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La tattica è dappertutto
14 feb 2018
Calcio Under-5, calcio robotico, Bubble Football: tre analisi tattiche per prenderli sul serio.
(articolo)
16 min
(copertina)
Foto di Kazuhiro Nogi / Getty Images
(copertina) Foto di Kazuhiro Nogi / Getty Images
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Se siete dei lettori anche solo occasionali di questa rivista online, se scrollate anche solo di tanto in tante queste pagine fatte di codici, saprete quanto la tattica ci stia a cuore o quanto meno avrete fatto caso al fatto che una parte consistente del nostro lavoro è dedicata all’analisi della tattica sportiva, soprattutto per quanto riguarda il calcio. Ma se la tattica è evidente quando in campo si muovono giocatori come Hamsik o Pjanic o ________ (inserite il nome del giocatore preferito della vostra squadra del cuore), la tattica intesa come forza organizzatrice che sovrasta le scelte individuali è dappertutto. Basta far interagire più di 2 soggetti in uno sport con una palla di qualsiasi forma che la tattica sgorga naturalmente come acqua dalla roccia di una montagna. E dove c’è la tattica, c’è Ultimo Uomo.

Per dimostrare come la tattica sia da-per-tutto abbiamo analizzato una partita di calcio under 5, una tra robot e una di bubble football. Le nostre osservazioni potranno magari esservi d’aiuto il giorno in cui deciderete di dedicarvi di fare carriera in uno di questi settori.

La tattica è un istinto innato per l’uomo. Come bere il latte materno e strappare i peli dal petto al proprio padre.

La partita che abbiamo scelto di analizzare è una delle più spettacolari del suo genere e per questo ha più di 3mila visualizzazioni su YouTube. Va detto subito che sia i Verdi che i Viola arrivavano a questa sfida con poco calcio nelle gambe: sono solo alla terza partita della loro giovane vita ed era quindi lecito aspettarsi dalle due squadre meccanismi poco collaudati, anche considerando i recenti impegni nella recita della tabellina del 3. Ne è uscita fuori una sfida non bellissima dal punto di vista tecnico - anche a causa di un terreno di gioco in pessime condizioni - ma molto intensa, con i giocatori che correvano da tutte le parti come trottole impazzite: l’influenza della Premier League è evidente nell’idea di calcio con cui crescono i bambini di oggi. Il risultato ha premiato la maggior qualità dei Viola (la didascalia riporta una vittoria per 1 a 0, ma il regista della partita è riuscito a perdersi il gol, forse perché troppo concentrato su suo figlio), che soprattutto nel secondo tempo hanno cercato con più insistenza di applicare il proprio piano gara. Un risultato giusto, che semmai non evidenzia abbastanza le differenze tra le due squadre.

Prima di passare ad analizzare la partita, è importante ripassare le regole del calcio U5:

  • non c’è distinzione di genere, che è una cosa onorevole

  • si gioca sei contro sei

  • non esiste il fuorigioco( forse in questa società maschilista si pensa ci sia troppa difficoltà a spiegarlo alle bambine)

  • le persone (meglio se genitori od allenatori, ma non è necessario) possono spostare i bambini per il campo come pedine negli scacchi

  • le porte sono più alte che lunghe, il che lo renderebbe lo sport perfetto per Dzeko, se le proporzioni fossero applicate in scala

  • non c’è il VAR e pure l’arbitro sembra più uno che sta pensando alla ragazzetta di cui è innamorato che uno lì per arbitrare.

Su queste pagine abbiamo già parlato del modo migliore di schierarsi nel calcio a 7, ma il calcio a 6 è una novità anche per noi, tanto che personalmente in vita mia ho giocato a calcio a 2,3,5,7,8,11, ma mai a 6 contro 6.

I due allenatori in questo caso hanno scelto moduli speculari, forse proprio per paura delle qualità degli avversari, schierando le proprie squadre con un 5-0-0 in fase difensiva e uno 0-0-5 in fase offensiva. Un modulo che scritto così sembra eccessivamente idealista, ma che se ci pensate bene è la miglior soluzione possibile nel gioco del calcio in generale. Un esperimento interessante che un giorno speriamo di poter vedere applicato anche nel calcio ad 11 tra adulti (Klopp sto parlando con te).

Se a prima vista un calcio senza fuorigioco dovrebbe privilegiarele difese basse, per non rischiare costantemente di trovarsi avversari alle spalle, questa partita ci ha dimostrato come ogni schema è un vestito sartoriale che deve calzare sugli uomini (bambini) a disposizione.

Quale schieramento migliore di un 5-0-0 ibrido per dei bambini che passano la maggior parte del tempo a cercare l’approvazione dei propri genitori?

Il 5-0-0 consente di orientare tutti i giocatori dritti come frecce verso il pallone.

L’altro lato della medaglia, di un’idea di calcio così libera e spettacolare, è che la concentrazione di giocatori sulla trequarti ha finito per rendere il gioco in avvio molto spezzettato, con nessuna delle due squadre che riusciva a costruire gioco dal basso.

Se questa è sembrata una scelta coerente da parte dei Verdi, la cui capacità di palleggio era certamente inferiore, un po’ ha sorpreso l’insistenza dei Viola nel predilire la zona centrale del campo e la verticalità.

Va detto, merito anche del pressing dei Verdi, asfissiante specie sulle situazioni statiche. Qui sotto un esempio di come hanno impedito la costruzione bassa dei Viola sulle rimesse dal fondo:

Riprendendo l’idea di Guardiola, i Viola provavano ad uscirne con l’utilizzo dei “falsi terzini” (qui sopra si vedono bene, sono un bambino biondo e uno moro dietro la prima linea dei giocatori: sempre molto vicini tra loro, a volte si tenevano anche per mano) entravano dentro al campo per cercare la superiorità numerica nella zona centrale.

Una tattica che però non ha funzionato sia causa delle esasperati marcature a uomo dei Verdi, sia della scarsa precisione che, nella maggior parte dei casi, tranne proprio i fenomeni (e in questa partita non ce n’erano, ci sentiamo di dire) è comprensibile in piedini così piccoli. Così facendo, ad ogni modo, le due squadre hanno creato densità , rinunciando quasi del tutto al gioco in ampiezza. Il portiere dei Viola è stato quindi costretto spesso al rilancio lungo (la lunghezza media dei suoi passaggi è stata di 7.5 metri, contro una media stagionale di 5.3), andando così a rompere le consolidate trame di palleggio della sua squadra. Il pressing ben organizzato dei Verdi gli ha permesso di recuperare molti palloni nella metà campo avversaria nel primo tempo (ben 7) ma non era però seguito da un altrettanto organizzata capacità di creare pericoli alla porta avversaria. Se il gegenpressing può essere il miglior playmaker della squadra è altrettanto vero che se questa è composta da persone che non hanno ancora completamente sviluppato il senso dello spazio, andando spesso a sbattere tra di loro o correndo semplicemente dietro alla palla come galline dietro al granturco, può diventare anche un problema.

Una volta recuperato il pallone, il giocatore dei Verdi non ha uno scarico comodo per iniziare l’azione offensiva. Finisce per perdere il pallone e subire la transizione avversaria.

Alla fine hanno vinto comunque i Viola, con più qualità e maggiormente organizzati. Solo la tendenza a tirare pianissimo ha impedito che il risultato fosse più rotondo dell’1-0 con cui si è conclusa la partita, come evidenziato dagli expected gol (2.6 per i viola, contro 0.7 per i Verdi quasi tutti nel primo tempo).

Per i Viola questa vittoria potrebbe essere una rampa di lancio verso una stagione importante. Se supereranno senza perdere troppi elementi le ultime influenze, il richiamo del vaccino e i nonni che vogliono vedere i nipoti nel weekend, possono ambire a traguardi importanti. I Verdi invece possono consolarsi pensando ai passi avanti compiuti, ma non sembrano ancora fisicamente pronti per la categoria Under 5. Insomma la domanda per i Verdi è: quanto vogliono crescere? Quanto in fretta?

Il calcio robotico è troppo tattico. I robot sono catenacciari.

Se nel calcio tra umani, anche piccoli, le possibili versioni possono differire solo in base al genere o al numero, il calcio dei robot ha molte più sfumature tra le varie leghe e categorie. Una scelta tutto sommato corretta, che prima o poi dovremmo pensare di applicare anche agli umani (è giusto che Giaccherini e Fellaini giochino lo stesso sport? E Neymar e Cerci?) e che ha portato alle seguenti categorie riconosciute:

  • Humanoid: in cui robot con sembianze umane cooperano, in modo autonomo, alla ricerca della vittoria o - almeno - del bel gioco.

  • Middle size: cinque robots vs cinque robots, montati su ruote, interagiscono tra di loro in un campo da calcio ridimensionato. A questa versione è ammesso anche Nainggolan

  • Little size: una versione ridotta della middle size, qui è ammesso Torreira.

  • Simulation, lega nella quale si virtualizzano partite di calcio su ambienti di simulazione puramente software. In pratica un FIFA per super nerdoni.

  • Standard Platform: categoria di robot umanoidi standard (tutte le squadre usano gli stessi tipi di robot), che è la forma più democratica di calcio esistente al momento - più di quello tra uomini, ovviamente - e della cui versione andremo ad analizzare la finale del campionato del mondo 2017.

Prima di iniziare con l’analisi della sfida tra B-Human e Nao-Team HTWK, le due squadre finaliste, vorrei esternare tutto il mio senso di meraviglia nel vedere dei robot giocare a pallone meglio di alcuni terzini dell’Inter. Vedendo questo video credo di essermi sentito come i francesi davanti a Notre-dame, però con i robot al posto dei Gargoyles.

Per far funzionare una cosa così complessa servono una serie di regole molto precise e specifiche (che potete trovare qui) che necessariamente influenzano quella che è l’esperienza di gioco. Trattandosi di un’analisi tattica mi soffermerò solo su questo punto del regolamento che mi ha letteralmente mandato fuori di testa:

Lo scopo dell’allenatore robot è osservare il gioco da una posizione esterna e dare consulenza tattica e strategica ai giocatori della propria squadra. Questo si realizza inviando messaggi tramite un’interfaccia GameController dedicata (vedi Sezione 2.6.2). L’allenatore non può comunicare tramite altro meccanismo. Un allenatore non è direttamente collegato ai suoi compagni di squadra e non dovrebbe servire come telecomando o sistema di visione esterno.

Senza entrare nel dettaglio tecnico, il senso è che ANCHE GLI ALLENATORI SONO DEI ROBOT.

Se i robot non sono abbastanza freddi e astratti per voi, questa qui sopra è una ricostruzione grafica di una partita tra robot allenata da robot. Potete stamparla e appenderla in camera e togliere il poster di Adam Masina.

Le due squadre, pur essendo composte da giocatori uguali, o forse proprio per questo, hanno scelto schieramenti diversi: un 2-1-1 asimmetrico per il Nao-Team HTWK e un 1-2-1 per i B-Human. Gli allenatori hanno scelto di rimanere fedeli alle idee che hanno condotto le loro squadre fino a questo punto eliminando tra le altre cose gli UT Austin Villa, HULKs e UPennalizers senza snaturarsi. Una scelta che lasciava prevedere un approccio aggressivo alla gara da parte delle due squadre, nettamente le migliori della manifestazione da un punto di vista offensivo (i B-Human arrivavano a questa sfida con 32 gol fatti, il Nao-Team HTWK con 27). E così è stato.

Un approccio che ha pagato soprattutto per i B-Human, che alla prima occasione sono passati in vantaggio, con un gol che non mancherà di generare polemiche per un presunto fallo a centrocampo, dopo il quale uno degli arbitri della gara ha, per motivi suoi che non conosciamo, spostato la sfera bloccata sotto il numero 2 dei B-Human, il quale ha approfittato di questa ritrovata fiducia nell’umanità per servire da terra l’inserimento della punta. Come nel calcio tra umani, non sono mancate le critiche al portiere avversario, sembrato un po’ in ritardo sul tuffo (forse la scelta di costruire un portiere con le braccia dietro la schiena non si è rivelata poi così lungimirante).

L’esplosione di gioia del pubblico testimonia di quanto il calcio tra robot sia sempre più amato. Faremo prima ad eguagliare a quelli dei calciatori professionisti gli stipendi dei calciatori robot o quelli delle calciatrici?

Una volta passati in vantaggio i B-Human hanno abbassato il baricentro, fidandosi della loro capacità di difendere gli spazi stando praticamente immobili, che gli ha permesso di arrivare a questa finale con 0 gol subiti.

La difesa dei B-Human ha retto durante tutto il primo tempo, senza troppi patemi, soprattutto a causa di un difetto di fabbrica degli avversari che li faceva finire con il culo a terra dopo ogni contrasto, forse programmati per cercare falli e sanzioni contro gli avversari.

Una tattica che non ha portato a nulla, con gli arbitri sempre attenti nel far rispettare le regole, qualunque esse fossero.

I B-Human, quelli con la maglia nera, tenevano sempre 3 giocatori al limite della propria area a difendere il vantaggio, mentre il Nao-Team HTWK, quelli con la maglia azzurra, finivano per cadere spesso e volentieri.

La pausa tra primo e secondo tempo non è servita però a cambiare il contesto. I B-Human hanno raddoppiato all’inizio della seconda frazione, grazie ancora una volta al numero 5, stavolta con un’azione personale davvero bella, che ricorda il gol di Bruno Peres nel derby contro la Juventus, e che dovrebbe preoccuparci in vista di una futura battaglia tra uomini e robot per il controllo delle poche risorse ancora disponibili su questa Terra.

Uno dei più bei gol mai segnati da un robot?

Il gol del 2 a 0 è la prova evidente di come anche in un calcio dove tutti sono grandi uguali, e soprattutto sono robot, l’aspetto fisico conta. L’attaccante di B-Human nella sua azione ha superato due avversari buttandoli giù con una spallata e in più ne ha saltato un terzo in velocità.

Sotto di due gol, il Nao-Team HTWK ha continuato a produrre gioco, non è chiaro se per scelta o perché costretti da algoritmi che ti fanno giocare in tranquillità anche se è la finale del Mondiale e stai perdendo 2 a 0 nonostante un possesso palla maggiore. Lo sforzo profuso ha portato il Nao-Team ad accorciare il risultato, ma troppo tardi per impensierire i B-Human, che si laureano Campioni del Mondo con merito, ottenendo il massimo risultato con il minimo sforzo come mostrato anche dagli expected goals (0.6 xg contro 1.5xg per gli avversari).

Una finale non spettacolare che ha dimostrato come, soprattutto in partite secche, l’approccio alla gara è importante tanto quanto il piano che una squadra si prefigge per arrivare all’obiettivo.

Il bubble football è solo un prodotto spettacolare impacchettato bene. Come la Premier League

Non ho mai giocato a bubble football in vita mia, ma credo francamente sia il peggior tipo di calcio possibile (nettamente peggiore del calcio in bicicletta, di quello sessista con le ragazze e il sapone, del campionato russo, del calcio giocato dagli elefanti).

Nel bubble football - ovvero calcio in cui i giocatori si trovano all’interno di una grande bolla d’aria - c’è un tentativo profondo di svilire il senso del gioco e ad esso sostituire l’irrefrenabile divertimento di rimbalzare addosso ad una palla. Per praticarlo è necessario pensare più al ridere che al risultato, una cosa oltremodo abominevole, se non sei il Napoli di Sarri. Per questo, oltre a consigliare di starne alla larga, è importante andare ad analizzare le tattiche usate in una partita come è importante studiare i fascismi per far si che non si ripetano.

Partiamo dalle regole:

  • L’unica regola è che non esistono regole. Pensa che idea originale.

In realtà le uniche regole che ho trovato e che non siano “uguali al calcetto” sono queste:

  • Altezza compresa tra 160 e 190 cm.

  • Peso compreso tra 60 e 90 kg.

Ora immaginate che il bubble football fosse diventato lo sport più importante del mondo tra quelli che si giocano coi piedi, ecco una lista di giocatori che non avremmo mai visto perché non rientrano in queste caratteristiche fisiche:

  • Zlatan Ibrahimovic

  • Quasi tutto il Manchester United

  • Andrea Petagna (e vabbè)

  • Il portiere che si è mangiato un panino in panchina

  • Sebastian Giovinco senza scarpini

  • Pietro Pellegri

  • Higuain nei suoi momenti peggiori

  • Jesus Navas quando beve poca acqua

  • Gianluigi Buffon

Volendo controllare le regole del caos, la squadra Blu si è schierata in campo rielaborando uno dei moduli più antichi del gioco, la piramide rovesciata o 2-3-5, rinunciando al portiere e schierandosi con un 1-2-3, il cui senso stretto è diventare è diventare un muro di plastica e aria per difendere la porta. I Gialli invece, all’opposto, hanno scelto di lasciarsi controllare dalle regole del caos, scegliendo un modulo paradossalmente anti-intuitivo, il 2-2-2, ma usandolo alla stregua di una testuggine romana.

Come spesso accade nel calcio la partita è diventata lo scontro tra due filosofie, che in questo caso non sono solo calcistiche, ma proprio geometriche. L’idea di una difesa orizzontale dello spazio dei Blu, contro una verticale dei Gialli.

In fase di non possesso l’attaccante centrale scalava verso il basso avviando un sistema di scalate sistematiche, che portava l’ultimo uomo in fase di possesso ad essere il più avanzato in fase difensiva. Un sistema particolarmente elaborato, a differenza di quello basilare del 2-2-2 che prevede solo di essere il più compatti possibile.

Il primo gol, arrivato dopo pochi secondi, è frutto della semplicità del gioco dei Gialli grazie alla più basica tattica possibile per uno sport che prevede delle palle giganti, ovvero il football americano: un giocatore porta il pallone e i suoi compagni davanti gli aprono la strada a forza di botte.

Il vantaggio dei gialli è durato poco però: con una azione personale del giocatore centrale, i Blu hanno quasi immediatamente pareggiato, confermando la bontà dell’idea del loro allenatore di costringere i Gialli ad “aprire” la testuggine allargando i propri giocatori. Di fatto i Blu hanno provato ad allargare il gioco, mentre i Gialli hanno provato a restringere il campo (un campo senza righe, come si conviene agli sport stupidi), affidandosi alla capacità dei propri giocatori di rimbalzare contro gli avversari, come il Manchester United di Mourinho.

Ma tra Ordine e Caos - all’interno di un campo da calcio - vince quasi sempre l’ordine, anche se si tratta di un campo senza delimitazioni e con le porte sceme di Decatlhon. Anche se i giocatori sembrano personaggi di una brutta commedia americana e se delle stupide palle giganti provano a rovinare tutto. La vittoria dei Blu, corroborata dalle statistiche (più possesso palla, più passaggi chiave, più dribbling e una percentuale di passaggi riusciti migliore) è stata netta e non lascia spazio ad interpretazioni.

Chissà, magari questa partita servirà da spot per il rinnovamento tattico del Bubble Football, iniziato quando qualcuno ha pensato valesse la pena giocarci anche da sobri. Due tecnici a loro modo all’avanguardia sono riusciti ad offrire uno spettacolo tattico di alto livello, pur nel contesto caotico e squilibrato tipico della Premier League. Anche in questo caso il successo del prodotto dipenderà in parte dal contorno, perché il movimento cresca si dovranno convincere delle persone ad andare a vedere una partita tra persone rinchiuse dentro una bolla gigante con solo le gambe libere di muoversi. Altrimenti il Bubble Football rischia di restare un bel passatempo per le nostre domeniche al parco ma non il prodotto commerciale che la Lega Bubble Football International avrebbe in mente.

Anche oggi su l’Ultimo Uomo abbiamo provato a fare informazione e approfondimento, provando a incuriosirvi verso sport emergenti con il nostro approccio analitico e appassionato. Viva el futbol, viva la tattica.

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