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La Motion Offense di Stevens e Popovich
30 nov 2016
Come Boston, San Antonio e le altre squadre NBA creano il movimento di uomini e palla.
(articolo)
9 min
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Benvenuti a X&Os la rubrica in cui analizzeremo gli schemi più utilizzati dalle squadre NBA. In questa prima puntata ci occupiamo delle Motion Offense dei Boston Celtics di Brad Stevens e dei San Antonio Spurs di Gregg Popovich.

La “5 Out Motion” dei Boston Celtics

Da quando Stevens è sulla panchina di Boston, i Celtics hanno vissuto una crescita che li ha portati a primeggiare con squadre di alto livello per quanto riguarda i rating offensivi giocando un basket veloce, ad alto numero di conclusioni - lo scorso anno hanno chiuso al secondo posto per numero di tiri tentati su 100 possessi, appena dietro a Chicago - ed estremamente efficace.

Stevens è famoso per il suo attacco basato su un’idea di Motion Offense il cui principio cardine è il “Read & React”: l’obiettivo dei suoi giochi infatti è attaccare la difesa, leggerla e reagire in modo opportuno valutando le opzioni che si creano con il movimento di palla e di uomini. Il gioco più utilizzato dai Celtics per scardinare le difese è un “5 fuori” di stampo Princeton Offense, valido per il gioco in transizione ma che può essere declinato anche come set offensivo a metà campo.

Lo sviluppo del gioco è semplice ed elementare, quasi a sussurrarci che non importa quello che fai, ma come lo fai: palla al lungo che decide su quale lato spostare la manovra, blocco del giocatore “alto” per il giocatore “basso” che sprinta verso il compagno con la palla per giocare un pick & roll consegnato, in gergo DHO (acronimo che sta per Dribble Hand Off). Questa soluzione permette al terminale offensivo designato di ottenere un certo vantaggio sul suo difensore, che, in sequenza, deve difendere su un blocco lontano dalla palla e subito dopo su uno sulla palla, perdendo per forza di cose quelle frazioni di secondo che contro gli attaccanti NBA equivale alla morte.

Nella prima clip la scelta difensiva dei Nuggets è di proteggere il pitturato, ma la posizione di Kenneth Faried è troppo contenitiva e Isaiah Thomas, una volta “girato l’angolo” dopo il DHO con Amir Johnson, ha tutto il tempo e lo spazio del mondo per fare tre palleggi, tenere dietro Jameer Nelson, e lasciar partire il floater da centro area senza opposizioni.

Nella seconda clip, Marcus Smart passa a Jordan Mickey, il rimorchio, che non ribalta il lato, ma attende il blocco per liberare Gerald Green. Wilson Chandler è in ritardo e passa dietro, la difesa di Nikola Jokic è sempre contenitiva ma più alta rispetto a quella precedente di Faried, quindi apre una voragine a centro in cui si getta a capofitto Mickey rollando a canestro per una comoda schiacciata.

Poco dopo, altra esecuzione dello stesso schema: Avery Bradley, il destinatario del primo blocco verticale, decide di eseguire un ricciolo che costringe l’uomo su Smart a fare un passo indietro per coprire il taglio. È Smart quindi a giocare il DHO con Mickey ed attacca in palleggio il centro area presidiato ancora una volta da Jokic. Rispetto alle situazioni esaminate in precedenza, i difensori sul lato debole si staccano dai loro uomini per stringere la morsa sulla palla (in gergo: flottare), ma il taglio iniziale di Bradley libera del tutto il lato forte che è una prateria per il taglio a canestro di Mickey, che ancora una volta affonda a canestro.

Cambiano gli interpreti, cambia la difesa, ma non l’esecuzione: Kelly Olynyk e Jonas Jerebko sono due “mezzi lunghi” intercambiabili che possono aprire ulteriormente il campo ai Celtics. Sul blocco di Olynyk per Thomas, il difensore del canadese Joakim Noah scala (in gero: droppa) in area per coprire lo show di Lance Thomas. Sul taglio di Jerebko a canestro Noah chiama un cambio difensivo, ma il suo compagno di front line è in ritardo e ciò crea spazio per una tripla aperta di Olynyk.

In questa clip invece il blocco iniziale della Motion non è verticale per liberare il giocatore che parte in angolo, ma è un blocco in allontanamento, o Flare Screen in gergo, che permette a Thomas di tagliare backdoor a canestro e segnare un facile sottomano.

L’interpretazione delle finaliste

La disposizione 5 Out è ricorrente nei playbook delle squadre NBA: se Stevens la utilizza per innescare la serie di eventi che portano ad un pick & roll centrale, i Cleveland Cavaliers lo usano sostituendo il lungo incaricato del ribaltamento con LeBron James per un isolamento, esattamente come faceva Erik Spoelstra nel periodo a South Beach del Prescelto.

James riceve al gomito, la sua comfort zone per antonomasia da cui può tirare, mettere palla a terra e trovare il compagno libero in caso di raddoppio. Da questa situazione i Cavs vogliono tenere impegnata la difesa e usano uno split sul lato forte che in questo produce un vantaggio tale da liberare Frye in area. LeBron lo serve e il risultato sono due extra pass per un tiro aperto di Richard Jefferson da tre punti.

A proposito di split (vale a dire una finta di blocco lontano dalla palla, spesso seguita da un ricciolo o da un backdoor): nessuno lo esegue meglio degli Warriors, che in una situazione “5 Out” trovano un canestro facile di Klay Thompson.

La “Motion Strong” dei San Antonio Spurs

Gregg Popovich è uno dei migliori allenatori della storia e nel corso dei suoi 20 anni da capo allenatore a San Antonio è riuscito a creare un sistema di gioco fluido modellato attorno ai propri giocatori, in grado di esaltarne le qualità e metterli nelle condizioni di esprimere il proprio talento in un contesto di squadra e un’identità di gioco ben definita.

A livello di X&Os la sua idea è stata una sorta di passing game che prevede un set di partenza standard, buono per l’attacco a metà campo e per l’attacco in transizione, in grado di muovere tutti e cinque i giocatori in campo e ricreare situazioni favorevoli in base alle letture della difesa.

Il portatore di palla passa al rimorchio che ribalta il lato dandola all’esterno sul lato debole. Mentre la palla vola, il lungo in post basso cambia lato giocando per impegnare il suo difensore, e nel frattempo il portatore di palla e il secondo rimorchio portano un doppio blocco sfalsato (in gergo: stagger) per l’esterno in angolo che sale in punta. Se il movimento non produce nessuna situazione favorevole, i due lunghi si alzano ai gomiti, gli esterni si schiacciano in angolo, e si creano le basi per una disposizione “Horns” che porta a un flusso di gioco continuo in cui è possibile sviluppare concetti di Flex Offense, situazioni di Screen the Screener (bloccare il bloccante), pick and roll, blocchi per liberare i tiratori o isolamenti.

Una variante del set base può prevedere un blocco shuffle - dal nome del sistema Shuffle Offense ideato negli anni ‘40 che il grande Dean Smith elevò ad arte a livello NCAA prima con Air Force e poi a UNC -, ovvero un blocco cieco del giocatore di post basso verso l’esterno che taglia a canestro, seguito dallo stagger di entrambi i lunghi.

È una soluzione che permette di avere un isolamento veloce per Leonard mentre sul lato debole la difesa è impegnata dallo stagger e non può staccarsi per portare aiuto al difensore lasciato solo a cercare di sopravvivere su Kawhi Island.

Oppure ottenere l’effetto contrario, impegnando la difesa sul lato forte per poi colpirla con una bomba da tre punti sull’uscita in corsa di Patty Mills.

Cosa cambia se la palla finisce subito in post basso? Nulla, perché le tacche sono una postazione ideale per far schiacciare la difesa e aprire una visuale sul campo che permette di vedere il movimento dei compagni, in questo caso il taglio di Mills per sorprendere la difesa dei Rockets tutta orientata verso il giocatore in post.

Se i difensori preparano con anticipo lo stagger, una lettura corretta può essere quella di Tony Parker che, anziché scendere a bloccare, sfrutta un blocco diagonale che costringe la difesa a riorganizzarsi e poi esporsi ad un canestro facile del francese che duetta con Pau Gasol.

Come lo giocano le altre

In sintesi si tratta un sistema di gioco open source a cui ogni allenatore aggiunge o toglie qualcosa per i propri fini ed è ormai parte integrante del playbook di ogni squadra NBA. Gli Charlotte Hornets di coach Steve Clifford utilizzano spesso la Motion Strong per dipanare la propria trama di gioco e dare fluidità alla manovra.

Dopo il blocco stagger e la conseguente disposizione Horns, Michael Kidd-Gilchrist passa al gomito per Zeller e sprinta a portare un blocco a Batum, che a sua volta sprinta per giocare un DHO centrale.

Per gli Atlanta Hawks, la Motion Strong è un punto fisso del proprio gioco, e non potrebbe essere altrimenti dato che il mentore di coach Mike Budenholzer è stato proprio Popovich di cui è stato assistente per 17 anni. Il flow offense degli Hawks è una gioia per gli occhi: dalla scelta del passaggio d’entrata riescono a creare infinite possibilità di gioco muovendosi all’unisono, mai casualmente, sempre in controllo.

Nella prima clip, Millsap riceve spalle a canestro, Korver sul lato debole è il destinatario il blocco stagger, legge il tipo di difesa di McDermott, ricciola al primo dei due blocchi e riceve in area per un gioco da tre punti.

Nella seconda clip gli Hawks riescono rapidamente a mettersi in posizione per la Motion Strong: Korver sfrutta l’inerzia del suo primo taglio sotto canestro per prendere velocità, sfruttare il blocco stagger, e con una pulizia tecnica divina mette a posto i piedi, riceve, prende la mira e spara a canestro in una frazione di secondo per il più classico dei suoi tiri da tre.

Un’idea simile l’hanno avuta i Clippers che giocano spesso la Motion Strong soprattutto all’inizio dei quarti, quando vogliono coinvolgere J.J. Redick e di conseguenza muovere la difesa. In questo caso il tracciato base viene modificato per schiacciare la difesa dei Thunder sotto la linea del tiro libero con la palla in post ed un triplo stagger, poi un secondo stagger seguito da un pick & roll che apre spazio al piazzato di Blake Griffin dalla lunetta.

Al grido di “Read & React” e “Flow Offense”, i coach NBA ricorrono alle varie interpretazioni della Motion per sviluppare quella fluidità di gioco necessaria a prendersi anche il più piccolo vantaggio su difese sempre più attrezzate e ciniche nel togliere punti di riferimento agli attacchi avversari. La capacità dei giocatori di occupare certe porzioni di campo e leggere le difese muovendosi di conseguenza sta soppiantando un modo di giocare basato sugli isolamenti stantii, ormai vetusti e facilmente intercettabili da qualsiasi difesa media NBA.

Il basket per definizione è uno sport di situazioni e di vantaggi: chi riesce a crearne e sfruttarne di più, ha migliori probabilità di ottenere dei risultati.

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