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La nottata senza precedenti di Luka Doncic
28 dic 2022
Mai nessuno aveva fatto una tripla doppia come quella di stanotte nella storia della NBA.
(articolo)
5 min
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Quante volte, vedendo in azione Luka Doncic, abbiamo pensato: uno così non c’è mai stato? Tante, tantissime, talvolta anche esagerando, facendoci prendere dall’adrenalina del momento. Però poi ci sono prestazioni che devono far riflettere più seriamente sul significato di quella domanda, e quella di stanotte contro i New York Knicks è chiaramente una di quelle, non la prima e sicuramente nemmeno l’ultima.

Partiamo da un dato: mai nessuno in NBA ha chiuso una tripla doppia con 60 punti, 20 rimbalzi (Luka ne ha presi 21) e 10 assist. Solo James Harden ha chiuso una gara con una tripla doppia da 60 punti, ma prendendo meno della metà dei suoi rimbalzi. Certo, i 5 minuti dell’overtime hanno aiutato e certo, i Knicks ci hanno messo del loro, ma ci arriveremo dopo. Ciò che resta indelebile e inattaccabile è la forza dei numeri di Doncic, la magia delle giocate, l’essenza del fuoriclasse che è. Un giocatore che ogni giorno è capace di ricordarci che le cose che fa lui non le ha mai fatte nessuno, e forse nessuno le farà più.

Welcome to the Luka Doncic Show.

Del modo di giocare a basket di Doncic colpisce soprattutto una cosa: quando si muove sembra che il tempo attorno a lui rallenti. Quando attacca il ferro non ha la ferocia atletica di uno Ja Morant o di un Russell Westbrook dei tempi bellissimi; trova e gestisce gli spazi andando a una velocità non elevata, ma il suo controllo di palla e del corpo è di una qualità tale che per la difesa intervenire è quasi impossibile. Da un certo punto di vista ricorda un altro slavo diventato una star andando metaforicamente a due all’ora: Dejan Bodiroga. Anche la difesa di New York ha pagato dazio a questa sorta di effetto slow-mo che Doncic crea quando si mette in moto, facendo sembrare tutti i difensori che si trova davanti degli incapaci o quasi. È una specie di stregoneria.

Quentin Grimes e soprattutto Mitchell Robinson stendono un tappeto rosso, ma Doncic ci mette tantissimo del suo a leggere la situazione tenendo sotto controllo il cronometro dei 24 secondi. Con enorme nonchalance si butta dentro e beffardamente alza il pallone ad un’altezza irraggiungibile per il centro di New York.

Apparentemente al piccolo trotto Doncic sfrutta il blocco di Dwight Powell per infilarsi nel cuore dell’area altrui dove ad attenderlo ci sono tre difensori. Morbidini anzichenò, però siamo ancora lì: ci vuole un’enorme controllo per muoversi come fa Doncic senza combinare pasticci.

La scelta difensiva dei Knicks, ovvero lasciare un difensore in marcatura singola su Doncic per evitare che gli altri andassero in ritmo, è stata a lungo fruttuosa. Alla fine dei conti non ha pagato innanzitutto perché quello là è un fenomeno assoluto, ma anche perché mentalmente New York non ha saputo rimanere in partita fino alla sirena. Il modo in cui hanno gestito il finale, gli ultimi 33 secondi e 9 decimi sopra di 9 e con il traguardo ben in vista, è un suicidio in puro stile Knicks. Negli ultimi 20 anni, un vantaggio di almeno +9 a 35 o meno secondi dalla fine aveva prodotto 13.884 vittorie e zero sconfitte, fino a ieri notte.

E allora raccontiamolo il finale dei regolamentari. Christian Wood mette una tripla con il linguaggio del corpo di chi ormai non ci crede più, ma deve ben presto cambiare idea perché il 77 fiuta che c’è ancora vita, c’è ancora tempo, molto più dei 26.8 secondi che recita il cronometro. Doncic contende una palla a Grimes, vince la contesa, va a prendersi il rimbalzo sulla mattonata di Tim Hardaway Jr., segna e subisce il fallo di Immanuel Quickley, realizzando il libero aggiuntivo. Siamo a -3, ma New York sembra ancora avere il controllo. Il fallo sistematico dei Mavs porta Deuce McBride in lunetta a fare 3 su 4 con in mezzo una tripla di Spencer Dinwiddie. Mancano 4.2 secondi, i Knicks sono sopra di 3, Grimes fa intelligentemente fallo su Doncic.

Dopo aver segnato il primo, Luka sbaglia deliberatamente il secondo tirando senza parabola. Ne nasce un caos disorganizzato come sempre in questi casi. La tocca Wood, la sfiora Randle, ci mette una mano JaVale McGee (messo in campo apposta per quel rimbalzo), poi la palla va verso Grimes e McBride. Non ci sono altri giocatori nei paraggi, per i Knicks sarebbe sufficiente che uno dei due prenda il pallone tra le mani e a quel punto sarebbe finita. E invece i due compagni finiscono per darsi fastidio a vicenda, sul pallone si avventa Doncic che non ha bisogno di rimettere i piedi per terra per calibrare un tocco morbido perché quello ce l’ha di natura. Canestro al volo, parità, supplementare. I Knicks non ne hanno più, i Mavs vincono.

Di tutto quello che abbiamo detto c’è però il rovescio della medaglia. Senza il canestro sulla sirena che ha prolungato la contesa, la gara di Doncic sarebbe entrata nella categoria dei losing effort dove peraltro avrebbe trovato ottima compagnia, da Michael Jordan a Wilt Chamberlain. Passata la sbornia della giusta celebrazione di una partita storica, Dallas farebbe meglio a domandarsi cosa non abbia funzionato se per battere i Knicks privi di Jalen Brunson e RJ Barrett (uscito dopo appena 96 secondi) c’è stato bisogno di una prestazione letteralmente mai vista prima nella storia del gioco. Che i Mavs siano Doncic-dipendenti è cosa risaputa: basti pensare che lo sloveno in questa sua quinta stagione NBA è in campo in media 37 minuti con un Usage del 42.4% (dati Cleaning The Glass), quasi 4 punti percentuali sopra Ja Morant secondo. Mai Doncic è stato così tanto in campo e così padrone della situazione, anche se pure lui ogni tanto si fa prendere dalla foga agonistica e dalla stanchezza: infatti pensava che il canestro del pareggio fosse in realtà quello della vittoria, da cui l’esultanza con un insolito balletto.

Stanotte i minuti giocati sono stati 47, esattamente come il suo Usage Rate, e alla fine è arrivata anche la richiesta di una birra per riprendere forza.

È bellissimo da vedere per gli appassionati, ma come ha scritto Michele Pettene un mese e mezzo fa, a lungo andare rischia di essere insostenibile per una squadra con le ambizioni di Dallas. Ma anche, paradossalmente, per le ambizioni personali di Doncic: è chiaramente un fortissimo candidato al ruolo di MVP della stagione, ma se la squadra non sale di tono mantenendo continuità di rendimento e non arriva un vero secondo violino che possa togliere un po’ di pressione, le sue chance di affermarsi sopra giocatori che stanno guidando le proprie squadre al vertice della Conference come Nikola Jokic per Denver e Jayson Tatum per Boston possono calare. Un po’ meno Doncic e un po’ più dagli altri Mavs può essere la ricetta giusta per entrambi: nel frattempo noi ci mettiamo comodi e ci godiamo lo spettacolo che Luka e pochissimi altri in questa lega possono offrire.

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