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La top-50 della NBA: 50-26
11 ott 2017
La redazione si è riunita per decretare i 50 migliori giocatori della prossima stagione.
(articolo)
18 min
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Mancano ormai pochi giorni all’inizio della regular season NBA, e per cercare di presentarla al meglio la redazione de l’Ultimo Uomo si è messa una mano sul cuore cercando di darvi le migliori coordinate per destreggiarvi tra i 450 giocatori che determineranno la prossima stagione. Ognuno di noi tredici ha stilato la propria lista dei migliori 80 della lega secondo il criterio “quanto sposteranno in attacco e in difesa nella prossima stagione”: facendo una posizione media tra le liste di tutti, siamo giunti alla top-50 che vi apprestate a leggere, commentando poi a mo’ di conversazione quanto uscito. Per motivi di spazio divideremo questa classifica in due parti, quindi qui trovate i giocatori dalle posizioni tra la 50 e la 26; la seconda arriverà venerdì, se non verremo sotterrati prima dagli insulti sui social network.

50) Gary Harris, Denver Nuggets

Dario Vismara: Possiamo già eleggerlo a giocatore beniamino della redazione, vero?

Daniele V. Morrone: L’idea è che nella top 50 del prossimo anno lui scali almeno 10 posizioni.

Francesco Andrianopoli:Miglior percentuale da 3 tra i giocatori con 22 anni o meno nella scorsa stagione. E come difensore è valido. Uno dei best kept secrets della lega.

Lorenzo Neri: E uno dei migliori taglianti dell’intera Lega, il bersaglio preferito di Jokic e probabilmente lo sarà anche di Millsap. (Sì, perché i Nuggets quest’anno saranno ancora più divertenti da vedere rispetto alla stagione passata).

Lorenzo Bottini: La domanda è: rimarrà il best kept secret anche dopo aver firmato un quadriennale da 84 milioni?

Nicolò Ciuppani: Precisazioni: i milioni garantiti sono solo 74 e i restanti 10 legati ad obiettivi che sembrano non semplicissimi da raggiungere. Difendere difendeva fino a due anni fa, poi l’anno scorso deve esserci stata una sorta di manifestazione pacifista in cui nessuno si azzardava a difendere e lui si è abituato. Io credo che se li meriti tutti quei soldi, ma non sono sicurissimo che la prossima estate ci fosse qualcuno disposto a darne di più.

49) Andre Drummond, Detroit Pistons

Francesco A.: I want to believe. Non posso credere che gli sprazzi che si sono visti quando (raramente) piegava le ginocchia e si metteva a difendere sul serio vadano persi per sempre come lacrime nella pioggia (cit).

Dario V: Bisogna dire che siamo già all’“ora o mai più”, perché se si ripresenta con l’atteggiamento dell’anno scorso o fa le valigie lui o le fa Stan Van Gundy. Detroit per me è la situazione più esplosiva di tutta la NBA a nord di New Orleans.

Nicolò C.: Io sono già al “mai più”, e non sono sicuro di preferire lui a un Tristan Thompson qualunque. Non difende praticamente nulla vicino a canestro, non sa cambiare sui piccoli, non ha range di tiro, non ha sviluppato particolari movimenti in post, non ha imparato a passare la palla. Vive di stazza e di rimbalzi.

48) Steven Adams, Oklahoma City Thunder

Fabrizio Gilardi: Ha di nuovo intorno del talento offensivo, quindi avrà più spazio per essere un rollante efficace. O magari vedrà un pallone a quarto, perché credo che per Westbrook, George e ‘Melo un modo per far contenti tutti lo si trovi, sono gli altri che mi preoccupano. Non ha un cambio credibile e dovrà tenere in piedi la difesa interna da solo: a seconda degli esiti, tra un anno potremmo trovarlo molto più su o molto più giù - e dubito sia realizzabile la via di mezzo.

Daniele V. Morrone: Ora che OKC è tornata una squadra con talento, Adams è un giocatore che deve essere giudicato con il bilancino di precisione: bisogna capire quanto peso dare a tutte quelle cose che fanno parte delle intangibles o comunque di piccole azioni finalizzate ad aiutarne di più grandi.

Dario V.: Visto che Game of Thrones non torna prima di un anno e mezzo, non ha davvero scuse.

47) Myles Turner, Indiana Pacers

Lorenzo B.: Finalmente Indiana è la squadra di Turner, anche se nessuno ha ancora capito che squadra sia Indiana.

Fabrizio G.: Siamo sicuri che sia pronto per avere una squadra tutta sua? O, soprattutto, che lo possa mai essere? Non sono convintissimo che provare a farne un franchise player sia l’idea del secolo.

Daniele V.: Sembra fatto dal sarto per essere un secondo violino, la speranza è che la pressione di essere invece il giocatore franchigia non lo schiacci. Anche perché è ancora in fase di sviluppo come giocatore.

Dario V.: Sì ma qual è l’alternativa nel ruolo di leader, Victor Oladipo? Se ti guardi intorno e vedi che non c’è un franchise player, forse vuol dire che il franchise player sei tu (oppure che ti trovi nello spogliatoio dei Chicago Bulls).

David Breschi: Per la sua crescita personale probabilmente avere oggi una squadra in mano (di Nate McMillan, peraltro) non è la migliore delle cose. Non sono sicuro che mettere dentro ottime cifre lo faccia evolvere e migliorare come ci si aspetta.

46) Otto Porter Jr., Washington Wizards

Fabrizio G.: L’infortunio di Markieff Morris significa che lo vedremo più da 4, il che è un enorme bene per le sue caratteristiche difensive. Però se non si ripete al tiro è un problema non da poco.

Dario V.: Tolti i mammasantissima che infestano la top-20 della lega, il meglio del ruolo paradossalmente rimane lui e quelli della sua specie: non cambia il volto di una squadra da solo, ma nemmeno l’azzoppa sui due lati del campo.

Nicolò C.: La testimonianza vivente che John Wall è un giocatore meraviglioso.

45) Andre Iguodala, Golden State Warriors

Dario V.: Possiamo già inserirlo nella Hall of Fame?

Daniele V.: Se i Warriors sono quello che sono è anche perché lui è lì e non è un discorso solo tecnico, anche dal punto di vista mentale e di peso in spogliatoio.

Nicolò C.: Credo che ogni squadra a qualunque livello abbia bisogno di un giocatore che fa solo cose che rendono felici i compagni: difende alla morte, la passa bene toccando pochissimi palloni, prende i suoi tiri solo quando sarebbe offensivo non farlo, blocca su chiunque, tiene il livello di concentrazione alto. Iguodala è il miglior giocatore del mondo tra questa tipologia.

https://twitter.com/andre/status/881359052248236032

E non perdetevi il suo account Twitter

44) Harrison Barnes, Dallas Mavericks

Fabrizio G.: Perché dovrei commentare la presenza in top-50 di uno che non dovrebbe stare in top-50? Adesso vi arrangiate e la motivate. A Golden State era il gregario perfetto o quasi, a Dallas si è trasformato in un volume scorer discreto e nulla più. Il che almeno depone a favore della sua versatilità, ma su questo non c’erano dubbi.

Lorenzo B.: Quando giocava Barnes, la notte dormivo tranquillo, senza alcun rimorso. Purtroppo quest’anno mi ci hanno affiancato quel candelotto di dinamite di Dennis Smith Jr. e anche una delle poche certezze che mi erano rimaste della vita è saltata in aria. La NBA odia il mio sonno.

Francesco A.: È un two-way player vero, ha dimostrato di poter aumentare il volume senza perdere efficienza e pur dovendo fare i conti quasi sempre con isolamenti e tiri negli ultimi secondi dell’azione. Non sarà un leader, né un cuor di leone, ma in questa lista ritengo che ci stia a pieno diritto.

43) Eric Bledsoe, Phoenix Suns

Lorenzo B.: Perfetto per una contender intorno gennaio/febbraio, subito dopo i saldi.

Dario V.: La storia d’amore con i Suns è finita ormai da tempo, ma quale squadra da playoff potrebbe ragionevolmente fare un upgrade con il suo arrivo? Milwaukee? Denver? E dando che cosa in cambio?

Nicolò C.: Potrebbe essere uno dei più assurdi casi di mercato: se i Suns dovessero perdere anche con lui in campo non avrebbero fretta di cederlo e il suo prezzo potrebbe salire; se invece i Suns dovessero vincere un po’ troppo, non credo che potrebbero tenerlo a casa come fatto l’anno scorso (visto il malumore già espresso) e dovrebbero cederlo a poco per non vedere un caso Dragic 2.0.

42) Hassan Whiteside, Miami Heat

Dario V.: Partendo dal presupposto che non mi piace, non l’avremo messo troppo in basso? Non “sposta” molto di più rispetto a dove l’abbiamo posizionato?

Francesco A.: La pietra di paragone è DeAndre Jordan, che secondo me fa tutto quello che fa Whiteside, ma lo fa meglio - quindi ci stanno 15 posizioni tra i due.

Lorenzo Neri: Quando imparerà (imparerà?) a non cacciare i palloni come farfalle in difesa, allora potremo pensare di alzargli il rating. Fino a quel momento direi di no.

David B.: Dopo 4 anni di “Culture” è diventato un giocatore quasi affidabile, che vedendo il punto di partenza è una vittoria enorme. Il contrattone lo ha responsabilizzato anziché renderlo più pigro, un altro segnale decisamente importante.

41) Andrew Wiggins, Minnesota Timberwolves

Nicolò C.: Credo sinceramente che l’abbiamo messo troppo in alto: la sua attitudine in allenamento e in campo è sospetta, non vedo grossi miglioramenti rispetto alle prime stagioni, non è ancora un buon difensore, non è ancora un attaccante continuo, siamo passati dal vederlo da “Next Big Thing” a “probabilmente il terzo violino è il ruolo adatto a lui”, e forse la posizione in classifica è figlia di ciò che vedevamo quattro anni fa.

Lorenzo N.: C’è da dire che però finora è sempre stato messo nel contesto più sbagliato possibile, sia con Thibodeau che (soprattutto) con Sam Mitchell. Tanti giocatori non sono instant-superstar e secondo me lui è uno di questi.

Fabrizio G.: “Se aspetti (che si realizzi) il potenziale, aspettati di perdere. Noi non possiamo più aspettare il potenziale”. L’ha detto il suo allenatore l’altro ieri, sbagliando. Però se il tempo per evolversi è finito e Wiggins resterà questo, qui finisce male.

40) Goran Dragic, Miami Heat

David B.: È la testa del serpente dell’attacco “penetra-e-scarica” degli Heat, sulla scia di un Eurobasket dominato e finalmente a suo agio nel sistema di coach Spoelstra potrebbe anche salire di qualche posizione. La butto lì: potrebbe andare all’All Star Game, per meriti suoi e per demeriti in guardia ad est.

Dario V.: Con Eurobasket ha dato definitivamente un senso alla sua intera carriera, e scusa se è poco. D’ora in poi può togliersi tutti gli sfizi possibili in NBA, ma non ha più nulla da dimostrare a nessuno.

Lorenzo N.: Uno dei piccoli più duri - e sicuramente tra i più insospettabili - contro cui imbattersi in area.

39) LaMarcus Aldridge, San Antonio Spurs

Fabrizio G.: Fin troppo maltrattato come percezione pubblica semplicemente perché non segna più 25 punti a partita, credo sia al punto giusto e non c’è niente di male in tutto questo. Anche perché quanto apparentemente perso in attacco è stato guadagnato in difesa, tanto Pop vuole solo che stia nel pitturato (abbiamo una Quota Nostalgia da rispettare, no?) e alzi le braccia. E lui lo sa fare benissimo: al ferro concede il 44%, come Draymond Green e Gobert.

Dario V.: Non sono ancora riuscito a capire davvero perché i tifosi degli Spurs (da Shea Serrano in giù) ce l’abbiano con lui. O meglio, un po’ lo capisco, perché Aldridge “non è uno di loro”, cioè uno nato e cresciuto con Spursello tatuato sul cuore, ma è un free agent arrivato a prendersi il numero di Bruce Bowen. Però è uno che tira la carretta per tutti quanti quando le cose non girano, e se solo accettasse di spostarsi stabilmente da 5 manderebbe in crisi tante difese.

Francesco A.: Diciamo che la sua completezza tecnica e la sua indubbia utilità nel sistema Spurs sarebbero più apprezzate se non si lamentassein continuazione della città, della squadra, della pressione, delle prospettive future e di qualunque altra scusa mazzarriana gli venga in mente sul momento.

38) Khris Middleton, Milwaukee Bucks

Nicolò C.: La stagione dei Bucks ha svoltato quando lui è rientrato dall’infortunio: tiratore favoloso, difensore accanito, attaccante di mismatch sottovalutatissimo, una consapevolezza di quale sia la posizione giusta in campo senza eguali.

Fabrizio G.: Lo adoro: per me è davvero super, sa fare tutto. Ma vale quello che s’è detto per Turner: un livello più in giù, ma temo che gli si stia chiedendo troppo. In questo caso non è colpa di nessuno, perché in teoria lui dovrebbe essere l’Iguodala del caso e non la prima spalla di Giannis, però - fino a quando non si capisce che animale è Jabari Parker - tant’è.

37) Carmelo Anthony, Oklahoma City Thunder

Lorenzo B.: Sono personalmente eccitato dall’idea di poter vedere Melo tornare a giocare solamente a basket, senza più il peso di essere il Messia della squadra della sua città, senza triangoli da considerare e senza cappucci nei quali scomparire come Luke Cage. Solo lui e il suo rilascio felpato accanto ad altri quattro gentiluomini di fortuna.

Daniele V.: Voleva la contender e ora può contendere, ma se non dovesse piegare le ginocchia neanche a OKC allora dovrà incolpare solo se stesso per una carriera al di sotto del talento che Madre Natura gli ha donato.

David B.: Io voglio vedere il “FIBA-Melo” per tutto il tempo che sta in campo.

Lorenzo N.: Questo però rimane uno che può mettersi tutto il peso dell’attacco sulle spalle per almeno 5-6 minuti buoni a partita. Una cosa è farlo ai Knicks, dove però ne servivano 40 o giù di lì; un’altra invece è farla ai Thunder, dove potrebbe veramente violentare alcune second unit avversarie.

36) C.J. McCollum, Portland Trail Blazers

Lorenzo N.: Pochi giocatori sono divertenti da seguire in campo come lui: in attacco non credo che in molti abbiano il suo arsenale in quanto a movimenti/soluzioni. Con quell’efficienza poi!

Lorenzo B.: Il giornalista con il miglior ball-handling che abbia mai visto.

Daniele V.: Voglio solo aggiungere che chi vuole imparare a giocare a basket deve guardare le partite di C.J.

35) Kemba Walker, Charlotte Hornets

Fabrizio G.: Se non vi siete accorti quanto sia diventato forte, pentitevi e rimediate un rosario. Così compensate a livello cosmico i reclami poco amichevoli che potrà rivolgere al cielo quando si renderà conto di essere il miglior portatore di palla, il miglior tiratore spot-up, il miglior penetratore e il miglior realizzatore della squadra. E avrà Dwight Howard a riempirgli l’area.

Dario V.: Salvatelo.

Fabrizio G.: Mi sa che si salva da solo a fine contratto.

34) DeMar DeRozan, Toronto Raptors

Francesco A.: Pare che, bontà sua, abbia finalmente iniziato ad allenarsi con una certa costanza nel tiro da tre. Sarà sicuramente uno dei soliti “buoni propositi” farlocchi dell’estate, ma se fosse vero potrebbe cambiare tutte le prospettive su di lui.

Nicolò C.: Siamo al sesto anno di “guardate come metto su un tiro da 3”, e da 5 anni arriviamo ai playoff, gli avversari lo aspettano 3 passi indietro, le percentuali peggiorano e i Raptors raccattano figure meschine.

Fabrizio G.: Però che ogni offseason abbia aggiunto qualcosa al proprio gioco è innegabile, a differenza di tanti altri. Ce lo ricordiamo quando faceva coppia con Rudy Gay, vero? Posizione perfetta, che fa media tra le prestazioni da All-Star in regular season e quelle parecchio meno scintillanti dei playoff.

33) Isaiah Thomas, Cleveland Cavaliers

Dario V.: Siamo tutti d’accordo che senza il problema all’anca sarebbe molto più avanti di così? E quanto è ripetibile la scorsa stagione?

Francesco A.: Senza quel problema sarebbe 15-20 posizioni più in su, minimo. Purtroppo per lui non è un “solito” legamento o tendine, su cui c’è un’ampia casistica di rientro e recupero al 100%; potremmo anche non rivederlo mai più allo stesso livello.

Nicolò C.: Però se la mettiamo come classifica proiettata sulla prossima stagione, l’annata scorsa è irripetibile dato il contesto. L’attacco passerà dalle sue mani la metà delle volte e deve imparare a giocare molto senza palla, oltre a non essere un peso in difesa. Cose che a Boston ha fatto intravedere ai playoff, ma di qui a farli per un anno intero, con le pressioni che avrà a Cleveland, ce ne passa. Io non escluderei che possa tornare a diventare il sesto uomo di una squadra, magari non di fatto perché partirà titolare, ma la sua vera forza sarà guidare la second unit dei Cavs quando LeBron riposa rendendola meglio della roba impresentabile che era l’anno scorso.

Lorenzo B.: Sinceramente credo che la stagione scorsa di IT sia irripetibile, al netto dei problemi fisici, e temo che questi Cavs siano disfunzionali il giusto per far emergere tutti i suoi limiti. Spero vivamente di sbagliarmi, ma se devo essere onesto non sono molto fiducioso.

32) Kevin Love, Cleveland Cavaliers

Lorenzo B.: Anche se non fosse amore, non per questo è da buttare.

Fabrizio G.: Come se avere percorso il cammino alla Chris Bosh senza diventare Chris Bosh potesse essere una colpa. Vedi Aldridge: la differenza tra fare la stella in squadre da 40 vittorie e giocare per vincere con giocatori migliori c’è e si vede, ma non dovrebbe causare svalutazioni nel valore e nella percezione. Ritenere il Love del 2014 un top-15 e il Love attuale un top-30 (a fatica) è profondamente sbagliato, credo.

Dario V.: La scorsa regular season è stata sottovalutatissima, e con il passaggio da 5 potrebbe avere un impatto ancora maggiore di quello avuto. Le mani rimangono poetiche, la necessità di servirlo in post basso per averlo coinvolto e concentrato invece mi manda ai matti.

31) Al Horford, Boston Celtics

Lorenzo B.: Horford è l’unico titolare rimasto a Boston dopo la rivoluzione estiva e per la seconda volta in due anni dovrà ripartire da zero. Per fortuna è un giocatore dall’intelligenza cestistica sopra la media e non ci metterà molto a capire qual è il modo migliore per integrarsi con Irving e Hayward.

Daniele V.: Ha chiaramente perso un passo dal punto di vista atletico e questo lo pagherà in impatto difensivo, ma con la palla in mano è ancora determinante grazie a letture élite: pochissimi trovano il tagliante come lui.

Francesco A.: Le sue qualità di “point center”, la sua visione di gioco, i suoi blocchi e i suoi passaggi sono stati l’innesco che ha fatto assurgere Isiah Thomas a livelli di eccellenza assoluta. Se Irving avrà la pazienza di sfruttarli allo stesso modo, diventerà veramente immarcabile anche a livello di gioco corale, e non solo di isolamenti e situazioni statiche.

30) Bradley Beal, Washington Wizards

Fabrizio G.: Per due mesi, quelli in cui Washington si è ricordata di difendere, è parso un Mostro. E ai Playoff non delude mai, mai, mai. In ascesa e all’All-Star Game, ma ci mancherebbe altro.

Nicolò C.: Marginale per quello che interessa a Washington ma meno per questa classifica: non riesce ancora a combinare granché da portatore di palla, e nessun giocatore tra i 29 davanti presenta questa mancanza. Nonostante ciò, tutto quello che fa lontano dalla palla è veramente di alto livello.

29) Joel Embiid, Philadelphia 76ers

Lorenzo N.: Se sano, è uno che può stare senza troppi problemi in top-15. È l’evoluzione del ruolo di centro più completa vista finora.

Francesco A.: Quant’è l’over/under di partite giocate in stagione per poter passare da “se resta sano è un All-Star” a “questa stagione ha spostato gli equilibri sul serio”? 65? 70?

Nicolò C.: Il career-high è di 30 minuti giocati, eppure è nella top-30 NBA. A nostra discolpa, una roba così io non l’ho mai vista.

Boh.

Dario V.:The best ability is availability”, ma prendere una squadra come i Sixers e renderla una difesa top-10 con la sola imposizione delle mani non è normale. Così come non è normale nemmeno l’estensione da 148 milioni in cinque anni che gli hanno dato con così poco “track record” alle spalle, ma non se ne può fare un’analisi del tutto completa fino a quando non saranno note le clausole in caso di infortuni.

Lorenzo B.: Bisogna sempre fare la tara tra l’Embiid reale e l’Embiid percepito. Se e quando i due spettri combaceranno, reggetevi forte.

28) Kyle Lowry, Toronto Raptors

Daniele V.: A 32 anni ha perso tantissimo dell’impatto difensivo, ma ha modellato il suo gioco per essere un attaccante completo, in grado di segnare da 8 metri come di arrivare al ferro. Per letture dal pick and roll è ancora élite (la scorsa stagione secondo solo a Thomas per punti per possesso con 1.09) e tanto basta per essere sopra la media per il ruolo comunque più ricco di stelle nella lega.

Dario V.: Le mancanze ai playoff lo hanno reso paradossalmente sottovalutato, ma conviene sempre ricordare che se i Raptors oggi sono “rilevanti”, in gran parte è per merito suo. Rimane il giocatore più forte della squadra senza se e senza ma.

David B.: Il grosso problema di Lowry sono le lune al tiro: alterna partite da 30 punti segnando qualsiasi cosa (ed in mille modi diversi) a partite da 8 punti in cui sbaglia anche il più semplice degli appoggi.

27) DeAndre Jordan, L.A. Clippers

Marco Vettoretti: Perso Chris Paul, si ritrova Milos Teodosic in cabina di regia: quando si dice cascare in piedi.

Lorenzo N.: Il dibattito sul “come fa uno che non sa tirare i tiri liberi o segnare da più di 3 metri a essere tra i primi 30 giocatori NBA” non ce la toglieremo mai dalle spalle, anche se DAJ da un po’ di tempo è uno dei migliori portatori di blocchi della Lega e un rollante strepitoso (1.52 punti per possesso nella scorsa stagione).

Fabrizio G.: “Dalle spalle”, eh? Quanta diplomazia. È anche in contract year, non deluderà.

David B.: Io vorrei stanare chiunque pensi che Jordan sia solo “fisico e atletismo”. C’è molto altro sotto, se giocare con Paul lo ha migliorato esponenzialmente possiamo anche affermare che i suoi blocchi hanno decisamente contribuito ai 23 milioni presi da J.J. Redick in estate.



Genuinely happy that even without CP3, Twitter highlights favorite DeAndre Jordan can still do this: pic.twitter.com/7pMbuUExn9





— Mico Halili (@micohalili) 2 ottobre 2017

26) Paul Millsap, Denver Nuggets

Nicolò C.: Non credo esista al mondo una squadra di basket in cui Paul Millsap non risulti un buon fit.

Lorenzo B.: Millsap e Jokic rendono quasi accettabile il buco nel ruolo di playmaker dei Nuggets.

Dario V.: Aggiungici i tagli di Harris e hai una squadra obbligatoria da seguire sul League Pass. Riuscisse anche a renderli vagamente interessati alla difesa, sarebbe l’ultima ciliegina su una carriera vastamente sottovalutata.

Ci risentiamo venerdì per la seconda parte.

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