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La partita a scacchi tra Nadal e Medvedev
09 set 2019
Una finale molto tattica.
(articolo)
14 min
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Nel primo game della finale dello US Open di ieri sera, Rafael Nadal si è immediatamente preso dall'arbitro il primo time violation che lo ha condizionato lungo tutto l'incontro. Nonostante abbia imparato a gestire la novità dello shot clock senza perdere qualità al proprio servizio, le sue prestazioni in battuta nella finale contro Daniil Medvedev sono state molto altalenanti. Per scrollarsi di dosso la pressione Nadal stavolta avrebbe avuto bisogno di qualche secondo in più, come faceva anni fa, ma il countdown dei secondi lo ha attanagliato in un burnout mentale che in molti casi non gli ha permesso di trovare con continuità le proprie certezze.

Il terzo time violation Nadal lo ha incassato quando doveva annullare la palla break a Medvedev mentre stava servendo per il match sul 5-2 nel quinto set. Con un solo servizio a disposizione, come da regolamento, Nadal ha commesso tecnicamente un doppio fallo, il secondo del game, che lo ha costretto a un finale di partita - che sembrava tranquillo dopo il doppio break di vantaggio - nel quale ha dovuto annullare una palla del secondo contro-break, per essere riagganciato sul 5-5. «Quando sono andato a servire sul 5-2 ero molto teso», ha detto Nadal a fine partita.

Nadal era nervoso perché si è trovato di fronte a una situazione per lui inedita. Non contava più quante partite importanti lui avesse vinto, e da quanti bivi fosse uscito con successo nel corso della sua carriera: Nadal non aveva mai affrontato situazioni delicate contro Daniil Medvedev, un animale strano del circuito ATP, che nel corso di tutto l'incontro lo ha costretto a risolvere problemi che nessun altro giocatore gli aveva mai posto prima d'ora, e che oltretutto aveva molto meno da perdere e ha vissuto quasi tutto il match oltre i confini della trance agonistica.

Alla fine Nadal per vincere, ovviando ai suoi insoliti problemi mentali, ha dovuto ribaltare la sua narrativa: se nel corso della sua carriera è quasi sempre uscito da situazioni delicate aumentando la costanza, il coraggio, l'intensità e l'aggressività tutte insieme, per battere Daniil Medvedev ha dovuto pescare in fondo a tutto il suo repertorio tecnico, mescolando le carte in tavola in tutti i modi possibili. E non c'era bisogno di questa grande finale per chi lo conoscesse abbastanza bene, ma forse era necessaria invece per una parte più reazionaria dell'opinione pubblica, per poter finalmente comprendere fino in fondo la straordinaria completezza tecnica e tattica di Nadal.

Ma senza dubbio il grande merito per aver generato una finale così emozionante va a Medvedev. È molto difficile dare una definizione di talento, ma non si può negare che sotto certi aspetti il russo sia il giocatore con più talento nel circuito, o almeno, che il suo talento gli consenta di giocare in un modo piuttosto contrario alle regole biomeccaniche del tennis. Un talento che ogni volta gli permette di esaltare la propria atipicità, rendendo ogni partita un'esperienza nuova per il suo avversario. In un certo senso, quello che Nadal - in modo diverso - ha proposto ai suoi avversari lungo tutta la sua carriera.

Il capolavoro tattico di Nadal

Ed è stato proprio l'incrocio tra questi due giocatori così intelligenti e così atipici a produrre una delle finali Slam più belle di sempre, o forse addirittura la migliore dal punto di vista tattico. Ciascuno dei due ha costretto l'altro a uscire dagli schemi, a improvvisare soluzioni e a cambiare ogni volta i propri riferimenti e quelli dell'avversario. E se questa operazione è stata più semplice da compiere per Medvedev - per il suo carattere più stravagante e leggero sul campo - oltre che per il fatto che avesse molto meno da perdere, la vittoria di Nadal contro le proprie insolite insicurezze assume una rilevanza incredibile per definire la sua legacy, per completare la sua narrazione.

«I primi due set stavo lì, ma Rafa era una belva, trovava soluzioni a tutto quello che facevo» ha detto il russo nel post-partita. Ma il fascino e il valore della vittoria di Nadal stanno nell'aver modificato il suo approccio mentale nel corso della partita: senza essere riuscito a vivere tutto l'incontro allo stesso livello costante di concentrazione e lucidità, come fa di solito, Nadal ha avuto la capacità di riaccendersi dalle difficoltà, anche solo per uno o due colpi importanti, per dare efficacia alle sue improvvisazioni. Per certi tratti della partita, soprattutto negli ultimi tre set, Nadal è parso perfino un giocatore estemporaneo.

Dopo aver piazzato l'allungo con il doppio break nel quinto set, che sembrava aver spezzato definitivamente Medvedev, Nadal ha improvvisamente perso di nuovo il controllo del gioco e l'efficacia al servizio, vittima dei suoi nervi. Eppure nel game finale ha portato a casa dei punti decisivi con il serve and volley e soprattutto con la rischiosissima palla corta vincente di dritto sul 40 pari, giocata come primo colpo in uscita dal servizio. Una soluzione totalmente fuori sia dai suoi schemi soliti - che prevedono il classico dritto di manovra o di chiusura - sia da quelli messi a punto per l'occasione, con un ricorso massiccio al serve and volley.

La capacità unica di Medvedev di appoggiarsi e di succhiare il gioco dell'avversario ha obbligato Nadal a stravolgere il suo solito copione. Come tutti i giocatori fenomenali nell'appoggio, Medvedev ha qualche problema di spinta sulla palla: Nadal, soprattutto nei tre set vinti, gli ha proposto una quantità incredibile di rovesci a volte in back, altre volte invece con parabole molto alte, profonde e lente, abbassando il suo ritmo per abbassare a sua volta quello del russo. Nadal attendeva l'occasione buona per accelerare, che spesso si veniva a creare anche abbastanza tardi nello scambio: un esercizio di pazienza esasperato, nel quale oltretutto è difficile non venire intrappolati dalle palle anestetizzanti di Medvedev, estremamente piatte e sempre più difficili da spingere con l'andare della partita.

Ci si aspettava che Nadal, vista la sua capacità di spingere le palle senza peso, avrebbe comandato molto spesso in questo modo gli scambi nel corso della partita. Invece a poco a poco perfino lui ha perso un po' di sensibilità nella spinta. Qui Medvedev si appoggia dappertutto e Nadal è costretto a chiudere il punto almeno tre volte.

Uno dei momenti peggiori della partita Nadal lo ha passato a cavallo tra la fine del terzo set e l'inizio del quarto. Forse un po' condizionato e innervosito dal fatto che Medvedev gli avesse strappato il servizio e il set sul dodicesimo game del terzo parziale, Nadal ha iniziato a picchiare un po' più forte e questo non ha fatto altro che esaltare le capacità di Medvedev nel maneggiare un tennis più lineare, comandando il gioco seppur in appoggio anche su palle molto veloci e angolate. Il nervosismo di Nadal si è visto anche in alcuni momenti che avrebbero potuto rappresentare dei rimpianti enormi: nel terzo set, avanti già di due parziali, Nadal è salito in vantaggio di un break ma ha perso subito il servizio con un doppio fallo e una facile volée sbagliata sul 40 pari; sul 4-4 Nadal ha avuto due palle break non consecutive, di cui una sprecata con uno smash a rimbalzo scagliato in rete.

Ma forse Nadal ha invece tirato fuori la sua forza mentale in un altro momento che poteva cambiare il match. In apertura di quinto set ha concesso due palle break consecutive a Medvedev, e dopo aver annullato la prima ha incassato il secondo time violation che lo ha costretto a difendere una palla break, che poteva far scappare il russo, con la seconda di servizio. Eppure dopo la risposta di Medvedev, Nadal - che da sempre ha usato le controversie arbitrali come elemento per trovare maggiore concentrazione - ha scagliato un dritto inside-out di pesantezza e precisione come non si vedeva da parecchi minuti, agganciando poi Medvedev nel punteggio in un momento di estrema difficoltà.

La straordinaria forza di Medvedev

Eppure Nadal, pur essendosi aggiudicato la partita nel quinto set, è sembrato perdere il controllo generale del match dopo il 5-5 del terzo set. «A un certo punto della partita lui ha cambiato modo di giocare e mi ha sorpreso», ha detto lo spagnolo nel post-partita. Medvedev ha modificato il suo approccio, impostando una maggiore aggressività, ma lo ha fatto con una facilità e una leggerezza che solo lui possiede. La stessa che gli permette di credere ciecamente nel proprio tennis nonostante sia così poco allineato a quanto si sia visto nel circuito soprattutto negli ultimi 20 anni.

Forse nel complesso della partita è stato Nadal, dei due, ad essersi adattato di più alle caratteristiche dell'avversario, dimostrando quanto il tennis di Medvedev sia influente anche al cospetto di uno dei Big 3. Eppure anche il russo, a un certo punto, ha varato la soluzione del serve and volley che forse troppo poco spesso è stata utilizzata dagli avversari di Nadal nelle partite importanti. Ma se lo spagnolo ha usato la stessa arma del serve and volley fin dai primi game del match, dimostrando di averla studiata e provata nel pre-partita, Medvedev è sembrato sperimentare ed esplorare nuovi confini nel corso dell'incontro, dimostrando un mix tra intelligenza, lucidità e un pizzico di sana incoscienza che possiede di natura e che sta riuscendo sempre più a incanalare positivamente.

Il serve and volley di Medvedev, che in questo caso per chiudere il punto improvvisa un colpo da sotto la rete che non è né un rovescio, né una volée, né uno schiaffo al volo.

Il valore tattico della partita è dimostrata anche dall’uso persistente di una delle strategie meno utilizzate nel tennis contemporaneo, quella delle discese a rete. I due hanno giocato complessivamente 140 punti a rete, circa il 41% dell’intera partita, peraltro con un’altissima percentuale di realizzazione (101 su 140 vinti).

La scelta del serve and volley da parte dei due nasceva ovviamente dalle rispettive posizioni arretrate in risposta, ma a Nadal - a differenza di Medvedev - va dato merito di aver adattato la sua posizione in ribattuta avanzandola progressivamente. Eppure anche sul serve and volley di Medvedev lo spagnolo ha rischiato di finire ancora una volta travolto dai suoi demoni: sul secondo match point nel 5-3 del quinto set, Medvedev ha improvvisato un serve and volley sulla seconda - che gli ha dato 2 punti su 2 tentativi nella partita - condizionando il passante non impossibile di Nadal, finito in rete. Una mossa quasi pokeristica del russo, come una mano spinta senza avere un gran punto a disposizione, ma entrando nella testa dell'avversario e percependone le incertezze.

Il break che ha spezzato la partita sul 2-2 è arrivato in un game dove Medvedev non ha fatto ricorso al serve and volley, forse condizionato dal piccolo danno alle scarpe. In quel game, e nei due successivi che lo hanno portato sotto 5-2 con doppio break, Medvedev è parso stanco fisicamente: eppure ogni volta che ha recuperato la lucidità mentale, come negli ultimi tre game dell'incontro, il russo è sembrato danzare sul campo come se fosse nel primo punto dell'incontro. Il suo modo unico di appoggiarsi sulla palla, con un timing perfetto che gli fa risparmiare tanti passi, oltre che la sua capacità di assorbire la potenza dell'avversario senza spingere, gli hanno permesso di risparmiare una quantità incredibile di energie fisiche e di arrivare ancora piuttosto lucido alla fine del match nonostante i problemi patiti lungo il torneo.

Forse da questo punto, che dà il primo break a Nadal nel quinto set, si capisce come il lento recupero della palla corta involontaria tradisse qualche problema di Medvedev nella corsa in avanti in quel momento, per via del problema alle scarpe. Piccolo dettaglio che forse gli ha impedito il serve and volley e che forse gli è costato la partita.

Con Daniil Medvedev in campo il contesto cambia in continuazione. Il russo ha avuto fasi più giovanili della sua carriera nelle quali era un giocatore più aggressivo, portato ad attaccare con colpi piatti lungolinea. Questo tipo di approccio lo ha aiutato nel corso dell'incontro, dove Medvedev ha preso piano piano le misure al gioco di Nadal e ha commesso sempre meno errori in spinta. Nella finale di Montréal, dove lo spagnolo aveva dominato per 6-3 6-0, il russo aveva mostrato grandi problemi a cercare la distanza corretta dalla palla, soprattutto sul dritto, sulle palle senza peso o arrotate di Nadal: stavolta Medvedev è sembrato progressivamente prenderne confidenza, dimostrando quanto talento abbia nella lettura del gioco dell'avversario, adattandone la propria tattica e la preparazione delle proprie esecuzioni tecniche.

Ora Medvedev, salito alla quarta posizione nel ranking mondiale, si candida a diventare la prima alternativa ai Big 3 almeno sul cemento, o forse può già sedersi al tavolo con gli altri tre come favorito alla pari già dai prossimi Australian Open. Daniil Medvedev è la risposta a chi pensava che un tennis generalmente di contrattacco fosse ormai obsoleto e che il tennis avrebbe vissuto della potenza e dell'aggressività di Zverev, Tsitsipas, Auger-Aliassime e di Khachanov in tono minore. Non solo Medvedev rappresenta l'evoluzione del contrattaccante, ma forse anche la sua tecnica così personale ci ricorda, per l'ennesima volta, che alla fine nello sport - anche in uno sport all’apparenza così standardizzato come il tennis - non c'è una ricetta unica per il successo.

Cosa ci ha detto il torneo

Zverev, Tsitsipas e Auger-Aliassime sono i grandi sconfitti di questo US Open, ma se per il canadese valgono le attenuanti dell'età e dell'inesperienza, oltre che dell'esuberanza dell'avversario che lo ha battuto (il suo grande amico Shapovalov), Zverev e Tsitsipas sembrano ora vittime di una sorta di cortocircuito mentale. Da troppi mesi ormai il tedesco ha perso sicurezza e ora sta disperatamente cercando un punto di svolta in ogni 15, giocando sempre per il punteggio senza voler commettere errori e mai per provare a recuperare brillantezza, a prescindere dal risultato finale. Con l'esito dell'ennesima brutta sconfitta dove è stato martellato sul dritto, questa volta da Schwartzman, dopo altre due partite molto altalenanti contro Tiafoe e addirittura il moldavo Albot.

Tsitsipas invece si era forse messo in testa troppo presto di voler sfidare i Big 3 alla pari, soprattutto in seguito alla vittoria su Nadal sulla terra a Madrid. Dopo aver perso al Roland Garros contro Wawrinka, in una sconfitta assolutamente normale vista la superficie e la caratura dell'avversario, Tsitsipas ha raccontato di aver sofferto molto nell'avvicinamento a Wimbledon, in un modo che forse dall'esterno tradisce una pressione eccessiva che si è messo addosso. Allo US Open questo nervosismo si è visto non tanto nell'aver perso contro Rublëv, un giocatore in grande forma, ma nel modo di aver apostrofato il giudice di sedia Dumusois sia durante che dopo la partita. Bisogna considerare anche il numero assurdo di tornei giocati dal greco, che forse ha condizionato la sua condizione fisica.

Dal torneo è uscito bene invece proprio Rublëv, che però nella partita contro Berrettini ha mostrato i suoi ormai consueti e forse cronici problemi di completezza e di gestione delle variazioni di ritmo. E a proposito di Berrettini sono usciti con sensazioni positive i nostri italiani più forti sulle superfici veloci: già detto del romano, le buone sensazioni sono arrivate da Fabbiano che ha sconfitto Thiem e ha perso solo al quinto contro il talentuoso Bublik, così come anche da Sinner che ha mostrato di aver compiuto qualche progresso su servizio e dritto e a un certo punto della partita contro Wawrinka ha costretto lo svizzero a cambiare ritmo per poterlo anestetizzare, dimostrando di averlo condizionato. Bene anche Lorenzi, uscito vincitore prima da una partita surreale contro il giovane sconosciuto Svajda - ma dal rovescio assolutamente sorprendente - e poi dalla sfida contro un giovane solido, in forma e adatto al cemento come Miomir Kecmanovic.

Per i loro rispettivi infortuni escono ingiudicabili dal torneo sia Novak Djokovic che Roger Federer, così come in parte lo è Grigor Dimitrov, proprio per l'infortunio di Federer. Il bulgaro nel torneo ha giocato forse con più entusiasmo di quanto abbia fatto nei mesi precedenti, ma nei momenti decisivi ha commesso molti errori - sotto forma soprattutto di doppi falli - sia contro Federer nei quarti che contro Medvedev. Il suo rimane comunque un risultato importante. Ancora una volta, invece, Diego Schwartzman ha raggiunto i quarti agli US Open dopo il 2017, dimostrandosi un esempio straordinario e una fonte di ispirazione per tutti coloro che intraprendono la carriera agonistica pur disponendo di un fisico sulla carta inadeguato.

Senza dubbio, però, lo US Open 2019 verrà ricordato come il torneo della grande finale tra Nadal e Medvedev, forse la più tattica di sempre. La partita è durata 4 ore e 54 minuti, lo stesso identico minutaggio della finale tra Mats Wilander e Ivan Lendl del 1988. Proprio quella partita, per le discese a rete inaspettate di Wilander, era rimasta scolpita nell'immaginario collettivo come la vittoria della tattica e dell'improvvisazione. E il merito di Nadal e soprattutto di Medvedev è stato quello di riportare il tennis, nonostante le necessarie evoluzioni, a una varietà di gioco degna dei tempi che avevamo dimenticato.

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