, che Higuaín sia esigente, spesso (più in passato) nervoso; ma non è semplice egoismo perché, al tempo stesso, il suo gioco è in grado di far migliorare il gioco dei propri compagni dandogli possibilità, linee di passaggio magari difficili (molte delle sue migliori corse vengono interrotte da un'anticipo della difesa) ma che senza di lui non vedrebbero neanche. Difficilmente Higuaín potrà fare la differenza senza il resto della squadra, ed è ancora più difficile che una squadra che gli dia centralità giochi bene indipendentemente da lui.
Si tratta forse della parte meno facilmente visibile del suo talento, anche perché lo spettatore in TV è abituato a concentrarsi sulla palla, ma presuppone la stessa difficoltà delle finalizzazioni. La sua capacità di leggere la profondità, e di proiettarci il proprio corpo (con e senza palla), richiede consapevolezza delle seguenti informazioni di gioco: la propria posizione, la posizione del pallone, la posizione di tutti gli altri giocatori, specialmente gli avversari, specialmente il portiere avversario, specialmente il compagno che ha la palla per cui deve sempre essere visibile. Poi, sulla base di tutte queste coordinate in movimento, e di altre informazioni elaborate a un livello che non può essere cosciente (tipo la velocità degli avversari, la direzione della loro corsa, la loro resistenza a un'eventuale carica), se la palla arriva nella sua zona o lui riesce a portarla lì dove voleva, Higuaín decide per la soluzione più efficace.
Questo spiega anche la particolare qualità dei tiri di Higuaín, sempre molto forti e con un'angolazione che sembra dipendere sopratutto dalla posizione del portiere. Quasi mai i tiri di Higuaín sono imprendibili in senso astratto, piuttosto si regolano sull'equilibrio del portiere, il palo da cui è più lontano o su cui, secondo lui, si aspetta meno il tiro. Per questo è più importante sapere calciare sufficientemente bene sia di destro che di sinistro anziché avere un piede solo capace di bucare una cassaforte con un pallone da calcio; e per questo i suoi colpi di testa sono quasi sempre delle deviazioni della traiettoria del cross, senza aggiungere forza alla palla se non è necessario.
Forse a questo punto siamo pronti per parlare degli errori di Gonzalo Higuaín
Gli esempi più celebri sono l'errore a tu per tu con Neuer in finale dell'ultimo Mondiale (particolarmente crudele se si considera che nove minuti dopo gli è stato annullato un gol per fuorigioco, e che Higuaín ha il tempo di esultare, cominciando quello che sembrava un giro completo di campo con le braccia larghe e la fronte rivolta al pubblico); quello dal dischetto contro la Lazio alla fine della scorsa stagione (in una partita che avrebbe potuto mandare il Napoli al preliminare di Champions League quest'anno); quello a tempo quasi scaduto con il Cile, in finale di Copa América la scorsa estate, che ha rafforzato sbagliando anche il rigore nella serie che ha dato la vittoria ai suoi avversari.
Magari con una carriera diversa (se avesse vinto di più, se avesse avuto più occasioni) errori di questo tipo non avrebbero pesato nel giudizio complessivo su Higuaín, ma è vero anche che non è raro vederlo sbagliare. Non lo è mai stato e, anzi, gli errori fanno parte di Higuaín come il fatto che quando è fuori forma, anche di poco, perde molte delle sue possibilità. Ho già definito la sua unicità attraverso quello che non è: basterà aggiungere che Higuaín non è continuo e non è infallibile.
Ma forse il motivo per cui Higuaín può sbagliare nelle situazioni più semplici è proprio che il suo talento si basa sul non avere una specialità in cui è mostruoso. I suoi errori più clamorosi sono arrivati da situazioni in cui le variabili da calcolare erano troppo poche e Gonzalo, solo con se stesso, aveva troppe scelte a disposizione. Se non hai un tipo di tiro preferito e ti basi sul posizionamento del portiere, sull'angolo che ti lascia in relazione alla tua capacità di coordinarti per calciare abbastanza forte da bruciare i suoi riflessi, allora magari il calcio di rigore è la situazione peggiore, la più complicata, in cui trovarti.
C'entra, inoltre, quel tipo di concentrazione profonda che deve raggiungere per compiere ogni scelta (che è anche la ragione per cui Higuaín non può essere un vero leader, al limite un esempio per i compagni). Senza una reale tensione, senza una sfida a se stesso, con il portiere già quasi battuto, Higuaín rischia di trovarsi senza appoggi e quella che prima era sicurezza diventa insicurezza. Non c'è niente di veramente facile per Higuaín, e la difficoltà a mantenere il suo miglior livello e gli errori grossolani lo dimostrano.
Il che non dovrebbe impedirci di apprezzarne l'unicità, o la grandezza delle cose che gli riescono. Il “peso” di Higuaín all'interno del nostro campionato in questa stagione è paragonabile solo a quello dei centravanti degli anni '90 (al Batistuta con la maglia della Fiorentina, a Vieri con quella della Lazio, a Trezeguet). Sono capitate e capiteranno ancora altre partite in cui Higuaín giocherà con meno sicurezza, in cui i compagni gli passeranno meno palloni, o peggiori, o gli avversari avranno meno paura di lui, faranno scelte migliori (il livello contemporaneo è alto e anche una coppia come Alex-Zapata può riuscire a non concedergli niente). Ed è anche normale che le partite in cui è più probabile che succedano queste cose siano quelle più importanti: semifinali, finali, sfide Scudetto...
Ma la luce di cui brilla Higuaín è quella dei grandi campioni, sta a noi saperlo apprezzare, in un'epoca in cui la competizione tra calciatori sublimi rende il confine tra vincitori e sconfitti sempre più sottile. E anche giocatori come Higuaín rischiano di passarci davanti solo sotto forma di numeri.