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L'allenatore dell'anno: Simone Inzaghi
30 mag 2018
La panchina d'oro de l'Ultimo Uomo quest'anno va al tecnico della Lazio.
(articolo)
6 min
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Scegliere il miglior allenatore dell’anno non è semplice, specie in assenza di criteri chiari, come in questo caso. La decisione non può basarsi solo sui trofei vinti o sulla posizione in classifica: basterebbe, a questo punto, ricopiare gli albi d’oro delle competizioni. Un parametro potrebbe essere l’influenza dell’allenatore nel costruire l’identità di una squadra. Oppure, usando un concetto molto usato in questi giorni, si potrebbe premiare l’allenatore che ha lo spread più alto tra la somma del valore dei componenti della rosa e risultati della squadra, attribuendo quindi la differenza alla capacità del tecnico di fornire il valore (o disvalore) aggiunto che migliora (o peggiora) la prestazione attesa, considerate esclusivamente le qualità individuali dei calciatori.

L’interrogativo quest'anno ancora più incerto del solito. Una stagione dominata narrativamente dall’artificioso dibattito tra “vincere” e “giocare bene”, tra Juventus e Napoli, una distinzione manichea che ha davvero poco senso in uno sport complesso come il calcio.

Non possiamo sapere con esattezza quali criteri abbiano seguito i nostri lettori. I quattro candidati scelti dalla Redazione erano Massimiliano Allegri, Maurizio Sarri, Gianpiero Gasperini (campione in carica) e Simone Inzaghi. La rosa dei candidati non comprendeva allenatori che avrebbero, tutto sommato, meritato di giocarsi le loro chance. L’esempio più eclatante è quello di Eusebio Di Francesco, terzo in campionato e, soprattutto, semifinalista di Champions League con la Roma. La visione tattica di Di Francesco era chiara prima del suo arrivo a Roma e il tecnico è vi è rimasto sostanzialmente fedele, nonostante il passaggio a un grande squadra come la Roma. Di Francesco ha confermato il suo valore ed ha aggiunto una certa dose di flessibilità (vedi la difesa a 3 proposta nella splendida gara di ritorno contro il Barcellona) importante a un livello più alto. È un allenatore in crescita, che sembra poter capire i propri errori e migliorarsi. Magari competerà per il premio dell’anno prossimo.

Tra i candidati, i nostri lettori hanno scelto Simone Inzaghi. È stato preferito ai risultati, al pragmatismo e alle capacità alchemiche di miscelare in opportune dosi le capacità dei suoi giocatori di Allegri. Lo hanno ritenuto più meritevole del record di punti e dei perfetti sincronismi del Napoli di Sarri, del resto abbandonato anche dal suo presidente per Carlo Ancelotti. Lo hanno considerato più degno di ricevere il premio del calcio generoso e atipico di Gasperini e dello sfortunato e affascinante percorso in Europa League dell’Atalanta.

Di certo i lettori hanno premiato l’allenatore di una squadra bella da vedere, con molta più qualità in attacco che in difesa. La Lazio ha avuto il miglior attacco del campionato in termini di gol realizzati, segnandone 89, 3 in più della Juventus campione d’Italia (che però ne ha segnato 5 rigori in meno), con una media di 2.34 gol a partita. L’attacco dei biancocelesti si è avvalso del capocannoniere del campionato, Ciro Immobile e del miglior uomo assist, Luis Alberto, che ha mandato in rete i suoi compagni per 14 volte. L’attacco di Inzaghi ha segnato circa 20 gol in più di quelli attesi con il modello degli expected goal e il dato testimonia come le performance offensive abbiano beneficiato di ottime prestazioni individuali dei suoi componenti e di un sistema che pone al centro le caratteristiche dei propri calciatori. La capacità di Inzaghi di creare un contesto tattico favorevole ai suoi migliori giocatori sembra la sua migliore qualità. Va ricordata la giovane età di Inzaghi, che è alla sua seconda stagione completa in Serie A, su una panchina arrivata quasi per caso.

Tre anni fa Simone Inzaghi, in quel momento allenatore della Primavera della Lazio, ha esordito tra i professionisti, sostituendo Stefano Pioli nelle ultime sette partite. Sembrava destinato a dover andare alla Salernitana a farsi le ossa, la seconda squadra di Lotito, che in quel momento aveva appena assunto Bielsa sulla panchina della Lazio. Quando però l’affare col tecnico argentino è saltato, nonostante un contratto firmato, Inzaghi si è visto catapultare all’improvviso, e stavolta in maniera definitiva, sulla panchina della Lazio. Dimostrando un grande pragmatismo, Inzaghi ha alternato il suo modulo di riferimento nella giovanili, il 4-3-3, al 3-5-2. Ha disegnato una Lazio verticale e diretta, in accordo con le caratteristiche dei suoi tre attaccanti: Immobile, Keita e Felipe Anderson. La Lazio dello scorso anno era una squadra che tendeva a difendere bassa per lasciare più campo possibile da attaccare alla velocità in conduzione delle sue tre punte. La Lazio era arrivata in finale di Coppa Italia, superando in un derby lungo 180 minuti la Roma, ed è riuscita a qualificarsi per l’Europa League.

Quest’anno la squadra è cambiata, soprattutto con la cessione di Keita, fondamentale lo scorso anno, e anche con l’infortunio di Felipe Anderson, rimasto fuori fino alla fine del 2017. Inzaghi ha trovato il modo di sfruttare le migliori qualità di Milinkovic-Savic e Luis Alberto, disegnando stabilmente un 3-5-2 che, in accordo con le caratteristiche dei suoi giocatori offensivi, è stato molto meno diretto della stagione precedente e ha risalito il campo in maniera più palleggiata. Inzaghi ha cucito attorno a Milinkovic-Savic un ruolo che ha esaltato il serbo. Partendo dalla posizione di mezzala sinistra, Milinkovic-Savic può affiancare con la sua tecnica purissima Luis Alberto in rifinitura o inserirsi nel cuore dell’area, negli spazi liberati dal dinamismo incessante di Immobile, per sfruttare le sue enormi doti aeree.

La sua tecnica può però essere utilizzata in posizione più bassa per aiutare la costruzione della manovra e le sue doti aeree e di equilibrio in acrobazia sfruttate per risalire il campo con i lanci lunghi dalla difesa. Il lavoro di cesello sulle funzioni in campo di Milinkovic-Savic è stato effettuato anche su Luis Alberto, diventato in questa stagione uno dei principali candidati al premio di giocatore più migliorato dell’anno. Luis Alberto, impiegato anche come vice Lucas Leiva, è stato schierato trequartista, dove ha sfruttato la sua tecnica per premiare i movimenti in profondità di Immobile e associarsi con Milinkovic-Savic regalando un mix di fantasia, imprevedibilità e tecnica ingestibile per le difese avversarie.

Probabilmente i nostri lettori hanno apprezzato questa capacità di Inzaghi di creare un gioco offensivo brillante disegnando la sua squadra sul talento dei suoi migliori giocatori. In fondo i risultati sono stati buoni, ma non ottimi. La Lazio ha perso all’ultima giornata la qualificazione alla Champions nell’incredibile sfida contro l’Inter. La differenza tra il valore dei giocatori e il rendimento non è stata abissale, anche se, in effetti, va considerato che, alle spalle degli 11 titolari, specie in mezzo al campo, le alternative in panchina erano limitate. La fase difensiva è stata il punto debole della squadra, risultando la decima in termini di gol segnati e la quinta per xG subiti e subendo alcuni improvvisi black-out, pagati a carissimo prezzo dai biancocelesti, come in occasione dell’eliminazione dall’Europa League con i 4 gol subiti a Salisburgo.

Il controllo delle partite è stato il più grosso limite della squadra di Inzaghi, un aspetto forse connesso a una squadra dalla vocazione offensiva e verticale. Inzaghi è giovane e sembra abbastanza pragmatico per lavorare a fondo sui limiti emersi dalla propria squadra. Il premio di allenatore dell’anno omaggia la sua capacità di mettere il talento calcistico al centro di uno dei progetti di gioco più divertenti della serie A.

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