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La Versione di Spalletti
04 apr 2016
La Roma continua a macinare gioco e risultati con il tridente delle mezze posizioni: la sconfitta costa l'esonero al capro espiatorio Pioli.
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Per i tifosi laziali il 26 maggio 2013 è probabilmente il giorno più bello della loro storia recente. Quella data rappresenta però, in un certo senso, la nemesi biancoceleste: la gioia più grande è anche l’ultima per la Lazio in un derby. Nei successivi sei incontri la Roma ha vinto 4 volte e bisogna risalire fino al 2002 per trovare una sconfitta con un margine più largo di questo 4-1: il famoso 5-1 con i 4 gol di Montella e il pallonetto di Totti.

L’eredità di Pioli

Nemmeno il quarto tentativo è stato quello buono per Stefano Pioli, che, esonerato, lascia la panchina della Lazio senza essere mai riuscito a battere i rivali cittadini. Un anno fa, di questi tempi, i biancocelesti erano nel pieno del filotto di vittorie consecutive che li avrebbe portati a superare temporaneamente la Roma al secondo posto; oggi rischiano il sorpasso del Chievo, a un punto di distanza, all’ottavo posto a -21 dai giallorossi. Una caduta libera della quale non può essere considerato responsabile il solo Pioli. Il mercato non ha rinforzato la squadra quanto sarebbe servito per affrontare il doppio impegno in campionato ed Europa League, l’infortunio di de Vrij ha aperto una voragine in difesa e gli altri giocatori chiave della scorsa stagione, Biglia, Candreva e Felipe Anderson, non si sono ripetuti agli stessi livelli.

L’aggressività, uno dei punti di forza della Lazio nello scorso campionato, si è addirittura ritorta contro: i biancocelesti corrono tanto (sono la terza squadra del campionato per media di chilometri percorsi a partita), ma spesso a vuoto e la squadra finisce per concedere spazi che i difensori non sono in grado di coprire. E nell’altra metà campo, l’incapacità di creare gli spazi per attaccare ha limitato molto il potenziale offensivo. Dopo 31 giornate la Lazio ha subito più gol di quanti ne aveva concessi nella passata stagione (42 contro 38), ma soprattutto ha perso quasi 20 reti, passando da 58 a 39 gol segnati.

Nell’ultima partita sulla panchina della Lazio, Pioli ha fatto un unico cambiamento rispetto alla gara contro il Milan prima della sosta: Lulic, squalificato, è stato sostituito da Cataldi. La strategia era fortemente incentrata sulle transizioni: lasciata l’iniziativa alla Roma, la sfida si sarebbe decisa sulla capacità dei biancocelesti di recuperare il pallone in zone sufficientemente alte per ripartire in maniera pericolosa e di riconquistare il possesso in tempi rapidi per non lasciare i difensori in campo aperto contro le frecce della Roma. Come da tradizione nei quasi due anni di gestione di Pioli, l’aggressione immediata e coordinata del portatore di palla e dei possibili appoggi avrebbe fatto la differenza.

Il compito di uscire per prime sul portatore di palla avversario toccava alle mezzali. Alle loro spalle i compagni scalavano in copertura, mentre gli esterni d’attacco dovevano seguire i terzini della Roma. In questo caso è Parolo a uscire su Pjanic, con Biglia e Cataldi che scalano per coprirlo. Felipe Anderson, fuori inquadratura, ha seguito Florenzi. Da notare il triangolo di centrocampo con vertice opposto rispetto a quello della Lazio con il quale si è schierata la Roma.

Superiorità giallorossa

Per tutta la prima parte della partita, la Roma riusciva però ad aggirare il pressing biancoceleste, coinvolgendo i difensori nell’impostazione per mandare in inferiorità numerica la mezzala che si alzava e sfruttando la grande porzione di campo che Biglia era chiamato a coprire ai suoi lati.

Le continue uscite delle mezzali costringevano Biglia a un grande lavoro in copertura, specie se la Roma riusciva a girare il pallone velocemente da un lato all’altro. In questo caso sia Parolo che Cataldi sono fuori posizione e ai lati dell’argentino c’è spazio per la ricezione di Perotti o Nainggolan. L’avanzata di Rüdiger tiene bloccato Cataldi, che deve tenere d’occhio anche Pjanic, consentendo ai giallorossi di iniziare in maniera pulita l’azione.

Lo schieramento della Roma in fase di possesso, oltre a consentire una via d’uscita dal pressing laziale sul quadrato formato da Keita, Pjanic, Perotti e Nainggolan, aveva l’effetto di tenere bassi Felipe Anderson e Candreva, i giocatori più pericolosi in ripartenza. Digne e Florenzi si alzavano immediatamente costringendo i rispettivi avversari a seguirli e limitando così di molto il potenziale dei biancocelesti. I due esterni partivano troppo lontani dalla porta e Matri, sovrastato da Rüdiger e Manolas, non riusciva a tenere il pallone il tempo sufficiente per far salire la squadra.

La Lazio, oltretutto, faticava a costruire l’azione palla a terra. Schierata con un triangolo di centrocampo a vertice opposto rispetto a quello della Lazio, la Roma alzava il trequartista, Nainggolan, di fianco a Perotti per disturbare l’inizio azione biancoceleste, che coinvolgeva i due difensori centrali, Bisevac e Hoedt, e Biglia, a fine partita il giocatore laziale con più passaggi riusciti, 43. I due esterni, Salah e Perotti, si occupavano dei terzini, mentre in mezzo al campo si formavano i duelli tra Keita e Pjanic con Parolo e Cataldi. Il pressing romanista finiva così per avere un marcato orientamento sull’uomo: i giallorossi hanno vinto ben 17 dei 18 contrasti tentati, ma hanno intercettato appena 9 palloni, contro i 35 della Lazio.

Perotti è su Bisevac, Nainggolan marca Biglia, El Shaarawy sta uscendo su Patric. Alle loro spalle Pjanic controlla Cataldi.

In questa particolare situazione tattica, la squadra di Pioli finiva spesso per affidarsi ai lanci lunghi, controllati bene dalla difesa della Roma (19 duelli aerei vinti contro 12 a fine partita). Ed è proprio su una ripartenza successiva a un rinvio di Bisevac che la gara si sblocca, con la Lazio che, scoperta ma in superiorità numerica, difende male il centro dell’area di rigore. Patric lascia la marcatura di El Shaarawy e Hoedt alle sue spalle resta fermo e non accorcia. L’ex Milan salta in assoluta libertà e segna il sesto gol in 9 presenze con la maglia della Roma. Il cross di Digne è un esempio lampante della sua posizione molto alta, a volte persino come giocatore più avanzato, per allargare la linea difensiva avversaria.

Con il passare dei minuti la gara diventa più aperta, anche perché il pressing della Roma è meno efficace e, alle spalle di Keita e Pjanic, Candreva e Felipe Anderson hanno spazio per ricevere. È un problema comune alle due squadre: non sempre la linea difensiva segue il primo pressing, preferendo restare bloccata per non concedere troppo campo alle spalle. È il prezzo che sia la Roma che la Lazio pagano alla necessità di dover difendere in avanti, vista la difficoltà a farlo nella propria metà campo. Ma se i movimenti non sono coordinati, tra le linee si crea molto spazio e la difesa viene puntata fronte alla porta. I dati ci dicono che la Lazio è stata leggermente più corta (35,1 metri contro i 36,4 della Roma) ed è riuscita a recuperare più palloni nella metà campo avversaria (11 a 8), ma ha subito il 2-0 perché tra difesa e centrocampo si è aperto un buco.

È come se la squadra pensasse in due modi diversi: i tre centrocampisti, Biglia, Cataldi e Parolo accorciano nella zona della palla, la difesa resta molto lontana e Nainggolan ha una prateria per ricevere. Sullo sviluppo dell’azione la Roma andrà sul 2-0 grazie a Dzeko.

Oltre alla qualità superiore dei difensori della Roma nei recuperi e nella gestione degli uno contro uno in campo aperto, la differenza l’hanno fatta la frenesia dei giocatori laziali nel cercare la palla alle spalle della difesa giallorossa e il loro intestardirsi in azioni personali. Felipe Anderson, ad esempio, ha tentato ben 12 dribbling (4 riusciti) e perso 24 palloni. Ma anche questo non è altro che l’effetto collaterale di un gioco in gran parte fondato sulle qualità individuali degli esterni d’attacco. Non è un caso che la partita sia cambiata con l’ingresso di Keita, che è riuscito a fare con continuità ciò che gli chiedeva Pioli: puntare Florenzi e crossare. Pur giocando una quarantina di minuti, Keita è stato il miglior laziale, con Patric, per cross effettuati (4), a cui si aggiungono 2 dribbling positivi sui 2 tentati e 2 occasioni create. Anche l’abilità di Klose sui palloni alti (3 occasioni create in questo modo, incluso l’assist per Parolo) è stata una parte importante del tentativo di rimonta e proprio da una combinazione tra i due nuovi entrati è arrivato il gol di Parolo. Keita ha crossato e Klose ha sovrastato Digne anticipando Szczesny, che ha sbagliato il tempo dell’uscita.

La risposta di Spalletti è stata semplice, ma efficace. Fuori Salah e dentro Zukanovic, con il conseguente allargamento di Rüdiger a terzino destro e lo spostamento di Florenzi qualche metro più avanti. La Roma poteva così contare su un saltatore in più in area di rigore ed era maggiormente protetta sul lato in cui giocava Keita Baldé. Il terzo gol è arrivato subito dopo, in maniera un po’ fortuita dopo un calcio d’angolo regalato da Bisevac. È incredibile come la Lazio abbia preso gol difendendo con 7 giocatori in area contro il solo Seydou Keita e lasciando libero Florenzi al limite dell’area.

In due della Roma sono per terra, Keita è da solo contro 7 giocatori. Florenzi è invece libero appena fuori dall’area di rigore. È l’azione che chiude la partita.

Il 4-1 di Perotti non ha fatto altro che confermare le difficoltà in campo aperto dei difensori della Lazio. “El Monito” è arrivato al limite dell’area senza alcuna opposizione e ha potuto coronare l’ennesima prestazione sopra le righe. Impossibile inquadrarlo in un ruolo e anche la definizione di “falso nove” è fuorviante. Perotti ha completato più passaggi di Keita e Nainggolan (43), è il migliore della squadra per dribbling riusciti (5), cross (5) e contrasti vinti (4). In pratica riunisce in sé 4 o 5 ruoli: ala, trequartista, centrocampista di interdizione e di qualità, in campo è realmente dovunque. In questa Roma che prova molto a giocare sulle mezze posizioni, in quei corridoi tra due giocatori avversari, Perotti sembra il più abile a capire il gioco.

Con il trionfo nel derby la Roma riprende il discorso interrotto dal pareggio contro l’Inter, l’unica non vittoria delle ultime 10 partite. In questa striscia non solo ha di gran lunga il miglior attacco (29 gol, una media di quasi 3 a partita), ma ha recuperato 8 punti al Napoli, ora a -4. Il 25 aprile si giocherà lo scontro diretto all’Olimpico: fino a qualche settimana fa era difficile pensare che la Roma sarebbe riuscita ad avvicinarsi così tanto, producendo anche un bel calcio.

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