Con meno di dieci secondi sul cronometro della sfida contro gli Oklahoma City Thunder, mentre la partita stava lentamente rotolando dalla parte dei Sacramento Kings e con Buddy Hield che stava attraversando il campo per tirare i liberi della ceralacca, De’Aaron Fox si appiccica a Russell Westbrook. È solo uno scambio di opinioni sulla corrente evoluzione del gioco, ma gli arbitri si irrigidiscono eccessivamente e fischiano un tecnico al giovane playmaker dei Kings. Paul George amministra i liberi senza però riuscire a sovvertire l’esito già scritto della partita, e Sacramento rovina il debutto stagionale di Westbrook aggiungendo un’altra vittoria al loro eccellente quanto inaspettato inizio di stagione.
Fox ha più volte rivelato come Westbrook sia il suo giocatore preferito in attività (quello in assoluto è Kevin Garnett) e spesso durante la sua giovane carriera è stato accostato al fenomeno di OKC, un paragone che di solito ha condannato i giocatori che entravano in NBA a una vita di miserie e disperazione. Praticamente nessuno dei playmaker scelti in Lottery negli ultimi cinque anni si è ancora consacrato come un talento generazionale, anzi molti hanno mancato le alte aspettative che erano riposte su di loro e gli unici che sono riusciti a ritagliarsi un ruolo importante sono quelli molto strani (Ben Simmons) o quelli che si sono totalmente reinventati come guardie a tutto tondo (Jamal Murray, Devin Booker). Anche Fox, che dopo un primo anno semi-disastroso sembrava avviato verso una lenta mediocrità, ha fatto tutti i compiti per le vacanze e sta velocemente diventando la miglior point guard della Lega tra quelle che non hanno ancora il diritto legale a votare.
Senza il cadavere di George Hill con il quale dividersi i minuti e con una squadra che gioca al suo ritmo e non viceversa, Fox è rapidamente tornato quel giocoliere pazzo intravisto per una sola stagione a Kentucky. A bordo di una Lambo in transizione, creativo nei pick and roll e finalmente affidabile quando sceglie di tirare dietro l’arco, Fox è una delle sorprese più piacevoli di questo inizio di stagione, oltre ad essere uno dei giocatori più divertenti da vedere dell’intera lega.
Young La Flame
De’Aaron Fox è nato a New Orleans, la città del Voodoo e della magia creola - di cui ricorda l’aspetto quasi spettrale, con i capelli dritti da spirito benigno -, ma è cresciuto cestisticamente a Cypress, Texas, qualche chilometro fuori Houston. Lì ha portato il liceo locale a competere per la prima volta ad alto livello, guadagnandosi tutti gli onori dal Jordan Brand Classic al McDonald’s All-American e diventando la stella più luminosa della classe di recruiting di John Calipari. A Kentucky Fox si impone subito come il leader tecnico ed emotivo di una squadra estremamente giovane e inesperta, portandola per mano fino alle Elite Eight in una partita all’ultimo respiro contro la North Carolina che poi vincerà il titolo. Ma la prestazione che diventerà il biglietto da visita di De’Aaron agli scout NBA è quella precedente contro la UCLA di Lonzo Ball, nella quale segna 39 punti in faccia al figlio di LaVar di pura voglia di vincere.
I Kings lo chiamano con la quinta scelta assoluta, nonostante la parafilia che ha portato Vlade Divac a draftare quasi esclusivamente lunghi (con risultati che definiremmo altalenanti) negli ultimi anni. L’impatto con l’NBA però è tragico: la squadra è mal costruita, mal allenata e senza alcuna voglia di provare a vincere delle partite. Un contesto così poco stimolante frustra un carattere combattivo come quello di Fox ed emergono i suoi limiti di gioco, normali per un ragazzo di 19 anni alla prima esperienza tra i professionisti. Il suo tiro in sospensione è preoccupante (48% di percentuale effettiva, 31% da tre) e le scelte con la palla in mano sospette, senza un reale controllo sulla partita e sulla sua velocità supersonica. Il suo primo anno è talmente mediocre che non viene incluso neanche in uno dei due quintetti di rookie a fine stagione, dove invece viene nominato il suo compagno di squadra Bogdan Bogdanovic. Sacramento è una squadra brutta, lenta e antiquata come ci aspetterebbe da qualsiasi squadra che ha come miglior realizzatore la versione 36enne di Zach Randolph.
Butterfly Effect
Quest’anno coach Dave Joeger ha finalmente capito che una squadra così giovane deve essere lasciata andare a briglia sciolta, specie se ha la fortuna di avere un fantino di razza come Fox. Sacramento è passata da essere lo scorso anno l’ultima squadra per numero di possessi ad andare più forte di quasi tutti, secondi solo agli Hawks per pace. In questo momento è terza in punti in transizione e al primo posto per velocità media in campo (4.42 miglia all’ora): un ribaltamento di stile così radicale dal quale hanno beneficiato tutti, da Buddy Hield a Willie Cauley Stein, che non a caso stanno vivendo le migliori stagioni della carriera.
La squadra meno cool della California ha tutto d’un tratto scoperto come si vincono le partite nel 2018, ovvero tirando di più e meglio da tre e correndo ad ogni opportunità disponibile. Un metodo semplice quanto efficace per battere - almeno durante la regular season - un numero consistente di squadre che semplicemente non hanno voglia di ingaggiare una sfida di corsa campestre contro le gambe fresche dei giovani Kings. Tutto questo però non sarebbe possibile senza Fox, un folletto fatto per giocare sempre a velocità supersonica e lasciare gli avversari nella scia dei suoi scarichi modificati. Se una volta erano John Wall e Russell Westbrook a contendersi lo scettro di Re della velocità, oggi ogni cronometro deve ammettere come sia Fox oggi il giocatore più rapido in NBA.
Non ha la potenza muscolare rabbiosa di Wall, né l’esplosività da stunt-man di Westbrook: è dotato invece di una rotonda leggerezza che lo porta da una parte all’altra del campo come se volasse sulla nuvola Speedy. Ciò che lo rende un velocista straordinario è che la sua rapidità con o senza il pallone è praticamente identica, ed è nettamente superiore a gran parte degli altri giocatori a corpo libero. Questo perché riesce a separare la parte superiore dalla parte inferiore del corpo, rendendo indipendenti e fluidi entrambi i movimenti: da una parte quello di corsa e dall’altro quello del palleggio. Tiene i due ritmi insieme come un batterista jazz, zigzagando per il campo senza che nessuno abbia la minima possibilità di fermarlo. La paura che Fox possa mettere il Nos e superare tutti come in un film di Fast & Furious congela la difesa avversaria e concede la possibilità ad altri di approfittarne. La sua sola presenza in campo rende la transizione un’eventualità da considerare in ogni momento, anche quando la palla è tra le mani dell’arbitro, anche durante i timeout. Nessuno può prendersi un secondo per respirare, sembrano tutti alla lezione prova di Crossfit.
Super stella Mario Bros Mode On
Come un battito d’ali dei colibrì, una semplice accelerazione di Fox ha cambiato la stagione di Sacramento e dei suoi compagni di squadra, che hanno ritrovato la gioia di giocare a pallacanestro. Cauley-Stein è finalmente uscito dal suo periodo blu per entrare in quello rosa nelle mappe di tiro; Hield si è alzato dalla sua fase Degrassi per tornare a sparare triple con quel rilascio felpato che sembra che ogni volta stia infilando una manica del cappotto di cachemire; Bogdanovic si sta ancora più razionalizzando rispetto lo scorso anno, unendo la concretezza serba con la frizzantezza californiana, e con Nemanja Bjelica forma un’improbabile coppia di Belgrado in libera uscita.
Ognuno di loro ha scoperto come associarsi positivamente con Fox - chi provando a correre accanto a lui, chi spaziando il campo in attesa che arrivi il pallone giusto. Ma l’esplosione del playmaker al secondo anno non ha solo trasformato l’efficacia e la brillantezza della fase d’attacco dei Kings: allo stesso tempo ha modificato l’atteggiamento dell’intera squadra che, ricordiamo, l’anno prossimo non avrà neanche una scelta in Lottery. Quindi tanto vale mettersi a correre e provare a vincere qualche partita.
Sicko Mode
Qualche giorno prima di essere scelto con la quinta assoluta dai Kings, Fox viene invitato ad un evento promosso dalla EA Sports dove gli mettono un controller in mano e lo invitano a sfidare i vari giornalisti presenti al nuovo capitolo della saga di Need For Speed. Finisce quarto alla prima gara e impone agli organizzatori di farlo giocare ancora solo per arrivare primo.
Fox lo scorso anno ha lanciato un canale Youtube nel quale carica le sue partite a Call of Duty contro altri gamer e occasionalmente qualche sportivo che condivide la sua stessa passione. Sul divano preferisce gli sparatutto o le gare automobilistiche, ma questo non significa minimamente che Fox non sia un maniaco quando si tratta di passione per il gioco. Anzi: l’ossessione per la competizione pura è una qualità che ha sempre condizionato positivamente la sua carriera, una fiamma inestinguibile che alimenta ogni sua azione sul campo di gioco.
De’Aaron Fox sta ancora imparando ad essere un portatore di palla efficace in situazione di pick’n’roll, dove può sfruttare la sua rapidità per entrare nel pitturato e creare. Come handler genera 0.84 punti per possesso, un buon dato ma non così positivo come il suo talento può garantire. Fox ha tutti i mezzi per diventare, con il tempo e la pratica, un pericolo costante in tale situazione, costruendosi anche un tiro dal palleggio di livello oltre ad imparare gli angoli migliori per attaccare il lungo avversario. In questo scorcio di stagione ha mostrato come abbia costruito un feeling strepitoso con Willie Cauley-Stein, il destinatario di oltre il 18% dei suoi passaggi. “Trill” è un eccellente bersaglio al ferro grazie alla sua esplosività in spazi stretti e abilità nell’andarsi a prendere tutti i palloni alzati attorno al canestro. Inoltre, la sua rapidità nel bloccare e subito dopo buttarsi nel pitturato consente a Fox di farsi portare il blocco molto in alto, così da sfruttare più metri possibili per accelerare verso il canestro.
Willie Cauley-Stein deve far trovare sotto l'albero un regalo enorme per tutte le volte che De'Aaron lo ha fatto volare sopra il ferro
Con tutto quello spazio in rampa di lancio, Fox può decidere a che punto della corsa recapitare il pallone al suo lungo: o nel momento nel quale il lungo avversario prova a contenere il suo palleggio, o nella tasca che si crea sul primo roll, o ancora aspettando fino in fondo che si realizzi il mismatch sotto canestro. Le letture di Fox sui giochi a due sono ancora poco rifinite e soprattutto poco continue, ma dimostra di controllare bene il campo, trovando spesso il tiratore sul lato debole con precisi ribaltamenti effettuati con entrambe le mani.
L’abilità di accelerare e decelerare come un cinquantino modificato per poi trovare in qualche modo l’assist vincente derapando in mezzo alla difesa avversaria è fondamentale per i Kings, che costruiscono i vantaggi proprio grazie agli strappi del loro playmaker. Fox non ha bisogno di aver costantemente la palla in mano per influenzare il gioco dei suoi, anzi spesso invece di portare lui la palla su cerca immediatamente il passaggio in avanti per il compagno che va in fuga, anticipando il posizionamento della difesa.
Secondo un mio calcolo empirico, Fox è il giocatore che crea più canestri mentre la regia indugia sul marcatore del canestro avversario: non batte solamente i cinque avversari ma anche l’occhio onniscente della telecamera, sfuggendo per un istante all’incubo foucaultiano del controllo panoptico.
The transition will be not televised
Il salto maggiore tra il primo e il secondo anno lo ha fatto proprio imparando ad influenzare la partita senza dover entrare ogni volta in “modalità Super Sayan”, ma isolando brevi momenti, particolari azioni, per indirizzarne il ritmo. Anche andando a velocità spaziali, ha dovuto attendere che il gioco rallentasse, almeno per lui. Se nel suo anno da rookie la forzatura era sempre dietro l’angolo, ora sembra davvero in pieno controllo delle sue capacità tecniche e fisiche, saltando da una marcia all’altra con la semplicità di un cambio di beat in Astroworld.
Houstonfornication
Fox è sempre stato un realizzatore estremamente dotato, capace di segnare nei modi disparati sfruttando le sue già descritte doti fisiche, sia al liceo che a Kentucky. Ma in un contesto NBA, nel quale i dettagli fanno la differenza, ha dovuto lavorare molto per ripulire il suo gioco offensivo, specialmente nella metà campo. Così tra una streammata e l’altra a COD, ha lavorato in off-season per elevare ulteriormente il suo gioco e i risultati non si sono fatti attendere. Se le sue doti di passaggio mostrano una consapevolezza di scelte ed esecuzione decisamente migliorata, impressiona ancor di più come Fox sia riuscito a diventare in poco tempo un pericolo costante anche in isolamento. Su un campione ancora limitato di possessi, il playmaker dei Kings è tra i migliori quando si tratta di attaccare il diretto marcatore in uno contro uno. Insomma, Fox non è solamente un Black & Decker multipunta che si infila nella difesa grazie ad un primo passo micidiale che fa collassare ogni tentativo di rotazione fino a creare buoni tiri per i compagni, ma un attaccante in costante miglioramento sotto diversi aspetti del gioco.
Da quando ha portato i suoi talenti in California Fox ha esteso il raggio del suo tiro in sospensione, che prima non usciva dai gomiti, fino a dietro la linea da tre punti. Uno sviluppo necessario e prevedibile ma che poneva molti dubbi sull’effettiva riuscita. Il grosso punto di domanda che pendeva spettrale sul prodotto di Kentucky come una spada di Damocle aveva la forma del suo rilascio, forse esagerato in un Draft che presentava anche Lonzo Ball e Markelle Fultz.
Fox è stato velocemente bollato come un tiratore mediocre e incostante dopo un brutto 24% da tre nell’unico anno collegiale. Anche da freshman ha faticato in modo incredibile dietro l’arco, segnando solo un terzo scarso delle due triple tentate a partita e imboccando la strada che porta all’Emmanuel Mudiay Heartbreak Hotel. Invece, come spesso fa anche in campo, Fox si è esibito un’inversione a U lasciando il segno dei copertoni sul parquet e migliorandosi in modo quasi imprevedibile. In questo inizio di stagione sta tirando un ottimo 39% con un tentativo di media in più rispetto allo scorso anno; inoltre due tiri su tre sono presi in situazione di pull-up (37%), dato molto interessante per valutare un giocatore che ha molto spesso la palla in mano piuttosto che rimanere fermo in angolo aspettando lo scarico. Fox ha avuto sempre un bel rilascio mancino e una volta imparato il lavoro di piedi corretto, molti difensori dovranno scegliere se passare dietro i blocchi o farsi infilare quando mette il turbo. Un tiro dal palleggio più competente gli garantisce uno spazio d’azione maggiore, moltiplicando la sua pericolosità palla in mano e sbloccando un ulteriore livello del suo gioco.
Il footwork anche dopo cinque o sei palleggi ora è molto preciso, specie quando deve portare avanti il piede sinistro
Ora che ha messo l’autotune al suo rilascio, Fox non è più solo un proiettile sparato verso il canestro ma è un proiettile che può fermarsi in qualsiasi momento e tirare. Che sia in situazioni di isolamento, di motion o di pick & roll, Fox costringe la difesa a fare scelte difficili, che è esattamente quello che fanno oggi i migliori giocatori: ti fanno mancare la terra sotto i piedi mentre decidono come ucciderti.
Qui ad esempio sfrutta la possibilità del tiro da fuori per spianarsi un'autostrada fino al ferro
L’imprevedibile ascesa di Fox non ha solo dato una nuova speranza di Sacramento, che ora veleggiano quasi increduli in zona playoff a Ovest, ma ha cambiato la cultura di una franchigia storicamente usata come pietra di paragone per tutto ciò che è sbagliato nel mondo. Ora anche i baffling Kings - nonostante gli stracci lanciati tra allenatore e front-office, nonostante uno dei proprietari più incompetenti in giro, nonostante un mercato che di californiano ha solo il prefisso telefonico - sembrano aver trovato una vera stella attorno alla quale costruire un futuro migliore. Un talento eclettico, che rompe molti degli stereotipi con i quali descriviamo i giocatori di basket, con i capelli da fumetto giapponese e gli occhiali di celluloide da Rive Gauche. Uscito da uno dei videogiochi dei quali è così appassionato, è partito a razzo per conquistare il suo posto tra le stelle.