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La partita perfetta
12 lug 2015
Il capolavoro di Roger Federer in semifinale contro Andy Murray.
(articolo)
12 min
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Al termine della partita il corpo di Federer sembra una corda di violino che smette di vibrare. Gli applausi e i bisbigli del pubblico comunicano l’ammirazione che si prova di fronte alla manifestazione di uno sport ai suoi livelli più alti. Un evento di una portata paragonabile alla prestazione di Messi in finale di Champions League 2009, alla partita di Michael Jordan in cui Larry Bird lo definì «Dio travestito da Jordan».

È strano pensare che una partita del genere non assegni trofei, che se Federer oggi perderà la finale contro Djokovic tutto questo avrà avuto un’importanza relativa. C’è un elemento di ingiustizia nel fatto che una prestazione simile rischi di rimanere incompiuta; d’altra parte è eccitante fantasticare sull’incontro tra questa versione di Roger Federer e Novak Djokovic, il miglior giocatore del tennis attuale.

Federer a fine partita è sembrato riuscire a non lasciarsi andare, a controllare l’appagamento naturale dopo aver compiuto una simile esibizione a 34 anni. Ha evitato di sciogliere totalmente la tensione psicologica, conscio che potrebbe valere meno di quello che merita. Per Federer si è trattato sempre di questo: di esercitare un controllo assoluto su sé stesso, fino a trasformarsi in un corpo muto, capace di esprimersi solo tramite il tennis. Diventare ciò che Foster Wallace definisce “un uomo completo” capace di fare di una sola attività lo scopo intero di un’esistenza. Lo sforzo titanico che Roger Federer ha compiuto per mettere a frutto il proprio dono naturale è un aspetto sottovalutato.

Molto spesso ci si dimentica di quanto la sua compostezza sia una necessità e non un vezzo: si tratta di controllo non di sobrietà. Ci caliamo raramente dentro al suo punto di vista, com’è naturale che sia.

La prestazione di Federer è stata così imperiale che ha oscurato la ottima prestazione di Murray, declassandolo ad aiutante minore di uno spettacolo più grande di lui. Nella valutazione completa di questa partita non va trascurato quanto Murray abbia giocato bene, e quanto la sua prestazione abbia reso possibile un incontro di una tale bellezza.

Il punteggio finale, 7-5, 7-5. 6-4 però non restituisce il senso di superiorità dell’uno sull’altro, l’impressione della differenza non solo di livelli ma anche di sostanza, come se per uno si trattasse di arte e per l’altro di lavoro.

Questa vittoria mette sotto una nuova luce le ultime stagioni di Federer. Sono arrivato a pensare che tutto il percorso compiuto negli ultimi 4 anni, quelli che sono stati definiti “il suo lungo tramonto”, siano stati un lento e continuo aggiustamento della sua idea di gioco, finalizzato a quello che abbiamo visto contro Murray. Come Glenn Gould di fronte alle variazioni Goldberg: lavorare in modo monomaniacale su uno spartito, limando ogni dettaglio, cercando di capire ogni errore, per inseguire un’idea di grandezza che da fuori traspare solo sbiadita.

Per questo al termine dell’incontro abbiamo avuto tutti la sensazione di aver assistito a qualcosa di nuovo, di mai visto, diviso in tre atti.

I atto, il canovaccio tattico

Avevamo visto Federer negli ultimi mesi, fino alla prima settimana di Wimbledon: ci aveva trasmesso quello che credeva essere il suo unico modo per vincere ancora ad alti livelli. Per questo nel pezzo di venerdì avevo introdotto la partita scrivendo « Federer proverà ad aggredire la partita, a velocizzarla, a renderla scivolosa. Proverà a tenere i punti sotto i tre-quattro scambi, portando il tennis a dei tempi di gioco a cui lui solo può accedere» ma era ancora qualcosa di vago, non avevo idea che si sarebbe tradotto in questo.

Nei primi giochi della partita Federer è ancora freddo, ma in attesa che le sensazioni migliorino pare avere chiaro ciò che deve fare. Colpisce da subito la velocità con cui Roger alterni i propri servizi. Lo svizzero lascia trascorrere quindici secondi tra un punto e l’altro, la metà esatta di quelli che lasciano passare Djokovic e Murray; 5 secondi tra la prima e la seconda. Ha l’abitudine di servire sempre così veloce, ma venerdì la sua rapidità sembrava ancora maggiore, come a comunicare l’idea che il tempo di gioco sarebbe stato il suo e che Murray avrebbe dovuto adeguare i propri tempi di reazione di conseguenza. Il concetto di tempo è centrale nell'idea di Federer e i tempi di servizio rappresentano l'accordatura che consente a tutti gli altri punti di venir seguiti senza stonare.

Un rovescio inside-out e un lob in controtempo nel primo game avevano portato Murray a un punto dal togliere la battuta a Federer, dando la sensazione di aver iniziato meglio la partita. Eppure quella rimarrà l’unica palla break dell’incontro, e verrà annullata con una prima di servizio in kick a uscire sul dritto di Murray. Prima della partita con Simon, Federer aveva tenuto il servizio per 116 turni consecutivi; dopo quel break non ha più perso il servizio, portando Murray a citare la battuta tra le principali motivazioni della sua sconfitta: «Ha servito in modo fantastico, a parte il primo gioco in cui ho avuto una possibilità. Per il resto non ho avuto nessuna chance. E questo ti mette pressione per il resto del set».

La partita ci ha ricordato quanto il servizio di Federer sia, di gran lunga, il migliore del circuito. Nella conferenza stampa pre-Wimbledon aveva dichiarato «non servo a 230 km/h, nei miei turni di battuta devo lavorare», in quel lavorare c’è la differenza qualitativa tra il servizio di Federer e quello di un Raonic o di un Karlovic. Il suo non è un colpo estemporaneo, finalizzato ogni volta al punto diretto, bensì un colpo complesso, perfettamente funzionale alle esigenze richieste dalla strategia di gioco che viene sviluppata di volta in volta, e per questo sempre vario. Murray è il miglior risponditore del circuito, ma rispondere al servizio di Federer è qualcosa di completamente diverso: non sai mai cosa aspettarti. Il lancio di palla sempre uguale non permette mai di leggere le intenzioni in anticipo, e da lì Federer può servire da destra in slice a uscire, forte al corpo, dritto al centro per l’ace; in kick a uscire sul rovescio e in slice a chiudere al centro da sinistra.

Il rendimento dello svizzero al servizio non è mai calato sotto una certa soglia, ma nel primo set ha raggiunto vertici straordinari. 11 ace dei 20 totali sono stati serviti nel primo set, l’85% di punti vinti con la prima palla e il 76% con la seconda: delle mostruosità statistiche se consideriamo il rendimento di Murray – 77% punti vinti con la prima, 56% con la seconda e 2 ace – un parametro “normale”, macchiato solo da un rendimento con la seconda palla leggermente sotto gli standard.

Naturalmente il servizio genera le premesse per le discese a rete di Federer. Come in ogni aspetto del gioco dello svizzero, non bisogna pensare solo agli effetti diretti ma anche a quelli indiretti. Le frequenti discese a rete non sono mirate solo a ottenere punti, ma anche a mettere pressione a Murray, a restringergli il campo, a togliergli il tempo di reazione. Murray è però uno dei migliori passatori del circuito e questo ha creato alcuni cortocircuiti estetici notevoli nel corso della partita.

Come questo. Nella prima parte del primo set Murray sembrava possedere tutte le contromisure adatte. Nel punto successivo Roger riprova il serve&volley, Murray gli restituisce una risposta tra i piedi e si porta 30 pari. Poi un’ottima prima e un ace da sinistra a uscire hanno sistemato il game.

Paradossalmente anche gli errori sono essenziali al progetto tennistico di Federer. Bisogna accorciare i tempi anche a costo di sbagliare, come fanno (o dovrebbero fare) altri giocatori con scarsa solidità nello scambio da fondo. La particolarità di Federer è che non prende rischi solo nel momento in cui Murray gli concede delle palle da spingere, ma anche quando non comanda lo scambio e lo scozzese gioca profondo.

Qui la palla di Murray, pur non essendo irresistibile, è abbastanza profonda. Federer ha i piedi poco oltre la linea di fondo e se la ritrova molto vicina, a quel punto gioca quasi di controbalzo (non il più esasperato della partita) un tentativo di dritto profondo all’incrocio delle righe. È un tentativo complicato di ribaltare l’inerzia dello scambio tutto giocato sull’anticipo.

Nei primi due set la partita si è decisa nell’undicesimo gioco, facendo scrivere un doppio 7-5 nel punteggio. È uno score che lascia immaginare come il tennis di Federer nei momenti chiave del match sia riuscito a salire ulteriormente. Nel game decisivo del primo set Federer fa un passante di rovescio a una mano bloccato per il 15 pari, Murray fa un errore banale di rovescio per il 15-30 e poi scopre il tallone d’achille del suo tennis: la seconda di servizio.

La palla è lenta e centrale e apre la possibilità a Federer di schiacciare di dritto e prendersi due palle break (sfrutterà la seconda). La pressione esercitata sulla seconda palla di Murray è stata costante lungo tutta la partita. Un altro pretesto per rubare tempi e spazi a Murray, farlo sentire fragile e sempre attaccabile.

Atto II, l’apice

La prima parte del secondo set è caratterizzata da un braccio di ferro in cui entrambi riescono a essere pericolosi sul servizio dell’avversario. Nel terzo gioco Federer riesce anche a guadagnarsi una palla break con una risposta vincente su un’altra seconda debole. In questo passaggio Murray inizia ad avere un linguaggio del corpo negativo ma, rispetto al passato, non si traduce in un abbassamento della concentrazione. In questo passaggio Murray ha il merito di distendere il ritmo di gioco, allungando gli scambi. Nei primi 5 giochi nel primo set ci sono alcuni punti chiusi dopo i venti colpi e lo scozzese li vince tutti.

Una sinfonia di colpi anticipati, forzature e slice radenti che sembrano frisbee.

Nella grande prestazione al servizio di Federer va considerata anche una partita in risposta di Murray non proprio all’altezza. Se il confine tra i meriti dell’uno e i demeriti dell’altro è molto complicato da stabilire, il secondo set ci fornisce un indizio che lo scozzese è stato un po’ pigro sulla seconda palla di Federer. In questo set infatti Federer non ha abbassato il proprio livello alla battuta – com’è dimostrato dalla mostruosa percentuale di punti vinti con la prima (100%!) -, ma Murray ha letto meglio le traiettorie in risposta, riuscendo ad abbassare al 42% i punti vinti sulla seconda palla.

Rispondere bene sulla seconda dello svizzero avrebbe potuto essere una chiave per la partita di Murray, ma se la prima continua a rimanere imprendibile c’è poco da fare.

Una delle rare risposte vincenti di Murray.

Il decimo gioco del secondo set è durato quindici minuti, rappresentando sia il momento più bello dell’intera partita che il suo punto di svolta. Murray non cala ma Federer sente che con 4 punti può vincere il set e andare due a zero, e allora prova a elevare di nuovo il proprio tennis.

Come in questo caso. È come se si dicesse: “Ok, faccio punto”, indipendentemente dalle condizioni.

Federer nel game riesce a spingersi fino allo 0-40 ma si tratta di uno di quei momenti in cui Murray certifica i propri miglioramenti. Riesce ad annullare, soprattutto grazie a grandi servizi, tutte e tre le palle break. A quel punto si entra in quel quarto d'ora che è una partita nella partita.

Anche non conoscendo il francese potreste indovinare per chi tifassero i commentatori.

Le varie cose bellissime che succedono in questi minuti:

1. Murray annulla la palla break numero 5 con una serie di colpi nell’angolo aperto che costringono Federer al tergicristallo e chiudendo con una volée di dritto appoggiata. Dal modo in cui esulta (1:54 nel video) si percepisce quanta energia psicologica stia spendendo in questo gioco.

2. Il punto dopo tira un dritto vincente, il “c’mon” in sottofondo ci suggerisce che questo potrebbe essere il momento in cui la partita gira.

3. Una risposta vincente di rovescio di Federer su cui Murray saltella non dandosi pace. È la conferma che si tratta del game in cui lo scozzese sta tirando la propria tensione psicologica.

4. Una volée di dritto di Federer fuori di 5 metri.

5. Due colpi sulla linea di Federer su cui Murray invoca l’intervento del divino.

6. Un rovescio lungolinea di Murray con cui tira su uno slice senza peso di Federer e con cui si guadagna la palla game decisiva, poi convertita con un ace.

Il pubblico applaude con gli occhi lucidi.

Il turno successivo viene tenuto da Federer in un minuto esatto e nel turno di battuta di Murray lo svizzero strappa ancora il servizio decisivo, vincendo il secondo set.

Sul 15 pari di quel game Federer tira una sbracciata di rovescio lungolinea che pizzica la riga di fondo. Il giudice chiama l’out, lo svizzero invoca il falco. Il fatto che la palla sia dentro dimostra come Federer in quel momento avesse una percezione superiore a chiunque stesse occupando il campo centrale, giudici di linea compresi.

Atto III, l’epilogo

Federer gioca con i sensi aperti. Colpisce ormai con tempi irreali, arrivando a una percezione netta di angoli, linee e traiettorie. In tutto il terzo set Federer compie un solo errore non forzato, vince 11 dei 14 punti a rete. Prova colpi a bassissima percentuale di riuscita, col solo scopo di non far toccare la palla a Murray: meglio sbagliare che scambiare.

Se il primo Federer faceva strabuzzare gli occhi per la cinetica con cui colpiva la palla, per gli angoli impossibili che riusciva a colpire, questo Federer ha spostato il senso di stupore sulla posizione da cui prepara e lascia partire i colpi.

Il tennis è un gioco di organizzazione del tempo e dello spazio e Federer ha comandato il primo e il secondo, inventandoli quasi ex-novo.

Due giocatori che seguono un tempo diverso, uno che dipinge, l’altro che lavora.

Federer riesce ancora, di nuovo, ad alzare il livello del proprio tennis nel gioco in cui Murray prova a rimanere in partita. In quest’esattezza applicata nell’economia dello sforzo risiede forse il senso di superiorità generale evocato da questa partita.

La stessa difficoltà di colpire con una mano una lucciola cha viaggia a 50 km/h.

Per quanto sembri questione un po’ oziosa, è legittimo domandarsi se questa sia stata la miglior prestazione di Federer in carriera. Non ho perso nessuna delle sue partite importanti negli ultimi 10 anni, e se questa non è stata la sua prestazione migliore è stata senz’altro quella più totale. Ogni colpo, spostamento laterale, scelta di servizio, discesa a rete, persino ogni errore, sembravano rientrare in un progetto di gioco totale, compiuto. Verrebbe quasi da dire che il modo in cui ha giocato potrebbe rappresentare una rivoluzione copernicana del gioco, una nuova idea di economia delle proprie risorse, se non fosse che è servito un talento come quello di Federer per essere messo in pratica.

Come un non vedente è costretto a sviluppare udito e tatto per equilibrare il difetto sensoriale, Federer è stato costretto dall’età che avanza ad acuire il proprio senso per il gioco. La partita di venerdì ha la stessa consistenza astratta di un’idea che realizzandosi sposta di un po’ le cose che crediamo possibili. Eppure potrebbe non bastare per vincere l’ottavo titolo a Wimbledon.

Come ricorderemo questa partita se Federer dovesse perdere la finale di oggi?

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