Prima dell’inizio di questa preparazione stagionale, sul percorso di Emery al PSG aleggiava più di un’ombra. L’allenatore spagnolo, infatti, era arrivato alla ribalta in una società dalle ambizioni totalmente diverse (per non dire opposte) a quella della squadra qatariota. A Siviglia, il ds Monchi era costretto ogni anno a ricostruire la squadra da capo per esigenze finanziarie ed è anche per questo motivo che formava con Emery una coppia perfetta.
Uno dei pregi maggiori (in realtà quasi un’ossessione) dell’allenatore di Hondarribia è infatti la crescita individuale dei giocatori all’interno di un contesto tattico dalle indicazioni chiare e semplici, cosa che permetteva ai giocatori di aumentare il proprio valore e di essere quindi rivenduti ad un prezzo maggiorato a fine anno.
Tatticamente questo voleva dire che Emery utilizzava la prima parte di stagione per sperimentare i nuovi e trovare quindi l’assetto migliore da utilizzare nella seconda decisiva parte, in cui, grazie anche alla sua capacità di studio e adattamento all’avversario, il Siviglia si trasformava in una squadra quasi imbattibile negli scontri diretti, soprattutto in Europa League.
Partendo da queste premesse è abbastanza semplice capire perché il PSG potesse essere un’arma a doppio taglio per l’allenatore spagnolo. La squadra di Parigi non ha ovviamente bisogno del player-trading per sopravvivere finanziariamente e fino ad ora le sue strategie di mercato erano basate sul tentativo di raccogliere più grandi nomi possibili, con sempre molti dubbi sull’assemblaggio di una squadra coerente da un punto di vista tecnico e tattico. Emery, inoltre, non avrebbe più avuto a che fare con giovani alla ricerca di un palcoscenico ma con stelle già affermate.
Il tutto senza contare che, mentre al Siviglia Emery partiva spesso da una condizione d’inferiorità in cui la vittoria di trofei rimaneva comunque un’eccezione, al PSG l’allenatore spagnolo si troverà quasi sempre contro avversari chiusi, in una situazione in cui il minimo sindacale è la vittoria del campionato.
I primi segnali
Se è ovviamente troppo presto per dire quante e quali di queste trappole siano state effettivamente disinnescate dall’ex allenatore del Siviglia, c’è comunque da dire che i primi segnali sono più che incoraggianti.
Innanzitutto sembra esser stato abbandonato il mercato faraonico e non del tutto comprensibile degli anni scorsi (David Luiz?), almeno per gli standard di una squadra dalle condizioni finanziarie del PSG. Nelle scorse settimane sono infatti arrivati acquisti poco appariscenti, ma mirati e congeniali alle idee dell’allenatore: il fedelissimo Krychowiak, il portiere francese Aréola (che si giocherà il posto da titolare per tutto l’anno con Trapp), il terzino belga Meunier, Jesé dal Real Madrid (dopo che per tutta l’estate si è parlato di James Rodriguez), e Ben Arfa, forse l’unico giocatore acquistato più per ribadire la dittatura del PSG sul campionato francese che per reale esigenza.
La preparazione ha soprattutto messo in luce un’inusuale fiducia nei confronti dei giovani provenienti dal vivaio. In particolare, Kimpembe, Ikoné e Lorenzo Calligari, utilizzati con continuità nelle amichevoli estive (Kimpembe è partito titolare anche in Supercoppa di Francia e alla prima di campionato contro il Bastia, visto l’infortunio di Thiago Silva), hanno dimostrato le potenzialità per essere dei buoni prospetti.
Ma nel ritiro americano, durante il quale il PSG ha affrontato WBA, Inter, Real Madrid e Leicester, la squadra di Emery ha dimostrato soprattutto una preparazione tattica e atletica di gran lunga al di sopra dei propri avversari, nonostante le poche settimane di allenamento (una condizione confermata anche dai risultati, per quanto possano valere tra luglio e agosto: il PSG ha vinto l’International Champions Cup segnando 10 gol e subendone appena 2 in tre partite).
La squadra parigina, nonostante l’assenza dei numerosi nazionali impegnati tra Europeo e Coppa America (per non parlare anche dell’infortunato Verratti), ha fatto intravedere una coordinazione collettiva notevole per il momento della stagione, sia in fase di uscita del pallone dalla difesa (già ai limiti della perfezione) sia nei movimenti offensivi di terzini, trequartisti e punta.
Emery è intelligente ed è stato attento a non buttare il bambino con l’acqua sporca: sta applicando le proprie idee senza abbandonare del tutto il lavoro fatto da Blanc. Il PSG, infatti, pur continuando inevitabilmente a dominare i propri avversari con il controllo del pallone, ha abbandonato quella ricerca ossessiva e a volte limitante del possesso, che poi era il vero e proprio marchio di fabbrica dell’allenatore francese.
Adesso il PSG riesce a far avanzare il pallone anche se pressato intensamente e la costruzione bassa non è più limitata al mantenimento sterile del possesso ma è tesa a trovare la superiorità alle spalle del centrocampo avversario grazie al movimento coordinato delle due ali, che si stringono tra le linee accanto alla punta, e dei due terzini, che invece si alzano larghissimi per dare ampiezza.
In questo modo il 4-2-3-1 di partenza si trasforma in 3-4-2-1 in fase di costruzione (con uno dei due mediani che scende tra i due centrali di difesa ad agevolare il possesso e il trequartista che si affianca al centrocampo) e in un più coperto 4-1-4-1 quando la squadra avversaria supera il primo pressing e il PSG è costretto a riposizionarsi sotto la linea del pallone.
Protagonisti ritrovati
In questo contesto, Emery sta assaporando forse per la prima volta la sensazione di avere giocatori già pronti al proprio progetto tattico. In particolare, Di Maria ha dimostrato nella Supercoppa di Francia di essere finalmente integrato in un’architettura che permette di esaltare le sue caratteristiche. L’argentino, infatti, è innanzitutto il pression trigger della squadra di Emery, scattando in avanti quando la palla passa da un centrale all’altro per schermare la linea di passaggio verso il terzino e costringerlo ad imbottigliarsi centralmente, dove il PSG fa maggiore densità. L’argentino assicura già un’intensità di pressing sopra la media, soprattutto se si pensa che siamo solo ad inizio agosto.
Altri due giocatori che erano finiti nel sottoscala con Blanc e che invece sembrano essere già fondamentali per Emery sono i due terzini, Aurier e Kurzawa, due giocatori dalle capacità fisiche impressionanti che assicurano corsa a tutta fascia senza perdere lucidità nei fondamentali inserimenti offensivi. I due terzini, infatti, sono predisposti ad attaccare il lato debole della squadra avversaria quando l’azione viene a concentrarsi da un lato del campo, una risorsa risultata devastante per il Lione in Supercoppa con Fekir travolto nel confronto personale con Kurzawa.
Lo stesso Pastore, agendo da trequartista, sta finalmente rinascendo come regista alto e moltiplicatore di linee di passaggio, dimostrandosi inaspettatamente brillante anche nei movimenti senza palla. Anche Cavani, nonostante non abbia brillato in termini realizzativi finora (è fermo attualmente per infortunio, tra l'altro), sembra essere congeniale al sistema, essendo uno dei migliori profili nell’attaccare gli spazi alle spalle della difesa creati dai movimenti a venire incontro delle due ali.
Difficile capire invece quale potrà essere il ruolo di giocatori che vivono più con la palla tra i piedi, come Lucas. Il brasiliano (uno degli elementi più importanti nel PSG di Blanc perché capace di spezzare situazioni statiche grazie alla sua progressione palla al piede) fatica ancora ad entrare nel ritmo dei movimenti della squadra di Emery.
Contro il Bastia, una squadra fisica e coperta con cui il PSG ha fatto molta fatica a creare spazi e occasioni da gol, l’ala brasiliana si abbassava aggiungendosi al centrocampo invece di cercare lo spazio tra le linee avversarie, a volte insieme a Di Maria e Ben Arfa, provato nella Supercoppa e contro il Bastia da falsa punta a causa dell’assenza di Cavani. In questo modo, però, i tre eliminavano linee di passaggio invece di crearle ed isolavano i terzini esternamente.
Proprio l’inserimento di Ben Arfa, un altro giocatore che dà il meglio di sé puntando gli avversari palla al piede, è l’altra incognita della nuova squadra di Emery. Ben Arfa non ha ovviamente il dinamismo senza palla di Cavani (e nemmeno di Jesé) e questo lo porta a schiacciarsi sul centrocampo per trovare il possesso. Il gol che ha permesso al PSG di guadagnare i tre punti alla prima di campionato è nato un po’ crudelmente da un movimento interno-esterno di Jesé, entrato al 65’ del secondo tempo proprio al posto del fantasista francese.
Nonostante ciò, queste prime uscite hanno confermato che la grande attesa per il PSG di Emery era giustificata, confermandosi come una delle squadre più interessanti da tenere d’occhio nel panorama europeo quest’anno. È sempre presto per fare previsioni, anche per il tenore tattico degli avversari incontrati (non proprio i più preparati per mettere in difficoltà una squadra di Emery), ma la squadra francese dovrebbe già preoccupare i propri avversari in campionato e Champions League.