“Non basta avere la palla, bisogna sapere cosa fare con essa” Johan Cruyff
Come racconta Martí Perarnau nel suo secondo libro, Metamorfosi, quando Guardiola arrivò al Manchester City, l’età media della rosa non permetteva un semplice rinnovamento del sistema di gioco, come già accaduto al Bayern Monaco, ma era necessario quello che lui chiama un “profondo rinnovo”. Ben 17 dei 23 giocatori in rosa superavano i 28 anni ed c'erano problemi lungo tutta la linea difensiva e negli esterni offensivi, almeno rispetto a ciò che chiedeva Guardiola.
L’allenatore catalano riteneva che, di tutta la rosa, solo 5 giocatori erano adatti all’undici titolare che aveva in mente, e cioè David Silva, Kevin De Bruyne, il "Kun" Agüero, Fernandinho e Raheem Sterling. Per le restanti 6 posizioni e per le riserve principali serviva un rinnovamento completo, che ha avuto bisogno di tre sessioni di mercato per arrivare a pieno compimento (estate 2016, inverno 2017, estate 2017). Considerando anche il tempo necessario ad introdurre i suoi principi di gioco, non è un caso che il City abbia iniziato a funzionare solo dopo una stagione di rodaggio.
Resistere alla pressione
Una delle innovazioni più azzeccate del nuovo ciclo Guardiola è stata quella di scegliere come mezzali David Silva e De Bruyne, arretrando leggermente il loro raggio d’azione, per avere come esterni due giocatori più giovani ed esplosivi come Sané e Sterling. Guardiola, come già successo a Barcellona e a Monaco di Baviera, preferisce esterni “aperti”, cioè che aspettino di ricevere vicino alla linea laterale per poi tentare il dribbling in conduzione verso l’area.
La scelta di Silva come mezzala sinistra, spostandolo da quello che, teoricamente, sarebbe il suo ruolo “naturale” di esterno puro, non deriva solo da motivazioni fisiche. Lo spagnolo, per via della sua grande capacità di associarsi tende comunque ad accentrarsi anche partendo dall'esterno, prendendosi molta libertà nello scegliere dove ricevere palla e cosa farci dopo. La posizione di mezzala gli permette di sfruttare a pieno il suo talento, oltretutto in una fase di carriera che per forza di cose è fisicamente declinante. Così non solo il City ha un giocatore capace di far girare velocemente la palla a terra, ma anche di resistere alla pressione avversaria grazie alle sue abilità in dribbling, cosa che permette alla squadra di Guardiola di passare per vie centrali anche contro squadre che cercano di indirizzarla verso le fasce.
Come detto da Guardiola, riportato sempre su Metamorfosi: «Voglio terzini che sappiano dribblare. Centrali, centrocampisti, mezzali ed esterni che sappiano dribblare. Perché il controllo del pallone e il passaggio si può imparare… ma la chiave è che sappiano saltare l’uomo e che se ne vadano dopo». La necessità di avere giocatori che sappiano battere la linea di pressione non soltanto attraverso il passaggio viene risolta dal City anche utilizzando Silva nella zona centrale del campo.
Quella di resistere alla pressione è forse una delle qualità più richieste nel calcio contemporaneo, che ha cercato di sviluppare sistemi di pressing sempre più complessi. Per capire quanto questa dote sia importante possiamo tornare ancora una volta a Metamorfosi, dove Juanma Lillo (allenatore spagnolo che ha avuto un’enorme influenza su Guardiola) dice di cosa secondo lui avesse bisogno la costruzione del nuovo Manchester City: «Dobbiamo stare molto attenti in una delle qualità che ritengo più importanti in questo momento: cioè se un giocatore ha la capacità di convivere con un avversario vicino. Se mantiene o no la calma quando ha un avversario alle spalle, perché non è lo stesso essere sotto pressione e sentirsi sotto pressione. Ci sono quei giocatori che non solo sono capaci di convivere con un avversario vicino, ma anche con la minaccia di un avversario vicino». Lillo fa l’esempio di Iniesta, secondo lui «capace di bersi un paio di caffè anche sotto pressione».
Ma lo stesso discorso può essere fatto anche con David Silva, la cui capacità di giocare in maniera naturale anche in contesti di pressione estrema è uno delle ragioni principali che ha portato Guardiola a spostarlo in pianta stabile dall’esterno al centro. David Silva, nel suo nuovo ruolo, parte dai corridoi centrali della trequarti ma, in caso di necessità, può anche muoversi verso l’esterno per moltiplicare le linee di passaggio per i compagni. Con la libertà di spostarsi e muovere il pallone lungo il campo qualunque sia la pressione dell’avversario.
Silva è la principale fonte di passaggi e conduzioni con il pallone che fanno progredire in avanti la manovra della propria squadra in Premier League, come mostrato da questo grafico di Michael Caley.
Il Nirvana di David Silva
Le statistiche stagionali rispecchiano il nuovo ruolo di Silva da playmaker avanzato: effettua 79.3 passaggi corretti ogni 90 minuti (una cifra, appunto, quasi da regista davanti alla difesa), servendo 1.8 passaggi chiave (meno solo di De Bruyne, che però batte anche i calci piazzati) e perdendo 2.2 palloni (fanno meglio solo Fernandinho e Walker). La soluzione migliore per fermarlo - forse l’unica disponibile per le squadre avversarie - è il fallo non appena riceve palla: a Silva vengono fischiati infatti 1.6 falli ogni 90 minuti, un numero inferiore solo a Sterling e Bernardo Silva, che però sono esterni con il compito di puntare sempre l’avversario.
Anche i numeri di Ted Knutson confermano la sua metamorfosi. Lo spagnolo è un regista che accompagna la manovra della squadra, salendo dalla propria dalla mediana fino alla trequarti, per poi inserirsi in area da seconda punta, proprio come Guardiola chiede alle sue mezzali. Questo spiega perché David Silva abbia toccato così tanti palloni in area di rigore (3 per 90’) ma pochi passaggi filtranti, vista la sua tendenza a consolidare il possesso in movimento, con passaggi corti in diagonale.
E quando la squadra avversaria riesce a pressare alto con continuità ed impedire alla manovra del City di avanzare in maniera fluida, David Silva diventa ancora più centrale. Al centro del campo Silva è il cardine con cui il City sfugge alla pressione avversaria: attraverso il suo posizionamento dietro le linee di pressing per dare una linea di passaggio sempre libera; con la sua capacità di giocare a un tocco in modo pulito; utilizzando la pausa; oppure, per l’appunto, restando calmo sotto pressione e dribblando il diretto avversario.
Se il City viene pressato alto sul portiere, Silva viene utilizzato come salvacondotto: Ederson lancia verso l’esterno in fascia, che devia la palla verso lo spagnolo, facendolo ricevere alle spalle della pressione avversaria, e con il suo controllo orientato di primissima qualità resiste all’eventuale seconda aggressione. Forse non è un caso se l’unica sconfitta in Premier League in stagione sia arrivata contro un Liverpool bravissimo nel pressing e nella riaggressione, in una partita in cui al City mancava proprio David Silva.
Il rapporto tra Silva e il gol
In realtà, però, non è la prima volta che un allenatore lo utilizza nella fascia centrale del campo: ci sono state occasioni in cui è partito come trequartista, con Pellegrini (in un 4-2-3-1), oppure come falso 9, con la Spagna di Del Bosque (in un 4-3-3). Ma è solo in questa stagione che si stanno vedendo tutti i vantaggi di farlo giocare in zone più interne.
Il talento unico di Silva, in questo senso, non si mostra solo nella resistenza al pressing avversario, o nell’ultimo passaggio, o nel dribbling, ma anche in altri fondamentali che non colleghiamo di solito alle sue qualità. Mai come in questa stagione, ad esempio, si è visto l’impatto di Silva come incursore in area: partendo da più indietro e potendo leggere bene lo sviluppo dell’azione riesce a capire il momento in cui sganciarsi dalla posizione di appoggio alla manovra per accelerare in area e sorprendere la linea difensiva avversaria. Silva ha imparato a continuare la corsa e a segnare nei pressi dell’area piccola, accompagnando l’azione con la creazione di triangoli con l’esterno (il più delle volte Sané) e utilizzando poi un terzo uomo (il più delle volte De Bruyne) per avere il tempo di tagliare e ricevere vicino alla porta.
Il rapporto tra Silva e la rete avversaria è sempre stato ondivago rispetto alle sue qualità tecniche, in area di rigore non è mai stato un giocatore risolutivo rispetto alle potenzialità tecniche (solo una volta è arrivato in doppia cifra in Premier e Liga), ma in questa stagione anche questo glitch sembra essersi risolto: con una nuova capacità di arrivare in corsa in area Silva è diventato a tutti gli effetti un'arma offensiva in più per la sua squadra.
In questo senso, partire dal centro del campo lo sta aiutando molto, soprattutto perché gli permette di non dover ricorrere alla potenza del calcio, ma solo alla tecnica e alla sensibilità del suo piede. Andando a rivedere i suoi 8 gol in stagione in Premier League, è proprio dal centro che ha segnato ognuno dei suoi gol, e quasi tutti oltre il dischetto del rigore, a pochi metri dalla linea di porta. L’unico segnato da più lontano è stato contro lo Stoke City, quando Silva ha fatto gol esattamente all’altezza del dischetto di rigore.
Contro il West Ham, in fase di attacco posizionale si muove per tagliare in area, cambiando passo appena capisce che il compagno De Bruyne sta per crossare e andando ad impattare da punta vecchio stampo dietro al centrale, allungandosi dove finisce il cross.
Silva ha imparato ad inserirsi in area sia quando l’azione parte da sinistra, quando lui stesso contribuisce a creare l’azione prima di buttarsi in area, sia muovendosi per attaccare il lato debole nel caso in cui l’azione parta da destra. Un esempio recente di David Silva che va a segnare dopo aver contribuito a costruire l’azione sul lato forte è il gol contro l’Arsenal del 3-0 del primo marzo, che inizia con Silva che viene a prendersi il pallone nel mezzo spazio di sinistra servito da Danilo.
Con il controllo supera già il contrasto dell’avversario e si sposta in conduzione sulla sinistra, nello spazio liberato da Sané che prosegue la corsa internamente. Dopo pochi metri Silva sfrutta una pausa per permettere a Sané di sovrapporsi sull'esterno e lo serve sulla fascia. Con Sané che sale, Silva lo accompagna e sfrutta poi il cross basso del tedesco per Agüero per inserirsi in area e ricevere palla dall’attaccante. Controlla il pallone con il destro così da sistemarselo per calciare con il sinistro nei pressi dell’area piccola.
Il gol segnato nella vittoria per 1-0 contro lo Stoke del 12 marzo rappresenta invece un caso in cui Silva si inserisce attaccando il lato debole. In questo caso, l’azione nasce dal lato forte, a destra, con Fernandinho in possesso nel mezzo spazio, De Bruyne più esterno e poco più avanti e Sterling sulla linea laterale. Utilizzando Gabriel Jesus come appoggio centrale sulla verticalizzazione di Fernandinho, il pallone prosegue sempre sulla destra per Sterling, che intanto è arrivato fino nei pressi dell’area di rigore. Mentre tutta l’azione si sviluppa sulla fascia destra, David Silva è dalla parte opposta che segue il tutto, aspettando il momento adatto per muoversi in verticale e scattare fino all’area di rigore.
Gli avversari guardando il pallone e nessuno lo segue. Solo il terzino destro avversario, Moritz Bauer, si accorge del suo movimento e prova con una diagonale ad intercettare il cross di Sterling. Ma è troppo tardi: la corsa verticale di Silva è perfetta nel tempismo e gli permette di calciare il pallone di prima all’altezza del dischetto, per quello che è di fatto un rigore in movimento.
David Silva sfrutta il contesto creato dalla sua squadra per intervenire quando necessario, vuoi nello sviluppo dell’azione, vuoi per la finalizzazione. In questo senso, Silva e il City hanno un rapporto simbiotico, un circolo virtuoso in cui la crescita della squadra aiuta il singolo e viceversa. Se da una parte è l’incredibile forma di David Silva a contribuire ai grandi risultati del City, dall’altra è anche vero che è proprio il salto di qualità del City nell’apprendere ed eseguire in campo i dettami di Guardiola ad aver favorito questa stagione di Silva, a 32 anni, perché con un contesto tanto equilibrato in cui muoversi può esaltarsi nell’apparire dove serve.
Il rapporto tra tecnica e tattica
In passato David Silva ha ammesso che se ne non fosse riuscito a diventare calciatore, gli sarebbe piaciuto diventare chirurgo. Per carità, il parallelo fa ridere, ma in un certo senso anche come calciatore David Silva ha un approccio meticoloso che in qualche modo, se non si avvicina al mestiere stesso di chirurgo, quanto meno rappresenta il modo di giocare a calcio di chi da grande sogna di utilizzare il bisturi per tagliare e il filo per ricucire. Il fatto che la sua migliore stagione in carriera sia arrivata a 32 anni non deve far pensare che prima non fosse un giocatore di prim’ordine in Premier League, anzi, con 164 vittorie in Premier League con lui in campo ha ufficialmente superato ogni altro giocatore nella storia del Manchester City, e diventa difficile non inserirlo nel giro dei migliori giocatori della storia della Premier League.
Forse il fatto che il suo talento sia passato quasi inosservato finora dipende dall’assenza di un grande carisma, come quello di Cantona, o di un gesto tecnico iconico che ne riassuma tutto il talento, una grande azione, meglio se in una partita decisiva, meglio ancora se un gol di quelli che si riguarderemmo anche a distanza di decenni, come quello seguito al primo controllo al volo di Dennis Bergkamp con la maglia dell'Arsenal (non c'è neanche bisogno di farvelo vedere, sapete tutti di quale gol parlo). Chiudendo gli occhi è difficile immaginare un’azione di David Silva, o alla David Silva, sappiamo che dal punto di vista tecnico ha un controllo della sfera quasi senza pari in Premier, eppure non c’è un qualcosa di preciso che lo rende subito riconoscibile.
A Manchester lo hanno soprannominato "Merlin", come il mago, per continuare con la grande tradizione di soprannomi che attribuiscono valori magici alla tecnica pura. Eppure del mago, Silva non ha la spettacolarità, che invece apparteneva ad alcuni dei suoi modelli del passato e del presente, come Michael Laudrup (suo idolo quando era bambino) e Andrés Iniesta. L’essersi inserito così bene all’interno del Manchester City, poi, finisce per farlo sparire ancora di più, e anche il suo miglioramento più vistoso in questa stagione (l’efficacia sotto porta) nasce più dalla preparazione tattica al tiro che da un suo effettivo miglioramento tecnico in questo fondamentale.
Forse il modo in cui ricorderemo Silva è proprio la sua versatilità tecnica, la capacità di fare l’azione giusta al momento giusto, perché padrone totale del tempo e dello spazio di gioco. Una versatilità tecnica che è legata a doppio filo con la versatilità tattica (che ad esempio in Nazionale è stata sfruttata facendolo giocare in ogni posizione offensiva possibile). Come dice Angel Cappa, che si è inserito nell’infinita discussione se il calcio nasca nella testa o nei piedi: «Se non partiamo da una tecnica adeguata, è impossibile parlare di tattica, di strategia, di sistemi e incluso di concetti. L’esecuzione di tutto questo sarebbe lacunosa e per questo tutto quanto non avrebbe valore».
È la tecnica, quindi, che permette a David Silva di essere così creativo, non solo per quanto riguarda la semplice creazione del gioco, ma anche nella quantità di scelte a sua disposizione in ogni singolo momento della partita. È il suo talento tecnico che gli ha permesso di adattarsi senza problemi ad un calcio così fisico come quello inglese pur non essendo certo atleticamente predisposto.
Il segreto è nelle origini
Per capire fino in fondo da dove viene la sua tecnica flessibile bisogna tornare a quando era bambino. David Silva nasce nelle Canarie, ad Arguineguín, un paesino di pescatori nel sud di Gran Canaria, l’isola che contrariamente a quanto suggerisce il nome non è la più grande dell’arcipelago, ma solo quella dove si trova la capitale, Las Palmas. Nonostante sia un paesino di appena tremila abitanti, Arguineguín è riuscito a tirare fuori nell’arco di dieci anni due tra i giocatori più tecnici della storia del calcio spagnolo, cioè Juan Carlos Valerón e, per l’appunto, David Silva, che con lui condivide il numero 21 dietro le spalle. E questo senza contare gli altri giocatori canari emersi negli ultimi anni, come Pedro, Vitolo e Jonathan Viera.
David Silva e Juan Carlos Valerón fotografati nel porto di Arguineguín.
Sul perché nascano così tanti giocatori tecnici nelle Canarie ci si è già interrogati in Spagna. Una risposta interessante e articolata l’ha data ad esempio José Carlos Álamo, uno degli allenatori del posto che tra gli altri ha seguito anche Silva, che punta soprattutto sul rapporto con la spiaggia (Arguineguín, addirittura, non ha campi in erba). «Saper controllare bene la palla è una cosa tradizionale qui», ha dichiarato una volta Alamo «Il livello tecnico di un giocatore di Arguineguín è superiore al resto dell’isola. La spiaggia forma questi ragazzi perché bisogna avere molta tecnica per poterci giocare. La conduzione e il controllo del pallone sono più difficili. A volte penso che noi allenatori che riempiamo il campo di coni rischiamo di far perdere la spontaneità del calcio sulla sabbia. In estate giocano sulla spiaggia fino a che non tramonta il sole. Molti dei ragazzi che si allenano la mattina, poi vanno sulla spiaggia per continuare a giocare».
Ricondurre la tecnica di Silva al posto in cui è cresciuto non basta comunque a spiegare il suo successo, perché, come ammesso da lui stesso, da ragazzo la sua tecnica era molto fine a se stessa, e mancava di scolarizzazione. Lui si descrive così in un’intervista a El País di qualche tempo fa: «Da bambino dribblavo più di adesso. Come tutti i bambini non la passavo mai. Chiaro quando sei un bambino vuoi la palla solo per te. Solo poi inizi a capire che no, che il dribbling deve essere per i momenti opportuni». Per crescere, David Silva si dovrà spostare a giocare a Maspalomas (la città più grande della zona), al San Fernando, perché nel suo paese non c’era nemmeno una scuola calcio.
In questi anni la figura di riferimento, oltre ovviamente a Juan Carlos Valerón (a cui non poteva ispirarsi per evidenti differenze fisiche), è diventata quel Michael Laudrup che negli anni ’90 ha rappresentato il gold standard per tutti quei giovani giocatori che facevano del controllo della sfera la propria arma migliore. Lo stesso Silva era al settimo cielo quando a 14 anni era stato approcciato da un provino dal Real Madrid, la squadra con cui vedeva giocare Laudrup. Del Bosque si era addirittura fermato a vedere i suoi progressi a fine allenamento, ma alla fine il Real decise di scartarlo, a quanto pare perché ritenuto troppo esile fisicamente.
Nelle giovanili del San Fernando è rimasto fino ai 14 anni, quando è arrivata l’offerta del Valencia, che da tempo si era interessata ai talenti canari utilizzando proprio il piccolo club in cui si trovava Silva come società affiliata. Silva ha accettato di trasferirsi con la famiglia nella Spagna continentale e il padre, che lavorava nella polizia municipale, è stato preso per far parte della sicurezza al Mestalla. Da piccolo funambolo canario, a Valencia è stato inserito in un contesto di gioco da club professionistico di prima fascia: parliamo del Valencia che nello stesso periodo vince due volta La Liga e arriva due volte in finale di Champions League, una squadra con ambizioni enormi, tanto da lanciare la costruzione di uno stadio nuovo per segnare la nuova epoca da terza grande di Spagna.
Quando si conclude il percorso nelle giovanili, Silva però non è stato ritenuto pronto per giocare da subito in prima squadra ed è stato mandato in prestito prima in Segunda all’Eibar e poi l’anno successivo al Celta in Primera. In entrambi i casi ha giocato titolare e i due anni di gavetta gli sono stati necessari per adattare i suoi tempi di gioco al calcio professionistico. Così, quando, nella stagione 2006-07 torna finalmente a Valencia, è da subito titolare e protagonista.
Il David Silva di 21 anni è un giocatore consapevole del proprio talento ma già in grado di capire come utilizzarlo al meglio. Dopo pochi mesi viene convocato in nazionale e può essere considerato da subito parte della generazione d’oro. Più che uno sviluppo atletico, insomma, a Valencia aumenta la sua comprensione di come utilizzare la tecnica al servizio della sua squadra.
In questi anni David Silva si è imposto prima come stella della Liga, poi come stella della Premier League. In questa incredibile stagione sta muovendo i fili della squadra più forte d’Inghilterra ed è visto da Lopetegui come la figura di riferimento della nazionale spagnola al prossimo Mondiale. La Spagna che affronterà il Mondiale in Russia è fatta ad immagine e somiglianza di David Silva: una squadra che si organizza attraverso il pallone, ma che, rispetto alle versioni precedenti, vuole essere più versatile, adattarsi di più agli avversari. Silva ha giocato con Lopetegui tutte le partite ufficiali (tranne una nel quale era squalificato) occupando tutte le posizioni del fronte d’attacco: a destra, a sinistra e al centro.
David Silva in Inghilterra ha avuto subito successo, soprattutto grazie a una capacità unica nel panorama europeo di adattare la sua tecnica al contesto di gioco, della sua squadra e degli avversari. Una capacità che nasce dai piedi canari, ma che ha avuto bisogno della testa per fiorire definitivamente. David Silva è la dimostrazione che, per arrivare ai massimi livelli, servono per forza entrambi.