Alzi la mano chi si aspettava che i Brooklyn Nets scegliessero Steve Nash come loro prossimo capo-allenatore. Se nessuno di voi l’ha alzata, beh, sappiate di essere in buona compagnia: neanche i suoi migliori amici o letteralmente i suoi datori di lavoro sapevano che il due volte MVP stava discutendo con il General Manager Sean Marks della possibilità di prendere la panchina dei Nets. Tanto Rowan Barrett, che a Nash ha affidato il compito di fare da padrino a suo figlio R.J., quanto gli stessi Golden State Warriors, nelle persone di Steve Kerr e Bob Myers, non sapevano che stesse pensando di fare il salto e diventare capo-allenatore pur non avendo alcuna esperienza pregressa, e la sua nomina ha preso di sorpresa l’intera NBA.
Dei tanti nomi che si erano fatti per uno dei posti più ambiti dell’intera lega (e forse il più ambito in assoluto), quello di Nash davvero non era mai stato menzionato. Nelle ultime settimane si era scritto moltissimo della volontà dei Nets di puntare in alto e fare la corte a Gregg Popovich, dando a Kevin Durant e Kyrie Irving un allenatore al di sopra di ogni sospetto con il quale dichiarare esplicitamente di voler ambire al titolo. Le possibilità di concretizzare davvero questo sogno sono sempre sembrate molto basse (anche perché non è chiaro quanti anni di carriera restino a coach Pop), ma almeno hanno dato un’idea di quale tipo di profilo cercassero i Nets: un allenatore che avesse credibilità istantanea da spendere presso le due stelle e che potesse comunicare con loro, come ammesso anche da Marks stesso. “In Steve vediamo un leader, un comunicatore e un mentore che si guadagnerà il rispetto dai nostri giocatori” ha detto nel comunicato stampa del sorprendente annuncio del suo contratto quadriennale.
Quali caselle spunta Steve Nash
Che Steve Nash abbia una conoscenza enciclopedica del gioco e una capacità innata nelle relazioni interpersonali non può essere messo in dubbio da nessuno. Ma se già queste due caratteristiche basterebbero per renderlo un candidato per un qualsiasi ruolo nel mondo della pallacanestro, è chiaro che non bastano da sole a giustificare la scelta dei Nets. Evidentemente Nash spuntava altre caselle particolarmente cruciali per una franchigia che si trova davanti alla stagione più importante della propria storia.
In questi giorni si è scritto parecchio del rapporto molto stretto che Nash e Kevin Durant hanno sviluppato nel corso degli anni, cominciando ad allenarsi insieme d’estate prima ancora KD decidesse di unirsi ai Golden State Warriors — mossa prima della quale si era consultato proprio con lo stesso playmaker canadese, che si era già guadagnato il suo rispetto. Brooklyn era stata chiara nel dire che si sarebbe consultata con le sue stelle per la scelta del nuovo allenatore: il fatto che Nash avesse un rapporto forte con Durant è sicuramente uno dei punti principali che hanno giocato a suo favore e che dovrà sfruttare per creare un legame anche con Irving, dato che si troverà a gestire due delle superstar più volatili dell’intera NBA.
Steve Kerr ha citato espressamente questa intervista del 2015 come momento in cui ha capito quanto fosse stretto il legame tra Nash e KD.
È altrettanto vero che lo stesso Marks ha un rapporto di lunga data con Nash, avendoci giocato assieme per due anni ai Phoenix Suns tra il 2006 e il 2008. “Ho visto da vicino la sua intelligenza cestistica e la sua capacità di dare importanza al successo di squadra, unendo i giocatori verso un obiettivo comune per prepararci a competere ai massimi livelli” ha detto Marks sul suo ex compagno di squadra. Proprio il fatto che avesse legato con un journeyman come Marks è un altro degli aspetti su cui Nash dovrà fare la differenza: già i Nets di quest’anno hanno vissuto una spaccatura interna tra il gruppetto di KD-Irving-DeAndre Jordan (abituati a fare le cose a modo loro, forti del loro curriculum) e tutti gli altri legati alla presenza di Kenny Atkinson (che avevano un modo standardizzato di lavorare), arrivando infine a una rottura con l’addio dell’allenatore a stagione in corso.
Essere visto come l’allenatore dei Brooklyn Nets e non come l’allenatore di Irving e Durant sarà fondamentale per l’inizio della sua carriera, ma è anche vero che proprio la capacità di far sentire tutti coinvolti nel progetto è stato uno dei tratti maggiormente sottolineati dei suoi anni da giocatore. Jared Dudley ha parlato spesso di come giocare con Nash gli abbia allungato la carriera, cambiando le sue abitudini alimentari e trovando un senso nella NBA sia in termini tattici che di presenza negli spogliatoi di mezza lega. Riuscire ad arrivare a tipologie diverse di giocatori — da giovani in ascesa come Caris LeVert e Jarrett Allen a giocatori che vorrebbero monetizzare come Spencer Dinwiddie o veterani come Garrett Temple — è uno dei motivi che hanno spinto i Nets a prendersi il rischio di assumerlo.
Le doti comunicative di Nash non serviranno solo dentro lo spogliatoio ma anche, se non soprattutto, davanti alle telecamere, sfruttando il suo carisma per dare un volto riconoscibile a chi è al volante della squadra. Gli allenatori sono in assoluto quelli che parlano di più con la stampa e che, volenti o nolenti, finiscono per essere la faccia della franchigia, visto che viene chiesto loro di avere un’opinione su tutto. Proporre uno universalmente conosciuto come Nash invece che Jacque Vaughn, con tutto il rispetto, è una differenza non da poco in termini comunicativi.
Quello che i Nets devono fare per Nash
Come ogni allenatore sulla faccia della terra, Nash avrà bisogno di essere messo nelle condizioni giuste per lavorare. Il segreto dei giocatori-di-alto-livello-diventati-allenatori-senza-esperienza-pregressa sta nel circondarli di assistenti di altissimo profilo, così da guidarli nelle difficoltà della lunghissima stagione NBA e nella delicata transizione per cominciare a vedere il gioco con gli occhi di un coach e non come quelli di un giocatore.
Il fatto che Jacque Vaughn — il quale ha concluso più che dignitosamente la stagione nella bolla di Orlando con un record di 5-3 nelle seeding games — sia stato tenuto come primo assistente va proprio nella direzione di voler costruire attorno a Nash uno staff di esperienza. Lo stesso Steve Kerr, quando è stato assunto dai Golden State Warriors, si è circondato di Alvin Gentry e Ron Adams, due assistenti di grandissima esperienza, prendendo poi anche Mike Brown. È forse raccontato troppo poco come il lavoro di un allenatore sia soprattutto frutto di un lavoro collettivo di un coaching staff, e che in quanto tale avere talento anche sulla panchina oltre che in campo finisca per fare la differenza.
Adrian Wojnarowski di ESPN racconta come si è arrivati alla firma di Nash.
Un grosso aiuto per avere successo, poi, dovrà arrivare proprio da Marks e dalle sue scelte sul mercato. I Nets sono attesi a un’estate in cui dovranno decidere come costruire al meglio attorno a Irving e Durant, il che si riduce a decisioni complicate sui vari LeVert, Allen, Taurean Prince, Dinwiddie e soprattutto Joe Harris. Il tiratore è infatti free agent a fine anno e con già 133 milioni garantiti per il prossimo anno ci sarà bisogno di uno sforzo economico enorme da parte del proprietario Joseph Tsai per trattenerlo a cifre consone.
Anche la presenza degli altri quattro, per un motivo o per un altro, non è certa all’inizio del training camp. LeVert ha dimostrato nella bolla di poter ambire a un ruolo da ball-handler primario e viste le sue difficoltà nel tiro piedi per terra sembra sprecato in una squadra con Irving e Durant a fagocitare la maggior parte dei possessi. Stesso discorso vale per Dinwiddie, che sembra sopra-qualificato per fare semplicemente da backup a Irving e potrebbe avere mercato, per quanto potenzialmente al suo ultimo anno di contratto. Se Taurean Prince può avere qualche senso per essere infilato come filler da 12-13 milioni in ogni scambio (specialmente se volessero imbastirne uno per una terza stella, anche se per ora non si capisce quale possa essere), altro discorso vale per Jarrett Allen — il cui unico difetto è quello di non essere amico di Irving e Durant, motivo per il quale con ogni probabilità il centro titolare a inizio regular season sarà DeAndre Jordan e non lui.
Risolvere queste situazioni spinose è compito più di Marks che di Nash, ma è inevitabile che le scelte di uno ricadano sull’altro e viceversa. C’è abbastanza talento per poter arrivare davvero al ruolo di contender, specie se Irving e soprattutto Durant saranno ai livelli a cui ci hanno abituati in carriera, ma per come è costruito ora il roster dei Nets è tutt’altro che funzionale e avrà bisogno di maggiore versatilità in termini di difesa perimetrale (il migliore in rosa è Garrett Temple) e di switchability tra i lunghi (il miglior 5 per cambiare sui blocchi è… KD?).
Che cosa ci possiamo aspettare dai Brooklyn Nash
Fare previsioni su quale stile di gioco vorrà adottare Nash in questo momento — senza averlo sentito parlare e senza sapere in che condizioni sono le stelle — è pura speculazione, perciò pensare che venga ricalcato il “Seven Seconds or Less” di D’Antoniana memoria è quantomeno incauto. Anche perché spesso sono le qualità o i difetti dei giocatori a determinare quale stile di gioco avere: in Irving e Durant i Nets hanno due giocatori particolarmente adatti alla pallacanestro predatoria dei playoff, avendo la possibilità di andare a stanare ogni cattivo difensore delle squadre avversarie e costruendo sulle loro incredibili capacità di uno-contro-uno la propria fase offensiva.
La bontà del lavoro di Nash dovrà quindi essere giudicata soprattutto da come riuscirà a far difendere i Nets, anche perché la presenza di uno come Irving va sempre gestita (per quanto possa essere un difensore accettabile quando ne ha voglia) e lo sforzo di Durant va tenuto sotto controllo (specie dopo un infortunio grave come quello al tendine d’Achille). In molti però sono convinti che se la possa cavare egregiamente: “Sa come funzionano le cose, è nella NBA da sempre e capisce il gioco almeno quanto capisce le persone” ha detto Steve Kerr a The Athletic, elogiando anche i metodi innovativi sviluppati con Rick Celebrini, ora capo dello staff medico e di performance degli Warriors. “Per loro è tutto connesso, dalla sala pesi a quella degli esercizi al campo. E Steve è la prova vivente di quanto possa essere importante un programma che metta in comunicazione il corpo con la mente, l’equilibrio e la coordinazione. Non saranno allenamenti tradizionali: anche con Steph o KD faceva cose uniche nel suo genere e molto interessanti”.
Anche i Brooklyn Nets non hanno fatto una scelta tradizionale decidendo di affidare i destini di una stagione così importante a un allenatore senza alcuna esperienza, considerando che già nel 2022 sia Irving che Durant potrebbero presentarsi sul mercato dei free agent. Quella dei bianconeri è che le capacità umane e di comunicazione all’interno di uno spogliatoio siano più importanti delle X&Os in senso stretto, o almeno che le seconde possano essere rimpiazziate (o sviluppate) più facilmente rispetto alle prime. Nessuno può ragionevolmente dire se Nash avrà successo oppure no: quello che è certo è che sarà molto interessante scoprirlo.