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La sorprendente stagione da rookie di Jakub Jankto
10 mag 2017
Alla prima stagione in Serie A, il centrocampista ceco dell'Udinese ha attirato un bel po' di attenzioni su di sé.
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La stagione dell’Udinese, che dovrebbe concludersi con un tranquillo piazzamento di metà classifica, non era certo cominciata nel migliore dei modi: dopo 7 giornate la squadra allenata da Iachini aveva rimediato 4 sconfitte, scatenando la protesta dei tifosi: a pagare fu proprio l’allenatore, esonerato a inizio ottobre. Con l’arrivo in panchina Del Neri, dopo una sconfitta tutto sommato giustificabile con la Juventus, l’Udinese si è risollevata, allontanandosi dalla zona retrocessione, diventata familiare nelle due precedenti stagioni.

Per il club friuliano, fino a qualche anno fa secondo alcuni osservatori modello virtuoso da seguire non solo in Italia, la stagione che sta per concludersi è da considerarsi interlocutoria. Con una lotta salvezza per lunghi tratti appena virtuale, l’Udinese è rimasta impantanata nella zona di galleggiamento tra le due colonne della classifica. Senza rischi e pressioni, ma anche senza obiettivi tangibili, risulta difficile trarre un bilancio o immaginare cosa può riservare il futuro.

Da questo campionato di stallo alcuni giocatori hanno potuto trarre beneficio, tra questi Jakub Jankto, che era in Italia dal 2014 sebbene nel quasi anonimato. Con Iachini, il centrocampista ceco non si era praticamente mai visto, ma Del Neri, viste come stavano le cose, ha potuto dargli spazio e fiducia e lui ha ricambiato giocando un campionato di alto livello, soprattutto per un classe 1996, e il suo nome è finito sui taccuini dei club di mezza Europa.

L’inserimento

Jankto è cresciuto nello Slavia Praga, con cui ha fatto tutta la trafila delle giovanili, ma non è mai riuscito a esordire in prima squadra perché sono arrivati prima gli scout della famiglia Pozzo. È stato lo stesso “Kuba” a raccontare come l’Udinese decise di acquistarlo dopo che segnò 4 reti al Montenegro con la maglia della Repubblica Ceca Under-18.

Il salto non è stato facile, diciottenne, si è ritrovato improvvisamente in un'altra realtà e un altro Paese. L’Udinese lo aggregò alla squadra Primavera allenata da Luca Mattiussi, che il centrocampista ceco ha descritto come una figura chiave per il suo inserimento in Italia e nel calcio italiano, durato a suo dire “sei, sette mesi”. Ha anche aggiunto che la Primavera è stato un ottimo trampolino di lancio e considerando “che il 90% dei Primavera non troverebbe spazio in B e Lega Pro”, abolire la categoria in favore di vere e proprie squadre B “sarebbe una cazzata”.

Jankto può giocare sia da esterno che da mezzala ed è proprio in questi ruoli che si è disimpegnato nella sua unica stagione con la formazione Primavera friulana. Mattiussi lo ha schierato principalmente da interno destro di centrocampo, ma non sono mancate partite in cui ha giocato largo a sinistra nel 3-5-2. Già in Primavera Jankto aveva mostrato un assaggio delle qualità che abbiamo imparato a conoscere nella sua prima stagione in Serie A

I quattro gol segnati in stagione gli sono valsi ripetute convocazioni nella fase finale della stagione 2014-15, ma Stramaccioni non gli ha mai regalato la gioia dell’esordio tra i professionisti: un fatto che evidentemente è dispiaciuto al ragazzo visto che lo ha ricordato anche in un’intervista di fine marzo.

L’atteso esordio nel “calcio dei grandi” è giunto nella stagione successiva: la maglia bianconera però era quella dell’Ascoli. Jankto ha accettato di andare in prestito nelle Marche quando ancora non era nemmeno chiaro in quale serie sarebbe andato a giocare l’Ascoli. La retrocessione del Teramo gli ha poi permesso di disputare il suo primo campionato tra i pro in Serie B.

Il ceco, prima con Petrone e poi soprattutto con Mangia in panchina, si è imposto rapidamente nell’undici titolare anche grazie alla sua duttilità: se già in Primavera aveva mostrato di saper ricoprire più di un ruolo, all’Ascoli ha dato prova di tutta la sua polivalenza. Nelle Marche ha fatto la mezzala, l’esterno di destra e di sinistra, il trequartista alle spalle di Cacia e Petagna e persino la seconda punta. In quella stagione, conclusa con la salvezza, Jankto ha segnato 5 reti e servito 9 assist (spesso da calcio piazzato) in 34 partite. Tra tutti, sicuramente degno di nota il geniale colpo di tacco con cui ha propiziato uno dei gol di Petagna.

Cosa sa fare meglio

Quest’estate è tornato a Udine, dove ha subito esordito nella gara di Coppa Italia con lo Spezia, costata l’eliminazione ai friulani. L’esordio in A è arrivato solo alla quinta giornata, contro la Fiorentina, ma già alla sua seconda partita da titolare, con Del Neri in panchina, si è tolto la soddisfazione di segnare un gol a Buffon allo Juventus Stadium.

Tutta la gioia del primo gol in carriera, segnato sotto gli occhi del suo idolo Nedved, che non ha avuto il coraggio di salutare tanta era l’emozione.

Con Del Neri ha trovato una collocazione tattica più precisa da mezzala sinistra nel 4-3-3 bianconero. Lui stesso ha precisato in più di un’occasione che è proprio questo il ruolo dove preferisce giocare perché «ho più spazio e sento di poter far meglio (rispetto al ruolo di esterno, nda)».

In effetti una delle cose in cui Jankto riesce meglio è quella di attaccare lo spazio, sia tagliando verso l’esterno che muovendosi sulla trequarti. In questo campionato ha dimostrato di avere ottime doti di inserimento e di essere in grado di leggere i movimenti dei difensori prima di decidere che movimento compiere. Il suo secondo gol in Serie A ad esempio, è arrivato dopo un perfetto inserimento nello spazio tra D’Ambrosio e Miranda.

Di solito quando il pallone è sull’esterno cerca di prendere in mezzo il centrale difensivo e il terzino avversario, di modo da guadagnare un posizione che gli permetta o di sorprendere alle spalle il laterale avversario e andare verso il fondo per il cross (ne ha completati il 26%, un dato decisamente buono), oppure di controllare palla e muovere centralmente verso l’area di rigore.

Il più delle volte Jankto ha un approccio decisamente diretto: d’altronde entra in gioco quasi sempre in zone di campo avanzate e come minimo già nella metà-campo avversaria. In zone più basse è molto meno coinvolto e normalmente si limita a riciclare il possesso con massimo due tocchi. Non deve quindi stupire se tra i centrocampisti dell’Udinese è quello che gioca meno passaggi per 90 minuti: 35,1 contro i 39,8 di Fofana, i 42,6 di Hallfredsson e i 53,4 di Kums.

Se non ha la possibilità di portare palla, cerca di far avanzare il possesso giocando la palla in verticale, ma non sempre trova la giusta intesa con i compagni o la giusta misura nel passaggio. Questo è un aspetto del suo gioco che deve assolutamente perfezionare, perché certe sue letture sono decisamente ispirate e ha il piede per farle arrivare a destinazione con maggiore continuità. In stagione ha servito 4 assist, mentre sono stati 1,7 per 90 minuti i passaggi chiave.

“Kuba” è dotato di un ottimo passo e questo gli permette di essere tremendamente efficace appena ha un po’ di campo da attaccare. Non cerca spesso il dribbling (in media ne tenta uno ogni 90 minuti, con una percentuale di successo del 60%), ma piuttosto cerca di aggirare gli avversari o lasciarli indietro visto che gli basta veramente poco spazio per accelerare. In campo aperto può essere veramente devastante e infatti spesso è proprio lui che guida le transizioni dell’Udinese, anche perché quando parte è veramente incontenibile.

È alto 1,84 metri e pur non essendo particolarmente strutturato muscolarmente (pesa 72 chili) dimostra una buona attitudine a resistere ai contrasti anche grazie al baricentro basso e alla tecnica di base di cui dotato che gli conferiscono un buon controllo di palla. Il suo piede preferito è il sinistro, ma ha una discreta confidenza anche con il piede destro, seppur preferisca usare il mancino anche quando da sinistra porta palla verso la parte destra del campo.

In media perde due palloni ogni 90 minuti, uno per un controllo sbagliato e uno perché viene spossessato, cioè quanti Hallfredsson, che giocando davanti alla difesa è ben più conservativo nelle scelte, e meno dell’altra mezzala Fofana (3 palloni persi per 90).

Ha un tiro potente e preciso e stupisce la facilità con cui riesce a coordinarsi sia dalla media che dalla lunga distanza: in ogni caso difficilmente forza la conclusione, considerando che prova 1,5 tiri ogni 90 minuti, di cui solo 0,6 da fuori. Per ora ha segnato 5 reti in campionato, esattamente quante ad Ascoli nella scorsa stagione. Anche quando calcia col destro Jankto è in grado di imprimere grande potenza e precisione.

A corsa e velocità Jankto abbina una grande resistenza che gli permette di offrire un contributo apprezzabile anche in fase difensiva: in media compie 1,4 intercetti e vince 1,6 contrasti ogni 90 minuti, venendo superato in dribbling solo 0,6 volte. Nei duelli individuali assume rapidamente la postura antero-posteriore e tende a cercare il contatto magari appoggiandosi con le mani all’avversario, che difficilmente lascia andare, anche se questo può voler dire perdere la posizione.

Circondato da pretendenti

Considerato il talento espresso da Jankto e i gol tutt’altro che banali che non hanno fatto altro che aumentare l’attenzione nei suoi confronti, l’Udinese è dovuta correre ai ripari facendogli firmare un contratto fino al 2021, accompagnato sicuramente da un consistente aumento di ingaggio, che era di appena 40mila euro secondo i termini dell’accordo precedente.

Un rinnovo che difficilmente sopirà l’interesse nei confronti del 21enne centrocampista ceco: «lo accostano già a 25 squadre e in campionato siamo 20» il commento di Del Neri. Si è parlato di Juventus e Arsenal, le due formazioni che a suo dire Jankto tifava da ragazzino in Repubblica Ceca, ma anche di Inter e Napoli: insomma le pretendenti non mancano. Nel frattempo è arrivato anche la prima convocazione nella Nazionale maggiore, che gli è valsa l’etichetta del “predestinato” visto che ha subito segnato all’esordio contro la Lituania.

Jankto ha detto di vedersi lontano dall’Italia entro i 25 anni e un’affermazione di questo tipo, da parte di uno che parla già cinque lingue e andava agli allenamenti col dizionario di italiano sotto braccio, non deve certo stupire. Per ora quello che è sicuro è che l’Udinese ha in casa un gioiello, all’altezza di quelli lanciati negli anni passati: starà ai Pozzo decidere se monetizzare o meno l’ennesimo patrimonio sportivo maturato in Friuli.

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