La Serie A è ferma ma noi non ci arrendiamo e da ormai più di un mese la mandiamo avanti su FIFA, come fosse un mondo parallelo in cui l’emergenza del Coronavirus è passata e possiamo tornare a concentrarci sulla nostra passione per il controllo in corsa di Zaccagni e per la mascella di Bonifazi.
Non esageriamo a dire che quella scorsa è stata una giornata epocale per la storia recente della Serie A. L’Inter, rigenerata dalla cura Vecchi, ha ricacciato la Roma all’indietro con una vittoria piuttosto autoritaria. Si è tornati quindi a una lotta per l’ultimo posto in Champions tra i giallorossi e l’Atalanta, vittoriosa la scorsa settimana.
Ma è stata una giornata epocale soprattutto perché in casa la Juventus aveva l’occasione di agganciare nuovamente la Lazio in testa alla classifica. La squadra di Sarri ha giocato bene, ha creato molto, ma alla fine si è scontrata sul muro alzato da Strakosha davanti la propria porta. 13 tiri non sono bastati a piegare la resistenza della squadra di Inzaghi.
Il mondo Lazio è in fibrillazione: ci sono 3 punti da difendere in 5 giornate. Poi sarà lo Scudetto più inaspettato della storia del calcio italiano, dai tempi forse del Verona.
Vi ricordo però le regole della casa: abbiamo simulato condizioni meteo e orari di gioco (secondo una calendarizzazione fatta da noi ma che prova a seguire i normali criteri della Serie A). Abbiamo settato due tempi da 6 minuti e tenuto “campione” come difficoltà. Abbiamo però abbassato leggermente la capacità dei portieri e alzato la precisione dei tiri degli attaccanti. Il realismo di FIFA ha finito infatti per far diventare il gioco più noioso della realtà e ci è voluta una spintarella per non far finire tutte le partite zero a zero, in un delirio utopico uscito dalla testa di Brera. Per quanto riguarda le formazioni, purtroppo, non abbiamo potuto fare scelte: se lasci che sia il computer a giocare vuole il diritto a scegliersi la sua formazione, e mi pare giusto.
Sabato alle 15: Parma-Napoli 1-1
Stefano Nava ha presentato senza mezzi termini il Parma “una squadra che si chiude dall’inizio”, ribadendo i pregiudizi che Fabio Barcellona su l’Ultimo Uomo aveva provato a smentire. Il Napoli, invece, “una squadra che pressa a tutto campo”. Una presentazione un po’ manichea, forzata, delle due squadre.
La partita offriva così pochi spunti che Nava e Pardo hanno parlato circa venti minuti di Diego Armando Maradona e, al termine della loro tirata, il Parma è passato in vantaggio. Solito Kulusevski sulla destra, cross interessante, Gervinho tira come sempre, cioè come capita, ma sulla respinta Cornelius, il Vichingo, il Martello di Thor, Rangnarok, segna l’1-0. Nava ce l’ha così tanto col Parma che dopo il gol si è chiesto se ora punteranno ancora di più su “difesa e contropiede”.
Nava e Pardo continuano ad avere un impato taumaturgico sulla realtà, e poco dopo aver detto che da Callejon ci si aspettava di più (che poi perché?), quello ha segnato il gol del pareggio.
Da segnalare il mancato ingresso di Mertens, fin qui sempre escluso ma sempre entrato a partita in corso. Secondo Di Marzio il giocatore si sarebbe già accordato con la Lazio.
Alla fine la partita non ha detto altro, ma non è stato poco. Ci ha detto soprattutto che il Napoli ormai non sembra avere più molta voglia di giocare questo campionato.
Sabato alle 18: Torino-Verona 1-2
Due squadre che arrivavano da una stagione contraria: la sorpresa positiva Verona contro la sorpresa negativa Torino. Una squadra che ha fatto molto di più di quanto la sua rosa sembrava consentirgli; e una squadra che ha fatto l’opposto, in mezzo a cambi d’allenatore, progetti tecnici e un presidente in crisi, che aveva esplicitamente detto di non voler riprendere il campionato.
Alla mezz’ora il Torino ha sviluppato un’azione interessante, con una bella ricerca del terzo uomo dietro la linea. Sull’inserimento di Baselli, Gunter ha avuto un accecamento: lo ha steso senza motivo, provocando il rigore.
Gunter non stava bene e ha rinfacciato all’arbitro il mostruoso aumento del debito pubblico italiano.
Un dato assurdo: era il primo calcio di rigore assegnato nelle ultime otto giornate. Jonathan Wilson sul Guardian aveva dedicato un pezzo alla questione: “Gli italiani hanno chiuso le loro due più grandi passioni: le pizzerie e i calci di rigore”. Il mancato utilizzo del VAR per ragioni sanitarie (in molti notano l’incongruenza tra gli stadi pieni e gli scrupoli sulla saletta VAR, ma che volete farci) ha mostrato quanto gli arbitri si fossero disabituati a prendersi la responsabilità di decisioni importanti.
Il Verona ha pareggiato subito dopo con un’azione elaborata in zona centrale che ha messo Di Carmine solo davanti a Sirigu. Nel caso una difesa del Torino francamente imbarazzante: WM si starà rivoltando sulla sua poltrona.
In generale è stata una partita aperta: le due squadre hanno giocato in modo sfrontato, nonostante, parliamoci chiaro, il Torino non poteva permettersi di perdere. Lo spettro della zona retrocessione in queste giornate è comparso, poi si è ritratto, poi è ricomparso. Era concretissimo quando al 68’ il Verona ha preso il palo. È diventato un incubo reale dopo il gol di Zaccagni, al termine di un’azione spettacolare del Verona, dove la difesa del Torino ha preso fatto da sparring partner.
Longo ha inserito il più offensivo Lukic al posto di Rincon, e il serbo ha creato l’azione in cui il Toro è andato più vicino al pareggio. Il palo, però, ha tolto ogni possibile serenità. Non sarebbe ironico se il Torino retrocedesse nella stagione in cui è riuscito a vincere il derby facendo perdere lo Scudetto alla Juventus?
Sabato alle 20,45: Inter-Fiorentina 1-2
Montella contro Vecchi in panchina, in campo Lukaku, Eriksen, Chiesa e Castrovilli: è questa la metafora di un paese a cui manca una classe dirigente all’altezza? Questo noi non lo sappiamo. Quello che sappiamo è che Inter e Fiorentina hanno buttato una stagione e avevano poco da giocarsi. In realtà, la squadra di Montella aveva l’occasione di allontanarsi definitivamente dalla zona retrocessione, complice anche la triste sconfitta del Torino, ma insomma, nessuno si aspettava che l’avrebbe fatto a San Siro.
E invece i Viola sono partiti bene, mettendo in campo intensità e voglia di vincere. Dopo la sorprendente e convincente vittoria di Roma effetto-Vecchi già finito quindi? Così sembra. Il primo tempo si è chiuso addirittura con 0 tiri da parte dei nerazzurri e quindi, nonostante il 60% di possesso, a Milano insieme alle rondini sono tornati i fischi.
Vecchi ha provato a cambiare le cose al 60esimo con un cambio molto offensivo (Sanchez per Asamoah) e immediatamente è arrivato il primo tiro in porta della partita, purtroppo però di Brozovic. Una rondine, però, non fa primavera e pochi minuti dopo la Fiorentina passa in vantaggio con Chiesa, lasciato inspiegabilmente libero all’interno dell’area. Non pago dell’effetto farfalla scatenato con il primo cambio, Vecchi ne ha preparato subito un altro: esce Candreva, entra Moses. Passano pochi minuti e segna anche Benassi.
Dal labiale di uno dei tifosi Viola si può leggere chiaramente: “Facci un altro cambio Vecchi”.
Inutile l’1-2 finale di Lukaku e gli sconcertanti complimenti di Stefano Nava ai giocatori dell’Inter, “grandi uomini”. Straziante, invece, la scena che ha coinvolto alla fine Vecchi, ormai sicuro di lasciare la panchina nerazzurra a fine stagione: mentre tutto lo stadio cantava GUA-RDIO-LA GUA-RDIO-LA con le lacrime agli occhi è andato al centro del campo e ha puntato l’indice verso la Curva Nord, senza proferire parola. Ci mancherà il bel calcio, ma il teatro non ce lo toglierà mai nessuno, nemmeno il coronavirus.
Domenica alle 12,30: SPAL-Roma 1-2
La Roma era in un buon momento, prima di essere spazzata via dall’Inter. È stata una sconfitta dura, perché i giallorossi pregustavano di poter rimontare gli avversari che durante l’estate hanno cercato di derubargli il loro capitano, Edin Dzeko, e che di fatto ne hanno preso il posto nelle gerarchie del calcio italiano.
Sullo sfondo lo SPAL club di Taiwan, in visita per l’occasione.
La Roma doveva riprendere la sua corsa, col fiato sul collo dell’Atalanta, e la SPAL sembrava un avversario docile, ma al 45’ è andato in vantaggio con Murgia, ex capitano della Lazio primavera, il “Kakà dell’EUR”. Un fuorigioco millimetrico ha fatto svenire quello che sarebbe stato un autentico incubo per i giallorossi.
La SPAL, però, ha controllato il primo tempo, e lo ha fatto attraverso il pallone: 57% di possesso palla. E il gol di Murgia era solo una prova generale per quello di Missiroli, laziale mancato se ce n’è uno, che ha realizzato un gol praticamente identico.
La Roma però quest’anno ha dimostrato carattere, e nel suo momento peggiore “El Monito” Perotti ha servito un assist incredibile in mezza rovesciata per Veretout. Ai giallorossi il pareggio serviva a poco e niente, e quello che lo sapeva meglio di tutti era “El Monito”, che dribbla e mette in mezzo una delizia di sinistro che Dzeko ha appoggiato di testa in rete. È il secondo gol di testa al novantesimo della stagione dopo quello al Bologna a inizio campionato. “Che spettacolo!” chiosa Stefano Nava.
Domenica alle 15: Lecce-Brescia 0-1
Il Brescia è ultimo in classifica ma ancora non è matematicamente retrocesso. È a questa speranza che si aggrappava il cuore di Corini nella fossa dei leoni dell’Estadio Presidente G.Lopes. Serviva un miracolo alla squadra lombarda, caricata ancora di più dalla sconfitta della SPAL. In campo si è visto un grande Mario Balotelli, forse conscio di essere all’ultima chiamata per rientrare nel cuore dei tifosi del Brescia, ma il suo tentativo intorno al 20esimo di replicare il suo leggendario gol contro la Germania si è fermato sui guantoni di ferro di Gabriel, il Neuer del Salento. Persino lui, però, non ha potuto nulla contro lo 0-1 di Romulo, arrivato a calciare in area dopo una bella azione tutta di prima. “Un vantaggio meritato”, secondo Pierluigi Pardo.
In un attimo il Lecce è stato rigettato in un incubo che pensava definitivamente essersi messo alle spalle. A fine primo tempo il tabellino delle statistiche segnava un solo tiro, nemmeno in porta, contro i 6 complessivi del Brescia. Liverani è tornato negli spogliatoi su tutte le furie.
I difensori del Lecce forse non hanno capito la gravità della situazione.
Il secondo tempo, però, ha seguito lo stesso canovaccio tattico del primo, nonostante l’entrata in campo di Babacar per Falco, in grossa flessione rispetto alle ultime settimane. Solo un grandissimo Gabriel ha evitato una sconfitta molto più larga di quella che ha segnato il tabellino a fine partita.
Troppo timido il pagellista di EA Sports nei confronti di Gabriel, a nostro avviso.
Metafora della partita del Lecce la sconcertante “prestazione” di Saponara, entrato nei minuti finali per cambiare la partita e espulsi una manciata di secondi dopo per un’entrata assassina. «Con giocatori come questi non ci meritiamo nemmeno la Serie B», ha chiosato, furioso, Liverani. È finito il sogno salentino?
Domenica alle 15: Atalanta-Bologna 1-1
Nella partita d’andata il Bologna aveva inflitto all’Atalanta una delle sue rare sconfitte stagionali. I rossoblù avevano vinto 2-1, in una partita che con meno errori davanti alla porta sarebbe stata ancora più ricca di gol.
Si è ricominciato sullo stesso spartito. Il Bologna ha progressivamente guadagnato campo, l’Atalanta si è schiacciata, e con una traccia centrale per l’inserimento del centrocampista i rossoblù hanno segnato l’1-0. Un minuto dopo l’Atalanta ha segnato l’1-1 con un’azione praticamente identica. Il primo tempo si è chiuso quindi con due gol dei centrocampisti simbolo di un calcio generoso ormai quasi scomparso: Poli e De Roon.
I tifosi del Bologna si staranno chiedendo come abbia fatto Poli a non segnare all’inizio del secondo tempo. La risposta di Gollini a un tiro moscio gli aveva fatto andare la palla sui piedi, la porta era vuota: più complicato sbagliare che segnare. In ogni caso è il Bologna a fare la partita nel secondo tempo. Il gol annullato a Orsolini ha strozzato in gola l’urlo dei bolognesi.
Nella squadra di Mihajlovic, ha funzionato tutto, a partire dai meccanismi di riconquista alta del pallone.
La densità del Bologna in zona palla. In questo caso l’Atalanta ha bucato bene la pressione e ha portato Ilicic al tiro.
Negli ultimi minuti i rossoblù si sono sfilacciati e l’Atalanta è riuscita ad andare due volte dietro la linea difensiva, portando a due tiri pericolissimi di Ilicic, sempre troppo centrali. Due occasioni che, messi sulla bilancia, rendono il pareggio il risultato più giusto. Per l’Atalanta la qualificazione in Champions diventa sempre più complicata.
Domenica alle 15: Sassuolo-Milan 0-0
Atmosfera britannica al Forest Park di Glasgow, dove il Sassuolo si ostina a giocare: sugli spalti birra, You’ll Never Walk Alone, tifosi a petto nudo e graffiti anni ‘90.
Bagnata da un insolito sole, a Glasgow si incontravano due squadre bloccate nel guado della metà della classifica: il Sassuolo con un’ottima stagione, ma non abbastanza per avere reali obiettivi di classifica, il Milan con una stagione mediocre, ma non abbastanza per definirsi in crisi. La partita ha confermato il generale senso di mediocrità della partita, in cui, al netto dell’atmosfera anglosassone, non è successo praticamente niente. Ecco gli unici picchi emotivi di una gara che giustificherebbe la chiusura della Serie A:
- Pardo che pronuncia Saelemaekers “Selemekérs”;
- la rovesciata con cui Djuricic ha passato il pallone a metà campo;
- il ritorno dalle tenebre di Paquetà;
Questo è davvero tutto. Questo è il campionato che tanto volete indietro.
Domenica alle 15: Udinese-Piemonte Calcio 0-4
Che Juventus arrivava alla sfida con l’Udinese? Scoraggiata dopo il pareggio casalingo con la Lazio o ancora agguerrita e disposta a dare battaglia fino alla fine? Dove avrebbero trovato le motivazioni? Non dovesse vincere, Sarri sarebbe esonerato: la squadra allora avrebbe giocato per o contro di lui?
Ma intanto, che è successo ai denti di Cristiano Ronaldo?
Ma poi, a un certo punto, out of nowhere EL PIPITAA HIGUAIN!!!
È stato così facile per la Juventus andare in vantaggio - c’è stato addirittura un assist di Matuidi! - che qualcuno ha parlato di combine. Assurdo.
Sul secondo gol qualche sospetto è venuto pure a noi. Sembra un allenamento, con Dybala che ha servito, indisturbato, l’assist di tacco per l’inserimento di Matuidi. Sono uscite delle foto maliziose di un colloquio vagamente affettuoso fra Bonucci e l’arbitro Gustavo Apollonio. Poi è arrivato il terzo gol della Juventus per CR7, che stava praticamente smascellando per segnare. Il quarto gol è stato umiliante, con UN ALTRO assist di tacco, stavolta di Ronaldo, con Higuain che ha tirato forte addosso a Musso che è sembrato scansarsi. “ECCOLO EL PIPITA. C’era il suo nome su quel pallone”.
Bolgia di fischi a fine partita, “Abbiamo visto una sola squadra in campo” dice Pardo, che poi chiede a Nava un parere sulla prestazione del PIPITA, Higuain. E questo è tutto, il campionato in qualche modo è ancora flebilmente aperto.
Domenica alle 18: Lazio-Cagliari 1-3
Dopo il pareggio a Torino, il destino del campionato era ormai definitivamente nelle mani della Lazio. «Se ci tremeranno le gambe vuol dire che non saremo altro che una Roma qualsiasi», aveva dichiarato Simone Inzaghi prima del match con il Cagliari, evidentemente molto sicuro di sé. Dall’altra parte, però, la squadra di Walter Zenga non voleva fare solo la comparsa, guidata soprattutto dal Ninja Nainggolan, che in diretta Instagram aveva risposto a un tifoso della Roma che lo incitava: «Domenica la Lazio non vince… te fidi de me?».
All’Olimpico c’era una strana tensione, la sensazione che ogni momento potesse essere decisivo e indirizzare il destino del campionato da un momento o dall’altro. Quando Luis Alberto al 20esimo del primo tempo ha sfiorato il gol tirando sotto la traversa ma trovando la risposta di Olsen, lo stadio è rimasto ammutolito, come se credesse che da quell’errore potesse dipendere l’intera partita. Forse però il pubblico laziale aveva ragione, perché a fine primo tempo è arrivato il vantaggio cagliaritano con un grande tiro dal limite dell’area di Nandez, e a quel punto il silenzio è diventato funebre.
Nel secondo tempo la partita si è comprensibilmente trasformata in un assedio alla porta di Olsen, che dal canto suo ha fatto di tutto per accendere ulteriormente i toni - perdendo palesemente tempo sotto i fischi assordanti dell’Olimpico. A fine partita dirà: «Ho ancora la Roma nel cuore, mia figlia canta ancora l’inno di Venditti tutte le sere prima di andare a dormire».
E per la Lazio il peggio doveva ancora arrivare. Tra il 70esimo e il 75esimo, infatti, arrivava anche lo 0-2 e lo 0-3, entrambi di Nainggolan, di cui il primo in rovesciata. Dopo il primo dei suoi gol, il giocatore belga si è rivolto verso la Curva Nord alzando la maglietta da gioco sotto la quale aveva una t-shirt con scritto: “Vi ho purgato anche io” (una maglietta che, in realtà, ha portato sempre particolare fortuna alla Lazio). La partita si spegneva così, tra i disperati cori “Forza ragazzi” e l’inutile gol dell’1-3 di Caicedo.
A fine partita la Lazio ha deciso di entrare in silenzio stampa e di mandare la squadra in ritiro. A esprimere il rammarico della società biancoceleste solo un’unica dichiarazione di Claudio Lotito: «Come dicevano i latini: “Ride bene chi ride ultimo”».
Domenica alle 20,45: Sampdoria-Genoa 1-1
Era uno dei derby di Genova per malinconici degli ultimi anni. Le squadre non avevano niente di entusiasmante da giocarsi, e arrivato così in coda al calendario ha gettato una luce oscura sulle possibili conseguenze del risultato.
La Samp è a una distanza ragionevole dalla zona retrocessione, ma una sconfitta avrebbe reso ancora ambigua la sua situazione. Il Genoa, invece, aveva bisogno di vincere. Anche solo un pareggio avrebbe reso sempre più cupo e tangibile lo spettro della retrocessione. I blucerchiati, insomma, avevano l’occasione di mandare all’inferno virtualmente i cugini. Una vendetta del derby di Boselli.
Dopo 11 minuti, però, è stato il Genoa ad andare in vantaggio, con l’eterno demone Goran Pandev, che appena entrato in area ha tirato una bomba sotto l’incrocio dei pali. A inizio anno aveva detto: «Non riesco a vincere un derby, incredibile. Contro le squadre più forti, Milan e Roma, ce l’ho sempre fatta, con la Samp stiamo facendo fatica negli ultimi anni. Ci battono sempre, però mi sa che quest’anno è quello giusto per vincere il derby, peccato si sia sospeso il campionato».
Il Genoa sembrava in perfetto controllo della situazione, finché - come succede spesso nei derby - un episodio ha cambiato tutto. Un cross morbido su cui i centrali del Genoa era distanti con la mente e col corpo, su cui Quagliarella si è letteralmente tuffato. Nei derby di Genova, una sentenza.
Masterclass a centrocampo di Lasse Schone. 3 passaggi chiave in dodici minuti di partita, impressionante no?
Al 44’ Gabbiadini aveva una palla a rimbalzella all’ingresso dell’area, sul suo sinistro. Poteva tirare senza pressione. Lo ha fatto bene, in modo preciso e violento sul primo palo. L’incredibile parata di Perin basta da sola a giustificare il suo trasferimento in rossoblù a gennaio.
Ci si sarebbe potuti aspettare una partita tesa e chiusa, una guerra basata più sui nervi che sulla tattica o la tecnica. Le due squadre invece si sono affrontate con un certo coraggio, la Samp non ha puntato al pareggio e nel secondo tempo si è scoperta abbastanza da rischiare per due volte il gol dello svantaggio.
Il pareggio finale ha fatto tornare i tifosi blucerchiati a casa con un sorriso. Per il Genoa la salvezza diventa un’impresa sempre più complicata.
Gli awards della giornata
La parata più bella: Robin Olsen su un tiro sotto la traversa di Luis Alberto.
Il miglior giocatore: "El Pipita" Higuain.
La miglior frase della telecronaca: «Questo è un dolcetto da scartare sotto misura», di Stefano Nava su un tiro sbilenco di Troost-Ekong.
Il miglior portiere: Gabriel
Il miglior gol: Nainggolan di rovesciata all'Olimpico.
Classifica
Lazio 79
Piemonte Calcio 79
Inter 62
Roma 59
Atalanta 54
Napoli 48
Milan 48
Parma 46
Cagliari 46
Sassuolo 44
Verona 44
Bologna 43
Sampdoria 39
Fiorentina 39
Udinese 38
Torino 35
Lecce 34
Genoa 31
Brescia 28
SPAL 25