I romani sono megalomani e a inizio stagione guardando il calendario io penso sempre che le prime dieci/quindici partite si possano vincere tutte, solo che poi non succede. Quest’anno però mi sono ritrovato a guardare il calendario a fine ottobre – FINE OTTOBRE – e pensare che magari potevamo arrivare a punteggio pieno addirittura fino allo scontro diretto con la Juventus, fino al 6 gennaio 2014. O, perché no, vincerle tutte. In fondo sono solo 38 partite. Non subire più gol, ribaltare il luogo comune del tifoso romanista: da mai ’na gioia a mai ’na sofferenza. La Roma nella storia del calcio come la squadra migliore di sempre, Rudi Garcia che risolve la crisi economica, Biabiany Pallone d’oro in virtù di quell’unico gol segnato a De Sanctis. Sapevo che era irrazionale ma non potevo farci niente.
D’altra parte era irrazionale anche il record del 100% e tutte quelle reti inviolate. Non c’era una spiegazione logica per la perfezione delle prime dieci giornate e al tempo stesso non era successo niente di miracoloso o di magico, era un’anomalia sotto tutti i punti di vista ma io non vedevo niente di anomalo. Sembrava che non subire (quasi) mai gol fosse normale, e questa era la cosa più irrazionale di tutte. Una forma di sicurezza così assurda è il contrario della tranquillità e alla fine si era creato un clima di tensione tale, ogni volta che una squadra avversaria superava la metà campo, che ho vissuto come una piccola liberazione, anche se dolorosa, il gol di Cerci. Anche la partita col Sassuolo sembrava proprio quel tipo di partite che la Roma è abituata a pareggiare (o perdere) all’ultimo minuto, per cui ben venga il pareggio di Berardi. Parafrasando Rudi Garcia dopo la vittoria nel derby: la Roma è tornata al suo posto, che non è esattamente il centro del villaggio, almeno non ancora. Al tempo stesso non c’è stato tolto nessun punto retroattivamente, la Roma è sempre prima in classifica, non ha mai perso, ha subito tre gol in dodici partite e fa parte meritatamente del quartetto/quintetto di testa (avendo oltretutto già battuto due delle altre pretendenti al titolo).
Quello che voglio fare adesso è spiegare attraverso quattro ruoli chiave la nuova normalità portata da Rudi (sono cresciuto con il mito di un altro Rudi, Völler, per cui mi sembra naturale chiamarlo per nome).
Non parlerò di quanto sia difficile farsi rispettare ed essere carismatici in questa città di megalomani senza fare i megalomani, ci sono però due video di luglio (Rudi era appena arrivato e i tifosi erano in piena contestazione) che rendono l’idea del suo impatto umano sulla città e della sua capacità di non farsi influenzare dal contesto pensando solo al proprio lavoro. Nel primo Rudi discute con i tifosi in un italiano stentato ma comprensibile. Tifoso: «Noi amiamo la Roma». Rudi: «Allora supportalo il giocatore». Tifoso: «Noi tifiamo. No i giocatori. La maglia». Rudi: «Necessitiamo che i tifosi sia con noi». Nel secondo si vede Rudi portare via Totti dalla zona autografi senza troppe scene, Totti ride ma Rudi lo strappa al caldo abbraccio dei tifosi.
Su, al lavoro.
1. Francesco Totti e una centralità che non sia puramente iconica
Il 4-3-3 con cui Rudi Garcia ha cominciato ufficialmente la sua avventura in giallorosso contro il Livorno era simile a quello di Zeman (a parte che De Rossi e Pjanić giocavano insieme), con Borriello al centro dell’attacco e Totti sulla sinistra. Dopo un’ora però ha inserito Gervinho e mandato Totti al centro e pochi minuti dopo la Roma ha trovato il vantaggio. Nella prima ora giocando a sinistra Totti è andato al tiro tre volte da fuori area e ha effettuato un solo passaggio chiave (quei passaggi a cui segue il tiro di un compagno). Nella mezz’ora al centro invece è stato meno pericoloso al tiro (due volte da dentro l’area ma molto esternamente) ma ha fatto tirare tre compagni, tra cui De Rossi autore del primo gol.
Da quel momento in poi, fino all’infortunio della partita con il Napoli, salvo il turnover dell’infrasettimanale con la Sampdoria e alcuni finali di partita in cui Borriello è entrato a fare da boa, la Roma ha giocato con Totti falso 9. La differenza è prima di tutto strutturale: il vero centravanti tiene impegnata la difesa avversaria in zone di campo profonde, lasciando spazio tra le linee in cui i falsi esterni come Totti vanno a giocare (gli inglesi dicono “in the hole”) e tagliando sulle fasce per portare i centrali fuori posizione e favorire l’inserimento di un vero esterno tipo Florenzi; il falso centravanti, invece, si muove di partenza tra le linee attirando i centrali avversari fuori posizione lasciando uno spazio alle proprie spalle per gli inserimenti. La differenza è anche formale: con il falso centravanti il 4-3-3 di Rudi Garcia somiglia a un 4-4-2 con centrocampo a rombo (o diamante che dir si voglia).
Il rombo a centrocampo in teoria garantisce superiorità al centro, considerando che la maggior parte dei moduli contemplano al massimo tre centrocampisti centrali. Se gli avversari giocano con un uomo davanti alla difesa a schermare Totti, resterà libero De Rossi in fase di impostazione, e anche se uno degli attaccanti avversari decide di pressarlo può salire uno tra Benatia e Castán a ridare superiorità. Se invece giocano con un centrocampo a tre con vertice alto, come Hamšík nel Napoli, i due centrali di centrocampo saranno in inferiorità e non sapranno se restare, almeno uno dei due, a protezione, o pressare entrambi i due intermedi della Roma lasciando Totti libero di ricevere palla tra le linee. Proprio grazie a questo meccanismo la Roma ha dominato a lungo il centrocampo nella partita contro il Napoli (a parte i pericoli nati dai tagli degli esterni del Napoli alle spalle dei centrali romanisti, si sono visti i limiti del rombo quando Insigne e Callejón nel secondo tempo hanno cominciato ad accentrarsi creando superiorità proprio nella zona di De Rossi).
I numeri di Totti (cito whoscored.com che usa dati Opta) dimostrano la sua centralità di quest’anno, al di là di qualsiasi polemica su un eventuale Pallone d’oro se fosse andato al Real Madrid, su un eventuale rinnovo che arrivi fino ai quarantacinque/cinquant’anni, sulla sua possibile presenza ai prossimi Mondiali (attenzione: non solo servirebbe ad evitare che la maglia numero 10 finisca sulle spalle di gente tipo Osvaldo o Giovinco, ma il Totti di inizio stagione potrebbe essere una valida opzione proprio considerando che Prandelli ogni tanto gioca con il rombo, seppur diverso).
Ancora adesso, senza aver giocato le ultime cinque partite, Totti ha fatto più assist di tutti (6) in Serie A, seguito da Strootman, B. Valero e Cigarini (5). In quanto al contributo totale, se si sommano agli assist i tre gol segnati (9), Totti è secondo solo a Giuseppe Rossi (2 assist e 11 gol), Palacio (4 + 7) e Cerci (3 + 8). Purtroppo non ci sono ancora statistiche per il penultimo passaggio, quello precedente all’assist, o per cose tipo il palleggio al volo al limite dell’area con cui Totti si libera di Pereira e serve Strootman per il contropiede che ha portato al terzo gol contro l’Inter.
Il palleggio arriva al minuto 2:35.
Se lo scorso anno Totti tirava verso la porta avversaria 3,6 volte a partita (il quinto del campionato, quasi quanto van Persie in Premier League – 3,7 – per dire), quest’anno la media è scesa a 2 (sempre per capire: Montolivo ha tirato mediamente di più: 2,1). Invece i passaggi chiave in cui Totti primeggiava già lo scorso anno (insieme a Pirlo) facendone 3 di media a partita, sono saliti addirittura a 3,5 (in Europa, nei campionati di cui ho potuto controllare i dati, hanno fatto meglio di lui solo Silva con 3,9 e Tadić del Twente con 4,6 – Özil, 46 milioni, si ferma a 3). Adesso, il dato dei passaggi chiave è indicativo fino a un certo punto ma in generale posso dire che il ruolo al centro del tridente mette in valore le qualità di creatore di Totti, già visibili lo scorso anno (senza risalire al periodo Spalletti). Certo, non sembra la strada migliore per scavalcare Silvio Piola come miglior marcatore del campionato all time, ma Totti in queste prime partite ha dimostrato grande versatilità e partecipazione alla causa più grande della Roma.
Il che non significa che la Roma debba giocare per forza di cose col falso 9 o che dipenda da Totti. Anzitutto non sappiamo come Rudi Garcia farà giocare Totti insieme a Destro, se Totti tornerà a sinistra o si alterneranno al centro. Secondo poi, Rudi è passato da un sistema all’altro a seconda delle partite, o anche nel corso della stessa partita.
A Udine, con l’uomo in meno, quando la maggior parte degli allenatori avrebbe tenuto in campo Borriello come uomo target su cui appoggiare i lanci in verticale e allungare la squadra, Rudi ha inserito Bradley al suo posto giocando con Ljajić falso centravanti (a volte Marquinho era così alto da diventare lui il falso centravanti facendo scalare Ljajić a sinistra, come in occasione del gol), e la mossa ha funzionato. Contro il Chievo, invece, non ha cambiato e la situazione si è sbloccata proprio grazie a un vero centravanti in area. Contro il Torino, subito dopo il pareggio di Cerci, Rudi ha effettuato un doppio cambio inserendo Ljajić al posto di Borriello, ma stavolta non ha funzionato. Contro il Sassuolo, dopo l’infortunio di Borriello, non c’era scelta se non giocare con Pjanić falso 9, un esterno di profondità e un finto esterno che aumentava ulteriormente la densità centrale, una soluzione fino a quel momento inedita.
A mio avviso le cose migliori si sono viste con il falso 9, ma dipende anche da chi gioca esterno e da chi è il falso 9. Pjanić non ha fatto male contro il Sassuolo ma sembra smarcarsi con difficoltà tra le linee e venirsi a prendere palla troppo in profondità, nella trequarti avversaria ha fatto per lo più da fluido per la manovra (non ha creato nessuna occasione). Ljajić invece non ama giocare né di prima né spalle alla porta e a volte viene troppo incontro al compagno portandosi dietro il marcatore (anche se a lui piace venire dentro, contro il Sassuolo si è procurato le occasioni più limpide restando largo, isolando il terzino avversario e sfruttando la propria capacità di dribblare con entrambi i piedi, sia verso l'interno che sull'esterno).
2. La forza tranquilla di Strootman
Rispetto allo scorso anno è aumentato il possesso palla medio, da 55,1% a 58% (il secondo più alto del campionato dopo il Milan che tiene palla il 59,5% del tempo), Rudi Garcia si è avvicinato agli standard di Luis Enrique (60,4) senza i difetti della Roma di Luis Enrique. È aumentata anche la percentuale dei passaggi riusciti, dall’83% all’86,5% (con Luis Enrique ad esempio era di 84,6%). O improvvisamente la Roma ha aumentato il proprio bagaglio tecnico (i calciatori sono per 6/10 gli stessi delle passate stagioni) o è cambiato il tipo di passaggi eseguiti. In questo senso può essere significativo il fatto che siano aumentati i passaggi corti, che prima erano 415 a partita ora 476. Da tutto questo, e guardando le partite, certo, mi sono fatto l’idea di una Roma meno affrettata, meno verticale, più dominatrice con la palla tra i piedi.
L’acquisto di Strootman e la contemporanea presenza di Pjanić e De Rossi sono una prima ovvia spiegazione. Pochi giocatori sono così in alto sia nella classifica degli assist (5) che in quella dei tackle (3,5) come l’olandese (Cigarini ha gli stessi assist e 3,3 tackle a partita) e basta vederlo in azione per capire la venerazione di cui è diventata oggetto la sua mascella da fumetto. Strootman è sempre concentrato, sbaglia pochissimo e difende il proprio territorio come un giocatore di NFL, puntando i piedi e spingendo la linea nemica all'indietro, uno yard alla volta. (Anzi, sarebbe bello vederlo con casco e spalline farsi largo tra le difese.) Contro il Verona, l’azione del cross di Maicon da cui è nato l’autogol, è cominciata da una palla recuperata due volte, contro due avversari da Strootman (tra l’altro noto adesso che la palla di Totti a Maicon non è contata negli assist, anche se in fin dei conti compensa il passaggio prima del pallonetto di Pjanić, così geniale e da fuori area che andrebbe quasi considerato senza assist).
Strootman come Pacific Rim, da solo in mezzo all'oceano.
Gli assist di Strootman e le molte palle che gioca ogni volta nella trequarti avversaria testimoniano il suo peso offensivo, mentre sembra più ovvio che Pjanić abbia 4 assist e 2,7 passaggi chiave a partita. Gli intermedi di centrocampo della Roma finiscono volentieri nei pressi dell’area di rigore avversaria, ma solo se ci arriva tutta la squadra con calma, o in contropiede. La Roma ha segnato 5 gol su contropiede (il 19% del totale, più di qualsiasi altri squadra in Serie A; la Juve non ne ha fatto nessuno e il Napoli solo l’8% dei propri gol, l’Inter il 3%, la Fiorentina il 4%) eguagliando già il totale complessivo della scorsa stagione. Strootman e Pjanić non hanno le caratteristiche per gettarsi in velocità nello spazio, ma si mettono su linee sfalsate per offrire più possibilità di passaggio possibile. Il compito principale che mi sembra di aver capito abbiano gli intermedi della Roma (almeno in questa fase di transizione, come base su cui imporre il proprio gioco) è di conservare il pallone con una certa fluidità e il più in alto possibile, ma senza forzare mai l'ultimo passaggio (i passaggi in profondità sono scesi da 6 a partita, in media, a 2).
Strootman e Pjanić (e De Rossi) coprono una superficie di campo più ampia degli intermedi in un 3-5-2 o i centrali del 4-4-2. Devono scivolare da una parte all’altra del campo per garantire le distanze corte e, quando la palla è sulle fasce, il formarsi di triangoli coi terzini (es. Balzaretti + De Rossi + Strootman; oppure Maicon + Pjanić/De Rossi + Florenzi). In questo modo la palla può andare sia in avanti che indietro. Niente di eccezionale, se i tifosi della Roma non venissero da un paio d’anni in cui la palla si muoveva o solo in orizzontale (l’inizio di Luis Enrique) o solo in avanti (Zeman che in Cecoslovacchia faceva hockey su ghiaccio e pare abbia preso da lì alcune delle sue idee). Si cerca di scalare le linee di passaggio in avanti, ma spesso si sceglie di dare palla al compagno che può giocare fronte alla porta. Un passaggio in più, in sostanza, che potrebbe essere la ragione del controllo che la Roma esercita spesso con la palla tra i piedi.
3. Gervinho e Florenzi due ruoli in uno
Il centrocampo a rombo però può andare in difficoltà in fase difensiva, non solo se De Rossi si trova isolato contro più trequartisti (costringendo a uscire un terzino o un centrale di difesa), ma anche sulle fasce, in particolare sui cambi di gioco. Per evitare di farsi trovare scoperta la Roma pressa direttamente nella metà campo avversaria, ma se il pressing va a vuoto si risistema velocemente a ridosso della linea di centrocampo. Gli esterni alti ripiegano fino alla linea di Strootman e Pjanić e la Roma diventa un 4-1-4-1. La seconda linea di quattro non è statica, si vede spesso uscire dalla propria zona Pjanić, o Strootman, e andare a pressare il secondo centrale di difesa. La Roma per ora recupera pochi palloni nella trequarti di campo avversaria, ma magari se crescerà in fase di pressing si alzerà anche il baricentro.
Per il momento, per fare un gioco di questo tipo servono però degli esterni disposti e capaci di essere al tempo stesso il giocatore più offensivo della squadra e un’ala classica in difesa. In questo senso la coppia ideale del gioco di Garcia era quella Florenzi + Gervinho, che non vediamo in campo da 5 partite. Anche in attacco hanno un duplice compito: minacciare i centrali alle spalle di Totti (uno alla volta, spesso Florenzi che infatti è capocannoniere della squadra) e restare larghi per dare ampiezza e andare sull’uno contro uno con i terzini. Gervinho si fa dare palla sui piedi più spesso di Florenzi grazie alla straordinaria velocità con cui domina quasi ogni avversario diretto. Nonostante ciò 2,5 dribbling a partita non sono moltissimi (notevolmente meno dei 4,4 di Cuadrado o i 4 di Álvarez, leggermente meglio dei 2,4 di Cerci) ma Gervinho ha dimostrato un’intelligenza tattica all’altezza della complessità del suo ruolo. E poi spesso corre in spazi dove non ci sono uomini da saltare, o anziché dribblare si limita a superare l’avversario diretto, come fossero due moto.
Pare che la maglia numero 27 sia una delle più vendute della Roma. Nonostante i capelli la gente si immedesima.
C’è un bel video di Johan Cruyff ospite alla tv olandese da cui si capisce bene il tipo di 4-3-3 con rombo centrale di Rudi Garcia (almeno io ho l’ho capito così, ammesso che lo abbia capito davvero). In studio Cruyff si alza proprio per spiegare la sua idea di diamante, si fa portare una lavagna perché il problema è che con le parole ognuno interpreta come vuole e “come lo disegno io il diamante non lo disegna nessuno”. Fa le croci dei due attaccanti, di solito centrali, molto esterni. Sul rapporto tra Garcia e il calcio olandese non ho trovato nulla, ma è interessante anche quando Cruyff continua dicendo che se per caso avesse un world class striker allora toglierebbe il trequartista. Cruyff fa l’esempio di van Basten e van Nistelrooy perché sta parlando della Nazionale olandese, chissà se in caso avrebbe nominato Borriello.
La scelta di giocare con Borriello da Napoli in poi in realtà si può spiegare con la contemporanea assenza di Gervinho. (Qui devo dire che Borriello è stato generoso ai limiti del commovente e che se non fosse per lo stipendio vergognoso lo vorrei a Roma fino a fine carriera.) Rudi ha dovuto sostituire simultaneamente il suo falso 9 e uno dei due esterni d’attacco. Nessuno oltre a Gervinho e Florenzi sa guadagnare la profondità (ogni tanto ci prova Marquinho) e senza l’ivoriano in campo Florenzi diventa l’unica minaccia, quindi prevedibile (se a questo si aggiunge che non c’è più Totti a servirlo si capisce il suo leggero calo). Sia Ljajić (che Pjanić contro il Torino) interpretano il ruolo in maniera diversa, accentrandosi tra le linee e per favorire l’inserimento di uno degli intermedi o la salita di Balzaretti alle sue spalle. Contro il Chievo, con Ljajić a sinistra e Pjanić al centro, si è visto che nel bene e nel male Borriello era necessario.
I tiri fatti dalla Roma. In giallo i gol, in blu i tiri parati, in rosso quelli finiti fuori e in nero i respinti. La qualità dei tiratori da fuori della Roma è una delle variabili favorevoli alla squadra di Rudi Garcia, ma si vede anche bene come la Roma arrivi spesso a calciare da dentro l'area di rigore avversaria.
4. World War De Rossi
Forse l’unico vantaggio di Rudi Garcia sui suoi predecessori è il ritorno di De Rossi dopo il prestito di due anni alla “Giocatori Finiti fc”. Che fosse finito io non l’ho mai pensato, è semplicemente il mio giocatore preferito. Ogni anno a inizio stagione compro la maglia e ci metto il numero 16. Quando mi annoio o devo aspettare, ad esempio in sala d’attesa dal medico, faccio un gioco con me stesso, mi chiedo: “Se potessi scegliere una persona che adesso apre quella porta e si siede vicino a me, chi sceglierei?” La risposta è sempre la stessa: De Rossi. Dopo il salvataggio su Pandev ho detto al mio vicino di posto: “Quanto vorrei che fosse il mio migliore amico”. Non sono tifoso di De Rossi, sono una sua groupie.
Immaginate come mi possa sentire adesso che nel doppio ruolo di play e difensore aggiunto, che Rudi Garcia gli ha costruito come un vestito su misura delle sue qualità, DDR è tornato al suo meglio. Per difensore aggiunto intendo un difensore libero da marcature davanti alla difesa, che possa seguire eventuali inserimenti e saltare sui cross senza marcatura (quando la palla va sui lati Benatia e Castán si aprono per fargli spazio). Quello che con la difesa alta zemaniana era un limite di De Rossi, il fatto che tende a indietreggiare troppo, è diventato un pregio. Una caratteristica così eccezionale che a volte De Rossi sembra un portiere volante che usa sola i piedi. Tipo nel derby quando ha impedito a Ederson di fare l’unico tiro in porta della Lazio in tutta la partita.
C’è un video alternativo, questo, che mostra il grado di coinvolgimento di De Rossi.
DDR non rinuncia alla fase di impostazione, anzi è il giocatore della Roma con il più alto numero di passaggi a partita (72,5) e ha sempre delle idee strane, delle splendide svirgolate da trequarti, dei lanci in fallo laterale per compagni che ha visto solo lui, a venti metri di distanza dal punto di battuta della palla, a cui segue l’inquadratura col braccio alzato a chiedere scusa. Ha anche tirato diciannove volte, una in più di Strootman. Senza separare nettamente le due fasi di gioco, dirò però che se dovessi indicare una sola tra le molteplici ragioni per cui la Roma ha subito solo 3 gol in 12 partite, probabilmente direi il ruolo di De Rossi. Anche la sicurezza, il senso della posizione e la superiorità fisica di Benatia, Castán mai così pulito e concentrato (7 tackle contro l’Inter e 7 anticipi contro il Napoli), hanno contribuito ai risultati eccezionali ottenuti: la Roma è andata in difficoltà solo su contropiede e quando la squadra avversaria ha aggirato o scavalcato quel triangolo difensivo che ha vertice in De Rossi. Ma, come dicevo all’inizio niente spiega davvero un’anomalia di quel tipo.
L’analista inglese Colin Trainor, sul suo blog stasbomb, ha analizzato i numeri della difesa della Roma dopo Roma-Udinese, utilizzando una formula che calcola la pericolosità dei tiri in base ad alcuni parametri tra cui il numero totale e la posizione. Stando ai numeri sarebbe stato logico aspettarsi che la Roma subisse qualche gol in più di dell'unico gol subito al tempo di quell’analisi (e che ne avesse segnato qualcuno in meno, considerando che molti tiri dei giallorossi provengono da lontano). È vero che la Roma costringe le squadre avversarie a tirare da fuori area (il dato aggiornato con le ultime partite è il 68% dei tiri totali; Juve e Napoli si avvicinano con il 61% e 60%), che i tiri da dentro l’area sono solo una percentuale ridotta (31%) e che una porzione ridicolmente bassa (1%) arriva da dentro l’area piccola (Napoli e Inter arrivano al 4%); ma in generale la Roma subisce più tiri a partita (11,2) della Juventus (8) che però ha subito più del triplo dei suoi gol. L’Inter che subisce più o meno gli stessi tiri (11,3) ha preso il quadruplo esatto dei gol della Roma.
I tiri subiti dalla Roma, in cui spicca il gran numero di tiri respinti (in nero) e la quasi totale assenza di puntini nell'aria piccola. Si nota anche che i pali di Guarin e Muriel erano in realtà tiri particolarmente belli da fuori.
Il dato interessante secondo Colin Trainor è quello dei tiri respinti (da giocatori che non sono il portiere). La Roma respinge 4 tiri a partita: la Juve 1,5, il Napoli 2,9, l’Inter 2,6 e la Fiorentina 3,6. Sui 134 tiri subiti ne è stato respinto il 35% (ai tempi del pezzo di Trainor la Roma faceva ancora meglio bloccando il 41% dei tiri totali, il Catania che a quei tempi era secondo con il 30%, nel frattempo è sceso al 21,4%). La considerazione di Trainor, ancora valida, a partire dal numero di tiri respinti è che magari la Roma non lascia tirare mai completamente senza pressione, anche quando un difensore non riesce a respingere il tiro l’attaccante è spinto all’errore.
Insomma, non c’è niente che spieghi davvero il miracolo delle 10 partite vinte subendo solo 1 gol, o delle 12 partite senza sconfitta con appena 3 gol incassati; così come non c’è da stupirsi se la Roma ha subito due gol in due partite consecutive. C’era da aspettarsi che le cose si normalizzassero, e a mio avviso i problemi in attacco hanno contribuito a quelli difensivi. Anche una rosa competitiva di soli dodici/tredici giocatori è un limite oggettivo (contro il Sassuolo hanno finito in avanti Marquinho, Ljajić e Caprari) per la corsa al titolo, ma non va dimenticato che fino a qualche mese avrebbe suonato ridicolo anche solo parlare di “corsa al titolo”.
La Roma di Rudi è già così, secondo me, la Roma migliore dai tempi di Spalletti. Certo, Rudi non le vincerà tutte, prenderemo magari qualche gol evitabile, pareggeremo ancora (sempre) in casa con delle neopromosse, ma chi ha pensato che il calcio si fosse fermato lo scorso 26 maggio si sbagliava. Non aveva ancora guardato Rudi negli occhi.