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La migliore accademia d'Europa
03 mar 2016
I motivi del successo del settore giovanile del Partizan Belgrado.
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11 min
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Andrija Zivkovic, Danilo Pantic, Nikola Ninkovic e Ivan Saponjic sono i quattro giocatori più promettenti cresciuti nelle giovanili del Partizan Belgrado negli ultimi anni. Zivkovic è l’unico rimasto ancora in Serbia: è il più forte fra i quattro citati e probabilmente uno dei talenti più puri mai usciti dall’accademia giovanile Belin-Lazarevic-Nadoveza. Fra giocatori dello stesso ruolo, solo Lazar Markovic era probabilmente più forte di Zivkovic quando lasciò Belgrado per trasferirsi al Benfica.

Zivkovic è un’ala che può giocare in entrambi i lati del campo e a 19 anni è già un calciatore sufficientemente maturo e affidabile da potergli affidare la fascia da capitano. Nelle partite in cui il ritmo della squadra cala insieme alla concentrazione (e al Partizan capita spesso), nove volte su dieci è Zivkovic che riporta in alto i giri dei compagni di squadra. Non abusa né della sua tecnica né del suo estro: da lui ci si aspetta soprattutto che faccia sempre la cosa giusta al momento giusto.

Se il Partizan quest’anno ha sfiorato i sedicesimi di Europa League, la maggior parte del merito va a Zivkovic.

Zivkovic è del 1996 e l’11 ottobre 2013 è diventato il più giovane esordiente della storia della nazionale serba entrando al sessantesimo minuto nel corso dell’amichevole contro il Giappone organizzata per l’addio al calcio di Dejan Stankovic. Per quanto riguarda gli altri tre: Danilo Pantic è stato comprato dal Chelsea lo scorso anno e ora è in prestito al Vitesse; Nikola Ninkovic è passato a gennaio al Genoa, che lo ha girato in prestito al Chievo; mentre Ivan Saponjic è del Benfica.

Possiamo essere sicuri che tra due anni ci saranno almeno altri quattro nomi di cui parlare: il Partizan vive di questo, da sempre. La crescita dei giovani è uno dei principi più importanti stabiliti dai partigiani nel momento della fondazione del club, nel 1945.

I giovani, l’unica salvezza

«Non c’è nessun segreto. Prima di tutto abbiamo una lunga tradizione, poi è la strategia del club di dare continuamente fiducia ai ragazzi». A rispondere così a una domanda di un videoreporter di Copa90 che chiedeva quale fosse il segreto dietro l’incredibile quantità di talenti cresciuti nel settore giovanile del Partizan Belgrado, il più efficiente d’Europa, è il santone Momcilo Vukotic. Vukotic possiede l’identikit dell’allenatore delle giovanili: discreta carriera da giocatore, iniziata al Partizan, poi una stagione al Bordeaux e di nuovo Partizan fino al termine della carriera. Dopo il ritiro, quarant’anni da allenatore e assistente tecnico fra Jugoslavia, Cipro, Grecia e Romania, nazionali e club. In Serbia chi allena i ragazzi “deve” essere stato un professionista, o è vivamente consigliato che abbia avuto un passato da giocatore. Toma Milicevic, leggendario scopritore di talenti della Stella Rossa che ha portato a Belgrado talenti come Vladimir Jugovic, Dejan Stankovic e Marko Pantelic, sostiene che la mancanza di questo profilo rappresenti uno dei pochi problemi del calcio giovanile serbo, e ciò che ha frenato la Stella Rossa negli ultimi anni: alcuni preparatori non hanno giocato abbastanza per poter allenare bene. Non hanno ricevuto insegnamenti adeguati da ragazzi e in questo modo hanno interrotto una tradizione di quasi un secolo e che ha permesso alla Serbia di crescere regolarmente grandi giocatori.

Probabilmente nelle parole di Milicevic c’è un bel po’ di nostalgia, magari della Stella Rossa degli anni Ottanta e Novanta: i giovani infatti sono l’unico vanto ed eccellenza del calcio serbo, e l’unica cosa sulla quale, per il momento, può fare affidamento per elevarsi dalla mediocrità generale del livello del calcio dell’est Europa. Tanto a livello economico che di prestigio.

Il calcio serbo è tenuto in piedi dalle nazionali e dai settori giovanili più di ogni altro paese dell’est. Le squadre del campionato serbo sono fra le più povere del continente e non possono permettersi di comprare giocatori dall’estero. Al punto che qualche mese fa il sindacato mondiale dei calciatori ha sconsigliato di firmare contratti con squadre serbe, perché spesso gli stipendi non vengono pagati.

Nel 2013 l’Under 19 serba ha vinto gli Europei di categoria e nelle ultime sei edizioni del torneo è riuscita ad arrivare quattro volte fra le prime quattro classificate. Molti giocatori della squadra che vinse gli Europei nel 2013 sono stati poi protagonisti della vittoria della Coppa del Mondo under 20 in Nuova Zelanda, la scorsa estate. Undici giocatori di quella squadra giocavano con squadre della Superliga serba quando alzarono la coppa, cinque di loro giocavano nel Partizan.

Esistono numerosi club che pur disponendo di un eccellente settore giovanile non riescono poi a essere competitivi a livello di prima squadra, ma in nessun club la sproporzione è così clamorosa come nel Partizan. In questo senso il calcio serbo, rompendo ogni progettualità tra giovanili e prima squadra, somiglia a una gigantesca accademia calcistica europea: più simile a una scuola tennistica che a una calcistica. Totalmente votata a forgiare il talento individuale dei propri giovani fino a che questi non possono affermarsi ed esprimersi sui veri palcoscenici.

I motivi del successo

L’estesa diffusione dell’attività sportiva in un piccolo stato come la Serbia genera da sempre risultati eccellenti. A costituire parte importanti di questi successi la predisposizione fisica alla resistenza, una fame di arrivare inusuale per il contesto europeo e una grande tenacia, che ha a che fare anche col concetto di eroicità, conosciuto negativamente dall’Europa durante le guerre jugoslave.

Il resto lo fanno le strutture e la tradizione: i centri sportivi sono diffusi in tutto il paese e accessibili a tutti e la cultura sportiva è da sempre molto importante. Lo stesso vale per il calcio: in tutte le principali accademie calcistiche del paese l’affluenza dei giovani è molto alta. Oltre a quelle di Partizan e Stella Rossa, ci sono anche quello del Vojvodina, punto di riferimento dell’omonima regione autonoma, o quello della terza squadra di Belgrado per la qualità dei giovani cresciuti, il Rad Belgrado, che da anni è una specie di serbatoio di riserva sia per la Stella Rossa che per il Partizan.

Oggi la miglior accademia è senza dubbio quella del Partizan, che possiede una struttura giovanile composta da diverse squadre per ogni fascia di età, simile a quella di qualsiasi altra squadra europea. Ogni anno il numero di ragazzi tesserati dalla società è compreso tra trecento e quattrocento. I giocatori più piccoli dell’accademia giovanile hanno otto anni e da loro i preparatori richiedono solo una buona visione di gioco. Fino ai ragazzi di dodici anni, le squadre non partecipano a campionati regolamentari: per lo più si allenano e partecipano ad amichevoli e tornei.

Un nome dal cappello, Dusan Vlahovic: è un attaccante e ha esordito con la prima squadra lo scorso dicembre, a 16 anni.

Dai quattordici anni in poi, tutti i giocatori del Partizan vengono scelti direttamente dai preparatori e dagli allenatori, fra quelli già nel club che salgono dalle categorie inferiori a quelli che regolarmente gli osservatori portano a Belgrado da tutto il paese, dalla parte serba della Bosnia, dal Montenegro e dalla Macedonia. Il club organizza dei campus anche negli Stati Uniti e in Australia, paesi in cui le comunità serbe sono molto numerose. Tutti i ragazzi chiamati ai provini vengono selezionati dopo un paio di giornate di allenamenti e di colloqui con i selezionatori, che sono gli allenatori e gli osservatori.

I giovani selezionati vengono aggregati alle loro categoria d’età e si trasferiscono a Belgrado, ospitati dallo Sporting Center Partizan-Teleoptik, il centro sportivo della squadra. Quelli giudicati più promettenti restano al Partizan, gli altri vanno al Teleoptik Zemun.

Il Teleoptik può essere considerata un’altra squadra del Partizan, solo con nome e colori differenti. In questa stagione la prima squadra del Teleoptik disputa la terza divisione serba ma non è raro vederla in seconda divisione. Le partite casalinghe di campionato le disputa nel campo principale dello Sporting Center, che molto probabilmente è il più grande e importante centro sportivo dell’intera penisola balcanica: solo il centro sportivo della Dinamo Zagabria riesce a tenergli testa.

Una giornata nella vita di un giocatore del Partizan (con un Ivan Tomic all’improvviso allenatore).

Lo Sporting Center Partizan-Teleoptik venne costruito nel 1996, quando i dirigenti del Partizan decisero di avere un centro in cui concentrare tutte le attività principali del club. Si decise di costruirlo a Zemun, uno dei diciassette municipi di Belgrado, sulla riva sinistra del Danubio. Lo Sporting Center Partizan-Teleoptik venne aperto nel 1998 e poco dopo fu soprannominato “Zemunelo”, dal nome del centro sportivo del Milan. Il complesso si estende su una superficie di quasi 100mila metri quadrati e comprende un piccolo stadio da duemila posti a sedere (quello dove gioca il Teleoptik, usato anche dal Partizan per le amichevoli), otto campi di allenamento, un business center, un palazzetto dello sport, un centro con palestre e piscine e un collegio per i ragazzi con appartamenti e unità mediche.

Il Teleoptik è uno strumento usato dal Partizan per accelerare la crescita dei giovani e per non scartare frettolosamente quelli all’apparenza meno bravi. Nel Teleoptik sono passati quasi tutti i talenti del Partizan che ora giocano nei maggiori campionati europei: da Milos Jojic a Matija Nastasic, da Aleksandar Mitrovic a Miralem Sulejmani. Alcuni ci hanno passato diversi anni, altri ci hanno giocato solo qualche mese. Negli ultimi anni, i giocatori che hanno giocato titolari con il Partizan e che precedentemente avevano disputato almeno metà stagione con il Teleoptik sono stati Darko Brasanac, Milos Ostojic, Nikola Ninkovic, Filip Knezevic, Danilo Pantic e Andrija Zivkovic.

Zemunelo garantisce un flusso continuo di giovani titolari alla formazione del Partizan: se si considera la quantità dei giocatori cresciuti e diventati calciatori professionisti, per il CIES il settore giovanile più efficiente d’Europa è proprio quello del Partizan Belgrado. Attualmente 78 giocatori cresciuti nelle giovanili del club di Belgrado giocano nei principali campionati europei: una decina sono ancora al Partizan mentre gli altri sono sparsi per il continente. Nel rapporto del CIES, che considera come giocatori cresciuti nel club chi ha giocato almeno per tre anni nel settore giovanile di una squadra in un età compresa tra i 15 e i 21 anni, il Partizan precede Ajax e Barcellona.

Un’ulteriore prova della qualità del settore giovanile del Partizan è il numero di giocatori cresciuti a Zemunelo fra i convocati della nazionale serba nel 2015, ben 14: Milan Lukac, Vladimir Stojkovic, Matija Nastasic, Zoran Tosic, Radosav Petrovic, Nemanja Matic, Ljubomir Fejsa, Danko Lazovic, Milos Jojic, Adem Ljajic, Aleksandar Mitrovic, Andirja Zivkovic, Petar Skuletic e Lazar Markovic.

La classifica redatta dal CIES può essere presentata come prova nella discussione sull’importanza delle squadre riserve. Le prime sei società della classifica (Partizan, Barcellona, Ajax, Dinamo Zagabria, Sporting Lisbona e Dinamo Kiev) hanno tutte una squadra riserve che gioca nella seconda o nella terza divisione del proprio campionato nazionale.

Il vantaggio che porta una squadra riserve è fondamentale, perché permette di non interrompere lo sviluppo dei giovani nel periodo in cui l’unica cosa che devono fare è giocare. I ragazzi che non sono ancora ritenuti pronti per la prima squadra vengono mandati alla squadra riserve, e restano comunque all’interno del club. Lì ci restano mezza stagione, uno o due anni, a seconda del tempo ritenuto necessario: quando sono pronti ritornano alla base, diversamente vengono mandati ancora in prestito o venduti.

È vero che il Partizan è in qualche modo “costretto” a far giocare i propri giovani migliori perché non ha la disponibilità economica per operare sul calciomercato. La società è di proprietà statale e piena di debiti nonostante le cifre ricavate dalla cessione dei propri giocatori.

Ci potranno essere annate più o meno fortunate ma nessun giocatore europeo accetterebbe volentieri un trasferimento al Partizan o nel campionato serbo. Però la questione dei giovani non si può nemmeno limitare alle ambizioni e alle risorse di una squadra: il Barcellona è riuscito a creare un ciclo vincente con una squadra piena di canterani, l’Ajax vive più di alti e bassi, ma i bassi non sono mai così drammatici e c’è sempre la certezza di tornare in alto perché l’accademia giovanile funziona.

Matija Nastasic quando faceva squadra da solo nelle giovanili del Partizan. Nastasic può essere considerato un esempio negativo di gestione di un giovane del Partizan: venne ceduto senza mai esordire in prima squadra.

L’assenza di una squadra riserve è uno dei motivi per cui la Stella Rossa ha perso così tanto terreno dal Partizan negli ultimi anni. Come dice Vukotic, non c’è nessun segreto. Se oggi il Belgio, nazione con undici milioni di abitanti, ha una squadra più forte dell’Italia, 60 milioni di abitanti, e anche molti più giovani di talento, è perché in Belgio hanno migliorato quelle quattro cose fondamentali che fanno la differenza tra un paese che mette i propri giovani nelle migliori condizioni per crescere e uno che non lo fa:

1. L’accessibilità agli allenamenti

2. Il livello delle strutture sportive

3. La qualità degli insegnamenti

4. La possibilità di giocare regolarmente tra i professionisti.

Il Partizan possiede tutte queste caratteristiche: porta i giovani a Belgrado, si occupa della loro permanenza e della loro istruzione. Li fa allenare da alcuni dei migliori preparatori d’Europa e quando hanno l’età e la qualità per farlo passano in prima squadra o nelle riserve, e iniziano a giocare.

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